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Autore: Valaus    20/08/2010    16 recensioni
Tornata ad Hogwarts per terminare gli studi, Hermione si sente incredibilmente sola. I suoi amici non sono al suo fianco, ed il castello le appare per questo vuoto ed inospitale. Sarà costretta a ricredersi, trovando compagnia nel modo e nella persona più insolita ed insospettabile.
Prima Classificata al Crack Pairing Contest indetto da Only_me sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha partecipato al Crack Pairing Contest indetto da Only_me sul forum di EFP, classificandosi prima a pari merito con whateverhappened.
Il concetto di base del concorso era scrivere di una coppia non canon della saga, e la mia scelta non poteva non ricadere su una Dramione (la mia coppia preferita IN ASSOLUTO, come chi mi conosce anche solo un minimino sa benissimo ^^).
Oltre a questo, c'era la possibilità di scegliere un numero, a cui era abbinato un set da utilizzare all'interno della storia e che prevedeva un luogo, un oggetto, una citazione ed un colore.
Il mio set era il numero 15, così articolato: Bagno dei Prefetti, Manico di scopa, "Non parlare di queste cose spiacevoli. Se non si parla di una cosa, è come se non fosse mai avvenuta. Come dice Harry, è solo il parlarne che dà realtà alle cose.” (Il ritratto di Dorian Gray, Cap. 9 - Oscar Wilde) e fucsia.
Da tutto questo insieme è nata la mia storia, una long di cinque capitoli con poche pretese ma fortunatamente, a detta della giudice, non la solita e banale Dramione. Personalmente, la cosa che maggiormente mi preoccupava era proprio questa, l'idea di creare una fict scontata simile alle altre mille e più che si trovano su questo sito. Spero che anche chi deciderà di spendere un minutino del suo tempo per leggere la fict sia della stessa opinione, perchè è davvero la cosa che mi preme più di tutte. Ho cercato di evitare il più possibile i vari stereotipi Dramioneschi che sembrano pervadere il 99% di tutte le storie su questo pairing, ma come sempre il giudizio finale spetta ai lettori ;)
Aggiornerò una volta a settimana, tendenzialmente al giovedì ma non ci metterei troppo la mano sul fuoco (è estate pure per me, portate pazienza xD). Alla fine dell'ultimo capitolo posterò anche la valutazione della giudice.



NdA:Ho tenuto conto degli eventi del sesto e settimo libro, ma modificandoli in parte per adattarli alla storia.










"Neutron Star Collision"









I.
"La persona sbagliata, nel posto sbagliato, al momento sbagliato"









La notte era calata sul castello di Hogwarts da alcune ore. Aveva ricoperto il cielo col suo manto nero, rendendo tutto più oscuro, più indefinito, più spaventoso.
Le ombre si stagliavano minacciose sulle alte pareti, le sagome delle armature richiamavano alla memoria figure terrificanti, e solo la luce pallida della luna permetteva un minimo di visibilità.
Assieme alla notte, anche l’invisibile mano di Morfeo era scesa sul castello, permettendo a tutti i suoi abitanti di abbandonarsi nel dolce abbraccio del meritato riposo.
Tutti, eccetto una.
La timida luce proveniente dalla punta della sua bacchetta le illuminava parzialmente il cammino attraverso il dedalo di corridoi, scale e stanze.
Un lavoro ingrato il suo, ma qualcuno doveva pur svolgerlo.
Un lieve sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre con passo fiero e sicuro continuava il suo solito giro di ronda.
Il buio non la spaventava. O almeno, non più.
Da bambina lo aveva temuto al punto che si era trasformata in una vera e propria fobia. Si rifiutava di dormire in una stanza dove le tende delle finestre non fossero aperte il minimo indispensabile per creare penombra. E se, disgraziatamente, le capitava di ritrovarsi improvvisamente al buio, l’unica cosa che riusciva a fare era stringersi le ginocchia al petto, accoccolarsi in un angolo e piangere disperata finché non fosse tornata la luce.
Ma poi, crescendo, aveva scoperto che al mondo c’era molto di peggio.
Aveva capito che non era l’oscurità di una stanza che doveva temere, bensì quella che si annida nel cuore degli uomini.
A diciassette anni, aveva imparato che il buio non poteva ferirla in alcun modo. Aveva fronteggiato mostri assai peggiori di quelli che la sua mente immaginava brancolassero negli angoli non illuminati della sua camera, e ne era uscita vittoriosa.
Era una persona nuova, più forte e più sicura di sé. Nulla poteva più scalfirla.
Era una donna, non più una bambina.
Un’adulta.
E gli adulti non hanno paura del buio.
Sospirò di nuovo.
La solitudine. Quella sì che era una vera paura.
Una paura ammissibile anche per chi, come lei, era ormai cresciuto.
