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Autore: Silice    22/07/2010    3 recensioni
In una buia e silenziosa serata invernale, il Barone Sanguinario e la Dama Grigia fanno una scommessa: un Corvonero dovrà riuscire a invitare Daphne Greengrass al Ballo del Ceppo. Riusciranno i tre malcapitati a convincere l'algida regina delle Serpi a uscire con loro? Storia partecipante al "Contest a squadre" indetto da B.S.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero, Daphne Greengrass, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa fanfiction per il contest a squadre indetto da B.S. Il giudizio finale  si troverà al fondo dell’ultimo capitolo, il terzo.

Sostanzialmente, ogni squadra aveva un pacchetto da sviluppare. La mia, composta da Mary e FabiFabi, doveva scrivere una fan fiction che contenesse gli elementi: Serpeverde, Corvonero, vasca e la citazione “Se stavi aspettando il momento giusto, era quello.” Tratta dai Pirati dei Caraibi.



 NOTE PERSONALI:

 

In alcuni punti della storia ho tratto ispirazione da altri autori o film: Leopold Bloom è il nome del protagonista dell’”Ulisse” di Joyce; il riferimento all’algida Regina delle Nevi è tratto da Bridget Jones. Nel terzo capitolo, tutta l’idea del bagno e della vasca mi è stata suggerita dal film “Robin Hood” con Kevin Costner, in cui Marion dice a Robin di andarsi a fare un bagno perché puzza. Mi è sempre sembrata un’idea assurda, banale e geniale allo stesso tempo, e ho ritenuto giusto di usarla anche qui ^^

 

 

1 - MEN ON A MISSION

 

Una risata rimbombò nel corridoio del terzo piano, rompendo il silenzio notturno.

“Fammi il piacere.” Il Barone Sanguinario scosse leggermente la parrucca ricciuta, sventolando l’uncino a mo’ di sfida.

“Che c’è? Credi che i miei studenti non siano abbastanza in gamba?” Una voce femminile risuonò nelle aule spoglie, minacciosa.“Ti ripeto: noi Corvonero siamo i migliori, i più intelligenti, i più furbi, i più…”

“Sì, come no.” Il tono ironico del Barone fece infuriare non poco la sua interlocutrice, che si sollevò in aria, assumendo un cipiglio minaccioso quanto la sua voce. “Direi che siete anche i più petulanti.” Aggiunse, sghignazzando.

Approfittando del silenzio che si era creato, dal momento che la figura accanto a lui non trovava le parole giuste per esprimere tutto il suo biasimo, continuò con il suo tono strafottente.

“Senti un po’, Dama dei miei stivali, se voi Corvonero siete davvero così incredibilmente superiori alla media, perché non scommetti?” Sembrava divertirsi immensamente, con quel suo sorrisetto sarcastico sotto i baffi lunghi e appuntiti.

“Io ho un nome, idiota: Dama Grigia.” Come a voler risplendere della solenne gloria che il nome arrecava, la Dama in questione si sollevò ancora più in alto, scontrandosi, o meglio, passando attraverso un lampadario, cosa che suscitò non poca ilarità nel Barone.

“In ogni caso, non vedo quale sia il problema. Accetto la scommessa.” Aggiunse lei, alzando il doppio mento e portando indietro le spalle, come a voler sottolineare tutta la sua superiore regalità.

Il Barone, stupito, rimase per qualche secondo senza parole, mentre fissava la figura ben piantata e dallo sfarzoso vestito che svolazzava a qualche metro da lui. Quando poi riprese a parlare, il tono era cambiato.

“Se sei sicura…” Alzò le spalle, e gettò un’occhiata alla Dama, per controllare che non avesse ripensamenti. “Va bene, allora. I termini della scommessa devono essere chiari: se uno dei tuoi studenti riesce a invitare al ballo la più algida delle serpi, la migliore, l’incredibile, insostituibile, inimitabile…”

“Sisi, vai avanti.” La Dama sbadigliò. “Sai, credo che tu stia iniziando ad invecchiare.”

Il Barone, irritato, si lisciò uno dei baffi, mentre prendeva in considerazione l’idea di tirare fuori la spada e porre fine alla causa dei suoi più svariati tormenti.

