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Autore: Pikky    02/08/2010    6 recensioni
[NUOVO CAPITOLO ON-LINE]
Daniela è cotta di Marcello. Fin qui tutto normale, no?
C'è solo un 'piccolo' problema, tuttavia, oltre al fatto che lui abbia otto anni in più di lei: Marcello è il suo professore.
Daniela sa benissimo che tra loro non potrà mai esserci niente, eppure, in partenza per la gita a Parigi, continua a sperarci e ad abbandonarsi a sciocche fantasie da diciottenne innamorata.
Contrariamente ad ogni aspettativa, Daniela scopre che anche Marcello prova per lei i suoi stessi sentimenti. Come affronteranno la situazione?
[Dal capitolo 5:
Come continuavo a ripetermi, dovevo archiviare il passaggio di quella stupida rondine che aveva sbagliato stagione, e dedicarmi ad altro.
[...] Ormai non sarebbe stato più come prima: se avessi dato spazio alla mia fantasia, questa avrebbe immaginato un seguito a ciò che era successo il giorno prima, e sapevo benissimo che così non sarebbe stato. Mai.
Avere avuto quell’assaggio aveva cambiato tutto. Prima, infatti, quando mi lasciavo andare a quelle sciocche fantasie da ragazzina innamorata, sapevo che sarebbero rimaste tali, mentre ora, se l’avessi fatto, avrei segretamente sperato che si attuassero, che avrei finalmente avuto la mia primavera.
]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO Cinque

 

- Allora? Com’è andata? – m’interrogò Greta a pranzo. Eravamo sedute ad un tavolino di un self-service, ed avevamo appena finito di mangiare. Fino a quel momento ero riuscita ad eludere gli interrogativi delle mie amiche, ma ora era giunto il momento della verità.

- Bene. – risposi, senza aggiungere altro.

- Oh, andiamo! – m’incalzò Alessia. – Non credere di liquidarci con un ‘bene’! Insomma, tu e Valerio siete stati assieme praticamente per tutta la mattina, deve essere andata più che ‘bene’!

Scossi la testa, esasperata. – Saremo anche stati assieme per tutta la mattina, ma voi state facendo sembrare la cosa più grande di quanto in realtà sia. – ribattei, pacata. – Non era un appuntamento, il nostro. Ok?

- Sì, sì, lo sappiamo… - tagliò corto Alessia. – Ora però dicci com’è andata.

- Bene, ve l’ho detto. – ripetei.

- Sì, ma cosa ti ha detto? – domandò Greta, curiosa.

Sospirai. Ero ancora abbastanza turbata dalla conversazione avuta con Valerio e da quello che grazie ad essa avevo capito, per cui non avevo molta voglia di parlarne. In quel momento decisi che avrei raccontato alle mie amiche solo lo stretto necessario, ovvero i fatti nudi e crudi, omettendo l’incontro con i prof e i dubbi che mi erano sorti riguardo ciò che ancora provavo per Valerio.

- Niente che voi già non sappiate. – risposi dunque. Prima che Alessia avesse tempo di aprire bocca per ribattere, mi affrettai ad aggiungere: - Nel senso che abbiamo deciso di tornare amici, semplicemente. Tutto qui.

- Ma ti ha detto perché ti ha lasciata? – chiese Greta.

- Non proprio. – replicai. – Da quanto ho capito, lo ha fatto per cause di forza maggiore. Mi ha detto di averlo fatto per problemi suoi personali in cui non voleva coinvolgermi. Non è però andato nello specifico, perché non aveva molta voglia di parlarne. – riassunsi brevemente.

- E tu non hai indagato oltre, suppongo. – ipotizzò Alessia, ed io annuii. – Tipico. – commentò con un sorrisino. – D’altronde anche tu sei così e non parli mai dei tuoi problemi. È proprio vero che chi si somiglia si piglia.

Le lanciai un’occhiataccia. – In questo momento ha bisogno di me come amica, ok? – ribattei, piccata. – Quindi non fare allusioni, non è il caso. Ha bisogno di qualcuno che lo capisca, e io sono la persona più indicata, visto che come hai detto anche tu abbiamo un carattere molto simile.

