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Autore: Rucci    15/07/2010    4 recensioni
Ed ora veglio
sono Tuo e Mio
la notte mi annunziasti come vita
mi hai fatto uomo.

Ci sono centootto stelle che in verità sono demoni.
Centootto diversi demoni. "Inno alla notte" è per uno di loro.
{spectre-centric, original character}
Genere: Dark, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

III.

 

Quale regina

della natura terrestre

chiama ogni forza

a mutamenti innumerevoli,

annoda e scioglie vincoli infiniti,

avvolge ogni essere terrestre

con la sua immagine celeste.

 

 

Stevan correva senza tirare il fiato, nell’alba fredda.

Tagliò tutto il prato in discesa tanto forte che rischiò di cadere. Saltò la staccionata come un gatto, sfregando bruscamente le mani contro il legno scheggiato. Si fermò quando dovette mangiare un gemito di dolore, e cadde sulle ginocchia perché era senza fiato e i palmi bruciavano come tizzoni.

Appoggiò la schiena al tronco di un albero e respirò forte. Fuori e dentro, fuori e dentro, il sangue che batteva forte e ritmico contro le tempie, nei palmi rossi, pulsando e gonfiando la brutta puntura di un chiodo sporgente. Deglutì a forza e si rialzò traballando. Quando arrivò a casa non rientrò dalla finestra, come era uscito. Abbassò la maniglia della porta due e tre volte, cozzando contro il catenaccio chiuso, e il rumore buttò giù sua nonna dal letto, che gli aprì maledicendolo, e lo maledisse un’altra volta quando scoppiò a piangere. Poi lo costrinse a sedere al tavolo della cucina, e gli medicò le mani.

 

Non ricordava più perché era uscito alle cinque di mattina. Forse per capriccio, forse per fantasia, forse per qualcosa di cui si vergognava a parlare. Fatto sta che subì le scenate peggiori per questo, più che per quello che poi raccontò: una volta sola, perché poi imparò la lezione e tacque.

Non conosceva abbastanza bene il paesello di sua nonna per sapere dove stesse andando, per cui non si era sorpreso quando si era reso conto di avere raggiunto il cimitero, vecchio e scalcinato. Si era sorpreso invece quando due uomini erano entrati nel camposanto, e con loro una zappa ancora imbrattata di fango e un palo di legno. Lo fecero dando un calcio ai cardini di una porticina seminascosta da un castagno vecchio come il cucco, che non avrebbe dovuto essere lì perché un giorno le sue radici avrebbero divelto il muro. Stevan ci si arrampicò per vedere cosa succedeva.

Tra le foglie vide una tomba scoperchiata, una donna morta, e una vecchia viva, che bisbigliava a voce troppo bassa. Poi vide che il palo di legno in mano a uno degli uomini aveva una punta acuminata, e che ora stava premendo proprio contro il seno sgonfio della donna che giaceva nella tomba. Sembrava solo consunta e addormentata.

Allora la vecchia alzò la voce e cercò di trattenere con un’artigliata il braccio dell’uomo. Stevan distinse poche parole in rumeno e capì non due, non tre, ma uno. Così, l’uomo assestò un colpo ben forte e trafisse il cadavere una volta sola.

Sangue uscì a sprazzi neri e densi dalla bocca della morta, e si sentì come un grido.

Calò la zappa a decapitarla. Smorzò e spense il grido e aggiunse il sangue al fango.

Stevan schizzò giù dall’albero e corse lontano.

 

 

La sua sola presenza manifesta

il meraviglioso splendore

dei reami del mondo.

 

 

Il vampiro è una figura molto antica, molto più di quanto si creda. Ed appartiene ad ogni terra. Non è il conte Dracula di Transilvania. Il vampiro esiste da quando i vivi portano offerte alle tombe.

Se i vivi si sentono in dovere di placare i propri morti, vuole dire che li temono. Temono che disperati per la propria infelicità cerchino ad ogni costo di tornare. Temono che tornino reclamando il sangue perché il sangue è la vita.

 

“Sì” disse Stevan di Vampire tanto tempo dopo, quando le sue dita erano già state rivestite della surplice nera come il sangue della morta. “Sì, so che cosa senti. Ma non posso dartelo.”

Sbatté le palpebre una, due volte. Sorrise placidamente e fu gentilissimo nel dirlo.