Non che fosse effettivamente sola.
Di amici ne aveva. Non tantissimi, ma Hermione Granger non si era mai soffermata su una quisquilia come la quantità.
Aveva sempre puntato, piuttosto, alla qualità. Preferiva un ristretto numero di veri amici ad una folla di semplici conoscenti.
Anche perché, nel momento del bisogno, gli amici restano, mentre i conoscenti fuggono.
Lo aveva visto coi suoi occhi. Del resto, quale occasione migliore di una guerra per testare il fondamento di un’amicizia?
I suoi amici erano rimasti. Avevano combattuto gli uni al fianco degli altri, senza abbandonarsi, senza voltarsi le spalle, saldi in quel legame che li aveva uniti per sette anni.
Altri non avevano avuto la sua stessa fortuna.
Dunque, Hermione Granger era tutto tranne che una persona sola.
Una splendida famiglia alle spalle, un piccolo gruppo di amici fedeli e due persone, Harry e Ron, che erano per lei come fratelli.
Eppure, non riusciva a non sentirsi sola.
La guerra aveva costretto gli studenti di Hogwarts ad interrompere gli studi. Quando poi tutto era finito, la preside McGrannit aveva concesso la possibilità di riprendere e terminare la loro carriera scolastica.
Ma quasi nessuno degli studenti del Settimo anno aveva accettato.
Tra i sopravvissuti, alcuni non erano ancora guariti dalle ferite fisiche e psicologiche inferte dal conflitto, mentre altri, più semplicemente, avevano deciso di entrare subito a far parte del mondo degli adulti, abbandonando per sempre quell’adolescenza strappatagli via con forza da Voldemort.
Ron Weasley aveva iniziato a lavorare da “Tiri Vispi Weasley”, così da aiutare suo fratello George a gestire il negozio e a superare la morte del proprio gemello. Sua sorella Ginny, nonostante avesse interrotto gli studi solo al Sesto anno, aveva deciso d’intraprendere la carriera di giocatrice di Quidditch, per la quale il diploma non era minimamente richiesto.
Harry Potter, l’eroe del Mondo Magico, si era vista offerta la possibilità di cominciare l’addestramento per diventare un Auror anche senza i M.A.G.O. necessari. Ovviamente, l’aveva afferrata al volo.
Lei e Neville Paciock erano stati gli unici Grifondoro a fare ritorno ad Hogwarts.
E, per quanto volesse bene al ragazzo, non poteva non sentire la mancanza pungente e soffocante dei suoi due migliori amici.
Frequentare le lezioni senza di loro era talmente strano da sembrare irreale. Per sette lunghi anni erano stati inseparabili all’interno di quelle fredde mura.
Adesso lei era lì, da sola. Senza Harry, senza Ron.
Nessun Trio delle Meraviglie. Semplicemente Hermione Granger.
La solitudine rendeva quel castello, che per anni era stato la sua seconda casa, inospitale ed estraneo.
E, sorprendentemente, persino il mai gravoso onere dello studio le pesava come un macigno.
Un suo terzo sospiro ruppe il silenzio della notte.
Scrollò lentamente il capo, cercando di scacciare quei pensieri molesti. Continuando a camminare per i corridoi, si ripromise che il giorno dopo avrebbe scritto una lettera ai suoi amici.
Nemmeno si accorse di essere arrivata di fronte al Bagno dei Prefetti. E probabilmente avrebbe tirato dritto per la sua strada, ignorando quella stanza, se non avesse notato quel piccolo spiraglio nella porta.
Socchiusa. Quando, invece, doveva sempre essere chiusa a chiave.
Fin troppo evidente che qualcuno era sgattaiolato fuori dal proprio dormitorio.
Già s’immaginava la scena. Due ragazzini colti in flagrante ad amoreggiare.
Un classico.
Sbuffò, mentre lentamente apriva la porta.
Non aveva nulla contro le coppiette, ma che almeno evitassero di appartarsi sempre in luoghi e ad orari che la costringevano a fare la parte della guastafeste.
Dalla fine della Guerra, era diventata molto meno rigida e ligia al dovere. Ron le aveva eufemisticamente, e simpaticamente, fatto notare che sembrava si fosse “sfilata dal culo il manico di scopa che aveva tenuto per sette anni”.
Una vera perla lessicale, ma piuttosto calzante come metafora.
Non sapeva se era stata tutta quella distruzione e quel dolore a scioglierla, fatto sta che il terribile Prefetto “castigatore” era diventata una Caposcuola molto più accomodante e permissiva.
Ciò nonostante, c’erano regole a cui doveva attenersi comunque, e che a sua volta doveva far rispettare. Il coprifuoco era, forse, una delle più categoriche.
Quando mise piede nel Bagno, fu avvolta dal silenzio di tomba che vi regnava.
Storse il naso.
