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Autore: Niglia    31/08/2010    10 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo XX

 

 

 

 

 

 










 

 

Non avrei mai immaginato che un giorno avrei potuto pensare una cosa simile, ma dopo che Enrico se ne fu andato, quella notte – era rimasto fino alla fine a farmi compagnia, limitandosi ad accarezzarmi i capelli in perfetto silenzio – mi sentii improvvisamente sola. Proprio come se ne sentissi la mancanza.

Mia madre, ben lungi anche solo dall’immaginare quello che in realtà c’era tra me e lui, sembrava felice del nostro riavvicinamento, e mi aveva confidato che sperava che la sua presenza mi aiutasse ad alleviare il dolore della perdita di mio nonno, che era stato per me un secondo padre. Non avevo replicato, trovando come scusa il dover apparecchiare per mangiucchiare qualcosa per cena – anche se nessuno di noi aveva voglia di cucinare, tanto che mio padre fu costretto ad andare a comprare una pizza.

Rimasi per tutto il resto della serata, fin quando non mi arresi e andai a dormire, a pensare e riflettere sul comportamento di Enrico e su quello che avrebbe potuto significare la sua presenza in quell’occasione. Non avevo mai avuto un fidanzato serio, in genere mi sentivo saltuariamente con qualcuno ma senza nessuno scopo particolare, e di conseguenza non era mai capitato di doverne presentare uno ai miei genitori. Questa volta, invece, non solo i miei lo avevano conosciuto, ma era stato al mio fianco in una circostanza nella quale quel suo comportamento poteva essere benissimo frainteso: inoltre, mia madre ne sembrava stranamente entusiasta, e mio padre, col suo silenzio, aveva dato una sorta di beneplacito alla situazione. Come se io avessi richiesto una cosa simile! Enrico non era il mio ragazzo, che diavolo, non lo sarebbe mai stato! Ma come spiegare l’intera faccenda ai miei genitori senza provocare uno scandalo nazionale? Senza contare poi che quello non era di certo il momento adatto.

Insomma, fatto sta che quella notte, tra una cosa e l’altra, dormii pochissimo e dormii male.

 

Il mattino dopo, appena svegliata, il primo messaggio che ricevetti fu da parte di Enrico.

Buongiorno, Giulia. Hai dormito bene? Spero davvero di si. Vuoi che venga all’ospedale a tenerti compagnia, questo pomeriggio? Fammi sapere – io sono sempre disponibile, lo sai.

Rilessi a lungo e più volte quel piccolo SMS, come se da un momento all’altro si fosse potuto trasformare in una minaccia delle sue o in una bomba ad orologeria: non sapevo cosa rispondergli – ma sapevo che, in ogni caso, qualcosa avrei dovuto dirgliela. Dopotutto era stato molto gentile con me, malgrado… Beh, malgrado tutto quello che era successo.

Comunque, quel messaggio non sembrava una minaccia. Anzi, mi aveva chiesto se volevo che venisse a farmi compagnia, così, semplicemente, come avrebbe potuto chiedermelo Alessandra. Ecco! Magari, se avessi potuto vedere il rapporto con Enrico così come vedevo quello con Ale, cioè come un bel ma semplice legame di amicizia, non sarebbe stato così difficile accettare le sue attenzioni e gentilezze… Benchè sapessi chiaramente, tuttavia, che non era l’amicizia quello che voleva da me. Sospirai, iniziando a digitare una risposta che non sembrasse né troppo gelida ma neanche troppo amichevole. Che cavolo, non ero brava con le mezze misure! Una cosa poteva essere o bianca o nera, non grigia… Ma in questo caso evidentemente la mia filosofia non poteva essere applicata.

Buongiorno Enrico. Diciamo che avrei potuto dormire meglio… Ad ogni modo, decidi tu. Non voglio esserti di disturbo, hai già fatto… molto… per me. Davvero, se sei impegnato non sei obbligato.

Pigiai il tasto di invio prima di poterci ripensare – anche se ciò fu inevitabile. Dandomi mentalmente della sciocca, digitai un nuovo messaggio e glielo spedii frettolosamente. Grazie per ieri, comunque. Fu tutto quello che scrissi.

