Ho
scritto questa fanfiction per il contest a squadre indetto da B.S. Il
giudizio
finale si
troverà al fondo dell’ultimo
capitolo, il terzo.
Sostanzialmente,
ogni squadra aveva un pacchetto da
sviluppare. La mia, composta da Mary e FabiFabi, doveva scrivere una
fan
fiction che contenesse gli elementi: Serpeverde, Corvonero, vasca e la
citazione “Se stavi aspettando il momento giusto, era
quello.” Tratta dai
Pirati dei Caraibi.
NOTE PERSONALI:
In
alcuni
punti della storia ho tratto ispirazione da altri autori o film:
Leopold Bloom
è il nome del protagonista
dell’”Ulisse” di Joyce; il riferimento
all’algida
Regina delle Nevi è tratto da Bridget Jones. Nel terzo
capitolo, tutta l’idea
del bagno e della vasca mi è stata suggerita dal film
“Robin Hood” con Kevin
Costner, in cui Marion dice a Robin di andarsi a fare un bagno
perché puzza. Mi
è sempre sembrata un’idea assurda, banale e
geniale allo stesso tempo, e ho
ritenuto giusto di usarla anche qui ^^
1
- MEN
ON A MISSION
Una
risata rimbombò nel corridoio del terzo piano,
rompendo il silenzio notturno.
“Fammi
il piacere.” Il Barone Sanguinario scosse
leggermente la parrucca ricciuta, sventolando l’uncino a
mo’ di sfida.
“Che
c’è? Credi che i miei studenti non siano
abbastanza in gamba?” Una voce femminile risuonò
nelle aule spoglie,
minacciosa.“Ti ripeto: noi Corvonero siamo i migliori, i
più intelligenti, i
più furbi, i più…”
“Sì,
come no.” Il tono ironico del Barone fece
infuriare non poco la sua interlocutrice, che si sollevò in
aria, assumendo un
cipiglio minaccioso quanto la sua voce. “Direi che siete
anche i più
petulanti.” Aggiunse, sghignazzando.
Approfittando
del silenzio che si era creato, dal
momento che la figura accanto a lui non trovava le parole giuste per
esprimere
tutto il suo biasimo, continuò con il suo tono strafottente.
“Senti
un po’, Dama dei miei stivali, se voi
Corvonero siete davvero così incredibilmente superiori alla
media, perché non
scommetti?” Sembrava divertirsi immensamente, con quel suo
sorrisetto
sarcastico sotto i baffi lunghi e appuntiti.
“Io
ho un nome, idiota: Dama Grigia.” Come a voler
risplendere della solenne gloria che il nome arrecava, la Dama in
questione si
sollevò ancora più in alto, scontrandosi, o
meglio, passando attraverso un
lampadario, cosa che suscitò non poca ilarità nel
Barone.
“In
ogni caso, non vedo quale sia il problema.
Accetto la scommessa.” Aggiunse lei, alzando il doppio mento
e portando
indietro le spalle, come a voler sottolineare tutta la sua superiore
regalità.
Il
Barone, stupito, rimase per qualche secondo senza
parole, mentre fissava la figura ben piantata e dallo sfarzoso vestito
che
svolazzava a qualche metro da lui. Quando poi riprese a parlare, il
tono era
cambiato.
“Se
sei sicura…” Alzò le spalle, e
gettò un’occhiata
alla Dama, per controllare che non avesse ripensamenti. “Va
bene, allora. I
termini della scommessa devono essere chiari: se uno dei tuoi studenti
riesce a
invitare al ballo la più algida delle serpi, la migliore,
l’incredibile,
insostituibile, inimitabile…”
“Sisi,
vai avanti.” La Dama sbadigliò. “Sai,
credo
che tu stia iniziando ad invecchiare.”
Il
Barone, irritato, si lisciò uno dei baffi, mentre
prendeva in considerazione l’idea di tirare fuori la spada e
porre fine alla
causa dei suoi più svariati tormenti.
“Insomma,
se uno dei tuoi, per qualche assurdo
scherzo del destino, riesce a convincere Daphne Greengrass ad andare al
ballo
con lui,” il suo volto si piegò in una smorfia
irrisoria “hai vinto tu. In caso
contrario, com’è praticamente certo, ho vinto io.
