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Autore: Pikky    24/07/2010    3 recensioni
[NUOVO CAPITOLO ON-LINE]
Daniela è cotta di Marcello. Fin qui tutto normale, no?
C'è solo un 'piccolo' problema, tuttavia, oltre al fatto che lui abbia otto anni in più di lei: Marcello è il suo professore.
Daniela sa benissimo che tra loro non potrà mai esserci niente, eppure, in partenza per la gita a Parigi, continua a sperarci e ad abbandonarsi a sciocche fantasie da diciottenne innamorata.
Contrariamente ad ogni aspettativa, Daniela scopre che anche Marcello prova per lei i suoi stessi sentimenti. Come affronteranno la situazione?
[Dal capitolo 5:
Come continuavo a ripetermi, dovevo archiviare il passaggio di quella stupida rondine che aveva sbagliato stagione, e dedicarmi ad altro.
[...] Ormai non sarebbe stato più come prima: se avessi dato spazio alla mia fantasia, questa avrebbe immaginato un seguito a ciò che era successo il giorno prima, e sapevo benissimo che così non sarebbe stato. Mai.
Avere avuto quell’assaggio aveva cambiato tutto. Prima, infatti, quando mi lasciavo andare a quelle sciocche fantasie da ragazzina innamorata, sapevo che sarebbero rimaste tali, mentre ora, se l’avessi fatto, avrei segretamente sperato che si attuassero, che avrei finalmente avuto la mia primavera.
]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO quattro

 

Quando arrivammo nella sala da pranzo per la colazione i prof non dissero nulla, ma le loro occhiate di rimprovero furono molto eloquenti. Perfino quella di Marcello, che dopo avermi vista entrare mi aveva rivolto uno sguardo inespressivo, per poi tornare a dedicarsi al proprio tè.

C’era da aspettarselo, dopotutto. Il giorno prima al Louvre si era comportato freddamente, dopo il nostro bacio, e così stava continuando a fare. Non dovevo stupirmi, eppure faceva male.

Alessia, Greta ed io ci dirigemmo al tavolo su cui si trovava tutto l’occorrente per la colazione, prendemmo ognuna un vassoio e ci servimmo con quel che più ci aggradava. Grazie al cielo erano rimaste un po’ di cose, così non dovemmo accontentarci di ciò che agli altri avevano lasciato.

- Abbiamo un quarto d’ora scarso per nutrirci. – constatò Greta, non appena ci fummo sedute ad un tavolo rimasto libero. Da brava salutista, sosteneva infatti con fervore l’importanza della prima colazione, che non andava presa alla leggera e dunque consumata con tutta calma. In quel caso, però, era già tanto che fossimo arrivate, avevamo perfino rischiato di saltarla.

- A me basta e avanza. – commentò Alessia, con un’alzata di spalle. – Non ci metto secoli a bere un tè e mangiare una brioche.

- Croissant, Ale, si chiama croissant. Siamo in Francia. – la corresse bonariamente Greta, poco prima di spalmare un po’ di marmellata su una fetta biscottata.

- Eh sì, perché ‘brioche’ è di derivazione spagnola, vero? – ribatté Alessia, con un sopracciglio inarcato. Ridacchiai per via dell’ennesimo battibecco tra le mie amiche; tra loro era sempre così. Avevano opinioni spesso divergenti su qualunque cosa, e ogni scusa era buona per beccarsi. Nonostante ciò si volevano lo stesso molto bene, così come io ne volevo a loro.

- Va bene, non ti correggo più… - si arrese Greta, colpita nel segno. – Però croissant era più appropriato, secondo me.

- Fa niente. – la liquidò Alessia, prima di bere un lungo sorso di tè.

La discussione sembrava essersi chiusa, e così anche la mia dose di divertimento mattutino si concluse. Spalmai un po’ di crema alle nocciole su una fetta biscottata, dopodiché l’addentai con gusto. Quella era la mia colazione abituale, ma quella mattina speravo che mi fosse d’aiuto nel combattere la tristezza che sentivo per via di Bassi.

