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Autore: Pikky    15/07/2010    4 recensioni
[NUOVO CAPITOLO ON-LINE]
Daniela è cotta di Marcello. Fin qui tutto normale, no?
C'è solo un 'piccolo' problema, tuttavia, oltre al fatto che lui abbia otto anni in più di lei: Marcello è il suo professore.
Daniela sa benissimo che tra loro non potrà mai esserci niente, eppure, in partenza per la gita a Parigi, continua a sperarci e ad abbandonarsi a sciocche fantasie da diciottenne innamorata.
Contrariamente ad ogni aspettativa, Daniela scopre che anche Marcello prova per lei i suoi stessi sentimenti. Come affronteranno la situazione?
[Dal capitolo 5:
Come continuavo a ripetermi, dovevo archiviare il passaggio di quella stupida rondine che aveva sbagliato stagione, e dedicarmi ad altro.
[...] Ormai non sarebbe stato più come prima: se avessi dato spazio alla mia fantasia, questa avrebbe immaginato un seguito a ciò che era successo il giorno prima, e sapevo benissimo che così non sarebbe stato. Mai.
Avere avuto quell’assaggio aveva cambiato tutto. Prima, infatti, quando mi lasciavo andare a quelle sciocche fantasie da ragazzina innamorata, sapevo che sarebbero rimaste tali, mentre ora, se l’avessi fatto, avrei segretamente sperato che si attuassero, che avrei finalmente avuto la mia primavera.
]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO tre

 

La mattina dopo fui destata dal suono martellante di una sveglia che non era di certo la mia. Preferivo infatti melodie più dolci, che mi rendessero il risveglio più conciliante e meno traumatico, non certo le canzoni di un gruppo metal! O rock, o quel cavolo che era. Non mi intendevo molto di quel genere musica, onestamente.

Facendo mente locale, ricordai che anche Greta e Alessia non se ne intendevano.

Oh, no!, pensai, aprendo gli occhi di botto e mettendomi a sedere. Le tende della finestra erano ancora tirate, per cui la mia vista ci mise qualche istante ad abituarsi al buio.

Quella non era la mia stanza, decisamente. Né io, né Greta, né Alessia eravamo solite lasciare i calzini sui comodini, e ricordavo bene che nessuna delle tre aveva lasciato la propria valigia nel bel mezzo della stanza. Le avevamo messe tutte e tre nell’armadio, infatti, così come avevamo fatto con i vestiti, che non erano ammucchiati ai piedi dei letti.

Solo una categoria era in grado di ridurre una stanza in quelle condizioni, ed era quella maschile.

- Merda! – esclamai al di sopra del frastuono della sveglia, rendendomene conto solo in quel momento.

- Buongiorno anche a te, eh… - ribatté ironico Valerio, con la voce ancora impastata dal sonno. Mi voltai e vidi che era sdraiato nello stesso letto in cui mi trovavo io e che evidentemente durante la notte dovevamo aver condiviso. Con i vestiti addosso, grazie al cielo.

Ero decisamente sveglia, ora. Il torpore mattutino era svanito, e la sua sparizione aveva permesso alla mia mente di realizzare il perché mi trovassi lì.

Sorrisi amaramente nel ricordare la sera precedente, e soprattutto il modo in cui ero scoppiata in lacrime. Nonostante le parole orribili che gli avevo riversato addosso, Valerio era stato gentile con me e mi aveva offerto conforto, mentre io sfogavo il mio inutile pianto. Non aveva detto una parola, mentre io ero sconquassata dai singhiozzi, né mi aveva fatto domande: era stato anzi discreto e si era limitato a tenermi stretta tra le sue braccia. In quel modo mi aveva dimostrato di non avere secondi fini come io invece avevo creduto; voleva semplicemente aiutarmi, e lo aveva fatto.

Dato che non accennavo a smettere di piangere, mi aveva offerto asilo nella sua stanza. Ci eravamo sdraiati sul suo letto, e lì lui aveva continuato nella sua opera di consolazione tenendomi stretta, mentre io continuavo a piangere disperata per via del professor Bassi. Evidentemente dovevo essermi addormentata tra le lacrime, senza rendermene nemmeno conto.