- Già. – concordò Greta. – Ecco perché insieme eravate perfetti.

- Gre, non ti ci mettere anche tu! – esclamai, esasperata. – Ho appena detto di non fare allusioni e tu che fai? – la rimproverai, lievemente irritata. Ero già abbastanza confusa di mio, non avevo bisogno che le mie amiche mi spingessero verso Valerio in modo da allontanarmi da Bassi. Sapevo che era la cosa più giusta da fare, ma non mi sembrava giusto nei confronti del primo, e perciò avevo deciso di prendermi un po’ di tempo per pensarci su. Sarei rimasta vicina a Valerio come amica, e nulla di più, e nel frattempo avrei cercato di togliermi Bassi dalla testa. Era quella l’unica soluzione possibile, a mio parere, perché sarebbe stato stupido cercare di rimettermi con Valerio; provavo sì ancora qualcosa per lui, ma non ero certa che questo qualcosa fosse abbastanza forte da contrastare i sentimenti che provavo per Bassi.

- Scusa. Ma sai come la penso… - si giustificò Greta, ad occhi bassi.

- Sì, ma questo non cambia le cose. – ribattei io, lievemente scocciata. – Lui è incasinato, io sono incasinata e abbiamo bisogno l’uno dell’altra come amici. Punto.

- Non punto, ma appunto. – mi contraddisse Alessia. – So che mi sbranerai, ma io te lo dico lo stesso, a mio rischio e pericolo. – mi avvertì, prima di proseguire. Quella premessa forse aveva anche lo scopo di farmi ridere, ma non ci riuscì. Perché le mie amiche si ostinavano a non capire cosa mi frullava per la testa? Avevano insistito tanto perché io dicessi loro cosa mi turbava eppure stavano facendo ben poco per aiutarmi. Quasi mi pentii di aver detto loro tutto, quella mattina.

- Tu e Valerio siete incasinati, no? – proseguì Alessia. – Adesso siete tornati amici, e lo capisco. Sono contenta che vi siate chiariti, e come te ora ho realizzato che ti ha lasciato per un motivo serio, anche se ancora non ti ha detto quale. Però sono anche convinta che non devi escludere del tutto un vostro ritorno insieme. Ora vi siete chiariti, siete tornati amici… Chissà, magari tornerete anche insieme. Da cosa nasce cosa, dopotutto. E in questo caso sarebbe una rinascita.

La guardai di sottecchi, non appena ebbe finito il suo discorso. Stavo per aprire bocca e mandarla a quel paese, ma Greta mi precedette.

- Non è un’ipotesi così azzardata, del resto. – constatò, con un’alzata di spalle.

Sospirai. – Lo so, ragazze. – ammisi. – Credete che io non ci abbia pensato anche solo per un momento? Sarebbe la cosa più logica, e anche quella più naturale. Però non è così facile. Lo sapete meglio di me. – mi interruppi un istante per guardarmi intorno, dopodiché ripresi: - C’è di mezzo anche… Avete capito, ecco. E non vorrei prendere in giro Valerio, non mi sembra corretto nei suoi confronti.

- Lo so chi c’è di mezzo, non preoccuparti. – m’informò Alessia, con un sopracciglio inarcato. – E questo non fa che avvalorare le mie parole: un tuo riavvicinamento a Valerio potrebbe farti dimenticare quell’altro, per non fare nomi. È semplice.

- È tutto da vedere. – la contraddissi. Bene o male la pensavo anche io così, ma sentirselo dire da fuori faceva tutto un altro effetto, che non era per nulla piacevole. - È inutile fare previsioni, ora.

- Ascolta, Dani. – attirò la mia attenzione Greta. – Lo sai che personalmente tifo per Valerio, quindi magari potresti fraintendere. Ma questa cotta per… Chiamiamolo ‘coso’, ti sta solo facendo del male. So che magari dopo ieri pensi che…

- No. – la interruppi, brusca. – Non penso niente, puoi stare tranquilla. Fine del discorso. – conclusi dunque, prima di alzarmi dal tavolo per andare in bagno.