Dovevo pazientare solo per due giorni, più il viaggio di ritorno verso casa. Lì poi sarebbe stato facile dimenticare tutto, tornando alla mia vita di sempre. Avrei avuto a disposizione tutte le distrazioni possibili, e avrei visto Bassi solo sei ore a settimana: un’ora al giorno tranne al giovedì, che era il suo giorno libero, e al venerdì, in cui avevamo due ore, una di storia e l’altra di filosofia. Rispetto al vederlo tutto il giorno tutti i giorni, era molto meglio così. Dovevo solo aspettare.

Così come avevo atteso la partenza, infatti, ora desideravo ardentemente il ritorno, per potermi lasciare tutto alle spalle. Nonostante il passaggio di quella maledetta rondine, avrei lasciato che l’inverno si prolungasse, perché così doveva andare.

 

 

 

Le tappe di quella mattina erano Pigalle, il quartiere a luci rosse, e Montmartre, il quartiere degli artisti, così dopo colazione prendemmo la metropolitana e ci avviammo verso le nostre mete. Dovevamo fare un bel pezzo a piedi, e per lo più in salita, dato che i prof non avevano la minima intenzione di farci andare sulla funicolare perché altrimenti, a loro avviso, ci saremmo persi il magnifico panorama di cui avremmo goduto salendo man mano.

Quando arrivammo in cima, dunque, eravamo tutti un po’ stanchi, ed io iniziavo a risentire delle ore di sonno che avevo perso la notte precedente. Sembravo uno zombie ambulante e camminavo per inerzia, trascinandomi dietro i piedi come se fossero due zavorre. Un po’ ero stanca, un po’ ero triste per ovvi motivi, e perciò non ero di ottima compagnia. Greta e Alessia tuttavia capivano, e non me ne facevano una colpa. Volevo godermi quel che restava della gita, ma sentivo di non esserne in grado. La mia determinazione di non voler lasciarmi influenzare da ciò che era successo con Bassi non era abbastanza forte, evidentemente.

- Dani, non è per romperti le scatole… - esordì Alessia, cauta, mentre ci stavamo dirigendo verso la basilica del Sacro Cuore. – Ma goditi il quartiere, no?

Inarcai un sopracciglio, perplessa. – Scusa?

Alessia scosse la testa, esasperata. – Questa storia di Bassi ti ha un po’ rimbambita, eh?

- Deficiente! – la rimproverai, prima di guardarmi intorno per essere sicura che nessuno ci avesse sentito. – Non è il caso di sbandierarlo ai quattro venti! – rincarai dunque la dose, a bassa voce. L’ultima cosa che mi ci voleva in quel momento, infatti, era che qualche impiccione captasse qualche frammento dei nostri discorsi e si immaginasse chissà che cosa, magari anche azzeccandoci. Non volevo finire nei guai, e non volevo nemmeno che ci finisse Marcello, nonostante un po’ se lo meritasse.

- Appunto, Ale. – mi spalleggiò Greta. – Se devi dire certe cose, dille almeno a bassa voce.

- Va bene, scusate! – disse Alessia, alzando le mani in segno di resa. – Comunque, Dani, quello che volevo cercare di farti capire è che siamo nel tuo ambiente naturale. È il quartiere degli artisti questo, no? Quindi goditelo ed evita di andare in giro come se fossi un’ameba!

Mi paragonava addirittura ad un’ameba? Forse poco prima avevo sbagliato nel pensare che lei e Greta capivano il mio stato d’animo senza rimproverarmelo. O almeno, riguardo ad Alessia avevo fatto male i miei calcoli! Le rivolsi un’occhiata torva, ma dovetti sforzarmi per non scoppiare a ridere. Era riuscita in quello che probabilmente era stato il suo intento fin dall’inizio, e gliene ero molto grata. Cercava di capirmi e di tirarmi su il morale a modo suo, come sempre.

- Hai ragione. – ammisi quindi, con un sorriso. – Mi sto guastando la mattinata, e non è il caso.

- Brava, così ti voglio! – esclamò, felice, prima di prendermi a braccetto.