Sospirai, sconsolata. Ero davvero arrivata a quel punto? Avevo davvero passato la notte in compagnia del mio ex che mi aveva confortata quando io stavo male per un altro? Valerio non era stupido, e sicuramente doveva avere intuito che io piangessi per un ragazzo. Eppure non aveva detto nulla. Voleva solo la mia amicizia, ed offrirmi in cambio la sua. Era davvero confuso, allora, quella con cui mi aveva mollato non era una scusa come avevo pensato.

Gli sorrisi debolmente in segno di gratitudine, ma lui aveva già richiuso gli occhi.

- Spegni quel maledetto cellulare, Mirko! – ordinò Claudio, l’altro compagno di stanza di Valerio. Il ragazzo obbedì e finalmente nella stanza tornò a regnare il silenzio. La sera prima, quando io e Valerio eravamo entrati nella stanza, i due dormivano e quindi non si erano accorti della mia presenza. In quel momento contavo di sgattaiolare fuori dalla stanza prima che si alzassero, di modo che non pensassero male.

Valerio emise un grosso sbadiglio, prima di riaprire nuovamente gli occhi. Si mise a sedere, per potermi guardare in faccia con i suoi penetranti occhi verdi, dopodiché mi chiese, in un sussurro: - Stai meglio?

Annuii debolmente, nonostante sapessi che la mia affermazione era un’enorme bugia. Non stavo meglio, affatto. Semplicemente, ero piombata in uno stato in cui ero in grado di controllare di nuovo le mie emozioni, per cui il pericolo di scoppiare nuovamente in lacrime era scongiurato. Quello, però, non poteva essere definito ‘stare meglio’. Il mio stato d’animo era tale quale alla sera prima, e i miei pensieri ancora concentrati su Bassi e sul bacio che ci eravamo scambiati.

Perché dopo mi aveva trattato così freddamente? Forse perché si era ricordato che io ero una sua alunna? Non sapevo rispondere a queste domande, onestamente. Marcello sapeva benissimo il rapporto che la sua professione gli imponeva di avere con me, per cui era poco probabile che al Louvre se ne fosse scordato e improvvisamente ricordato nel momento in cui mi aveva baciata.

Perché lo aveva fatto, allora? Per capriccio? Più ci pensavo, più la mia mente formulava ipotesi perfettamente plausibili. Tra quelle, però, non ero in grado di identificare la vera ragione del gesto di Bassi, né ne sarei mai stata in grado. Solo lui avrebbe saputo darmi una risposta, ed ero certa che non lo avrebbe mai fatto. Sicuramente doveva già aver archiviato l’avvenimento del pomeriggio prima come uno stupido incidente, e io avrei dovuto fare altrettanto.

- Quando e se vorrai parlarne, sai dove trovarmi. – aggiunse poco dopo Valerio, interrompendo il flusso dei miei pensieri.

- Ti ringrazio per questo. – gli dissi. – Soprattutto per quello che hai fatto stanotte. E scusa per tutte le cose orribili che ti ho detto. Avevi ragione, avevo frainteso tutto. – ammisi dunque, con gli occhi bassi. Dopo quello che aveva fatto per me, offrirgli le mie scuse ed accettare la sua amicizia era il minimo che potessi fare.

- Non ti preoccupare. Stavi male, non eri in te. Sono sicuro che non pensavi realmente quello che hai detto. – mi rassicurò Valerio, con un sorriso.

- Si può sapere con chi stai parlando? – proruppe Mirko, rizzandosi a sedere sul proprio letto. Evidentemente doveva aver captato qualche frammento di conversazione. Personalmente ero convinta che lui e Claudio si fossero riaddormentati, ma evidentemente non era così, perché poco dopo il secondo accese la luce, accecandomi.

- Ah. – disse Mirko. – Ciao, Dani.

- Ciao. – ricambiai il saluto io, imbarazzata.

- Ritorno di fiamma? – indagò Claudio, sorridendo in modo furbo.

