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Autore: Lalani    02/07/2010    3 recensioni
Abbiamo tutti due vite, la prima, dell'anime, ci porta a sognare, fantasticare, guardare all'infinito, la seconda, del corpo e del quotidiano, ci porta alla morte (dal film "Notturno indiano").
Raccolta di OC non reali, ovvero di luoghi immaginari, derivanti da libri, leggende, poesie ecc...
#4= Utopia
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno, fandom di Hetalia!
Lalani è approdata anche qui, per portare terrore e follia!

Allora, nonostante abbia persino indetto un concorso su questa tematica, non ho saputo resistere:
ecco a voi una raccolta su OC di paesi non reali, ovvero derivati dalla fantasia dell’uomo, o libri, o leggende, o miti, ecc…

Ma iniziamo subito!
Ecco voi:
James Kirkland: Neverland, ovvero l’Isola che non c’è.





Can  we  pretend  that  airplanes

In  the  night  sky

Are  like  shooting  stars



Era stato facilissimo.
Si era sciolto nei suoi pensieri, ormai liquefatti dall’acido, dalla folla della guerra: erano  puzzolenti e pieni di sangue, cosce magre e catrame.
Scorrevano in una fogna, proprio come il suo amato paese, vivendo grazie a brandelli di memoria e nutrendosi di deboli speranze.
Era stato facilissimo, come lasciarsi morire.
Arthur imprecò e mandò al diavolo la sua tipica eleganza inglese quando i suoi occhi verdi vennero bruciati da un sole troppo intenso e le mani vennero mangiucchiate da incandescenti granelli di sabbia: non c’era più l’acre sapore della guerra e grida disperate, acute e irreali.
Questo era l’odore del mare, un mare senza cadaveri?
Queste erano canzoni indiane?
Erano canti di sirena e non pianti di donne?
Era in paradiso?
Il paradiso erano due occhi verdi come i suoi, contro l’azzurro del cielo e la luce del sole.
“Cavoli!Guardate, bimbi sperduti! Un umano proprio come me, ma…molto più grande! E anche le sue sopracciglia lo sono…cavoli, sono davvero orrende…e ridicole! Guardate, guardate: ci potrei fare una scopa e spazzarci la casa!”
Il paradiso…per un attimo ci aveva creduto.


“Dai, prendimi, vecchione!”
“Fermati, piccolo mostro, fermati!”
Com’era possibile che James, con quel diafano volto da angelo, così diverso da quello di Arthur, che era gelido e spigoloso, riuscisse a fargli a saltare i nervi con un solo ghigno?
Non bastava la guerra…persino in quella minuscola isola delle meraviglie si poteva trasformare in un inferno.
“James, non lo ripeterò di nuovo: lasciala andare, i-m-m-e-d-i-a-t-a-m-e-n-t-e!!”.
“Eh no!La tua fata medievale ha offeso Tinkerbell!” esclamò cocciuto il bambino, che teneva per le ali una grossa e rubiconda fata “Non le hai insegnato le buone maniere??”.
“Cresci, ragazzino!” borbottò Arthur, riuscendo a salvare la sua povera creatura magica. E pensare che pochi mesi prima aveva sostenuto che non ci fosse nessuno più fastidioso di Alfred e Peter: ora avevano un valido avversario.
“Crescere??!!” inorridì James, facendo finta di vomitare, gli occhi smeraldini indignati “E diventare un acido vecchione come te?? E fare tutte quelle cose noiose?? Scordatelo!”.
Noiose, come no: i morti, le bombe e il terrore erano tutto meno che noiosi. Ma andava bene così: Arthur non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno al suo terrore, alla sua ossessione e alla sua invidia di rovinare quel viso incorniciato da un’aureola di ciuffi biondi. Invidia…quanto detestava non poter sognare e dormire per tutta la vita, come James.
“Se potessimo sognare per sempre, non avremmo tempo per farci la guerra…” mormorò Arthur, sovrappensiero, mentre osservava l’onirico tramonto che scivolava dietro il mare.
“Cos’è la guerra, Arthur??” chiese James, curioso.
“Una delle cose noiose che fanno gli adulti, James”.