- Non sono d’accordo sui metodi di Ale, ma sono contenta dei risultati ottenuti. – convenne Greta, prendendomi anch’ella a braccetto, dall’altro lato. Scossi la testa, con un sorriso.

- Grazie, ragazze. – dissi, poi iniziai a guardarmi intorno. Alessia aveva ragione: mi stavo perdendo la bellezza di quel quartiere, che era a dir poco magnifico. Si respirava davvero un’atmosfera ricca d’arte e creatività, e la mia fantasia ne fu stimolata. Sforzandomi, potevo immaginare come Montmartre doveva essere a cavallo tra Ottocento e Novecento, con tutti i vari artisti che avevano contribuito a rendere celebre la nomea del quartiere. Con sguardo trasognato, non potei fare a meno di collocarmi tra quelle personalità. Mi sarebbe piaciuto, in fondo, vivere in quell’epoca di cambiamenti dovuti alla profonda crisi delle certezze del passato, la quale però aveva dato vita a fiorenti correnti artistiche e letterarie come l’espressionismo e il decadentismo, per citare i più noti.

Scossi la testa e tornai bruscamente alla realtà: era inutile abbandonarsi a fantasie di quel genere, perché sapevo che poi mi avrebbero portato a contemplare la possibilità di poter diventare un’artista nella mia epoca, piuttosto che in quella passata. Il passo da una fantasia all’altra sarebbe stato breve, e non avevo intenzione di compierlo. Quelle, però, sarebbero rimaste solo sciocche fantasie a cui era inutile abbandonarsi, perché dovevo essere realista: dovevo darmi una mossa a trovare una facoltà ed un mestiere adatti a me e che soprattutto mi dessero concrete possibilità lavorative. Non avevo bisogno di altri grilli per la testa, ne avevo già fin troppi.

Per questo motivo, mi diressi verso le bancarelle di alcuni pittori di strada, per osservare i loro dipinti. Nessuno mi impediva di guardare, dopotutto. Se davvero avessi dato alle mie capacità artistiche una possibilità, ero certa che sarei finita esattamente come loro: una semplice pittrice di strada, che per guadagnarsi da vivere era costretta a vendere ai turisti le proprie opere. Non mi sarebbe minimamente dispiaciuto, perché nel mio piccolo sarei stata felice, e quello mi sarebbe bastato. Sarebbero stati i miei genitori a non esserne per nulla lieti, e non volevo certo incorrere nelle loro ire.

 

 

 

Dopo la visita alla basilica del Sacro Cuore, i professori ci lasciarono un’oretta di tempo libero. Poi avremmo intrapreso la discesa, ma nel frattempo potevamo trastullarci come meglio credevamo. Stavo per dirigermi verso un negozio di souvenir con Greta e Alessia, quando venni bloccata per un gomito; mi voltai e mi trovai di fronte Valerio.

- Ciao. – lo salutai, senza fare a meno di chiedermi come mai mi impedisse di proseguire verso il negozio con le mie amiche.

- Ciao, Vale! – lo salutò Greta, non appena si accorse della sua presenza. Alessia lo imitò, sorridendogli calorosamente. Era solo una mia impressione o sembravano felici di vederlo, probabilmente più di me? Speravano forse in un ritorno di fiamma che mi distraesse definitivamente da Bassi? Era altamente probabile, come ipotesi, e non potevo nemmeno dar loro tutti i torti perché giustamente, vedendomi a pezzi, desideravano solo che mi riprendessi il più in fretta possibile. Ma Valerio era davvero la strada giusta?

Scacciai dalla testa quei pensieri, poiché non era il caso di fare i conti senza l’oste. Quel che avevo capito fino a quel momento era che Valerio voleva la mia amicizia, per cui era inutile, da parte delle mie amiche, sperare che mi chiedesse di tornare con lui. Voleva ricostruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca, e non era necessariamente un rapporto di tipo amoroso.

- Ciao ragazze. – le salutò a sua volta sua, sorridendo cortesemente. – E ciao, Dani. – si rivolse dunque a me. – Ascolta, visto che i prof ci hanno lasciato del tempo libero che ne dici se andiamo a mangiarci una crêpe? Così ne approfittiamo per chiarire bene la situazione. Se ti va, ovviamente.