Sapevo che da un lato le mie amiche avevano ragione, ma non volevo starle a sentire. C’era già la mia coscienza che pensava a comunicarmi quegli stessi concetti, e sentirli ripetutamente anche dall’esterno non mi aiutava per niente, anzi, mi faceva incavolare di più, soprattutto con me stessa. Ero stata una stupida, e nessuno poteva negarlo.

Ancora poco, pensai per farmi coraggio. Ancora poco e sarò a casa, dove mi sarà più facile dimenticare tutto.

 

 

 

Quella sera andammo di nuovo in camera di Francesco, Giulio e Marco. Il programma della nottata era di giocare a ‘Lupus in tabula’ (*) finché non ci saremmo stufati, e la cosa mi entusiasmava abbastanza. Siccome più si era, meglio era, avevo invitato anche Valerio, a cui come me piaceva il gioco. Giulio, inoltre, non aveva manifestato obiezioni a riguardo, dato che come ogni sera ci sarebbe stata gente proveniente un po’ da tutte e tre le classi.

Dopo essere uscite dalla nostra stanza, io, Alessia e Greta bussammo alla porta di Valerio, e tutti e quattro ci dirigemmo verso la stanza dei nostri compagni. Alessia abbassò la maniglia della porta, che era aperta, e così entrammo. Non appena varcai la soglia mi raggelai: tra i presenti figurava anche Bassi, e onestamente non mi andava molto di vederlo. Mi era bastato subire il suo comportamento freddo e distaccato durante il giorno, e ne avrei fatto volentieri a meno, quella sera.

Andarmene così su due piedi, tuttavia, avrebbe destato sospetti in Valerio, per cui decisi di rimanere. Non potei comunque fare a meno di chiedermi cosa diavolo ci facesse Bassi lì, quando ogni volta che qualcuno gli aveva chiesto di unirsi a noi aveva rifiutato.

Doveva mantenere la serietà con i suoi colleghi, aveva detto. Perché era lì, allora?

Superato lo shock iniziale, notai che effettivamente c’erano anche loro, quindi mi risultò facile comprendere il perché della sua presenza.

Mi sedetti con la schiena contro il muro, tra Valerio e Greta, il più possibile lontano dai prof. Così facendo, però, me li trovai esattamente di fronte e dovetti ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non alzarmi e correre via.

- Bene arrivati, mancavate solo voi! – ci salutò Francesco, non appena si accorse della nostra presenza. – Possiamo iniziare, allora.

- Aspetta! – intervenne la professoressa di francese che accompagnava la classe dell’indirizzo linguistico. – Spiega il gioco, prima.

- Spiego io. – si offrì perentoria Cristina, la secchiona della mia classe. – Allora, il gioco sostanzialmente si divide in due parti: il giorno e la notte. Durante la notte tutti, e dico tutti, chiudono gli occhi, tranne il moderatore, che in questa partita sarà Gianluca. Lui è quello che guida il gioco, e che durante la notte chiama i vari personaggi. Ad inizio partita infatti vengono distribuite della carte, su cui è rappresentato appunto il personaggio che voi dovete rappresentare. In più nel corso della notte, oltre a tenere gli occhi chiusi, dovete battere con la mano sulla gamba, in modo da coprire eventuali rumori. Fin qui tutto chiaro?

I prof annuirono, e per un attimo mi venne da ridere. Per una volta i ruoli si erano invertiti: era un’alunna a spiegare e loro a dover cercare di capire. Con amarezza dovetti però constatare che i ruoli potevano essere invertiti solo in situazioni del genere; per il resto sarebbero sempre rimasti tali e quali, quello di Bassi primo fra tutti, per quanto mi riguardava. Il bacio del giorno prima era stata solo una parentesi destinata a non ripetersi.

