Le
parole che non mi hai detto
by Lady Memory
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
4 ...
Il ragazzo
alzò gli occhi ad incontrare quelli del grande mago
davanti a lui. Tremava ancora tutto, dopo l'orribile avventura nel
tunnel.
Sconvolto, considerava i suoi vestiti sporchi di fango, le sue dita
ferite
nello sforzo di strisciare, di correre, di fuggire, di mettere
più distanza
possibile tra sè e la creatura da incubo che aveva
intravisto in fondo al
passaggio.
Severus chiuse
gli occhi, e un sussulto lo scosse. Il sudore gli
si raggelava addosso facendolo rabbrividire incontrollabilmente, mentre
riviveva ogni dettaglio con sorprendente chiarezza, inchiodato dal
terrore
nella stretta di quel budello sepolto sotto la terra.
L'ululato, il
ringhio sordo della belva in cerca di preda, il
luccichìo bramoso e giallastro delle pupille quando il
mostro l'aveva scorto...
Avrebbe potuto
essere lì in quel momento, sbranato, lacerato,
fatto a pezzi da quei canini orridi, se Potter non l'avesse trascinato
via,
strattonandolo in malo modo e risvegliandolo così da quel
terrore paralizzante.
Potter.
Potter l'aveva
salvato. Il ragazzo trasse un respiro tremante e
sentì nuove emozioni mescolarglisi in petto.
Odio.
Odio per Sirius
Black, che l'aveva così ignominiosamente beffato.
Odio per James Potter, che aveva visto la sua paura e al quale era
ormai legato
da un vergognoso debito per la vita. E disprezzo per Remus Lupin,
ibrida
creatura la cui doppia natura - umana e animalesca insieme - lo
inorridiva e lo
repelleva infinitamente.
E poi rabbia,
vergogna, risentimento, orrore. Nel suo cuore e
nella sua mente passò una girandola di sentimenti crudeli,
che lo spinsero a
rialzare la testa e ad incrociare lo sguardo con Albus Dumbledore,
sfidandolo
apertamente.
E,
incredibilmente, il grande mago non si ritrasse, ma rimase
immobile davanti al ragazzo, ricambiandone lo sguardo senza difendersi,
quasi
invitandolo ad andare avanti. Sorpreso, Severus sprofondò
nell'azzurro quieto
di quegli occhi, e arrivò giù, giù,
giù, sempre più giù, fin quasi a
raggiungere l'anima che gli si apriva davanti.
Dumbledore
incrociò le braccia, continuando a fissarlo.
"Tu sei un
Legilimens," dichiarò poi con uno strano sorriso. "Hai
una qualità rara e preziosa in questo nostro mondo magico,
un dono naturale che
forse non sapevi di possedere. Credo che potresti diventare un ottimo
Occlumens, il giorno che dovessi decidere di applicarti a queste
discipline.
Potrebbero esserti molto utili... se indirizzate correttamente."
Severus
soffocò la sua rabbia in uno stupore incredulo. Era la
prima volta che sentiva il preside esprimersi con tanto apprezzamento
nei suoi
confronti. Tornò a scrutare nei vecchi occhi azzurri, ora
velati da una strana
emozione. Dumbledore stava forse cercando di blandirlo? E
perchè no, dopo
tutto? Non erano forse in gioco il buon nome della sua Casa e l'onore
dei suoi
preziosi Grifondoro?
Severus si
incupì, ricordando le tante volte in cui Potter e la
sua banda si erano scontrati con lui, accanendosi in piccole ma
continue e
brutali angherie. Bastardi privi di scrupoli! Da quel loro primo
incontro in
treno, si erano subito detestati, e il disprezzo e l'antipatia erano
aumentati
col passare degli anni. Ma quello che faceva più male, era
vedere come piano
piano gli stavano rubando Lily...
Strinse
inconsciamente i pugni, mentre le sue emozioni fluivano
senza controllo. Dumbledore ora lo fissava in silenzio, come se
leggesse nella
sua anima, come se percepisse il suo tormento. In quello sguardo
vibrava una
forza immensa, e improvvisamente Severus desiderò che
quell'uomo così potente
gli fosse amico, che gli fosse padre e protettore, come lo era con
Potter,
Black e Lupin... Non erano forse ragazzi come lui? E allora
perchè lui non poteva
essere come loro?
Ricordò.
Ricordò quando aveva incontrato Dumbledore per la prima
volta, appena arrivato dal treno, mortificato per essere stato deriso
proprio
di fronte a Lily, acutamente conscio di essere già
– almeno nelle vesti -
un gradino più sotto gli altri, così chiaramente
curati da genitori amorosi o
quantomeno agiati.