Soppesai con attenzione quelle parole, e non vi colsi nulla di ambiguo. Dalle espressioni che vedevo dipinte sui volti di Greta e Alessia, però, avrei potuto giurare che in quella richiesta loro avevano colto una sorta di appuntamento, e mi trattenni dall’incenerirle con lo sguardo. Non volevo che mi facessero fare figure con Valerio, né che lui capisse male, interpretando l’esaltazione delle mie amiche come derivante da un mio inesistente entusiasmo per via del nostro riavvicinamento.

- Sì, mi va. – risposi quindi, in tono neutro. – Anch’io sono desiderosa di chiarire.

Aggiunsi enfasi a quell’ultima parola per far sì che le mie amiche comprendessero il concetto: io e Valerio avremmo solo parlato, a dispetto dei loro film mentali. Certo, loro erano liberissime di interpretare quello come il primo passo verso un ritorno insieme, ma sarebbero state in torto.

- Vi saluto, ragazze. – mi congedai, agitando la mano in direzione di Greta e Alessia. – A dopo.

- A dopo! – dissero in coro, prima di dileguarsi verso il negozio di souvenir, ansiose di lasciarmi sola con Valerio.

- Sbaglio o stanno pensando chissà cha cosa? – mi chiese quest’ultimo, con una nota di divertimento nella voce.

Grazie al cielo non ha pensato male!, mi dissi mentalmente, sollevata. – No, non sbagli. – gli risposi. – Ho spiegato loro come stanno le cose, e quel che è successo ieri sera, ma continuano a vederla a modo loro. Specialmente Greta.

- Immagino. È sempre stata una mia fan… – commentò dunque lui, scatenando la mia ilarità.

- È vero… – convenni, tra una risata e l’altra. – Ogni volta che litigavamo diceva che era colpa mia e che tu eri un santo, a sopportarmi!

Valerio si unì a me nell’attacco di risa dovuto a lieti ricordi del passato, dopodiché ci avviammo verso un bar. Entrammo e ci sedemmo ad un tavolino, poi procedemmo con le ordinazioni. Io optai per una classica crêpe al cioccolato, mentre lui volle provare quella al Grand Marnier.

- Alcolizzato! – lo rimproverai scherzosamente, dopo che il cameriere si fu allontanato.

Valerio diede un’alzata di spalle, per nulla toccato. – Siamo in Francia, e devo provare le specialità locali. Non sono un alcolizzato, quindi. – si difese con un sorriso.

Scossi la testa, divertita. – Mi hai convinta. – gli comunicai in tono ilare.

- Spero di convincerti anche con quello che ho da dirti. – esordì, tornato serio nel giro di qualche istante. Cambiai umore anch’io, a quelle parole. Quello era il momento della verità, e in parte ne ero felice, perché avrei potuto chiarire la situazione, ma d’altro canto temevo che mi chiedesse il motivo per cui la sera prima ero scoppiata in lacrime. Non sarei stata in grado di raccontargli la verità, su quel punto.

- Ti ascolto. – lo esortai, senza dare a vedere la mia titubanza.

- Come sto cercando di farti capire da settimane, per me è un periodo un po’ no, e ho bisogno di te come amica. – mi comunicò, guardandomi negli occhi. Era sincero; nel suo sguardo non vi era alcuna ombra di menzogna. – E come mi è parso di capire da quello che è successo stanotte, anche tu non te la passi poi così bene.

Trasalii. Ecco, pensai, ora mi chiederà cosa cavolo mi passa per la testa. Che diavolo mi invento?

- Quindi anche tu hai bisogno di un amico, no? – proseguì, ed io tirai mentalmente un sospiro di sollievo. Ero salva, per il momento.