- Bene. – constatò Cristina, prima di proseguire. – Una volta che avrete in mano la carta, la guardate e vedete quale personaggio rappresenta. Il nome di esso è scritto sulla carta, per cui non dovrebbero esserci problemi. Se siete lupi, il moderatore durante la notte vi chiama per primi. A quel punto aprite gli occhi e vi riconoscete, poi li richiudete. Questo durante la prima notte, che serve al moderatore per identificare i vari personaggi. Dalla seconda notte in poi, però, sempre quando il moderatore vi chiama, aprite gli occhi e indicate una persona da sbranare. Lo scopo dei lupi è quello di far fuori tutti gli altri, per vincere. Se invece siete villici, ovvero semplici cittadini, durante la notte dovete tenere gli occhi chiusi, sempre. Il vostro ruolo è, durante il giorno, di cercare di capire chi sono i lupi, di mandare in nomination i sospettati e di linciarli, in modo da eliminare tutti i lupi e vincere il gioco.

- Ma come faccio a capire chi sono i lupi? – chiese la professoressa di storia dell’arte di Valerio, il quale mi disse, poco dopo, che di cognome faceva Prischi.

- In base ai suoi sospetti. – rispose Cristina. – Ma soprattutto in base a quello che il medium e il veggente possono dire. Il veggente durante la notte può indicare una persona e a quel punto il moderatore gli dice se quello che ha indicato è un lupo o meno. Se scopre che è un lupo, durante il giorno lo rivela agli altri giocatori, così che essi possano linciarlo. I lupi quindi devono scoprire chi è il veggente ed ucciderlo. Il medium invece si attiva a partire dalla terza notte. Quando il moderatore lo chiama, indica la persona che è stata linciata per sapere se questa era un lupo o meno. Durante il giorno, poi…

- Cri, taglia. – la interruppe Alessia. – Mancano ancora un sacco di personaggi, e se per ognuno devi fare questa tiritera non finiamo più.

- I prof devono capire, però! – ribatté Cristina, lievemente offesa.

- Se abbiamo qualche dubbio, cerchiamo di chiarirlo non appena avremo la carta. – propose Marcello, diplomatico. – Quindi sintetizza pure.

- Va bene. – accettò Cristina, che considerava legge le parole di ogni prof e quindi non osava contraddirle. – Con i lupi gioca anche l’indemoniato, che deve cercare di capire chi sono ed aiutarli come meglio crede. C’è poi il gufo, che durante la notte indica una persona su cui ha dei sospetti, e questa il giorno dopo finisce direttamente in nomination, a meno che non sia stata sbranata dai lupi. C’è la guardia del corpo, che deve cercare di individuare il veggente e proteggerlo in modo che non venga ammazzato dai lupi. Poi c’è il criceto mannaro, che gioca per se stesso e viene chiamato solo la prima notte. Il suo ruolo è un po’ particolare perché se viene indicato dai lupi non muore. Può essere ucciso solo se viene indicato dal veggente, e se a fine partita tutti i lupi sono morti e lui è ancora in vita, vince lui e non i villici.

Cristina fece una pausa per riprendere fiato. – Visto che siamo in tanti, c’è anche il mitomane, che indica, durante la seconda notte, una persona. Se questa è un lupo, diventa anche lui lupo e si hanno quattro lupi, se è il veggente, diventa veggente e si hanno due veggenti, mentre se è un villico, diventa villico. Per ultimi poi ci sono i massoni, che vengono chiamati durante la prima notte. Si riconoscono e loro sanno di non essere i lupi, così si possono proteggere a vicenda. È tutto chiaro?

I prof annuirono, poco convinti.

- Sembra difficile, ma una volta che si parte a giocare si capisce tutto. – cercò di tranquillizzarli Federica, la lecchina di turno. Fece gli occhi dolci a Bassi, e se avessi potuto l’avrei fulminata. Sapevo che non potevo accampare diritti su di lui, nonostante ci fossimo baciati. Proprio per questo motivo, però, ero diventata gelosa di chiunque si avvicinasse a lui, forse perché ero ferita dal suo comportamento glaciale e dunque invidiavo chiunque avesse con lui anche solo un minimo rapporto.

Sbuffai e attesi che Eleonora mi consegnasse la carta, visto che era lei a distribuirle. Non appena la ebbi in mano, la guardai: ero il massone. Quel ruolo mi piaceva, tutto sommato; permetteva di arrivare alla fine senza intoppi, perché c’era qualcun altro a garantire la tua innocenza e a renderti al di sopra di ogni sospetto.

