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Autore: Will Turner    06/07/2010    2 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Ragioni Del Cuore BN
R ISPOSTA ALLE RECENSIONI

Ciao a tutti!

Eccoci qui con un nuovo capitolo, il penultimo, prima della pausa estiva.
Non posso dimenticarmi di ringraziare come sempre le mie fedeli e ormai consolidate recensitrici, SATY e NANA_86: il vostro giudizio riguardo ad ogni singolo capitolo è per me importantissimo e sono sempre più contento di dividere con voi questa mia prima “opera”.
Naturalmente, spero di allargare la schiera dei recensori, e ne approfitto per ringraziare anche chi legge soltanto.
Infine, un grazie va alla mia beta, MOZZY84, sempre laboriosa dietro le quinte :)

Anche questa volta ho inserito un paio di canzoni. La prima proprio all'inizio del capitolo, di Evan & Jaron, “The Distance”. La seconda è “Humble Me” di Norah Jones.
Raccontatemi cosa ne pensate delle canzoni che scelgo e, se volete, suggeritemene qualcuna che secondo voi è adatta a questa fan fiction. Sarò ben lieto di associarle alle scene più adatte.

Grazie!!

16. R IVELAZIONI

Evan & Jaron “The Distance”
    Max aspettava impaziente da venti minuti davanti all'uscita del gate quando l'aereo di Faith atterrò all'aeroporto Hopkins International di Cleveland a mezzogiorno in punto.
- Faith, amore, sei qui!- Esclamò pieno di felicità non appena la vide farsi largo tra gli altri passeggeri. Era bella, come sempre, con il suo giubbotto, blu corto e stretto ai fianchi e la zip aperta.
- Ciao, Max.- Replicò lei abbozzando un sorriso.
- Che c'è?- Le chiese subito Max studiando la sua espressione - È successo qualcosa?-
    Faith esitò un momento e, quando provò a parlare, le parole le morirono in bocca. Max possedeva lo strano potere di riuscire a leggerle negli occhi quando qualcosa la preoccupava. E questo, naturalmente, era un punto a suo sfavore in certi casi.
- Sono solo un pò stanca, tutto qui. Sarà colpa del volo.- Riuscì a dire scostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Si sentì la donna più bugiarda del mondo.
    Max la baciò teneramente.
- Non aspettavo altro dall'ultima volta che ci siamo visti.- Sussurrò spiegando il suo gesto - Vieni. Ho la macchina proprio qui davanti.- Disse mentre la aiutava con la valigia.
- Fa piuttosto freddo!- Esclamò una volta usciti dall'aeroporto, e si strinse nelle spalle.
- Purtroppo qui non è come nella tua Los Angeles, ma... sopravviverai.- Replicò lui aprendole la portiera dell'auto.
    Lungo il tragitto verso casa, Faith si limitò a guardare fuori dal finestrino.
    Prima di partire si era rapidamente informata sul paese d'origine del suo ragazzo, quel tanto che bastava per non apparire del tutto impreparata.
    Aveva letto, tra le altre cose, che Lakewood era una cittadina situata lungo le sponde del lago Erie, a cinque miglia a ovest di Cleveland Public Square. Oltre ad essere un centro molto importante perfetto per concludere gli affari, era anche un luogo dotato di una straordinaria bellezza fisica, arricchita specialmente dal Lakewood Park, uno dei parchi verdi più importanti, e da un lungolago, costituito da una splendida passerella di mattoni dove i visitatori potevano godere di una suggestiva vista del lago, così come di uno skyline del centro di Cleveland.
    Dalla strada, infatti, era possibile ammirare il lago fare da cornice ad una veduta incantevole, rispecchiando nel suo blu intenso l'intera zona costiera, affollata di barche e ricca di costruzioni dalle tonalità sgargianti.
    Aveva appreso anche dell'esistenza di una casa molto antica, una delle maggiori attrattive della zona, e pensò che le sarebbe piaciuto poterla visitare in uno di quei giorni.
- Sono luoghi molto belli.- Commentò apprezzando il paesaggio.
- Già. Con l'arrivo della bella stagione i paesini qui intorno si riempiono di turisti. Certo, non tutti sono schizzinosi come certi cittadini di Los Angeles.- Scherzò Max prendendola bonariamente in giro.
    In tutta risposta lei gli diede un pizzicotto sul braccio.
- Sei nervosa?- Le domandò.
    Faith scosse la testa.
- No. Perchè dovrei?-
- Beh, il primo incontro con la futura suocera preoccupa da sempre voi ragazze.-