La scommessa si chiude il...”
Si
lisciò la finta barba, pensieroso.
“Il
24 dicembre, la sera del ballo. Tre settimane
esatte, a partire da ora.” La fissò, con un ghigno
dipinto in volto.
Come
una vera gentildonna, lei raddrizzò il busto,
tenendo con le mani i lembi del suo enorme e ingombrante abito, e si
avvicinò
al Barone, tendendogli la mano.
“Che
vinca il migliore.”
Dopo
la stretta, si girò e iniziò a svolazzare verso
la fine del corridoio, diretta al dormitorio di Corvonero.
“Ehi,
ho dimenticato una cosa.” La profonda voce del
Barone la fece voltare. Il fantasma di Serpeverde la guardava con un
ghigno
ancora più beffardo e irrisorio dei precedenti.
“Non
valgono i filtri d’amore.”
Una
seconda grottesca risata ruppe il silenzio di
quella nuvolosa notte autunnale.
La
Dama Grigia passò in rassegna i candidati.
Camminava, o meglio, svolazzava, con le mani dietro la schiena, facendo
ondeggiare l’abito dai numerosi merletti, e fissando ognuno
dei presenti con
aria truce. Aveva radunato nella sala comune tutti i ragazzi del quarto
e
quinto anno di Corvonero, facendoli mettere in fila, senza degnarli di
una
spiegazione. Fra essi, avrebbe dovuto scegliere i candidati migliori e
che
sarebbero potuti riuscire nell’impresa, facendola
così risultare vincente.
Ghignò, al pensiero della faccia del Barone, quando
l’avrebbe battuto. In
realtà, quella spavalderia non le si addiceva, considerati i
suoi pensieri più
nascosti e le sue più reali convinzioni: come poteva essere
stata così stupida
da lasciarsi incastrare in una scommessa con il Barone Sanguinario?
Erano
secoli che i due battibeccavano senza tregua, come una coppia di vecchi
vicini
di pianerottolo, ma fino ad allora non si era mai comportata
così
sconsideratamente da lasciarsi trascinare sul campo di battaglia in cui
il
Barone risultava sempre vincente. Tutti lo sapevano: il fantasma in
questione
aveva pochi interessi, che si sintetizzavano in rum, lavoro
all’uncinetto e
scommesse. E in tutte e tre le discipline, se così si
potevano considerare, era
imbattibile.
Si
fermò davanti a loro, cercando di instaurare un
contatto visivo con i più, un po’ come un generale
con la sua truppa, prima di
andare in battaglia.
“Ehm
ehm.” Tossicchiò, per richiamare
l’attenzione
dei ragazzi che, intanto, confabulavano fra loro nel tentativo di
chiarire il
comportamento del fantasma della loro Casa. Si era sempre saputo che la
Dama
aveva qualche rotella fuori posto, ma non si era mai arrivati a
dubitare
seriamente della sua salute mentale, almeno fino a quel giorno.
“Silenzio,
uomini.” Urlò.
Trenta
volti si voltarono verso di lei, sbigottiti. Uomini?
La
Dama non si accorse di nulla, e continuò
imperterrita.
“Siete
qui, oggi, per uno scopo importante. Siete
stati chiamati a difendere l’onore della vostra Casa. Siete
stati chiamati…”
Prese un profondo respiro, poi continuò, con aria
drammatica: “Siete stati
chiamati a difendere il vostro stesso onore.”
Il
silenzio piombò nella Sala. Nessuno aveva capito
di cosa stava parlando la Dama, ma sicuramente doveva essere una
vicenda di
vitale importanza.
“Oggi,
io chiedo, anzi, vi ordino, di difendere la
nostra essenza, il nostro stesso essere Corvonero, la nostra anima
intellettiva
con un atto di ineguagliabile coraggio.”
Un
paio di Corvonero impallidirono, altri
indietreggiarono. Qualsiasi dovesse essere questa missione, sarebbe
stata
dolorosa e, sicuramente, affatto semplice.
La
Dama prese un altro respiro, e si portò un pugno
al petto. L’aveva visto fare ne “Il
Gladiatore”, il film babbano che aveva
visto spiando da fuori la porta dell’aula. Doveva essere un
gesto fondamentale
in un discorso di tale importanza, pensò. O, almeno,
così sperava.