Non appena tutti ebbero avuto la propria carta, Gianluca, il moderatore, ci ordinò di chiudere gli occhi, ed iniziò a chiamare i vari personaggi. Attesi il mio turno, e quando ordinò ai massoni di ridestarsi e riconoscersi aprii gli occhi e mi guardai intorno. Il mio compagno doveva essere poco accorto, perché tutti quelli che vedevo avevano gli occhi saldamente serrati.

- I massoni si riconoscano. – incalzò Gianluca, con una nota di impazienza nella voce.

- Non è difficile, dovete cercare chi ha gli occhi aperti! – ironizzò Marco, facendo ridacchiare gran parte dei presenti, me esclusa. Continuavo a guardarmi intorno alla ricerca del mio compagno, ma non trovavo nessuno. Sbuffai, in preda alla frustrazione. Fu allora che sentii una gomitata provenire dalla mia destra e mi voltai: Valerio mi sorrideva, divertito. Ricambiai il gesto, scuotendo la testa.

- Bene, finalmente potete chiudere gli occhi. – disse Gianluca, sollevato.

Eseguimmo gli ordini, e poco dopo ci fu la seconda notte, al termine della quale il moderatore annunciò la nomination di Valerio e la morte del prof di matematica della sua classe e di quella del linguistico. I lupi, evidentemente, dovevano aver colto l’occasione per vendicarsi, e dovevano essere sicuramente suoi alunni. Non fui l’unica a pensarlo, poiché poco dopo Cristina avanzò la mia stessa ipotesi, che fu avvalorata da molti.

- Ecco perché il gufo ha nominato Valerio! – saltò su Mirella, una mia compagna. – Anche lui è alunno del prof! Quindi magari lui ha sentito che Valerio bisbigliava qualcosa e…

- E un corno. – intervenni io. – Il gufo è andato a caso. Valerio non è il lupo, ed io ne sono assolutamente certa, dato che lui è il massone, ed io pure.

- Ma guardala come lo difende! – esclamò Arianna, una ragazza in classe con Valerio. – Che teneri che siete… Non sapevo foste tornati insieme!

A quelle parole, diventai di tutti i colori. Non tanto per l’allusione di Arianna, ma per il fatto che i prof stavano ascoltando tutto. Non volevo che Bassi sentisse e che si facesse un’idea sbagliata di me, come già avevo temuto quella mattina al bar.

- Non siamo tornati insieme, infatti. – tagliò corto Valerio, e lo ringraziai mentalmente. – Tornando al gioco, io non sono il lupo, e Daniela ve l’ha confermato.

Grazie al cielo la discussione si spostò di nuovo sulla ricerca dei lupi, e il mio viso assunse di nuovo un colorito normale. Evitai di guardare Bassi perché temevo quel che avrei potuto leggere nei suoi occhi, dopo lo stupido intervento di Arianna. Coerentemente al suo comportamento polare, non avrebbe dovuto tradire alcuna emozione, per cui era inutile preoccuparmi: figurarsi se gli importava qualcosa di me!

Poco dopo Gianluca ci invitò a votare le persone da mandare in nomination oltre a Valerio ed io, giunto il mio turno, diedi una rapida occhiata ai presenti per vedere chi aveva una faccia sospetta. Il mio sguardo per un attimo incontrò quello di Bassi, e notai che mi rivolse un’occhiata di rimprovero. Il cuore mi mancò di un battito, a quell’improvvisa dimostrazione di sentimento. Qualcosa avevo mosso in lui, dopotutto. Non sapevo se quello sguardo me l’avesse rivolto per via di ciò che era successo il giorno prima o a causa delle parole di Arianna, però era già qualcosa. Forse ero riuscita a sciogliere i ghiacci, e pian piano la primavera si sarebbe avvicinata.

Scossi la testa, per evitare di abbandonarmi a stupide speranze, dopodiché nominai proprio Arianna, le cui parole mi avevano messo in imbarazzo davanti a tutti, specialmente davanti a lui.