- Sì, beh… - risposi. - Ho Greta e Alessia, ma un amico in più mi farebbe comodo. – lo assecondai, con un sorriso. Prima di metterci assieme, infatti, avevamo un bel rapporto di amicizia, che prevedibilmente si era evoluto in qualcosa di più profondo, pur mantenendo intatte alcune caratteristiche. Quando stavamo insieme lo consideravo anche un grande amico, oltre che il mio ragazzo. Un po’ mi era dispiaciuto, perciò, quando ci eravamo lasciati, perché avevo perso uno dei pilastri fondamentali della mia vita. Non avevo accettato però di tornare sua amica perché credevo che quella richiesta celasse secondi fini, e in più ero ancora ferita per il modo in cui mi aveva lasciata. Fino alla sera prima mi ero lasciata guidare dall’orgoglio, che però ora avevo messo da parte.

- Mi fa piacere che tu lo dica. – disse Valerio, con un sorriso. – Perché vedi, a dispetto di quel che pensavi tu, non ti ho lasciato con una scusa. Ti ho detto la verità; ero confuso e lo sono ancora. Avevo, ed ho, mille casini per la testa, e non volevo incasinarti ulteriormente.

- Io… Mi dispiace per aver dubitato di te. – mi scusai. – Mi sono sentita uno schifo, quando mi hai lasciata, e prendermela con te mi è sembrata la cosa più facile da fare. Ho sbagliato, lo so. – gli spiegai, ad occhi bassi. Iniziavo a sentirmi una pessima persona per come lo avevo trattato, non se lo meritava.

- Non ti preoccupare. Posso capire quel che ti è passato per la testa. – mi tranquillizzò Valerio, prima di posare una mano sulle mie, giunte sulla superficie lucida del tavolino. Gli sorrisi con gratitudine, e in quell’istante arrivò la cameriera con le nostre ordinazioni, quindi ci separammo.

- Mi dispiace lo stesso, però. – continuai, ormai decisa a farmi perdonare. Sapevo che lui lo aveva già fatto da tempo, ma se non gli avessi esternato quel che provavo, non mi sarei sentita a posto con me stessa. – Insomma, avevi già i tuoi casini per la testa, e mi sa che comportandomi in quel modo ho peggiorato la situazione, pur non avendone la minima intenzione.

- Basta, non colpevolizzarti. – mi intimò Valerio. Afferrò coltello e forchetta e tagliò un pezzo della propria crêpe, poi, prima di portarselo alla bocca, mi disse: - Tu non c’entri assolutamente nulla con i miei problemi, anzi. Stare con te era l’unica cosa che mi dava un po’ di sollievo.

Aggrottai le sopracciglia, confusa: se era davvero così, perché mi aveva lasciata, allora?

- Perché non hai continuato a godere di quel sollievo, dunque? – gli chiesi, non appena ebbi finito di masticare un boccone di crêpe. – Non ti seguo.

- Io… Te l’ho detto. Avevo troppi problemi per la testa, e non volevo che diventassero anche i tuoi. – mi rispose, ad occhi bassi.

- Problemi di che tipo, Vale? – indagai, iniziando a preoccuparmi. C’era sotto qualcosa di grave?

- Di vario genere. – spiegò lui. – Però preferirei non soffermarmi oltre.

- Magari parlarne può farti bene… - suggerii, desiderosa di voler capire cosa lo avesse turbato tanto per costringerlo a lasciarmi e continuasse a tormentarlo per spingerlo a riavvicinarsi di nuovo a me come amico.

- No, Dani, direi di no. – mi liquidò bruscamente lui. – Io non ti ho chiesto nulla riguardo ieri sera, tu fa’ lo stesso. – proseguì dunque, imperativo.

Abbassai lo sguardo, ferita.

Touchée.

Valerio aveva colto nel segno, e dovetti riconoscere che aveva ragione: non avevo il diritto di farmi gli affari suoi, specialmente quando io ero la prima a non volermi esporre.

- Hai ragione. – ammisi dunque, ad alta voce, rendendolo così partecipe dei miei pensieri. – Non ti chiederò più nulla. – promisi. – Ma come faccio a starti vicina come amica, se non mi dici cosa c’è che non va? – domandai, rendendomi conto di quanto fosse difficile.

- Io come ho fatto ieri sera? – mi chiese a sua volta lui, spiazzandomi per la seconda volta nel giro di pochi minuti.