- No, non è come credete. – si difese Valerio. – Io e Daniela…

- Non vi dobbiamo spiegazioni. – lo interruppi io, sgarbata. Non volevo fare la figura della fontana vivente, per cui stabilii fra me e me che non era il caso di rivelare che Valerio mi aveva consolata dopo avermi vista piangere. – Abbiamo solo parlato e chiarito un po’ di cose, fino a notte fonda. Poi ci siamo addormentati, punto. Non fatevi strane idee.

- Ok, ok. Ti credo. – borbottò Claudio, sebbene si vedeva fosse poco convinto.

- Ora io vado. – decretai dunque, rivolta a Valerio. – Ciao. – lo salutai, dopo essermi alzata dal letto e aver raccattato il mio blocco da disegno, appoggiato sul suo comodino.

- Ciao. – ribatté lui. – A dopo.

- Va bene. – assentii, prima di uscire definitivamente fuori dalla stanza.

 

 

 

- Oh, eccoti! – esclamò Greta, non appena mi fui richiusa la porta della nostra stanza alle spalle. Purtroppo lei e Alessia erano già sveglie, quindi avrei dovuto sorbirmi un interrogatorio da parte loro.

- Perché non hai dormito qui, stanotte? – indagò Alessia, come prevedibile.

- E dove sei stata? – chiese immediatamente dopo Greta, senza nemmeno lasciarmi il tempo di rispondere. – Che hai combinato? Ci siamo preoccupate quando poco fa abbiamo trovato il tuo letto vuoto!

Non sapevo cosa inventarmi, né me la sentivo di mentire. Tuttavia non potevo nemmeno raccontare loro la verità, perché ciò avrebbe implicato parlare di Bassi e non ero ancora sicura di sentirmela. Probabilmente se lo avessi fatto la mia maschera di autocontrollo si sarebbe infranta e sarei scoppiata nuovamente a piangere, e non volevo. Per cui rimasi zitta, ad occhi bassi perché temevo gli sguardi furenti e preoccupati delle mie amiche.

- Perché non rispondi? – tentò di incalzarmi Alessia.

Mi sedetti sul letto, con un sospiro, dopodiché alzai lo sguardo, ben attenta a non puntarlo verso Greta o Alessia. – Ragazze… - esordii. – Per favore, non fatemi domande. Fidatevi di me, a tempo debito vi spiegherò tutto.

Lo avrei fatto, non appena me la fossi sentita. Per il momento preferivo tenermi tutto dentro, temevo quel che le mie amiche avrebbero potuto dirmi, dopotutto. Parlare con loro di quel che era successo il giorno prima avrebbe significato un nuovo, tremendo e doloroso impatto con la realtà, e dovevo ancora riprendermi dagli effetti del primo.

- No che non mi fido! – sbottò Alessia, furente. - È da ieri pomeriggio quando siamo tornati dal Louvre che sei strana. C’è sotto qualcosa, per forza, e tu come al solito non vuoi parlarne! Mi fai innervosire, cazzo! Siamo tue amiche, abbiamo il dovere di aiutarti, ma tu non ne vuoi sapere! Ti tieni sempre tutto dentro e ci fai sentire inutili!

- Calmati, Ale. – intervenne Greta, con fare diplomatico. – Così non risolviamo un bel niente.

Prese un respiro profondo, poi si rivolse a me. – Quello che stiamo cercando di dirti, è che siamo preoccupate per te da ieri, e trovare il tuo letto vuoto stamattina di certo non ha aiutato. Mi sono presa un colpo, accidenti! Ti va di dirci quali grilli hai per la testa? Vogliamo solo aiutarti.

Sospirai, con una stretta al cuore. Erano solo in pensiero per me, e non potevo prenderle in giro, né mi andava di farlo. Aveva ragione Alessia, loro erano le mie amiche e dovevano essere le prime persone da cui io dovevo correre in cerca di conforto, eppure le volte in cui lo facevo erano molto rare.

- Va bene. – assentii. – Da dove  volete che cominci?