“Insomma, se uno dei tuoi, per qualche assurdo scherzo del destino, riesce a convincere Daphne Greengrass ad andare al ballo con lui,” il suo volto si piegò in una smorfia irrisoria “hai vinto tu. In caso contrario, com’è praticamente certo, ho vinto io. La scommessa si chiude il...”

Si lisciò la finta barba, pensieroso.

“Il 24 dicembre, la sera del ballo. Tre settimane esatte, a partire da ora.” La fissò, con un ghigno dipinto in volto.

Come una vera gentildonna, lei raddrizzò il busto, tenendo con le mani i lembi del suo enorme e ingombrante abito, e si avvicinò al Barone, tendendogli la mano.

“Che vinca il migliore.”

Dopo la stretta, si girò e iniziò a svolazzare verso la fine del corridoio, diretta al dormitorio di Corvonero.

“Ehi, ho dimenticato una cosa.” La profonda voce del Barone la fece voltare. Il fantasma di Serpeverde la guardava con un ghigno ancora più beffardo e irrisorio dei precedenti.

“Non valgono i filtri d’amore.”

Una seconda grottesca risata ruppe il silenzio di quella nuvolosa notte autunnale.

 

La Dama Grigia passò in rassegna i candidati. Camminava, o meglio, svolazzava, con le mani dietro la schiena, facendo ondeggiare l’abito dai numerosi merletti, e fissando ognuno dei presenti con aria truce. Aveva radunato nella sala comune tutti i ragazzi del quarto e quinto anno di Corvonero, facendoli mettere in fila, senza degnarli di una spiegazione. Fra essi, avrebbe dovuto scegliere i candidati migliori e che sarebbero potuti riuscire nell’impresa, facendola così risultare vincente. Ghignò, al pensiero della faccia del Barone, quando l’avrebbe battuto. In realtà, quella spavalderia non le si addiceva, considerati i suoi pensieri più nascosti e le sue più reali convinzioni: come poteva essere stata così stupida da lasciarsi incastrare in una scommessa con il Barone Sanguinario? Erano secoli che i due battibeccavano senza tregua, come una coppia di vecchi vicini di pianerottolo, ma fino ad allora non si era mai comportata così sconsideratamente da lasciarsi trascinare sul campo di battaglia in cui il Barone risultava sempre vincente. Tutti lo sapevano: il fantasma in questione aveva pochi interessi, che si sintetizzavano in rum, lavoro all’uncinetto e scommesse. E in tutte e tre le discipline, se così si potevano considerare, era imbattibile.

Si fermò davanti a loro, cercando di instaurare un contatto visivo con i più, un po’ come un generale con la sua truppa, prima di andare in battaglia.

“Ehm ehm.” Tossicchiò, per richiamare l’attenzione dei ragazzi che, intanto, confabulavano fra loro nel tentativo di chiarire il comportamento del fantasma della loro Casa. Si era sempre saputo che la Dama aveva qualche rotella fuori posto, ma non si era mai arrivati a dubitare seriamente della sua salute mentale, almeno fino a quel giorno.

“Silenzio, uomini.” Urlò.

Trenta volti si voltarono verso di lei, sbigottiti. Uomini?

La Dama non si accorse di nulla, e continuò imperterrita.

“Siete qui, oggi, per uno scopo importante. Siete stati chiamati a difendere l’onore della vostra Casa. Siete stati chiamati…” Prese un profondo respiro, poi continuò, con aria drammatica: “Siete stati chiamati a difendere il vostro stesso onore.”

Il silenzio piombò nella Sala. Nessuno aveva capito di cosa stava parlando la Dama, ma sicuramente doveva essere una vicenda di vitale importanza.

“Oggi, io chiedo, anzi, vi ordino, di difendere la nostra essenza, il nostro stesso essere Corvonero, la nostra anima intellettiva con un atto di ineguagliabile coraggio.”

Un paio di Corvonero impallidirono, altri indietreggiarono. Qualsiasi dovesse essere questa missione, sarebbe stata dolorosa e, sicuramente, affatto semplice.