- È vero. – riconobbi. Di nuovo, dovetti dargli ragione. – Seguirò il tuo esempio, a questo punto.

Valerio sorrise, ed io ricambiai il gesto.

- Sapevo che avresti capito. – disse. – Io e te siamo molti simili, dopotutto. Anche io quando c’è qualcosa che non va preferisco tenerlo per me, lo sai bene.

- Già. – constatai. Anche prima che ci lasciassimo, effettivamente, dovevo cavargli fuori le cose con le pinze, quando lo vedevo turbato, e lui faceva lo stesso con me. In quei momenti ero arrivata molto vicina a comprendere quanto snervante dovesse essere per Greta e Alessia essermi vicina nei momenti di difficoltà. – Non è un comportamento corretto, però. – proseguii. – Non nei confronti delle persone che ci stanno vicino. Non possono tirare ad indovinare.

- Indubbiamente. – dichiarò Valerio, dandomi ragione. – Ora però non è il caso di parlarne, credimi. Quando me la sentirò, sappi che sarai la prima persona che verrò a cercare.

Mi sentii rincuorata, a quell’affermazione. Ma io potevo dire lo stesso di lui? Davvero un giorno gli avrei raccontato dei turbamenti che avevo per Bassi, e di quello che era successo il giorno prima?

No, decisamente. Temevo di ferirlo, nel caso in cui avesse provato ancora qualcosa per me. Mi aveva lasciato per cause di forza maggiore, da quanto avevo capito, e perciò era plausibile che i sentimenti che provava per me non fossero ancora del tutto sopiti.

Stavo per tagliare un pezzo di crêpe quando mi bloccai, colta da un’improvvisa rivelazione.

- C’è di mezzo un’altra ragazza, per caso? È per questo che non me ne vuoi parlare? – gli chiesi, dopo aver lasciato da parte le posate. – Perché se è così, non devi preoccuparti. Capirei, puoi benissimo…

- No, assolutamente. – mi interruppe Valerio, quasi divertito. – Non c’è di mezzo nessuna ragazza, fidati.

Cos’era quel senso di sollievo che iniziai a sentire, a quelle parole? Ero forse felice che Valerio non avesse in giro nessun’altra?

Un po’ sì, dovevo ammetterlo. Era innegabile che provassi ancora qualcosa per lui, dopotutto eravamo stati insieme molto tempo e Valerio era stato la prima vera storia. Ero stata assieme a qualche altro ragazzo prima di lui, certo, ma nulla era durato più di un paio di mesi.

Con Valerio era stato diverso; avevo capito fin da subito che con lui avrei costruito qualcosa di importante. Ero cotta di lui, e lui lo era di me: insieme stavamo benissimo, talmente eravamo simili. Mi aveva rapito il cuore, e con lui avevo vissuto la mia prima volta, per cui era normale che io provassi ancora qualcosa per lui. Il più era definire cosa fosse, quel qualcosa. Nostalgia? Rimpianto? Amore?

Non ero in grado di dirlo, onestamente. C’era di mezzo anche Bassi, e dovevo tener conto di quel che provavo per lui, anche se avrei dovuto lasciarmi alle spalle tutto il prima possibile.

Tornai a dedicarmi alla mia crêpe, che ormai si era raffreddata. Ne mangiai due boccone, prima che accadesse qualcosa che mi fece passare l’appetito.

Valerio ed io avevamo tranquillamente ripreso a parlare, quando nel bar entrarono tutti e quattro i professori, Bassi compreso.

- Ma guarda un po’ chi c’è qui! – esclamò la professoressa di storia dell’arte di Valerio. – Boghi, preferisci stare qui al chiuso anziché goderti le meraviglie di questo quartiere?

Da una professoressa di arte ci si poteva aspettare una domanda del genere. Valerio mi rivolse uno sguardo supplichevole, chiedendomi aiuto. Io però ero ancora piuttosto scossa dall’arrivo degli insegnanti che non seppi come dargli una mano e scrollai le spalle, per farglielo capire.

- Stavamo giusto per uscire a fare un giro, prof. – rispose dunque Valerio, prima di alzarsi.