Ricordò
ancora. L'alta statura e l'aspetto severo del preside lo
avevano dapprima intimorito; ma poi quegli occhi così
allegri dietro le
mezzelune delle lenti l'avevano rassicurato e affascinato, e un
desiderio quasi
doloroso gli aveva stretto l'anima. Quel mago così potente
che persino
Voi-sapete-Chi ne aveva avuto paura... Forse quel vecchio saggio
conosceva il
segreto, forse lui avrebbe saputo trovare le parole.
Quattro anni
dopo quel primo incontro, Severus sentì la stessa
speranza riempirgli il petto. Tremante di una nuova emozione,
sollevò allora
leggermente la testa, invitando colui che aveva davanti a leggergli in
cuore la
domanda che vi era nascosta.
Dumbledore
scosse il capo con rassegnata fermezza.
"So cosa mi vuoi
chiedere, Severus," disse poi, e il ragazzo
attese, il respiro corto tra i denti. "Ma non posso accettare la tua
richiesta.
Vedi, sono stato io ad ammettere Remus a scuola. Sono io responsabile
di fronte
al mondo di quel che è accaduto qui, di quel che poteva
accadere. Remus non ne
ha colpa. Tu l'hai visto e sai che, in quello stato, non è
in grado di
controllare nè le sue azioni nè i suoi pensieri.
Perchè punirlo per qualcosa
che non sapeva di fare? Perchè punirlo per qualcosa che non
ha fatto?"
Severus impallidì. Non era questa la sua domanda, non era questo quello che voleva sentire. La delusione e la rabbia lo stordirono, mentre brandelli di pensieri razionali si facevano largo faticosamente tra quelle emozioni, nel tentativo di seguire il filo logico che Dumbledore gli presentava. Remus non aveva colpa, d'accordo. Remus non aveva colpa, ma avrebbe sbranato Severus senza esitare, o l'avrebbe trasformato in un mostro orribile per il resto della sua vita. Remus non aveva colpa, va bene... ma ancor meno l'aveva Severus! E se loro non avevano colpe, a chi si doveva imputare una simile folle trascuratezza?
Come intuendo il
suo pensiero, Dumbledore si fece grave e ripetè
nuovamente le scuse che gli aveva già offerto, variandone
leggermente il tono e
la forma.
"Mi dispiace.
Hai corso davvero un rischio orribile. Ma tu conosci
Sirius. E' uno sbruffone e un incosciente, però non ha un
animo crudele. Non ha
pensato che la storia poteva finire ben peggio. Comunque,
sarà punito come
merita, puoi starne certo."
Tacque di nuovo.
Severus lo contemplò, incredulo, ancora smarrito
in quelle sensazioni contrastanti, ma sperando sempre in qualcosa che
poteva,
che doveva arrivare. Dumbledore chinò la testa e lo
scrutò sopra le mezzelune
degli occhiali.
"Ti devo
chiedere una cosa importante, adesso, Severus. Vedi
quanta fiducia ripongo in te. So che tu la meriti, so che posso
fidarmi, dopo
quel che ho visto nei tuoi occhi."
Il ragazzo
strinse di nuovo i pugni davanti a quella richiesta che
non prometteva niente di buono. Il vecchio sorrise gentilmente e
alzò il lungo
indice, come per ammonirlo.
"Vedi, potrei
Obliviarti, e tu non avresti più ricordi."
Un ombra scese
sul suo volto, e la stanza si fece subitamente
fredda. "Ma i ricordi sono parte di noi, sono importanti. I ricordi ci
aiutano
a crescere. Di più, ci aiutano a capire. Per questo, io non
cancellerò dalla
tua mente queste memorie, per quanto spiacevoli possano essere. Ma devo
chiederti di darmi la tua parola, il tuo giuramento solenne, che non ne
parlerai con nessuno qui a scuola. Remus non merita questo. Non deve
essere
punito lui per la colpa di un altro."
Severus trasse
un profondo respiro. Adesso era calmo di
nuovo. Anche questa volta aveva sperato
invano. Si informò freddamente, "Capisco. E di Potter e
Black cosa farà? Non
vorrà chiedermi di salvare anche loro, spero."
Almeno che Lily
capisse con chi aveva a che fare. Che almeno in
questo lui fosse vendicato...
"Questo
è affar mio, Severus," rispose Dumbledore. "Ti basti
sapere che sono in debito con te, e che saprò rispettare il
mio impegno. Il
giorno che vorrai, potrai chiedermi di onorare la mia promessa."
No,
pensò Severus, e sentì il freddo della stanza
passargli nel cuore. Non sono
queste le parole.
(continua)