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Autore: Gloom    31/08/2010    1 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Il segreto di Angela ossessionò me e Raffaele per settimane intere, ma lei non desisteva... Fino a quando non arrivò il momento in cui i piccoli eventi quotidiani ebbero la meglio, e finimmo per dimenticarlo.

Come fosse stato possibile non me lo spiegai mai, non avrei mai creduto di essere capace di dimenticarlo, ma forse fu anche a causa degli eventi che presero luogo nella mia vita, della quale mi sentivo sempre più passeggero piuttosto che il conducente che ero sempre stato.


 Angela e Raffaele stavano insieme da tre mesi ormai: nessuno sembrava poterli dividere, e ognuno aveva occhi solo per l'altro. Un po' rimpiangevo il tempo in cui erano solo amici; era come se avessi perso i miei migliori amici in una botta sola, erano talmente presi che a volte temevo si dimenticassero di me.

Mi ritrovai a cercare di modificare la mia situazione sentimentale: eppure con Morena avevo preso un granchio colossale, non ero intenzionato a ripeterlo...

 Una mattina il panorama che mi si presentò appena sveglio fu spettacolare: durante la notte aveva fatto una gelata pazzesca, ed ora sugli alberi e sui tetti delle macchine c'erano diversi centimetri di neve, ben lontani dalla spruzzatina di zucchero a velo che avevamo avvertito la sera prima. Il bianco predominava fuori dalla finestra: bianche erano le strade, le aiuole, i tetti, gli alberi, il cielo.

In realtà non era caduta molta neve, sicuramente non abbastanza da indurre le scuole a chiudere, quindi utile solo a perdere la sensibilità delle dita dei piedi. Raffaele si contorse da sotto il piumone avvolgendosi come un involtino. Dal piano di sotto giungevano le urla indistinte di Selina che ci incitava a sbrigarci.
 -Avete intenzione di perdere l'autobus? In quel caso non sperate che vi accompagni a scuola! Veloci! E' tardissimo!-.
 Voltai le spalle svogliatamente alla finestra e lanciai una penna verso l'involtino di piumone.
 -Svegliati, a sentire mamma è tardi- borbottai con la voce ancora impastata di sonno mentre mi stiracchiavo.

Lui mugugnò qualcosa che somigliava a "dice sempre così, altri cinque minuti...". Mi strinsi nelle spalle e cominciai a vestirmi, mentre di sottofondo Selina continuava il suo monologo. Come se la stesse ascoltando qualcuno.


 Fuori il freddo era lacerante: io e Raffaele eravamo troppo insonnoliti per palare ,e nell'aspettare l'autobus (in ritardo, come previsto), fui certo di aver perso i lobi delle orecchie. Entrare nell'autobus fu un sollievo, anche se la folla di adolescenti ancora mezzi addormentati portava con sé ad ogni fermata un soffio di vento gelido. Raffaele si era estraneato dal mondo con le cuffiette del suo mp3 che gli sparavano nelle orecchie gli amati Red Hot Chili Peppers.


 Fu la prima volta che entrare a scuola fu un sollievo: se non altro faceva caldo. In classe si avvertiva l'agitazione provocata dall'imminente interrogazione di greco. Ancora intorpidito, presi posto al mio banco, dove un'Angela con la lingua fra i denti ripassava all'ultimo minuto futuro e aoristo dei verbi anomali.
 -Studiato?- Chiesi. Le scosse la testa, borbottando una serie di verbi politematici.
 -Yuppi- risposi sarcastico. Mi girai verso Sergio e Adriano, al banco dietro il nostro, ma anche loro erano immersi in libri e appunti fitti di ghirigori dell'antico idioma. Sbuffai, poi sconfitto cacciai la grammatica greca. Un ripassino lampo sarebbe stato comunque utile... Fortunatamente arrivò Maddalena a darmi la scusa per evitare di guastarmi il cervello di prima mattina.