Decisamente troppo silenzio.
Si guardò intorno, senza notare nulla di strano.
Arrivò a pensare che, probabilmente, l’ultimo Prefetto che aveva usato il Bagno si fosse dimenticato di chiuderlo.
Poi, la vide.
Una figura sedeva in un angolo, di fronte alla grande finestra sul fondo della stanza. Girata di spalle rispetto a dove si trovava lei, parzialmente illuminata dalla tiepida luce della luna.
Non ebbe bisogno di vederne il viso, per riconoscerlo.
La massa di capelli biondi ed indisciplinati lo tradiva.
Malfoy.
Ebbe l’immediata tentazione di girare sui tacchi ed andarsene da quella stanza prima che il ragazzo si accorgesse della sua presenza.
Il suo senso del dovere la trattenne. Quello, e la consapevolezza che la guerra era conclusa, avevano vinto, Malfoy non era più un pericoloso Mangiamorte e non avrebbe potuto alzare un dito contro di lei.
Mosse qualche passo verso di lui, cercando di fare più rumore possibile con la suola delle scarpe.
< Non dovresti trovarti qui.> esordì poi, con voce autoritaria.
Lui non diede segno di averla udita. O, pensò Hermione, probabilmente preferiva fingere di non averla sentita.
Sbuffò, roteando gli occhi verso il cielo. Poi riprese la sua camminata, fino a raggiungere il Serpeverde. Si parò al suo fianco, in piedi.
Lo fissava dall’alto in basso. Come lui aveva sempre fatto con lei, figurativamente.
< Malfoy.> lo chiamò.
Nulla.
Continuava a fissare fuori dalla finestra, con uno sguardo indescrivibile. Duro, freddo, rigido, inespressivo. Mai lo aveva visto così.
Non poté evitare di riflettere sul fatto che, con tutta probabilità, il recente conflitto aveva segnato anche lui. Forse molto più a fondo di quanto lei credesse.
Si chinò lentamente, fino a poggiare per terra con le ginocchia. Seduta sui talloni, fissava il ragazzo di fronte a lei come più volte, in passato, aveva fissato la sfera di cristallo durante le ore della Professoressa Cooman: cercando di leggervi qualcosa, inutilmente.
Malfoy era sempre rientrato in quella tipologia di persone che, sentendosi al di sopra degli altri, tentano di dimostrare la propria preminenza infangando ed irridendo il prossimo. Non un altezzoso snob che non degna di considerazione chi, a suo dire, gli sia inferiore, piuttosto uno spocchioso ragazzino maligno ed indisponente che passa buona parte della propria giornata ad infastidire gli altri.
Tuttavia, non vi era alcuna traccia di quel Malfoy, nel giovane che stava osservando. Ad essere totalmente onesta con se stessa, Hermione non vedeva nemmeno più un ragazzino in lui.
Sembrava un uomo. Turbato, tormentato, complesso, un po’ misantropo e forse non pienamente in possesso della lucidità mentale, ma comunque un uomo.
< Il coprifuoco è scattato tre ore fa.> gli disse, cercando di riscuoterlo da quell’incomprensibile torpore. < Dovresti sapere che infrangerlo comporta una punizione...>
Nulla nell’espressione del ragazzo, o nella posizione del suo corpo, mutò. Tranne le sue labbra, che si mossero al ritmo delle parole che pronunciò.
< Sei tu la Caposcuola, Granger. Sei sicuramente più informata di me sulle regole di questo posto.>
Hermione non riuscì a trattenersi dall’aggrottare le sopracciglia.
La sua voce...
Era così diversa dalla voce che ricordava appartenergli.
Strascicata, melliflua, pungente: quella era la voce di Malfoy. Era sempre stata quella.
E non il timbro glaciale, severo e roco che aveva appena udito.
< Tu sei stato Prefetto.> osservò lei, decisa a continuare quella misera conversazione.
C’era qualcosa che non andava in Malfoy, nonostante non capisse cosa. L’aveva già notato da un po’.
Da quando avevano entrambi ricominciato a frequentare le lezioni, in quel Settimo anno aggiuntivo, Hermione non aveva fatto altro che osservarlo. L’aveva scrutato, studiato, spiato da lontano, tenuto sotto controllo con lo sguardo. Inspiegabilmente, perché non riusciva ad afferrare la ragione per la quale sprecava tanto tempo a guardare qualcuno di cui non le importava assolutamente nulla.
Ad ogni modo, l’aveva controllato. Si era accorta già da tempo che era strano.
Diverso.
Era certa che ci fosse qualcosa dietro questo suo improvviso mutamento.
E voleva scoprirlo. Voleva capire. Sebbene non comprendesse per quale motivo.
Le labbra del ragazzo s’incurvarono leggermente, in ciò che con molta probabilità voleva essere la parvenza di un sorriso.
