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Autore: Gloom    04/08/2010    2 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Il tre deve essere passato inosservato- notai entrando a casa di Angela.
-E certo, altrimenti mamma non mi avrebbe mai permesso di invitarvi a cena-rispose lei facendoci entrare.


La casa di Angela non era molto grande, non come la nostra, ma era confortevole.
 Apparteneva alla vecchia zia di sua madre, morta quattro anni prima. Spesso avevamo chiesto ad Angela perché fosse venuta a vivere qui, a Polverano, quando sarebbe potuta rimanere in città senza problemi. Ma lei non aveva mai risposto.

E non nominava mai suo padre, neanche per sbaglio. Tutto quello che sapevamo era che per colpa sua odiava i suoi occhi verdi. Peccato.


 Corrado sprofondò sul divano e cominciò a fare zapping davanti alla televisione, perfettamente a proprio agio.

Angela volteggiò per il salone fino ad atterrare sul divano vicino a Corrado, si sporse per prendere il telefono e compose un numero, fatto talmente tante volte da essere ricordato a memoria.
 -Chi chiami?- Le chiese mio fratello. Lei si mise un dito davanti alle labbra facendo cenno di stare in silenzio. Dopo un po' qualcuno rispose dall'altro capo del filo, e Angela parlò.
 -Buonasera, vorrei ordinare delle pizze-
 Dall'altro capo qualcuno rispose qualcosa.
 -Si, allora aspetti un momento- Abbassò la cornetta premendosela contro il petto -veloci, che pizza volete?- Chiese.
 -Non potevi avvertire prima? Bé...prendi una margherita per me-
 -Tu?- chiese lei rivolgendosi a me.
 -Oh, io, ehm, uh...-
 -Eddài veloce!-
 -Margherita. Anch'io-
Angela tornò al telefono - due margherite e una con le salsicce e patate senza pomodoro. Esatto, solo mozzarella. No no, anche le patate e salsicce... si. Perfetto, la via è...- continuò a spiegare mentre io mi sedevo sulla poltrona del salotto e fissavo senza vederla la televisione.
 -Bene, le pizze arrivano tra un quarto d'ora -Disse mettendo giù la cornetta -Raffaele, cos'hai? Sembri un ameba, parla un po'-.


 Sentir pronunciare il mio nome dalla sua voce serafica non mi aiutò a focalizzare i pensieri, a metterli uno dopo l'altro secondo un filo logico, ma ci provai. Dopo tutto, era solo un essere umano, non mi avrebbe divorato...
 Iniziammo a chiacchierare del più e del meno, grazie anche all'aiuto di Corrado.

Mi chiesi, non per la prima volta, come mai non avessi ancora confidato il mio patetico amore per Angela a mio fratello. Un po' temevo la sua reazione, pensavo che sarebbe stato geloso: lui e Angela erano solo migliori amici, ma forse non gli avrebbe fatto piacere. O forse si. In ogni caso, non avrei potuto dirglielo quella sera, visto che alla fine tornò a casa anche lui con il suo bel carico di problemi, di cui né io né Angela sapevamo l'esistenza.
 Era passata un'ora da quando erano arrivate le pizze: eravamo in salotto, stravaccati sul divano, con la televisione accesa e il tavolino ingombro di cartoni della pizza e bicchieri di coca-cola, chiacchierando del più e del meno, quando uscì il nome di Morena.

Subito Corrado lasciò cadere il trancio di pizza che brandiva tra i cartoni davanti a lui.
 -Non è niente di speciale quella ragazza- disse Angela -ha un bel fisico, non lo nego, ma se glie lo levi non rimane niente-.
 -E poi ha la puzza sotto al naso, mi hanno detto che guarda tutti dall'alto in basso- aggiunsi.
 -A me non piace. Tra l'altro...-
 -Gente, non potete parlare d’altro?- Esclamò a un tratto Corrado, senza far finire Angela di parlare.
 -Hihi, le muori ancora dietro?- Lo stuzzicò lei. Lui le lanciò un'occhiata di ghiaccio.
 -Io non muoio dietro a nessuno- disse -chiaro? E smettetela di spettegolare su di lei, non la conoscete per niente!-.
 -Perché, tu la conosci bene? Andiamo, si sa che è una gallina -
 -Chi te lo dice? Smettetela di parlare di lei!- Si alzò e uscì dalla stanza.
 -Eddài, dove vai?- Chiesi seguendolo.
 -Al cesso!- esclamò sbattendosi una porta alle spalle. Tornai in salotto da Angela.
 -Accidenti, non mi aspettavo che se la prendesse così tanto!- Sussurrò lei.