Avrei detto loro tutto, però a partire dalle domande che mi avrebbero posto. Era difficile per me riordinare le idee ed esporle in modo appropriato ed esauriente, per cui avrei risposto ai loro interrogativi. In più, speravo che concentrandosi sulle domande non mi avrebbero espresso il loro parere e si sarebbero astenute dal giudicarmi. Era l’ultima cosa che volevo, in effetti. Fin dall’inizio loro mi avevano avvertita che la cotta per Bassi avrebbe potuto rivelarsi pericolosa, ma io non avevo voluto dare loro ascolto.

- Inizia a dirci dove sei stata stanotte, magari. – mi invitò Greta, sedendosi sul suo letto in modo da poter stare di fronte a me. Poco dopo anche Alessia le si sedette accanto.

- Non riuscivo a dormire. – iniziai. – Così sono scesa nella hall a disegnare un po’.

- Ma non eri stanca? – indagò Alessia, forse ricordando la conversazione della sera precedente.

- Era una balla. – risposi, ad occhi bassi. – Non volevo dirvi la verità.

- Che sarebbe…? – mi incalzò, Alessia.

- No, aspetta. – intervenne Greta. – Falle finire di dire cosa ha fatto questa notte.

- Niente di quello che pensi tu, Gre. – la tranquillizzai, avendo capito i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Sicuramente temeva che avessi fatto qualcosa di molto stupido come andare a bussare alla porta di Bassi, oppure che fossi uscita dall’albergo diretta chissà dove. – Come ti dicevo, sono scesa nella hall a disegnare un po’. Quando ho finito, sono tornata su e stavo venendo qui in camera, quando ho incontrato Valerio nel corridoio.

Mi interruppi per studiare le reazioni delle mie amiche, che non tardarono a manifestarsi. Alessia roteò gli occhi, probabilmente perché doveva aver intuito che ci avrei messo un po’ a soddisfare gli interrogativi di Greta e che quindi i suoi sarebbero passati in secondo piano, mentre quest’ultima sorrise compiaciuta, dato che sperava ardentemente in un ritorno di fiamma tra me e lui.

- Continua, su. – mi incitò dunque, curiosa.

- Non sono stata esattamente gentile con lui, anzi. All’inizio mi ha offerto aiuto, perché anche lui aveva notato che c’era qualcosa che non andava, ma io l’ho praticamente insultato perché pensavo avesse dei secondi fini.

- Perché devi sempre pensare male di lui, dimmi? – mi rimproverò Greta, incrociando le braccia sul petto.

- Forse perché l’ha lasciata con una scusa del cavolo e nonostante ciò continua a tormentarla perché la vuole come amica? – suggerì Alessia, sarcastica. Anche lei come Greta sperava che io e Valerio tornassimo insieme, ma a differenza sua vedeva le cose come stavano e non lo considerava esattamente un principe azzurro. Capiva le mie motivazioni e perché ce l’avessi con lui, ma dentro di sé sperava che un giorno ci saremmo chiariti.

- Esatto, Ale. Grazie. – le fui quindi grata, con un sorriso. – Comunque abbiamo avuto una piccola discussione, dopo la quale io sono scoppiata a piangere, lui mi ha raggiunta e mi ha consolata. Per soddisfare la tua curiosità, Gre, stanotte ho dormito da lui. Contenta?

- Altroché! – rispose lei, con un sorriso a trentadue denti. – Che tenero che è stato… Ti ha consolata nonostante sapesse benissimo che tu non lo volevi più vedere. Non è da tutti, sai?

- Sì, sì, sono certa che lo sa. – tagliò corto Alessia, prima di rivolgersi a me. – Ma perché ti sei messa a piangere? Non penso certo per via della discussione che hai avuto con Valerio…

- No, infatti. – ammisi.

- Fammi indovinare, è lo stesso motivo per cui da ieri sei strana?

Annuii.

- E, vediamo se le mie previsioni sono ancora esatte, c’entra Bassi?

Annuii di nuovo, ad occhi bassi. – Sì, hai ragione. – le confermai. – Ieri al Louvre non l’ho incontrato solo quando stavo tornando indietro, ma prima. Un bel po’ prima, mentre stavo osservando la ‘Gioconda’.