- Invece voi maschietti siete da sempre preoccupati di incontrare il padre della vostra fidanzata.-     Ribatté lei senza pensarci. Ma si rese immediatamente conto di ciò che aveva detto e sgranò gli occhi continuando a guardare fuori.
- Comunque stai tranquillo,- disse rivolgendogli un sorriso per allontanare la situazione di silenzio che li aveva avvolti - Non sono affatto preoccupata.-
- Bene.- Concluse Max titubante.
    Faith si detestò per la sua affermazione. Quello scambio di battute, inoltre, le aveva fatto sorgere il dubbio che la madre di Max sapesse chi era la ragazza che stava frequentando suo figlio. C'era qualcosa che non riusciva a comprendere in quell'invito improvviso che le aveva fatto.
    Tuttavia cercò di non pensarci.
    Max si era inevitabilmente accorto del comportamento insolito della ragazza, mentre lei si era resa conto di non essere molto brava a nascondere i suoi stati d'animo.
- Come procedono i preparativi della festa di Holly?- Chiese lui senza staccare gli occhi dalla strada.
- Bene. Se la caverà anche senza il mio aiuto in questi giorni. Il più del lavoro ormai è stato fatto.-
    Scese di nuovo un fastidioso silenzio. Max avrebbe voluto affrontare il discorso del suo imminente soggiorno a Londra, ma non gli parve la situazione adatta.
    Giunsero a destinazione dopo un quarto d'ora e, superato un complesso residenziale di ultima costruzione, Max svoltò nel vialetto di casa.
- Eccoci qua.- Affermò spegnendo la macchina.
    Faith scese dall'auto e respirò a pieni polmoni l'aria che odorava di resina. Avvertì anche una leggera e fugace nota sgradevole proveniente dai pescherecci giù al lago.
    La casa, non molto grande e con il tetto spiovente, era circondata da un ampio giardino ben curato e cintato da una staccionata ormai usurata dal tempo, ma che dava l'impressione di essere ancora piuttosto robusta. Un porticato girava tutt'intorno all'abitazione, tinta di una morbida tonalità panna, e uno stretto sentiero di ciottoli conduceva dritto davanti all'ingresso, fiancheggiando un laghetto e un prato verdissimo, dove vi era allestito un piccolo gazebo con un dondolo e un caminetto da barbecue.
- Siete arrivati,  finalmente!- Esclamò tutta contenta una signora sui quarantacinque anni comparsa sotto il porticato.
    Era una donna molto affascinante, dai capelli scuri raccolti con un fermaglio. Sopra al maglione e ai jeans indossava un grembiule giallo con stampate delle grosse e simpatiche margherite.
- Si, mamma.- Ribatté Max - Faith è riuscita ad arrivare fin qui da sola.- Scherzò, mentre si accingeva a scaricare il bagaglio della ragazza. Faith sorrise, imbarazzata, per poi lanciargli un'occhiataccia e un rapido sorriso.
    Salirono gli scricchiolanti gradini di legno che portavano in veranda e le due donne si strinsero la mano.
- Piacere, signora Warren. La ringrazio vivamente per avermi invitata a casa sua. Sono molto contenta di essere qui.- Le disse Faith, come a recitare una poesia a memoria tutta d'un fiato.
    La madre ridacchiò, divertita.
- Stai tranquilla: non sono la tipica suocera crudele e spietata. Sarai sempre la benvenuta, Faith.-
- Lei è troppo gentile, signora.-
- Chiamami pure Addison, cara.- Le concesse abbracciandola. Poi la lasciò e la osservò in silenzio con molta attenzione per pochi attimi, durante i quali Faith rabbrividì.
- Cosa succede, mamma?- Chiese Max con la voce preoccupata.
- Niente.- Rispose semplicemente Addison distogliendo lo sguardo - È davvero bella come mi dicevi.-
    Faith sentì la tensione abbandonarla gradualmente ed esibì un timido sorriso, mentre le guance le si arrossavano.
- Hai un figlio bello, chi ti aspettavi di vedere?- Spiegò Max senza troppi giri di parole entrando in casa con la valigia.
    La madre prese Faith sottobraccio e le sussurrò - Ma come hai fatto ad innamorarti di un vanitoso come lui?-
- Ti ho sentita, mamma. Non sforzarti troppo di parlare a bassa voce!- Si sentì rimproverare dall'interno.
    Scoppiarono a ridere mentre varcavano la soglia e Faith pensò di aver ottenuto la risposta che tanto desiderava: Addison non era a conoscenza di quel dettaglio così fastidioso.
    O, almeno, non ancora.