Maddalena non aveva particolari problemi, non sarebbe stato difficile per lei strappare un sette. Trovarla impreparata era un po' come vedere la prof di lettere senza bombolone alla crema: possibile, ma estremamente raro.
 -Ehi, avete da fare questo sabato?- Chiese. Angela si staccò dalla grammatica.
 -Io credo di no- disse.
 -Idem- risposi io. Lei sorrise:
 -Si stava pensando di andare alla pista di pattinaggio sul ghiaccio che hanno messo vicino la piazza. Non so se l'avete vista. Fin'ora siamo in quattro. Vi va di venire?-. Il viso di Angela si illuminò:
 -Sarà divertente! Io vengo sicuro!- Maddalena le sorrise e poi mi guardò:
 -E tu? Dai vieni!-.
 -Non so...non sono mai salito su dei pattini- dissi.
 -Ah tranquillo, si impara!-
 -Mmm… Chi siamo?-
 -Oh, giusto io, Silvana, Sergio e Adriano...poi chi vuol venire viene. Angela, portarti anche Raffaele...-. Angela annuì.
 -Verrà sicuro-.
 -Corrado, tu non hai nessuna da portare?- Chiese Maddalena con malizia. Scossi la testa, simulando indifferenza. Al diavolo, era indifferenza. Davvero.
 -Oh, ok. Bé, allora ci vediamo lì. Tanto vedrete la pista, insomma, si nota...e c'è sempre un sacco di gente-.
 -Immagino. Sarà come un evento mondano qui a Polverano- ghignò Angela sprezzante. Maddalena le restituì il ghigno:
 -Più o meno. Conta che...- ma l'arrivo del professore le impedì di finire la frase. Scivolò verso il suo posto mentre tutti scattavamo in piedi.
 Lui si avvicinò alla cattedra e con lentezza esasperante cacciò il registro.
 -Interroghiamo. Badate che non accetto giustificazioni- sibilò con cattiveria.

Aprì la colonnina con i nomi. La tensione era palpabile. Lui puntò il dito e cominciò a fare su e giù, su e giù, a volte aiutandosi con la penna per controllare i precedenti voti della possibile vittima e vedere se fosse il caso di tentare un rialzo della media. Angela aveva le mani strette come se fosse in preghiera, mentre in realtà stava stringendo con tutte le sue forze una coccinella portafortuna.

Qualcuno rivolse uno sguardo tra lo scherzoso e l'implorante al crocifisso appeso al muro.

Sergio e Adriano stavano scaricando la tensione prendendosi a pugni sotto il banco.

Maddalena e Silvana leggevano gli ultimi verbi talmente velocemente che sicuramente non ci stavano capendo niente.

Solo cinque o sei persone erano completamente rilassate, o perché già erano state interrogate o perché se anche lo fossero state avevano la consapevolezza di un quattro in pagella, senza che ci fosse bisogno di preoccuparsi.

Poi il professore chiamò: -Chimera-.

Maddalena si alzò con un'espressione rassegnata. Ci fu un sospiro di sollievo, che si spezzò a metà in attesa del secondo martire. La preoccupazione ricominciò da capo. Pareva di sentire il battito di un paio di dozzine di cuori.

-Gramaglia-. Uno dei tipi con il quattro assicurato si alzò impacciato, sorridendo. Chissà cosa ci trovava di divertente.

Solo a quel punto coloro che avevano scampato il pericolo si sciolsero in un sospiro liberatorio, chi ridendo, chi congratulandosi, Angela che baciava esaltata la coccinella, Sergio che mollava un pugno più forte degli altri e Adriano che prorompeva in un "ahia cretino!" senza preoccuparsi di abbassare la voce.

Io mi accasciai sulla sedia, sorridendo: -Sento che tutto questo stress mi ha levato almeno dieci anni di vita- dissi ad Angela.


 Durante l'intervallo Angela chiese a Raffaele se sarebbe venuto a pattinare con noi.

Lui ebbe la mia stessa reazione: -non sono capace- disse infatti.

Angela gli passò le braccia intorno al collo: -io neanche. Sai le risate?- Sorrise.