- Quindi avete trascorso praticamente quasi tutto il pomeriggio insieme. – dedusse Greta, il cui entusiasmo per via del mio riavvicinamento a Valerio si era già smorzato.

- Esatto. – confermai. – Ma non finisce qui.

- È successo qualcosa? – chiese Alessia, impaziente.

- Sì. – risposi. Presi un respiro profondo, prima di prendere la parola. Quella sarebbe stata la prima volta che io l’avrei ammesso ad alta voce, e non sapevo se ciò avrebbe sortito su di me degli effetti. Non volevo scoppiare di nuovo a piangere, così mi imposi di andarci piano. – Verso la fine della visita ci siamo seduti in un sala in cui non c’era nessuno e… - mi bloccai ed inspirai profondamente una seconda volta. – Ci siamo baciati.

- Cosa?! – esclamarono all’unisono le mie amiche, balzando in piedi.

- Tu non hai idea di quanto sei stata stupida! – mi rimproverò Greta. – E se fosse passato qualcuno e vi avesse visti? Non hai idea del guaio in cui ti saresti cacciata!

- Certo che ne ho idea, cosa credi? – ribattei io, con astio. – Lo so benissimo che quello che provo per Bassi non avrà futuro, e onestamente nemmeno mi immaginavo che qui in gita sarebbe successo quello che è successo! È stato sconvolgente anche per me, non pensare. E comunque stai tranquilla, nessuno ci ha visti, ieri, né mai ci vedrà in seguito perché dopo che ci siamo separati, il prof è diventato glaciale. Dubito che ci sarà un seguito a quel che è successo ieri, per cui non ti preoccupare.

- Io… Scusa. – disse Greta. - È solo che io te l’ho sempre detto fin dall’inizio che questa cosa non ti avrebbe portato a niente, e…

- E questo lo chiami niente? – la interruppe Alessia. – Si sono baciati, non direi che la sua cotta non ha portato a niente. Lui però si è comportato come uno stronzo, almeno una spiegazione poteva darla!

- Forse è stato meglio così. – mi confidai, con la voce ridotta a poco più di un sussurro. – Non sono poi così sicura di voler sapere le sue motivazioni. Ho paura di quello che potrei sentire.

- Non dovresti. – mi contraddisse Greta. – Anzi, dovresti andare a chiedergli chiarimenti, così potrai archiviare la cotta una volta per tutte. – mi suggerì, prima di sedersi sul letto accanto a me.

- No, è una pessima idea. – obiettò Alessia, scuotendo la testa. – Magari lui non gradirebbe e tu, Dani, rischieresti di peggiorare la situazione.

- In questo modo però affronteresti la realtà. – proseguì Greta, convinta del proprio ragionamento. – Bella o brutta che sia.

Ma io davvero volevo affrontarla? Onestamente, non avevo nemmeno preso in considerazione l’idea di chiedergli un chiarimento, proprio perché il suo comportamento era stato sufficientemente esauriente. Non avevo la minima intenzione di umiliarmi, e, come aveva suggerito Alessia, temevo di peggiorare la situazione, che di per sé era già abbastanza complicata.

- No, Gre. – decretai dunque. – Non andrò a parlargli, questa non è la classica situazione che si ha tra due ragazzi normali, per niente. Bassi è un mio professore, e gli unici chiarimenti che dovrei chiedergli sono quelli inerenti alle sue spiegazioni in classe, non certo ai suoi comportamenti. Non è uno della nostra età.

- Appunto perché non è uno della nostra età dovresti parlargli in maniera adulta! – replicò Greta. – Ha ventisei anni, non penso che vada in giro a baciare le sue alunne così tanto per, ci sarà sicuramente un motivo!

- Non è detto. – confutò Alessia. – Ha ventisei anni, sì, ma è ancora giovane. E si sa che i ragazzi maturano sempre dopo noi ragazze. Insomma, chi ci assicura che sotto certi punti di vista Bassi non abbia ancora la mentalità di un diciottenne, o peggio ancora di un quindicenne?