    L'interno della casa era molto ospitale e la stanza principale arredata con buon gusto.
    Il mobilio, di colore scuro, si presentava in ottimo stato ed ispirato all'arte povera degli anni Cinquanta.
    Nel salotto un piccolo camino ad angolo emanava un piacevole tepore e Faith gli si avvicinò subito per riscaldarsi le mani infreddolite.
- Che buon profumo di arancia.- Salmodiò dopo averne avvertito l'aroma.
- Oh, cielo! Ho dimenticato l'anitra nel forno!- Ululò Addison ricordandosene.
    Corse immediatamente in cucina e Faith si ritrovò sola nel salotto, poiché anche Max sembrava scomparso con la sua valigia.
    Si guardò un po' intorno e notò con stupore che la stanza non era poi tanto diversa dal suo soggiorno: tende bianche e leggere alle finestre, una libreria colma di libri, riviste e souvenir, un comodo divano con due poltrone ai lati ed un tavolino al centro, coperto da una tovaglia ricamata e arricchito da un vaso di frutta secca.
    Una grande televisione troneggiava sopra un mobiletto, insieme ad una composizione di fiori, composta per lo più da spighe essiccate.
    Sulla mensola del caminetto erano ordinatamente disposte alcune fotografie di Max, e la ragazza ne scorse una che lo ritraeva con un uomo più vecchio.
- A cosa pensi?- Le domandò Max, irrompendo in salotto.
    Faith si voltò e, con un dito, indicò la fotografia.
- Quell'uomo è tuo padre?-
    Max annuì e Faith provò una fitta al cuore osservandola più da vicino. Anche se faticava ad ammetterlo, in un certo senso si sentiva una colpevole indiretta dell'incidente.
- Ti somiglia molto.- Osservò dolcemente.
- Si.- Convenne lui infilandosi le mani nelle tasche dei jeans - Me lo dicono tutti.-
    Faith gli fece di rimando un sorriso carico di tristezza.
- Mia madre ha detto che sarà pronto in tavola tra circa mezzora. Stiamo aspettando qualche amico.- La informò lui tergiversando - Ti mostro la tua stanza e il bagno, nel caso volessi darti una rinfrescata.-
- Certo.- Acconsentì la ragazza.