Lui la contemplò per un po' e poi si arrese: -Ok, ci sarò. Ma non ridete, ok?-

Angela in risposta scoppiò in una fragorosa risata: - Ti vergogni!- Esclamò.
 -No!- Rispose Raffaele. Cominciarono a battibeccare affettuosamente.


 Improvvisamente sentii il bisogno di allontanarmi. Reggere le candele a loro due non mi pareva il caso. Mi avvicinai ai miei compagni di classe e mi inserii nella conversazione, soffocando l'amarezza. Cosa mi stava succedendo? Non avevo mai sentito il bisogno di avere una ragazza. Tutte le volte che mi ero messo con qualcuna, era solo perché la trovavo attraente. La solitudine non mi era mai pesata. Ora invece provavo un senso di fastidio che non riuscivo a spiegarmi; cosa pretendevo? Non volevo che i miei migliori amici si lasciassero.
 Mi avvicinai a Maddalena (la cui interrogazione si era risolta con un sette splendente, come suo solito; a sua detta, era una giusta combinazione di studio non eccessivo, intuito e furbizia) per dirle che si univa anche Raffaele alla spedizione verso la pista. Lei annuì pratica:
 -Perfetto. Allora siamo quelli che ti ho detto. Tanto sarà probabile che incontreremo una marea di gente che conosciamo, ti ho già detto che quella pista è un evento da non perdere...-.
 Restammo a chiacchierare fino a quando la campanella non trillò maleficamente, costringendoci a tornare in classe. Fui contento di sapere che sarebbe venuta anche altra gente a pattinare. Ero certo che non sarei riuscito a sopportare una coppia infatuata come Angela e Raffaele da solo.


 Entro sabato la neve si era sciolta di poco, ma il paesaggio da cartolina persisteva. Eravamo decisi a godercelo il più possibile, perché sapevamo che ciò durava a Polverano il tempo di una settimana.

Io e Raffaele raggiungemmo la pista senza troppi problemi: sembrava che tutti i ragazzi di Polverano si fossero dati appuntamento lì, nonostante fosse garantito che sarebbe rimasta per almeno un mese.
 -Eccoli là- disse Raffaele riconoscendo i capelli rossicci di Angela. Ci avvicinammo e lui le cinse le spalle da dietro baciandola. Con una smorfia salutai i miei compagni di classe. Sergio e Adriano, Silvana e Maddalena.
 -Soldi?- Chiese Sergio. Cacciai un pugno di monetine dalla tasca:
 -Basteranno?- Chiesi ridendo. Erano una decina di euro.
 -Corrado paga per tutti!- Esclamò Adriano raggiante.
 -Non pensarci proprio- misi le monete supplementari al sicuro in una tasca interna e ci avviammo verso l'angolo della pista.

Era già stracolma, piena di bambini e ragazzi che barcollavano incerti e sghignazzanti. Solo un paio di persone sapevano pattinare come si deve, si riconoscevano perché andavano a una velocità pazzesca, zigzagando tra i novellini. A volte qualcuno cadeva. Spesso rimanevano a terra ridendo come matti, anche se i tonfi sembravano capaci di spaccare il ghiaccio, solcato da talmente tante lame che si era ormai ricoperto di nevischio.
 Infilai i pattini con qualche difficoltà. Silvana era convinta di aver preso una misura troppo piccola, quindi tornò a cambiarli. Angela li infilò e come se niente fosse si alzò in piedi. Raffaele e Maddalena la seguirono, mentre noi ragazzi avevamo qualche problema con le chiusure. Troppo stretta, troppo larga... Alla fine riuscimmo a garantirci la sicurezza e ad alzarci in piedi. Sul terreno non era poi così difficile, e senza esitazioni entrammo nella pista.

Sergio fu il primo a finire lungo disteso: non fece in tempo a darsi la prima spinta che subito capì di aver ritenuto il ghiaccio meno scivoloso di quello che era. Iniziarono gli sfottò, mentre lui si rialzava coperto di neve. Ne fece una palla che lanciò contro Adriano: -Carogna!- Gridò ridendo.