Già, non avevo messo in conto la cosiddetta ‘sindrome di Peter Pan’. Che Marcello ne fosse afflitto? Sospirai gravemente, a quel pensiero. Lo conoscevo ben poco, d’altronde, per cui tutto poteva essere.

- Hai ragione. – ammise Greta. Mi passò un braccio attorno alle spalle e mi abbracciò. – Mi dispiace, Dani. Ma vedrai che passerà, sta’ tranquilla. Passa tutto, passerà anche questa. Passerà

Le parole di conforto appena pronunciate da Greta erano bene o male le stesse che Valerio mi aveva sussurrato la notte prima. Che ci fosse un fondo di verità, dopotutto?

- Sì, Dani, passerà. – mi consolò Alessia, dopo avermi abbracciato a sua volta. – Tu non devi fare niente, devi solo aspettare.

Mi abbandonai all’abbraccio delle mie amiche, pensando che avevano decisamente ragione. Dovevo solo aspettare, il tempo avrebbe risolto tutto, in qualche modo. Era un luogo comune, certo, ma forse l’unico rimedio al male che avvertivo dentro.

Greta si separò da me e Alessia e mi offrì un sorriso di conforto, dopodiché si alzò dal letto e si diresse in bagno. Ne uscì qualche istante dopo, sconvolta.

- Ragazze, ho appena guardato l’orologio! – esclamò, con gli occhi sbarrati. – Siamo in ritardassimo per la colazione!

Alessia ed io ci guardammo negli occhi con terrore prima di correre a prepararci. Dal canto mio, non volevo certo sorbirmi i rimproveri dei professori, e specialmente di Bassi. In quel momento volevo solo diventare invisibile ai suoi occhi, e che lui lo diventasse ai miei.

 

 

 

Note dell’autrice

Questo capitolo non era compreso nel racconto originale, ma lo era nella mia idea iniziale. Non so quindi come possa essere venuto, e spero che soddisfi le vostre aspettative. Ci volevano dei chiarimenti tra Daniela e le sue amiche, dopotutto, e per motivi di spazio non avevo potuto inserirli nella versione che ho inviato al concorso.

Sto ampliando molto, e credo che andrò avanti a narrare anche gran parte del ‘dopo-gita’, che, ripeto, avevo in mente ma non ho mai trascritto.

Fatemi sapere i vostri pareri, mi raccomando^^

Passiamo ora ai ringraziamenti:

Alaire94: Cavolo, che coincidenze! xD Ti ringrazio comunque per la recensione e per i complimenti. In questo capitolo un po’ si vede e si intuisce cosa succede con Valerio, ma non con Marcello. Per quello dovrai aspettare un pochino… =) Spero che continuerai a seguirmi…^^ Baci, Pikky91

Sassybaby: In questo capitolo un po’ si capiscono, anche se indirettamente, le motivazioni di Marcello. È vero che ha ventisei anni, ma come ho detto esiste anche la sindrome di Peter Pan… xD Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, e spero ti piaccia anche questo. Baci, Pikky91

EmoGirl91: Grazie per entrambe le recensioni, innanzitutto^^. E grazie anche per la tua ammirazione. Insomma, ammetto di essere rimasta un po’ delusa, e ci ho messo un po’ per decidere se pubblicare o meno su Efp questa storia, ma alla fine ho voluto vedere cosa ne pensavate. Anche se, ripeto, sto rivedendo ed ampliando tutto. Ma passiamo alla recensione… Vedo che hai capito Marcello, e anche Daniela. Sono contenta, vuol dire che riesco a trasmettere i sentimenti dei miei personaggi, dopotutto… xD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto…^^ Baci, Pikky91

Fataflor: Non temere minacce di morte, anzi! Se noti qualche altro errore fammelo notare con tranquillità, non ti serberò rancore… =P Comunque, sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, e per quanto riguarda Valerio… Beh, vedrai più avanti. Per come mi ero figurata la storia, il suo ruolo non era molto marginale, ma poi per limiti di lunghezza ho dovuto ridurlo. Ora, dunque, gli sto facendo riguadagnare un po’ di posto, per cui sei avvertita… xD Ma non è antipatico, quello no. Lo vedrai… =) Baci, Pikky91

   
 
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