 

 

 

Quando dopo un paio d’ore Greta, Alessia ed io tornammo in camera, ci misi un po’ a prendere sonno. Continuavo a pensare all’occhiata che Bassi mi aveva rivolto, e che nel corso della serata non aveva avuto seguito. Marcello aveva continuato a mostrarsi imperturbabile, aveva eretto di nuovo quelle barriere che in un normale rapporto professore-alunna avrebbero dovuto esistere, e in più le aveva rinforzate, per evitare che crollassero come il pomeriggio prima al Louvre.

In quel modo non si sarebbero più ripresentate occasioni del genere, e in un certo senso era meglio così. Come continuavo a ripetermi, dovevo archiviare il passaggio di quella stupida rondine che aveva sbagliato stagione, e dedicarmi ad altro.

Quello sguardo, però, aveva riacceso in me la speranza, sebbene mi rendessi conto che era inutile alimentare quel fuoco di stupide aspettative verso cui la mia mente cavalcava a briglie sciolte. Ormai non sarebbe stato più come prima: se avessi dato spazio alla mia fantasia, questa avrebbe immaginato un seguito a ciò che era successo il giorno prima, e sapevo benissimo che così non sarebbe stato. Mai.

Avere avuto quell’assaggio aveva cambiato tutto. Prima, infatti, quando mi lasciavo andare a quelle sciocche fantasie da ragazzina innamorata, sapevo che sarebbero rimaste tali, mentre ora, se l’avessi fatto, avrei segretamente sperato che si attuassero, che avrei finalmente avuto la mia primavera.

Mi rigirai nel letto per l’ennesima volta e chiusi gli occhi. Dovevo dormire, la giornata successiva sarebbe stata abbastanza pesante. Sarebbe stata anche l’ultima che avremmo trascorso nella capitale francese, per cui volevo essere in forze, pronta ad affrontare le ultime visite che ci spettavano.

 

 

 

La sera dopo, come pattuito con i professori, era prevista l’uscita in discoteca. Con la scusa che eravamo tutti maggiorenni e che quella era la nostra ultima gita, i miei compagni più intraprendenti erano riusciti a strappare loro la promessa di portarci a ballare. Bassi si era rivelato entusiasta all’idea, così come la Prischi, la professoressa di storia dell’arte di Valerio, e insieme avevano convinto quella di francese e quello di matematica.

Con l’umore nero che avevo da due giorni a quella parte, non avevo poi molta voglia di andare a ballare. A ciò si aggiungeva il fatto che non ero una frequentatrice abituale di discoteche, anzi; potevo contare sulle dita di una mano le volte in cui vi ero andata.

- Io non vengo. – annunciai a Greta e ad Alessia quando, dopo cena, rientrammo nella nostra stanza, teoricamente per prepararci.

- No, tu vieni! – ringhiò Alessia, e mi si parò davanti con aria minacciosa. – Col cavolo che ti lascio qui in albergo a deprimerti!

- Io potrei farti compagnia, se decidessi di restare. – provò a proporre Greta, che come me non impazziva all’idea di andare a dimenarsi in uno spazio angusto. Alessia la incenerì con lo sguardo, per cui si affrettò ad aggiungere: - Ovviamente però spero che tu venga. Per una volta si può fare, dai.

- Esatto, quindi adesso ci prepariamo e andiamo. – stabilì Alessia. – Va bene? – chiese dunque, in tono decisamente minaccioso. Annuii controvoglia, dopodiché mi misi a frugare nella valigia alla ricerca di qualcosa di decente da indossare.

Per un attimo valutai l’idea di fingermi malata, o meglio ancora indisposta. Sarebbe stato semplice: sarei andata in bagno e, non appena ne fossi uscita, avrei comunicato alle mie amiche che purtroppo mi era arrivato il ciclo, poi avrei mostrato una faccia sofferente per via dei dolori mestruali e incrociato mentalmente le dita per sperare che mi credessero. Sapevo però che Alessia avrebbe svelato subito l’inganno, perché non mi avrebbe creduto dapprincipio, per cui era inutile perfino provarci.