Gli anni di notte gli avevano chiesto tributi sanguinosi, e lo avevano addolcito.

Il suolo arido non batté colpo, eppure vibrava impercettibilmente. La terra che tratteneva i morti era potente. I vivi facevano bene a temerli.

“Il sangue che ho bevuto” sussurrò piano. “Non posso dartelo.”

“Stevan.”

Al richiamo si voltò, senza cambiare espressione. Accolse l’uomo che avanzava sulla spianata con un profondo inchino. Ebbe in cambio un sorriso sottile, che non vide, gli occhi bassi.

“Preparati, è ora.”

“Sì, Lord Aiacos.”

Smise di parlare con l’ombra proiettata nel suolo. C’era un’ombra dalle sembianze poco umane, e priva di proprietario. Un ombra che serpeggiava debolmente. Un’ombra che conosceva i tributi di sangue, come lui.

“È stato condotto un attacco imprevisto, mentre noi generali ci trovavamo alla Giudecca. Molti uomini hanno già perso la vita. Io e Minos ci dirigiamo in aiuto di Rhadamanthys.

“Sì, signore.”

“Stai in guardia.”

Assentì un’ultima volta, prima di raddrizzarsi. Cercò con lo sguardo a terra, ma non vide più nulla.

 

Il vampiro è una figura molto antica, molto più di quanto si creda. Ed appartiene ad ogni terra. Non è il conte Dracula di Transilvania. Tuttavia era proprio lì, da dove veniva Stevan, più o meno, che la gente non dimenticava tanto facilmente. Nei paesi più piccoli, dove convivevano i distributori automatici di sigarette e le streghe del villaggio, ancora si appendevano crocefissi alla porta e ai morti si piantavano pali nel cuore, perché non ritornassero a chiedere il sangue ai vivi.

Lo sapeva bene la vecchia rumena, che bisogna uccidere con un colpo solo, o svegli il morto.

Lo sapeva bene Stevan. E l’ombra si dissolse. 

 

 

 

 

 

Due flashfic, a questo turno. Per questo capitolo sono stata tentata di mettere addirittura rating rosso, ma poi mi sono convinta che non era il caso. I contenuti sono lievemente disturbanti, mi rendo conto, ma non mi pare di aver ecceduto in descrizioni grafiche eccetera. Insomma, nel caso mi venisse segnalato provvederò. Intanto, comparsata di un personaggio canonico molto amato. <3 Eh, sì, proprio lui, la garudina. Non vedo l’ora di farlo ritornare, anche se purtroppo sarà un bel po’ avanti. Ma intanto sono felice che ci sia! ç^ç

 

Kiki May: In realtà il tuo commento chilometrico l’ho adorato, e quasi quasi ti sfido a superarti, ghghgh. Per il resto, che dire: tutti grazie, due bacini sulle guance, e tanta tanta comprensione. Buffy non l’ho mai visto, ma dicono che valga. Tuailait va cassato dalla storia del genere. Il vampiro sì, è una creatura profondamente ctonia, e per questo calcherò moltissimo sull’atmosfera terrigna e da mondo “al di là”. Ce provo, almeno. Per cui sarà tutto oscurissimo e goticissimo, spero nella giusta misura. Gh, Denis è stata una parentesi-trampolino, secondo me. Ma ci vogliono anche quelle, sìsì. <3

Ribrib20: Oooh! Ma sì, ma sì, non devi prenderlo per shonen ai! Cioè, sì. Ma per il mero motivo, appunto, che trattandosi di una creatura così l’ambiguità sessuale è d’ordinanza, quindi è bene segnalarlo, ecco. La poesia è la stessa che ho precisato nel primo capitolo… è un inno molto lungo che ho spezzettato tutto perché ogni passo mi facesse da apertura a ogni capitolo! È stato un lavoro perverso ma sono soddisfatta, ghgh. Grazie ancora per i complimenti! >O<

 Beat: *pettina la pecorella verde* Questo è molto interessante. Io devo ancora vederlo, Eclipse! Di solito vado al cinema per urlare il mio sdegno, ma ho paura di non riuscire a fare in tempo. È che ci devo andare accompagnata o la sala non si diverte. Mah. Grazie per le belle parole, comunque, e anche per l’apprezzamento su Stev. Lui lì sta. Dategli amore. uOu <3

 

  
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