    Quando uscì dal bagno, Addison la richiamò dalla cucina.
- Dov'è andato Max?- Le chiese Faith dopo averla raggiunta.
- Credo che sia uscito a prendere un po' di legna da ardere. Sei brava in cucina? Ti spiace aiutarmi con l'insalata?-
- Figurati. Sono una frana, ma con le verdure divento imbattibile.-
Si sciacquò le mani e cominciò a spezzettare la verdura.
- In quanti saremo a pranzo?- Si informò per rompere il ghiaccio.
- Oltre a noi ci saranno tre amici di Max.- Rispose Addison intenta a tagliare un pomodoro - Quando lui torna a casa organizza sempre un pranzo o una cena con loro. Sono molto uniti, fin dai tempi della scuola. Vedrai, ti piaceranno. Sono dei tipi davvero simpatici.-
    Faith sorrise e si stupì: Max non gliene aveva mai parlato.
    Poco dopo si udirono delle voci e delle sonore risate provenire dall'ingresso.
- Entrate, ragazzi. Accomodatevi in cucina.- Li invitò Max - Sistemo questa legna vicino al camino e sarò subito da voi.-
- Che profumino!- Esclamò una ragazza.
    Faith finì di condire l'insalata e si asciugò le mani con uno strofinaccio appeso alla parete.
    Il gruppetto fece il suo ingresso in cucina seguito da Max, che ne presentò ogni componente alla sua ragazza.
- Io sono Alice.- Disse la più bassa di loro facendosi avanti e tendendole la mano.
    Faith gliela strinse presentandosi a sua volta, poi conobbe gli altri due, un ragazzo e una ragazza.
-Lui è Nicholas, il fidanzato di Alice, mentre lei è Lexie.- Aggiunse Max.
- Piacere.- Annuì entusiasta Faith.
    Avevano tutti la stessa età di Max, ventisei anni, tranne Alice che, come Faith, ne aveva ventiquattro.
- E questa splendida ragazza è Faith, la mia fidanzata!- Esclamò Max, cingendole la vita con un braccio per baciarla.
- Il pranzo è servito!- Annunciò improvvisamente Addison ad alta voce facendosi largo tra gli ospiti con un'enorme plancia di lasagne al forno, sotto gli occhi estasiati dei ragazzi.
- Adoro le lasagne di mamma Addison!- Dichiarò Alice, che prese posto a tavola per prima.
    Faith rise guardandola perchè sembrava davvero una ragazza divertente, oltre che carina.
    Esibiva un taglio di capelli corto, dal look finto spettinato, e portava un maglioncino rosa con lo scollo a V e un paio di jeans sbiaditi, molto casual. Inoltre Faith trovò che avesse un sorriso magnetico e ben curato e, da solo, le ispirava allegria e determinazione.
    Il suo ragazzo, Nicholas, era un tipo dalla battuta sempre pronta, per questo pensava che stavano bene insieme. I suoi capelli erano corti e colore del miele e si abbinavano perfettamente all'azzurro chiaro dei suoi occhi. Quel giorno indossava una camicia blu ed un paio di pantaloni chiari.
    Durante il pranzo Faith aveva scoperto che erano entrambi studenti universitari: lei era iscritta alla facoltà di medicina; lui studiava per diventare architetto.
    Un po' più silenziosa, ma non meno divertente, Lexie era una ragazza alta e slanciata e pareva uscita da una copertina di Vogue. Ma, malgrado questo, non si dava arie per la sua bellezza.
    Si presentava come una persona semplice che si era accontentata di lavorare nella pasticceria della madre in centro a Cleveland e, di conseguenza, non aveva voluto intraprendere alcun corso di studi.
    Lexie portava i capelli lunghi e lisci, portati indietro come le ali di una farfalla, di un bel colore biondo castano, e sfoggiava un dolcevita rosso sopra ad un paio di jeans bianchi. Aveva fatto il suo ingresso con una grande scatola di pasticceria che Addison aveva prontamente riposto in frigorifero.
    Nel complesso la compagnia di Max appariva una combriccola ben formata e molto affiatata e Faith si divertì ad ascoltare storie ed aneddoti del loro passato. Talvolta fu persino invidiosa di non aver fatto parte di quel gruppo, nonostante tutti facessero a gara per strapparle una risata.
- Vi ricordate,- Intervenne Alice - quando siamo andati al cinema a vedere Top Gun?-
    Gli altri scoppiarono subito a ridere e Max sorrise abbassando lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli, evidentemente imbarazzato.
- Cosa successe?- Chiese curiosa Faith.
- Ti prego, Alice, non vorrai rendermi ridicolo davanti alla mia ragazza?- La rimbeccò Max.
- Cosa mi nasconde, signor Warren?- Insistette Faith pizzicandogli un fianco.
    Alice prese subito a raccontare l'episodio sforzandosi di restare seria.
- Appena usciti dal cinema Max si mise in testa che voleva ad ogni costo pilotare un F14 e non c'era niente che potesse dissuaderlo. Cominciava a comportarsi esattamente come Maverick e, il giorno seguente, non avendo un F14, si presentò a scuola con un motorino mezzo distrutto che pareva sistemato da uno psicopatico.-
    Alice si bloccò dal ridere ricordando la scena e non riusciva più a terminare una sola frase.
- Indossava un giubbotto di pelle nera sopra una maglietta bianca e si era profumato fino all'inverosimile! Ah, ah, ah!-
- Più che Maverick, sembrava Fonzie, con quei capelli impomatati!- Osservò Nicholas.
    Faith rise e vide Max arrossire notevolmente.
- Così,- Riprese Alice - entrò nel cortile della scuola e, con i suoi occhiali da sole, fondamentali anche in un giorno di pioggia, dispensava saluti e sorrisi idioti a tutte le ragazze presenti! Non vi dico: un vero sciupa femmine! Ma non era una ragazza qualunque quella su cui voleva fare colpo, bensì...-
- La giovane professoressa di lingue.- Confessò indignata la madre di Max - La quale - Continuò - mi riferì immediatamente l'accaduto, irrimediabilmente sconvolta.-
    Tutti scoppiarono di nuovo a ridere e a sghignazzare.
- Le si presentò con il nome di Maverick e la invitò a fare un giro con lui sul motorino.- Raccontò Nicholas.
- E alla fine mi beccai una bella nota di demerito.- Soggiunse Max.
- Allora non sei così perfetto come ti credevo, signor Warren.- Affermò sorpresa Faith baciandolo sulla guancia.
- Mi ricorderò di ucciderti un giorno o l'altro, Alice. Magari verrò a farti visita di notte, mentre stai dormendo, e infilerò un paio di topi nel tuo letto.- Scherzò Max.
- Sempre a sua disposizione, capo.- Replicò la ragazza mettendosi in posa da soldato sull'attenti.