Estrassi dalla valigia un paio di jeans e una maglietta bianca a maniche lunghe e posai gli indumenti sul letto.

- Dani, no! – mi rimproverò Alessia, non appena li vide. – Non avrai intenzione di metterti quella roba, vero?

- Perché? – chiesi io, atona. Vista la voglia che avevo di andare a ballare, pensavo che fosse inutile agghindarmi come un albero natalizio, e preferivo restare su qualcosa di semplice.

- Mettiti una gonna, no? – propose dunque, in tono ovvio.

- Non ho fatto la ceretta. – ribattei, ed era la verità. Avevo fissato l’appuntamento dall’estetista per la settimana successiva alla gita. – E anche se l’avessi fatta non la metterei comunque.

- Va bene. – assentì Alessia, esasperata. – Se vuoi restare sui pantaloni, non mettere quei jeans sformati! Metti quelli a sigaretta oppure i pantaloni grigi.

Alla fine, più per i consigli di Alessia che per mia volontà, optai per una maglietta blu a maniche lunghe con lo scollo a barca, i pantaloni grigi e un paio di decolleté blu di velluto che avevo comprato il secondo giorno, quando per caso eravamo finite davanti ad un negozio di scarpe e non avevamo saputo resistere al suo ammaliante richiamo. Lontana da casa mi ero sentita libera di comprare il mio primo tacco dodici, a cui mia madre si era sempre mostrata contraria. – Ti fanno male i piedi, con quei cosi! – mi diceva. – E poi quando le metti, delle scarpe del genere?

Occasioni come quella, però, erano perfette per sfoggiare le mie nuove scarpe, ed indossarle mi restituì un po’ di buonumore. Se ne accorsero anche le mie amiche, perché Alessia, mentre ci stavamo truccando, constatò: - È proprio vero che un paio di scarpe sono capaci di qualsiasi cosa, basta guardarti! Prima sembravi uno zombie, ora sembri quasi rinata!

Scrollai le spalle e continuai a stendere l’ombretto blu perlato sulla mia palpebra destra.

- Se non fosse stato per me, sono sicura che saresti venuta con le scarpe da tennis! – proseguì, prima di applicarsi il fard.

Forse ha ragione, pensai. Però non voglio darle questa soddisfazione. Lasciamo il merito alle scarpe.

 

 

 

 

(*) Lupus in tabula è un gioco realmente esistente, con cui io e le mie compagne di classe passavamo intere nottate, in gita. Spero di essere stata sufficientemente chiara nella spiegazione, in questo capitolo. Se così non fosse, su Google troverete tutte le informazioni che volete, e spiegate sicuramente molto meglio.^^

 

Note dell’autrice

Colgo l’occasione per dire che sabato parto, e resto via per due settimane, per cui non potrò aggiornare per un po’. Spero entro la fine di Agosto di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo… Voi continuate a seguirmi, mi raccomando^^

Non vi abbandono, questa storia mi sta prendendo e so già come svilupparla e finirla, devo solo scriverla, e vi assicuro che lo farò.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, intanto…

Fatemi sapere i vostri pareri, mi raccomando^^

Passiamo ora ai ringraziamenti:

Fataflor: Tranquilla, le intenzioni di Valerio sono pure… Vuole essere solo amico di Dani, per ora. Più avanti si vedrà… Muhahaha, come sono perfida! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, le cose un po’ si sono ribaltate… Non di molto, però il fatto che Bassi abbia fatto trapelare qualcosina dal proprio comportamento glaciale, beh, è già un inizio… Più avanti si vedrà di più? È tutto da vedere, e non voglio rovinarti nulla. Grazie per la recenzione^^ Baci, Pikky91

Alaire94: Bene, mi fa piacere che non ho fatto errori… xD Per quanto riguarda Valerio si vedrà più avanti, così come per il prof e per il futuro che eventualmente potrebbero avere…

Comunque sì, saremo sfidanti!^^ Ammesso e concesso che mi venga in mente qualcosa di decente da scrivere, non vorrei cadere nel banale… Grazie per la recensione, comunque^^ Baci, Pikky91

   
 
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