Silvana riuscì a reggersi un po' di più, ma poi decise di cambiare i pattini una seconda vola, questa volta per una misura più grande. Altri sfottò.

Maddalena scivolò senza problemi, poi si girò divertita: -Dai è facile!- Ci incitò.

Angela la seguì scoprendosi a non avere problemi. Emozionata, prese le mani di Raffaele, ancora titubante, e lo trascinò per tutta la pista.
 -E quelli sono partiti. Corrado, vuoi rimanere lì? Conta che hai pure pagato per questo- disse Sergio. Io mi appoggiai alla ringhiera e cercai di staccare il piede dal ghiaccio, ma era troppo pericoloso...
 -Ah ah, non ci riesci!- Esclamò Sergio.

Lo guardai con uno sguardo assassino e lo agguantai per il cappotto, appoggiandomi a lui per darmi la spinta. Scivolai senza problemi, sentendomi estremamente ridicolo. Che pagliacciata! Maddalena e Silvana (questa volta con i pattini della giusta misura) pattinavano allegramente tenendosi per mano, appoggiandosi l'una all'altra.
 Dopo il primo quarto d'ora cominciammo a prenderci la mano: non era poi così difficile... Certe cadute furono spettacolari. Adriano riuscì addirittura a cadere da fermo, e Silvana si convinse che ci fosse una spaccatura nel ghiaccio nel punto in cui aveva battuto il coccige. Angela e Raffaele non smettevano di girare intorno alla pista, fermandosi ogni tanto a scherzare con noi per poi ripartire sognanti. Beati loro.


 A un tratto rimasi a lanciarmi palle di neve con Sergio e Adriano, perdendo di vista Maddalena e Silvana. Le ritrovai all'angolo opposto della pista, a parlare con un paio di amiche che avevo intravisto di sfuggita a scuola ed ero abbastanza sicuro che avessero la nostra età.

Risero, poi ripresero a pattinare. Una delle sconosciute, con un basco che le nascondeva il viso, distanziò subito le altre. Cominciò a pattinare così veloce che fui certo che non sarebbe riuscita a fermarsi, spalmandosi contro la staccionata che delimitava la pista. Ma poco prima dell'angolo riuscì a fare una curva stretta, come io non sarei mai riuscito. Arcuò la schiena in avanti e in poco tempo doppiò le amiche, che ancora si tenevano per mano.
 -Oh Gemma, ma sei matta? Quanto vuoi accelerare?- Gridò Silvana. La ragazza si voltò senza fermarsi, scoppiando a ridere:
-Ma non è divertente se andate piano!- Esclamò.
 -Almeno non cadiamo- rispose Maddalena. La ragazza si strinse nelle spalle.
 -Bah, meglio cadere ma andare veloce. Vi trascino io?- Chiese. Le amiche indietreggiarono:
 -Non ci pensare proprio! Tu ci ammazzi!-.
 -Puah, se volete io sto qua intorno- detto questo si rigirò e riprese a pattinare.

Era veloce, ma si distingueva solo per quello. Altrimenti si limitava a pattinare come tutti. Cercai di concentrarmi sui suoi dettagli, ma era raro vederla ferma: si concedeva solo brevi pause per scambiare due parole con le amiche, poi ripartiva come una saetta.

Lasciai perdere e mi concentrai sull'altra amica, quella che trascinava lentamente Silvana e Maddalena. Appariva più compatta, ma aveva due gambe che compensavano il tutto, enfatizzate dai jeans mozzafiato. Inoltre, almeno a questa si poteva vedere il viso: scrutava il mondo da dietro un paio di spettacolari occhi azzurri, incorniciati dai capelli scuri e ondulati, tra cui spiccavano un paio di fermagli. Teneva il cappotto aperto e lasciava intravedere una felpa dello stesso colore degli occhi.

 

Mozzo a metà il capitolo, perché sono bastarda geneticamente e voglio lasciarvi col fiato sospeso. Non è vero, in realtà volevo solo evitare che il tutto diventasse troppo pesante a leggersi xD Grazie a coloro che passano a leggere e a chi ha messo la mia storia tra le seguite :)

  
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