Aveva portato la follia, in quel piccolo Eden.
Era come se l’arrivo di Arthur, l’unico adulto ammesso nell’Isola che non c’è, l’illusione di una mente troppo stanca, avesse contaminato il paradiso dei bambini.
Troppe volte ad Arthur sembrava vedere una mano morta dietro un cactus o spirali di sangue nella sabbia.
“Guarda, vecchione, guarda!” esclamò James, che tratteneva il fiato assieme agli altri bambini sperduti “Una stella cadente!”.
“James, quello è…”
“Esprimi un desiderio, un desiderio!”.
Un aereo, ecco cos’era. Era riuscita a contaminare persino nel cielo stellato dell’Isola che non c’è, quella guerra assurda. Si vedevano, da dietro le nuvole bombe, esplosioni e aerei che fischiavano.
James aveva gli occhi chiusi e concentrati, mentre cercava di desiderare qualcosa che non c’era sulla sua amata isola.
Le mani callose di Arthur accarezzarono, piano, i capelli morbidi del bimbo ed espresse un desiderio, Arthur: sperò che quel corpo abbandonato in mezzo al mare non fosse un bambino che stava sognando l’Isola che non c’è.


Dolore, troppo dolore.
Il mare stava scivolando via, il sole si spegneva e Arthur sapeva che sarebbe diventato una candela piena di cera morta.
E poi si sarebbe svegliato, come sempre.
Voleva dimenticare la guerra, voleva rimanere sull’Isola, voleva guardare per sempre i suoi stessi occhi nel volto di James.
Alfred e Francis, per sdrammatizzare il terrore che li avvelenava in quel tragico periodo, scaricavo su Arthur la loro paura, schernendo l’Isola che non c’è e i suoi abitanti, che, secondo loro, non erano nient’altro che mere illusioni, come gli unicorni e le fatine.
Ma Arthur non ci credeva: James era lì, vivo, aveva i suoi occhi, era il fratellino che non sarebbe mai cresciuto e che non l’avrebbe abbandonato.
Non può essere solo un sogno!
“Ho paura, James”.
“Cos’è, la paura? Un’altra cosa noiosa?”.
Arthur sorrise, faticosamente.
Già, noiosa e prevedibile.
“Ogni volta che mi sveglio, ho paura che la notte successiva non potrò più tornare sull’Isola che non c’è…non voglio che la mia vita diventi un incubo!”
Non voglio svegliarmi per sempre, James.
Sorride, sorride sempre, l’eterno bambino. E il suo sorriso sembra sospeso nell’aria.
“Senti vecchione, tu potrai anche aver perso la speranza, ma fin quando i bambini continueranno a sognare e volare con la fantasia, io non morirò. E non arriverà mai un giorno in cui i bambini abbandoneranno i loro sogni, mai. Non ti libererai di me, ah!
Arthur ride di quella minaccia.
“E se non riuscissi più a trovare la strada per Neverland?”
“Eddai vecchione, tutti la conoscono: seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino!”.
“E poi?”
“E poi la strada la trovi da te”.


 


Cominciamo con le note finali^^:
1)Avrei voluto chiamare il mio OC Peter, come l’abitante più famoso dell’Isola, ma c’era già Sealand…quindi ho ripiegato sul nome dello scrittore che ha inventato questo luogo: James Barrier.
2)Gli altri stati credono che l’isola che non c’è sia una delle solite visioni di Arthur, mentre lui sostiene il contrario…chi ha ragione??Questo spetta deciderlo solo a voi^^.
4)Il titolo della storia significa “Congerie di concetti, idee, dati, elementi che lascia confusi”.
3) Il titolo del capitolo deriva dalla canzone “Airplanes” di B.o.B.
4)La guerra a cui faccio riferimento è la seconda guerra mondiale, così cruenta e dolorosa che riesce ad avvelenare la mente di Inghilterra, che porta la sua “adulta” angoscia nella stessa Neverland(che è il nome originale dell’Isola che non c’è).
5) Accetto richieste e consigli: purtroppo il mio elenco di OC irreali non è lunghissimo…se volete propormi qualche idea sarò solo felice! Accetto felicemente anche critiche su un possibile OOC di Arthur, dato che non sono ancora pratica di questo fandom!


Grazie per la vostra attenzione,
LaLa


 

 

 

 

 

  
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