Norah Jones “ Humble Me”
    Il pranzo proseguì allegro e spensierato in una cucina sempre più rumorosa.
    Faith avvertì il bisogno di uscire a prendere una boccata d'aria, così si infilò il giubbotto e percorse la veranda fermandosi sul retro e appoggiandosi contro il parapetto.
    Si godeva una veduta spettacolare e la ragazza respirò a fondo l'aria fresca vagabondando con lo sguardo.
    Il sole brillava sul lago e le coste verdeggianti sembravano dissolversi man mano si avvicinavano all'orizzonte.
- Fanno un gran chiasso là dentro, eh?- Domandò Lexie facendola trasalire, mentre usciva dalla porta sul retro.
- Ciao, Lexie.- La salutò - Si, hai ragione. Non sono molto abituata a resistere a lungo in luoghi rumorosi. Vivo da tanto tempo vicino all'oceano, quindi puoi ben immaginare.-
- Si. Ti capisco benissimo.- Annuì con un sorriso.
    Si appoggiò al parapetto accanto a Faith e rimase in silenzio per qualche minuto.
- Sai, Faith,- Esordì voltandosi a guardarla - sei davvero fortunata  ad avere un ragazzo come Max. Lui è...-
- Straordinario.- Appurò Faith con un cenno del capo.
- Sì. È straordinario.- Concordò in una nota di rancore e di tristezza che a Faith non sfuggì.
    Lexie era tornata a guardare il lago, ma in realtà non gli interessava affatto. Sembrava piuttosto che stesse rivivendo un ricordo lontanissimo, le cui immagini si susseguivano come i fotogrammi di un film.
    Uno stormo di uccelli si levò dal boschetto adiacente alla casa e si librò nel cielo limpido e celeste.
- Perchè mi dici questo?- Le chiese Faith.
Lexie esitò prima di rispondere, quasi a voler trovare le parole giuste.
- Se non vuoi che fugga via da te dovrai sempre rispettarlo: se lo merita.-
    Le due ragazze si scambiarono uno sguardo. Nella mente di Faith balenò l'idea che Lexie fosse a conoscenza della verità sull'incidente, ma allontanò subito quell'improbabile supposizione, ipotizzando che stesse alludendo a tutt'altro.
    Effettivamente, Lexie non aveva un ragazzo, era la più silenziosa e riservata del gruppo e, durante il pranzo, Faith si era accorta che osservava Max in modo strano.
- Sei ancora innamorata di lui?- Domandò, andando dritta al punto.
    Lexie sorrise, per darle l'impressione che avesse appena detto una sciocchezza.
- Io e Max non siamo mai stati insieme.-
- Però non hai risposto alla mia domanda.- La incalzò Faith.
    A quel punto i suoi occhi si fecero lucidi e fece un lungo respiro, consapevole di essere stata scoperta.
- Eravamo migliori amici, ma io nutrivo per lui sentimenti più grandi di una semplice amicizia. Voglio dire, siamo ancora in buoni rapporti, ma ormai non vive più qui e le nostre vite, di conseguenza, hanno preso strade diverse, come è giusto che sia.-
    Poi tacque per qualche attimo, studiando la reazione di Faith, che apparve tranquilla e in attesa di un'ulteriore spiegazione.
- Un giorno - Proseguì Lexie lentamente - provai a raccontargli tutta la verità riguardo la morte di suo padre, ma lui me lo impedì non appena accennai all'argomento. Non voleva saperlo in nessun modo. Non voleva più sentir parlare di quell'incidente.-
    Faith impallidì. Si chiese che cosa sapesse Lexie che lei non conosceva e si guardò bene dal modo in cui formularle le domande.
- Perchè gliene volevi parlare?-  
- Mi sentivo così in colpa. Ho insistito, ma non mi ha voluto ascoltare. È uscito da casa mia senza voler sentire ragioni e, da quella volta, ho capito che qualcosa tra di noi si era spezzato.-
- Ma tu che cosa sai sull'incidente?- Azzardò Faith - Perchè ti sei sentita in colpa?-
    Lexie sospirò.
- Max crede che suo padre sia uscito di strada per una distrazione. Ma in realtà non è così.-
    La ragazza si voltò verso Faith con gli occhi che sembravano lanciarle un messaggio più che eloquente.
- Lo hanno travolto vicino ala pasticceria di mia madre.-
    Faith distolse lo sguardo: non era stata in grado di interpretare l'espressione di Lexie mentre la fissava negli occhi e si fece prendere dal panico. Sarebbe volentieri fuggita da quella situazione troppo scomoda, ma cercò di mantenere la calma e di non esternare più di tanto i suoi sentimenti e le sue paure.
    Si accorse che i palmi delle sue mani erano diventati umidi.
- Era una domenica mattina e io mi trovavo là con mia madre. La stavo aiutando a sistemare il negozio: voleva lucidare i pavimenti prima di aprire la pasticceria, così andò nel magazzino a prendere l'occorrente. Io la aspettai vicino alla vetrina del negozio. Fu allora che avvenne l'incidente. Ho visto tutto con i miei occhi. È stato terribile.-
Faith taceva, continuando ad aspettare l'inevitabile, ma, vedendo che non arrivava, le rivolse la domanda più critica e difficile.
- Chi è stato ad ucciderlo?-
    Lexie non rispose e Faith tornò a ripeterle la domanda.
- Faith, promettimi che non glielo dirai mai.- La supplicò lei, prendendole le mani - Non lo sa nemmeno mia madre. Non ho mai avuto il coraggio di dirglielo.-
    D'un tratto Max fece irruzione sotto il porticato per avvertirle che il dolce stava per essere servito.
- Grazie, Lexie, per aver portato la torta. Ha un aspetto magnifico.-
    Lexie si asciugò gli occhi con la manica del maglione senza farsi notare e sfoderò un sorriso.
- Spero sia buona quanto bella!- Esclamò.
- Lo scopriremo subito.- Intervenne Faith, sentendosi più sollevata.
    Nonostante quello, però, intuì che c'era qualcosa di poco chiaro nel comportamento di Lexie.
    Il modo in cui le aveva afferrato le mani pregandola di non dire niente a Max, le insinuò il dubbio che la verità sull'incidente che sapeva Lexie avesse dettagli diversi da quella che conosceva lei.
    Immaginò che suo padre non le avesse raccontato tutto, ma ciò non spiegava l'inaspettato gesto della ragazza.
    Tuttavia, non sapeva come né perchè, sentì di avere una caratteristica in comune con lei. E non era tanto la verità o l'amore per Max, quanto una paura angosciante.
    La paura di perderlo.