- Già. – confermai io, per quanto mi rendessi conto che quel mio contributo fosse minimo.

- È una buona cosa. – convenne la professoressa, dopodiché tornò dai propri colleghi, che nel frattempo si erano seduti ad un tavolo. Marcello era rimasto impassibile, e così restò anche quando io e Valerio uscimmo dal locale, dopo aver pagato. C’era poco da stupirsi, dopotutto. In cosa continuavo a sperare, che cambiasse idea e che me lo dimostrasse anche solo con un minimo gesto? Ero solo una povera illusa.

- Io odio quella donna! – proruppe Valerio, non appena fummo di nuovo in strada.

- Mi associo. – gli feci eco io. Se non fosse stato per lei, infatti, i professori probabilmente non si sarebbero minimamente accorti della nostra presenza, ed io non avrei subìto l’ennesimo attacco di gelo polare da parte di Bassi.

Chissà poi cosa doveva aver pensato, vedendomi con Valerio…

Non mi illudevo certo che si fosse improvvisamente scoperto geloso, non ero così stupida. Tuttavia temevo che si facesse di me un’impressione sbagliata che per lui avrebbe costituito una ragione in più per comportarsi freddamente con me. Non ero certo il tipo che teneva un piede in due scarpe, e speravo che lui non l’avesse pensato.

Se anche fosse, poco m’importa, pensai. Ormai ho capito come stanno le cose, e devo togliermelo dalla testa il prima possibile.

Continuavo a ripetere a me stessa quel concetto per auto-convincermi, e per rendere più facile quella difficile impresa.

- Andiamo a fare un giro per i negozietti? – proposi a Valerio, poco dopo. Volevo distrarmi, ed ero certa che lo volesse anche lui, con tutti i problemi di varia natura che aveva in testa.

- Va bene. – assentì. – Così ne approfittiamo per ‘goderci le meraviglie di questo quartiere’. – aggiunse quindi, scimmiottando la sua prof.

Ridacchiai, e insieme passeggiammo per le strade di Montmartre.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

Eccomi qui, lievemente in ritardo. In questi giorni sono stata un po’ impegnata, tra una cosa e l’altra, per cui ho scritto quando potevo…

In questo capitolo, comunque, (anch’esso scritto ex-novo come il precedente) si capisce un po’ di più la figura di Valerio, o almeno il mio intento era quello… xD

Bassi continua imperterrito a mostrarsi glaciale, e la nostra Daniela ne soffre.

Spero vi sia piaciuto…

Fatemi sapere i vostri pareri, mi raccomando^^

Passiamo ora ai ringraziamenti:

Fataflor: Per vedere Bassi in azione dovrai attendere ancora un po’, per ora gli sto facendo fare lo stronzo, perfida come sono. xD Qui, però, spero di averti fatto sembrare Valerio più simpatico, anche se ho idea che ci metterai un po’ a fidarti di lui, visto che tifi per il prof…

Spero che questo capitolo ti sia piaciuto: non ho inserito molto Bassi, ma in compenso ci sono Greta e Alessia, che da quanto ho capito ti sono simpatiche… =) Baci, Pikky91

Alaire94: Una fan di Valerio! =) Allora il riavvicinamento tra lui e Dani in questo capitolo devi averti fatto molto piacere… E dovrai sicuramente aver odiato Bassi per il suo continuo comportamento glaciale. Ti ringrazio per avermi segnalato quella vista, ogni volta qualcosa mi sfugge sempre, per quanto io controlli… -.- Come ho già detto a Fataflor, se noti qualcos’altro non esitare a dirmelo, così correggo subito! =) Baci, Pikky91

EmoGirl91: Grazie a te per la tua recensione! =) Hai analizzato bene i personaggi, sai? Era proprio quello che volevo trasmettere, e deduco di esserci riuscita. Per cui grazie, di nuovo.

Se hai gradito Valerio nello scorso capitolo, comunque, qui mi sa che avrà guadagnato punti, così come le amiche… xD Bassi invece ne perde sempre più, ma per ora mi serve dipingerlo così… Più avanti si vedrà…^^ Baci, Pikky91

 

   
 
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