Sprofondai sul divano, occupando il posto lasciato libero da Corrado.
-Neanche io. La cosa mi preoccupa...lui dice che non gli importa niente, ma a questo punto comincio a pensare che sia il contrario. è strano; non ha mai fatto così per una ragazza-.
 -Perché ti preoccupa?- Chiese Angela. Io controllai che Corrado non fosse nei paraggi prima di rispondere.
-Ci sta così male ora, e non sa che è già occupata. Mi hanno detto che sta con un tipo del quinto anno. Sarà il caso di dirglielo?-  
 Angela sospirò e si abbandonò su un cuscino, quasi sparendo dentro la sua felpa troppo larga. -Forse si. Senza che si faccia troppe illusioni. Corrado!- Gridò.

Nessuno rispose. Ci guardammo negli occhi, scoraggiati. Che verde stupefacente... Ma non dovevo distrarmi. -Vado a prenderlo io- dissi, e uscii dalla stanza.
 La casa era piccola, non ebbi difficoltà a trovare il bagno. Mi chiesi come facessero due donne ad usarne uno solo, visto che già in casa nostra non ne bastavano due. E l'unica femmina da noi era nostra madre. Bussai deciso, e mio fratello uscì, ancora furioso.
 -Da quando sei così permaloso?- Chiesi. Lui mi guardò truce.

Lo afferrai per la camicia e lo trascinai in salotto, dove Angela stava seduta sul divano con le gambe incrociate. Si voltò e sorrise triste, guardando l'amico.
 -Avvicinati. Adesso- disse a Corrado. Lui le si mise davanti, con le mani in tasca e lo sguardo ostile:
 -Avete finito di spettegolare?-Chiese.  
 -Hai finito di fare il bambino?- Ribatté Angela, sempre sorridendo.
 -Non... non parliamo più di Morena, ok?- Disse lui.
 -No infatti. Perdiamo solo tempo. Lasciala perdere, è una battaglia persa in partenza-.
 -Cosa intendi dire?- Il suo sguardo saettò da lei a me, veloce. Io arricciai l'angolo della bocca, in un'espressione che Corrado aveva imparato a conoscere, dopo quindici anni di vita insieme.

Strinse i pugni, corrugando la fronte. Aveva capito. Gli occhi si ridussero in fessure, piccole scaglie dello stesso colore del parquet.
 -Come si chiama?-Sibilò.
 -Lascia perdere. Che vuoi fare, prenderlo a pugni? Ti stenderà prima ancora di cominciare- dissi.
 -Voglio Sapere Come Si Chiama-.
 -Non lo sappiamo- mentì Angela -e anche se lo sapessimo non servirebbe. Tranquillo, il mare è pieno di pesci e...- ma Corrado non l'ascoltava più. Si lasciò cadere sulla poltrona, come un peso morto che non ha più ragione di vivere.

Non mi aspettavo che reagisse così; era quasi riuscito a convincermi che non gli importasse molto di Morena. Vederlo in quelle condizioni mi fece salire la voglia di prendere quella ragazza e tirarla per i capelli, farle del male, come lei ne aveva fatto a Corrado.
 -Coraggio- gli dissi - dov'è finita la tua filosofia? Il mondo è pieno di ragazze...-. Lui non rispose. Rimase a stringere i braccioli della poltrona, già abbastanza consumati per conto loro. Guardai Angela in cerca di aiuto.
 -Piangersi addosso non serve. Non la farà venire da te. Fregatene di quella sgallettata, è acqua passata. Ehi, la vita va avanti! Ci sono le pizze, ci siamo noi...se sei così depresso come mi aiuti a recuperare il mio nobile tre?- Cercò di farlo sorridere, ma con scarso successo. Tutto quello che ottenne fu di farlo alzare,  mentre borbottava qualcosa di simile a "bagno". Lo lasciammo fare. Le nostre parole di conforto arrivavano fino a un certo punto.