“Ora,
io stessa sceglierò alcuni di voi per questa
delicata missione. Mettetevi bene in riga.”
Si
avvicinò al primo della fila, un magrolino
spaventato che continuava a lanciarle occhiate di sottecchi.
“Come
ti chiami, soldato?” La Dama quasi urlava,
presa da quell’indomabile spirito militaresco.
“Leopold…
Leopold Bloom Sign-Signore, cioè, vo-volevo
dire Signora…” Leopold guardò
impacciato la fantasma, mentre alcune gocce di
sudore gli percorrevano la fronte. “Dama. Signora
Dama.” Balbettò confuso il
ragazzo, per poi chiudersi in un imbarazzato silenzio.
“Pancia
in dentro, spalle dritte, petto in fuori!”
Urlò la Dama, in tutta risposta. I ragazzi, spaventati,
drizzarono subito la
schiena.
La
Dama passò ciascuno di loro in rassegna visiva,
finché
non individuò quelli che più le piacevano.
“Tu!
Come ti chiami?” assumendo un cipiglio feroce,
come se avesse dovuto scegliere un guerriero dalla sua folta schiera di
combattenti provetti, si avvicinò a un ragazzo biondo, che
non distolse lo
sguardo.
“Michael
Corner, Signora.” Disse, sicuro, senza
abbassare gli occhi di un millimetro.
La
Dama lo fissò a lungo. “Tu giochi a Quidditch,
vero?”
“Sissignora.
Cercatore, Signora.”
Perfetto,
pensò la Dama, gongolando interiormente, i
giocatori di Quidditch piacciono molto
alle ragazzine.
“Tu
sei preso. Va’ nell’angolo.”
Michael
Corner, per nulla spaventato, si spostò
dalla riga, mentre tutti pensavano con mestizia e curiosità
all’infelice
compito che gli sarebbe toccato.
La
Dama continuò a camminare, fissando uno a uno i
presenti. Quando notò un ragazzo dai capelli castani che si
fissava le scarpe,
si avvicinò.
“Il
tuo nome.”
Il
ragazzo la guardò fingendo una certa spavalderia,
che non gli si addiceva. Aveva uno sguardo dolce, e in qualche modo
timido.
Abbassò nuovamente gli occhi, ritornando a fissarsi le punte
dei piedi.
“Anthony
Goldstein.” Sussurrò, senza dire una parola
di più.
La
Dama lo guardò meglio. Era carino, un po’ timido,
forse, ma niente di irrimediabile. Forse sarebbe valso un tentativo.
“Va
all’angolo anche tu.”
Non
appena il ragazzo si fu spostato, la Dama
riprese la sua ispezione. Un ragazzo fra gli ultimi della riga
ridacchiò
sommessamente, e la fantasma-generale gli si avvicinò.
“Tu!
Pivello! Che hai da ridere?”
Il
ragazzo alzò lo sguardo con un ringhio divertito
in faccia. I suoi occhi erano verdi e brillanti, in netto contrasto con
i
capelli scuri. Era magro e non troppo alto, e la Dama non si ricordava
di
averlo mai visto prima.
“Dunque?
Rispondi!” Ordinò, simulando una finta
rabbia.
Il
ragazzo ci mise qualche secondo a scegliere le
parole corrette. “Ridevo per la situazione, Signor
Generale. Insomma, sembriamo una massa di cretini spaventati
da chissà
quale impresa…”
La
Dama non rispose, ma continuò a fissarlo. Non era
particolarmente bello, soprattutto per i canoni della sua epoca, ma
aveva
qualcosa che lo distingueva dagli altri, forse lo sguardo irrisorio o
il ghigno
beffardo che nascondeva una malcelata arguzia.
In
fondo, che
cosa costa tentare?
“Tu.
Con gli altri.” Gli ordinò, senza perdersi in
ulteriori discussioni. Rivolse poi la sua attenzione ai restanti
Corvonero che,
sempre più tesi, la guardavano incuriositi.
“Voialtri
potete andare. Rompete le righe.”
Un
sospiro di sollievo si diffuse nella Sala, mentre
i ragazzi tornavano nelle loro camere, fra il chiacchiericcio generale.