La Dama prese un altro respiro, e si portò un pugno al petto. L’aveva visto fare ne “Il Gladiatore”, il film babbano che aveva visto spiando da fuori la porta dell’aula. Doveva essere un gesto fondamentale in un discorso di tale importanza, pensò. O, almeno, così sperava.

“Ora, io stessa sceglierò alcuni di voi per questa delicata missione. Mettetevi bene in riga.”

Si avvicinò al primo della fila, un magrolino spaventato che continuava a lanciarle occhiate di sottecchi.

“Come ti chiami, soldato?” La Dama quasi urlava, presa da quell’indomabile spirito militaresco.

“Leopold… Leopold Bloom Sign-Signore, cioè, vo-volevo dire Signora…” Leopold guardò impacciato la fantasma, mentre alcune gocce di sudore gli percorrevano la fronte. “Dama. Signora Dama.” Balbettò confuso il ragazzo, per poi chiudersi in un imbarazzato silenzio.

“Pancia in dentro, spalle dritte, petto in fuori!” Urlò la Dama, in tutta risposta. I ragazzi, spaventati, drizzarono subito la schiena.

La Dama passò ciascuno di loro in rassegna visiva, finché non individuò quelli che più le piacevano.

“Tu! Come ti chiami?” assumendo un cipiglio feroce, come se avesse dovuto scegliere un guerriero dalla sua folta schiera di combattenti provetti, si avvicinò a un ragazzo biondo, che non distolse lo sguardo.

“Michael Corner, Signora.” Disse, sicuro, senza abbassare gli occhi di un millimetro.

La Dama lo fissò a lungo. “Tu giochi a Quidditch, vero?”

“Sissignora. Cercatore, Signora.”

Perfetto, pensò la Dama, gongolando interiormente, i giocatori di Quidditch piacciono molto alle ragazzine.

“Tu sei preso. Va’ nell’angolo.”

Michael Corner, per nulla spaventato, si spostò dalla riga, mentre tutti pensavano con mestizia e curiosità all’infelice compito che gli sarebbe toccato.

La Dama continuò a camminare, fissando uno a uno i presenti. Quando notò un ragazzo dai capelli castani che si fissava le scarpe, si avvicinò.

“Il tuo nome.”

Il ragazzo la guardò fingendo una certa spavalderia, che non gli si addiceva. Aveva uno sguardo dolce, e in qualche modo timido. Abbassò nuovamente gli occhi, ritornando a fissarsi le punte dei piedi.

“Anthony Goldstein.” Sussurrò, senza dire una parola di più.

La Dama lo guardò meglio. Era carino, un po’ timido, forse, ma niente di irrimediabile. Forse sarebbe valso un tentativo.

“Va all’angolo anche tu.”

Non appena il ragazzo si fu spostato, la Dama riprese la sua ispezione. Un ragazzo fra gli ultimi della riga ridacchiò sommessamente, e la fantasma-generale gli si avvicinò.

“Tu! Pivello! Che hai da ridere?”

Il ragazzo alzò lo sguardo con un ringhio divertito in faccia. I suoi occhi erano verdi e brillanti, in netto contrasto con i capelli scuri. Era magro e non troppo alto, e la Dama non si ricordava di averlo mai visto prima.

“Dunque? Rispondi!” Ordinò, simulando una finta rabbia.

Il ragazzo ci mise qualche secondo a scegliere le parole corrette. “Ridevo per la situazione, Signor Generale. Insomma, sembriamo una massa di cretini spaventati da chissà quale impresa…”

La Dama non rispose, ma continuò a fissarlo. Non era particolarmente bello, soprattutto per i canoni della sua epoca, ma aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri, forse lo sguardo irrisorio o il ghigno beffardo che nascondeva una malcelata arguzia.

In fondo, che cosa costa tentare?

“Tu. Con gli altri.” Gli ordinò, senza perdersi in ulteriori discussioni. Rivolse poi la sua attenzione ai restanti Corvonero che, sempre più tesi, la guardavano incuriositi.

“Voialtri potete andare. Rompete le righe.”