 Dopo alcuni minuti di silenzio Angela parlò:
-Accidenti, non me lo aspettavo così. Pensavo che con Morena fosse soltanto un gioco...-
 -Lo ha fatto credere anche a me. Ma perché? Insomma, ci ha sempre detto quando si prendeva una cotta-.
 -Non so se questa sia una cotta. Almeno non da come ha reagito...-.
 Ah, bene. Io non mi potevo proprio considerare un esperto. Non avevo mai amato nessuna seriamente, prima di Angela. E nutrivo ancora seri dubbi su quell'organo rosso e sanguinolento che mi ritrovavo nel petto.
 -Se così fosse, non guardare me. Io non so distinguere una cotta da...dall'amore-.

La conversazione stava andando in un'altra direzione, una strada tortuosa che non avrei voluto imbucare. Ma una strada dal panorama stupendo, che avrei potuto vedere se non avessi avuto paura di inciampare nel fango. Non avevo mai parlato di argomenti del genere con una ragazza. Con le mie conoscenti ci si pendeva in giro, si scherzava e si chiacchierava del più e del meno. Ma con Angela era una cosa diversa, che stavo sperimentando sul momento. Lei era la ragazza con cui volevo parlare, la ragazza che amavo.
 -Non sei mai stato innamorato?Non ti piace nessuna?-Mi chiese. Io abbassai lo sguardo, nascondendomi dietro i capelli. Taglio tattico. Sperai che non si accorgesse che ero arrossito.
 -Bè, non lo so...probabilmente si, ma come faccio a essere sicuro che sia davvero amore?- Domandai.
 -Eh già...bella domanda. Chi è lei?-.
 Ecco che i nodi venivano al pettine. Ma non volevo dirglielo, non ora, non quando il nostro migliore amico era qualche stanza più in là a tormentarsi per quella fregatura di cui stavamo parlando io e lei. Eppure ero consapevole che più il silenzio si prolungava, meno tempo ci avrebbe messo ad arrivare alla risposta. Mi morsi il labbro.
 -Ti scoccia se non te lo dico?- Chiesi. Lei mi guardò sbattendo le ciglia.
 -Oh. No no, tranquillo. Non fa niente, se non vuoi...-

Questa volta fu lei a distogliere lo sguardo. Mi sentii talmente imbarazzato che una seconda vampata di calore si propagò per la faccia, prima che potessi fare qualcosa.
 -Scusa. Non è che non voglio dirlo...cioè no, in realtà è proprio perché non voglio dirlo, però non è che non voglio dirlo a te...- Accidenti a me, mi stavo dando la zappa sui piedi. -Scusa. Fai finta che non abbia parlato. Ehm...vado a vedere che fine ha fatto Corrado- mi alzai, lieto di avere qualcosa da fare, e quasi scappai dal salotto.

Una volta fuori, mi appoggiai alla parete a riprendere fiato. Ora che non era più vicino a me, sentii che non avrei più avuto il coraggio di parlare ad Angela. Mi sembrava di aver fatto una colossale figura di cacca, e arrossii di nuovo. Perché esistevo ancora? Non c'era una botola, un buco dentro cui sprofondare per sempre? Mi morsi di nuovo il labbro, questa volta più forte.
 Corrado scelse proprio quel momento per uscire dal bagno. Mi vide, rosso in faccia, e pian piano scivolai giù per la parete. Non potevo fare un altra figuraccia anche con mio fratello, per questa vita avevo già dato.
 -Cosa hai fatto?-Mi chiese. Pensai che, se avessi continuato a mordere il labbro, presto avrebbe cominciato a sanguinare, quindi mi imposi di allentare la presa.
 -Allora?-Mi incalzò Corrado. Mi chiesi per quanto tempo sarei riuscito a resistere.
 -Ehm, ero venuto a cercarti. Stai meglio?- Domandai, con la voce leggermente tremolante.
 -Per niente. Ci vorrà un po'-.
 -D'accordo, è normale...-.
 -Torniamo in salotto-. Non avrei voluto farlo, ma seguii lo stesso Corrado. Angela era china sulla tv, armeggiando con un telecomando. Feci un bel respiro ed entrai.
 -Vediamo un dvd, vi va?-Chiese speranzosa. Ovviamente fummo d'accordo. Avevamo tutti e due bisogno di riflettere, e fare finta di guardare la televisione era perfetto. Angela era proprio una fata.

  
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