Qualcuno di loro lanciava ogni tanto un’occhiata ai tre
malcapitati nell’angolo,
che aspettavano con curiosità e ansia istruzioni dalla Dama
sulla segreta e
pericolosa missione che sarebbe stata loro affidata.
La
Dama si avvicinò, facendo svolazzare il vestito
dai mille merletti, e sorridendo appena. Era stata fortunata: quei tre
ragazzi
erano diversi l’uno dall’altro, ma avevano tutti
caratteristiche che avrebbero
fatto capitolare qualsiasi donna, anche l’algida Regina delle
Nevi, denominata
per i comuni mortali Daphne Greengrass.
“Ok,
signori. Ora vi spiegherò velocemente la vostra
missione.”
I
tre ragazzi si scambiarono un’occhiata,
trattenendo il respiro.
“Invitare
al ballo Daphne Greengrass.” Pronunciò la
Dama, con solennità.
Nella
Sala calò il silenzio, interrotto di tanto in
tanto dal crepitio della legna nel caminetto acceso. Michael guardava
la Dama
con un biondo sopracciglio alzato, i lineamenti perfetti contratti in
una
smorfia di incredulità. Il viso di Anthony cambiava
espressione ogni secondo,
esprimendo di volta in volta sollievo, sorpresa e felicità
pura. Terry, invece,
rimasto serio per qualche secondo, scoppiò in una sonora
risata e si gettò sul
divanetto blu di fianco al focolare.
“Tutto
qui? Questo è quello che dobbiamo fare?”
Terry Steeval balbettò questa domanda in direzione della
Dama, fra una risata e
l’altra.
“Dobbiamo
farci la Greengrass?” Michael Corner, a
differenza dell’amico, era mortalmente serio.
La
Dama gli rivolse uno sguardo gelido. “No, Signor
Corner. Non dovete farvi la
Greengrass. Dovete convincerla a venire al ballo con voi. Non mi
interessa chi,
purché un Corvonero ci riesca.”
Terry
si calmò, e si sedette in posizione più
composta, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
“Sta
scherzando?”
“No,
Signor Steeval, non sto scherzando. È di vitale
importanza che uno di voi ci riesca. Suggerisco un approccio non
proprio
diretto, magari uno per…”
“Un
attimo.” Anthony Goldstein, che fino a quel
momento non aveva detto una parola, balbettò, fissandosi le
mani. “Greengrass?
Daphne Greengrass? Quella
Greengrass?”
La
Dama sospirò, facendo tremolare il suo vistoso
doppio mento. Forse avrebbe dovuto scegliere candidati un tantino
più
intelligenti.
“Sì,
Signor Goldstein. Quella
Greengrass.” Con solennità, riprese il suo
discorso: “Come
stavo dicendo, dovrete agire uno per volta. Suggerisco che il primo ad
invitarla sia proprio il Signor Goldstein. Se lui fallirà,
gli altri avranno
campo libero.” Prese una pausa, affinché i ragazzi
assimilassero con cura le
sue parole. “Vi concedo la massima libertà, ma
ricordate che avrete tempo solo
per tre settimane, cioè fino alla data del ballo.”
“C’è
un premio per chi ci riesce?” Michael la
interruppe.
Lei
alzò un sopracciglio. Non ci aveva minimamente
pensato, ma ora che ci rifletteva, forse sarebbe stato meglio se
avessero avuto
un incentivo in più.
“Sì,
certo. Ma è una sorpresa. Qualcosa di
inimmaginabile.” Affermò, spavalda, e
maledicendosi interiormente per aver
detto una tale assurdità, senza alcun idea di come mantenere
la promessa.
“E
se noi non volessimo invitare al ballo quella
Serpe?” Terry Steeval era rimasto serio, mentre formulava la
domanda. Anche a
questo la Dama non aveva pensato, ma cercò di non darlo a
vedere.
“Escogiterò
una punizione ancor più inimmaginabile.”
Disse, con aria minacciosa, e nessuno osò ribattere.
“Bene
Signori. Questo è il vostro compito.”
Svolazzò
verso l’uscita della Sala, mettendo in risalto la sua
imponente figura. “Mi
raccomando: non potete farne parola con nessuno. E, ancora
più importante, non
potete fallire.”
Detto
questo, uscì dalla stanza, lasciando i tre
Corvonero a fissarsi con aria incredula.