< E ciò non mi ha impedito di infrangere tranquillamente la quasi totalità del regolamento disciplinare.> assunse di nuovo la sua espressione precedente, prima di proseguire < Vuoi punirmi? Fallo. E poi levati dalle palle.>
< Come sei entrato qua dentro?> fece lei, ignorando il suo invito ad andarsene.
Malfoy sbuffò, serrando con forza i denti.
< Non sono affari che ti riguardano.>
< Mi riguardano eccome, invece. L’hai detto anche tu, sono Caposcuola. E tu sei un ex-Prefetto in un Bagno riservato solo agli attuali Prefetti. Sei in un posto dove non dovresti essere, oltre l’orario consentito. Sei la persona sbagliata, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. E’ decisamente affar mio, Malfoy.>
Lo vide alzarsi in piedi di scatto.
< Se me ne vado, la pianti di scocciarmi?> domandò secco.
Hermione, ancora inginocchiata a terra, puntò i propri occhi color cioccolato sulla sua figura slanciata.
< No.>
Lo sguardo del ragazzo quasi la fulminò. Per quanto sapesse con assoluta certezza che non poteva farle nulla di male, il suo stomaco si contrasse in uno spasmo di paura.
Sul fondo delle iridi di Draco aveva scorto un’ombra che l’aveva fatta rabbrividire da capo a piedi.
< Non m’interessa punirti o fartene andare, voglio solo sapere perché sei qui.>
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso.
< Perché?>
Hermione sospirò.
< Non ne ho idea.> ammise < So solo che non sei lo stesso di prima, e mi piacerebbe capire per quale motivo.>
Lentamente, il ragazzo tornò a sedersi sul pavimento. Questa volta, anziché rivolgersi alla finestra, si protese verso la Grifondoro.
< Ti ha mai detto nessuno che la curiosità uccide, Granger?>
Lei non riuscì a non ghignare.
< Allora sarei dovuta morire secoli fa.>
Malfoy s’incupì di colpo.
< Già.> mormorò, talmente sottovoce che la ragazza faticò a cogliere quella parola.
< Eh?> domandò, perplessa.
Lui scosse il capo un paio di volte, invitandola tacitamente a lasciar perdere.
< Non vedo come la cosa possa interessarti e non capisco perché lo faccia, ad ogni modo è piuttosto lampante che non sono più la stessa persona di prima. Così come chiunque abbia preso parte alla guerra. E’ un’esperienza che ti segna e ti cambia, dovresti saperlo anche tu.>
Hermione annuì meccanicamente, seguendo il filo di quel discorso.
Il proprio cervello ci mise qualche secondo per registrare quelle ultime quattro parole, ma quando lo fece, un’espressione dubbiosa le si dipinse in volto.
< Trovi cambiata anche me?> domandò innocentemente.
Vide una strana ombra di panico percorrere il viso del suo interlocutore.
< Che diamine ne so io? Non ti conosco Mezzosangue, né m’interessa farlo. Non so com’eri, non so come sei, so solo che sei una gran rompicoglioni!> esclamò il ragazzo, distogliendo lo sguardo da quello di lei.
Non sapeva come spiegare il tono in cui lui si era rivolto. La sua invettiva le era quasi suonata come un tentativo di giustificazione, d’insabbiare rapidamente qualcosa che non doveva venire a galla.
Quando, dopo pochi istanti, Draco tornò a fissarla, aveva riassunto quell’espressione glaciale e dura che da alcuni mesi sembrava essere diventata per lui un’abitudine.
< Conversare per due minuti con un Grifondoro è il massimo che possa sopportare.> sibilò, prima di alzarsi in piedi e lasciare la stanza.
Rimasta sola, Hermione rifletté.
In quei brevi istanti di simil civiltà, la sua teoria degli ultimi mesi aveva trovato conferma: non c’era più luce negli occhi di Draco Malfoy.
Spenti, vuoti. Come se qualcuno gli avesse risucchiato l’essenza, l’anima, la scintilla vitale che lo aveva reso umano.
Come se qualcosa, durante la Guerra, gli avesse strappato via la voglia di vivere, la gioia, e qualunque altro tipo di emozione. Lasciandolo vuoto, incompleto, tormentato.
Draco Malfoy non era suo amico. Non era assolutamente nulla per lei, se non una vaga presenza nello sfondo della sua vita. Una piccola, insignificante ma fastidiosa macchia.
Che, però, si ostinava a non andare via.
Per quanto Hermione fosse consapevole che non avrebbe dovuto importargliene assolutamente nulla di lui, per quanto lei stessa non si capacitasse di questo suo improvviso interesse nei confronti di quel ragazzo acido ed indisponente, non riusciva a toglierselo dalla testa.
Non c’era più luce nei suoi occhi.
Ed Hermione aveva la ferma intenzione di restituirgliela, in un modo o nell’altro.







   
 
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