Un sospiro di sollievo si diffuse nella Sala, mentre i ragazzi tornavano nelle loro camere, fra il chiacchiericcio generale. Qualcuno di loro lanciava ogni tanto un’occhiata ai tre malcapitati nell’angolo, che aspettavano con curiosità e ansia istruzioni dalla Dama sulla segreta e pericolosa missione che sarebbe stata loro affidata.

La Dama si avvicinò, facendo svolazzare il vestito dai mille merletti, e sorridendo appena. Era stata fortunata: quei tre ragazzi erano diversi l’uno dall’altro, ma avevano tutti caratteristiche che avrebbero fatto capitolare qualsiasi donna, anche l’algida Regina delle Nevi, denominata per i comuni mortali Daphne Greengrass.

“Ok, signori. Ora vi spiegherò velocemente la vostra missione.”

I tre ragazzi si scambiarono un’occhiata, trattenendo il respiro.

“Invitare al ballo Daphne Greengrass.” Pronunciò la Dama, con solennità.

Nella Sala calò il silenzio, interrotto di tanto in tanto dal crepitio della legna nel caminetto acceso. Michael guardava la Dama con un biondo sopracciglio alzato, i lineamenti perfetti contratti in una smorfia di incredulità. Il viso di Anthony cambiava espressione ogni secondo, esprimendo di volta in volta sollievo, sorpresa e felicità pura. Terry, invece, rimasto serio per qualche secondo, scoppiò in una sonora risata e si gettò sul divanetto blu di fianco al focolare.

“Tutto qui? Questo è quello che dobbiamo fare?” Terry Steeval balbettò questa domanda in direzione della Dama, fra una risata e l’altra.

“Dobbiamo farci la Greengrass?” Michael Corner, a differenza dell’amico, era mortalmente serio.

La Dama gli rivolse uno sguardo gelido. “No, Signor Corner. Non dovete farvi la Greengrass. Dovete convincerla a venire al ballo con voi. Non mi interessa chi, purché un Corvonero ci riesca.”

Terry si calmò, e si sedette in posizione più composta, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

“Sta scherzando?”

“No, Signor Steeval, non sto scherzando. È di vitale importanza che uno di voi ci riesca. Suggerisco un approccio non proprio diretto, magari uno per…”

“Un attimo.” Anthony Goldstein, che fino a quel momento non aveva detto una parola, balbettò, fissandosi le mani. “Greengrass? Daphne Greengrass? Quella Greengrass?”

La Dama sospirò, facendo tremolare il suo vistoso doppio mento. Forse avrebbe dovuto scegliere candidati un tantino più intelligenti.

“Sì, Signor Goldstein. Quella Greengrass.” Con solennità, riprese il suo discorso: “Come stavo dicendo, dovrete agire uno per volta. Suggerisco che il primo ad invitarla sia proprio il Signor Goldstein. Se lui fallirà, gli altri avranno campo libero.” Prese una pausa, affinché i ragazzi assimilassero con cura le sue parole. “Vi concedo la massima libertà, ma ricordate che avrete tempo solo per tre settimane, cioè fino alla data del ballo.”

“C’è un premio per chi ci riesce?” Michael la interruppe.

Lei alzò un sopracciglio. Non ci aveva minimamente pensato, ma ora che ci rifletteva, forse sarebbe stato meglio se avessero avuto un incentivo in più.

“Sì, certo. Ma è una sorpresa. Qualcosa di inimmaginabile.” Affermò, spavalda, e maledicendosi interiormente per aver detto una tale assurdità, senza alcun idea di come mantenere la promessa.

“E se noi non volessimo invitare al ballo quella Serpe?” Terry Steeval era rimasto serio, mentre formulava la domanda. Anche a questo la Dama non aveva pensato, ma cercò di non darlo a vedere.

“Escogiterò una punizione ancor più inimmaginabile.” Disse, con aria minacciosa, e nessuno osò ribattere.

“Bene Signori. Questo è il vostro compito.” Svolazzò verso l’uscita della Sala, mettendo in risalto la sua imponente figura. “Mi raccomando: non potete farne parola con nessuno. E, ancora più importante, non potete fallire.”

Detto questo, uscì dalla stanza, lasciando i tre Corvonero a fissarsi con aria incredula.

  
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