    Le ore scivolarono via, inesorabili, ed erano quasi le sette quando Alice e Nicholas si congedarono strofinandosi lo stomaco con una mano.
- Io non mangerò per almeno una settimana!- Si lamentò Alice ringraziando Addison.
- Sarà meglio che vada a casa anch'io.- Annunciò Lexie - È stato davvero un piacere conoscerti, Faith.- Disse stringendo la mano alla ragazza.
- Figurati. Piacere mio, Lexie.- Replicò Faith.
    Si ritrovò nella mano un foglietto e, alzando lo sguardo, notò che Lexie la stava fissando, pregandola con gli occhi di non farlo vedere.
- Ciao, Max!- Disse poi, abbracciando il ragazzo, che ricambiò.
    Salutò Addison ed uscì nella semi oscurità, dirigendosi verso la sua auto, mentre una grande luna arancione faceva capolino dietro ad un frastagliato nembo di nuvole viola.
- Entriamo?- Sussurrò Max, cingendo le spalle di Faith con un braccio.
- Ti dispiace se facciamo una passeggiata vicino al lago?- Suggerì lei.
- No, certo. Però lascia che ti prenda un maglione. Più tardi farà freddo.-
- Ti aspetto.- Bisbigliò la ragazza con un sorriso.
    Rimasta sola sotto il porticato, aprì il foglietto che le aveva lasciato Lexie, piena di curiosità.
    “Chiamami ogni volta che ne sentirai il bisogno.” diceva il biglietto, specificando il numero di telefono.
    Lo richiuse non appena avvertì la porta socchiudersi con un cigolio e lo infilò in una tasca dei jeans.
  
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