Non dovetti aspettare molto la sua risposta – chissà perché, sembrava che quando si trattava di me aveva sempre il cellulare a portata di mano.

A me non disturbi affatto, Giulia, altrimenti non te l’avrei chiesto. Sai già qual è la mia posizione, al riguardo… E comunque, non devi ringraziarmi per ieri. L’ho fatto con piacere…

Oh no, ecco che riprendeva con il tono… dolce! Scossi piano la testa, il dito sospeso a mezz’aria sopra la tastiera nel vano tentativo di pensare una risposta. Che diavolo, era sempre così difficile mandargli un messaggio, perché lui avrebbe potuto fraintenderlo come niente!

Alla fine, piuttosto innervosita, scrissi la risposta. Senti, fai come vuoi. A me non cambia nulla. E lo spedii prima di cambiare idea. Non avevo tempo e non avevo voglia di essere diplomatica in quel momento, che mi prendesse per quello che ero. Naturalmente, neanche due minuti dopo mi arrivò il suo messaggio: proprio a tempo di record.

Allora va bene, verrò. Una faccina che sorrideva. A più tardi, Giulia. Un bacio.

Un bacio. Un bacio? Aveva davvero voglia di irritarmi? Abbandonai il telefono sopra la cassettiera e scesi a fare colazione, senza neppure rispondergli. Avevo già fatto abbastanza danni in quei pochi minuti. Eppure, stranamente, il fatto che sarebbe venuto a farmi compagnia mi aveva in un certo senso… rincuorata.

 

Quella mattina, verso le dieci, Alessandra mi raggiunse a casa di mia nonna. Le avevo mandato un messaggio di notte, prima di andare a letto, per darle la notizia, e mi aveva promesso che sarebbe passata. Così mi sarei potuta sfogare e le avrei anche raccontato di quello che stava succedendo con Enrico – avevo davvero bisogno di dirlo a qualcuno. Naturalmente ci appartammo nel salone in cui avevo trascorso tutta la serata del giorno prima, in modo da essere al sicuro dalle orecchie indiscrete degli ospiti e dei parenti della nonna che non avevano cessato un solo momento di fare avanti e indietro.

Così, tra un sorso di thè alla pesca e qualche biscotto, le raccontai gli ultimi aggiornamenti della Questione Enrico. Lei mi ascoltò in silenzio senza mai intervenire, come se volesse entrare a conoscenza di tutto quanto prima di esprimere qualsiasi genere di giudizio. Alla fine poi, con un sospiro, parlò.

“Sarò breve e concisa, Giulia: sai benissimo che a me, Enrico, non piace.” Esordì guardandomi negli occhi, senza tanti giri di parole.

Io annuii, certa che avrebbe detto qualcosa del genere. “Neanche a me, se è per questo.” Replicai, sorseggiando il thè. “È solo che il suo recente comportamento mi ha lasciato piuttosto confusa…”

“Beh, non ti nasconderò che potrei anche pensare che si tratti di una misera mossa per legarti di più a sé, o per intenerirti, o chissà cos’altro…”

“Hai sentito cosa ti ho detto a proposito di sua madre, vero?”

Lei fece un cenno con la mano. “Sì, sì, infatti ho detto potrei.” Ribattè. “Comunque, mi chiedo: perché tirare fuori questa apparente dolcezza solo ora? Voglio dire, avrebbe potuto intuire che se avesse cercato di conquistarti così sin dall’inizio, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ma devo rinfrescarti la memoria? Ti ha rapito, ha picchiato Matteo, ha minacciato di farci del male, e tutto perché tu – in chissà quale remota realtà – avresti potuto non accettare le sue attenzioni. Cosa che, ad ogni modo, mi sembra che tu stia facendo. O no?”

Scrollai le spalle, senza guardarla. “Sì, beh, ci stavo provando, ma poi ha tirato fuori questa storia della tregua e…”

“Lo so, e tu sei troppo presa da quello che è successo per poter riflettere lucidamente sul significato dei suoi gesti.” Ammise, con un tono di voce decisamente più dolce. “Senti, geme, io non posso fare a meno di credere che tutte le sue azioni nascondano un doppio significato. Ed era quello che credevi anche tu, cavolo! Perché adesso sei così titubante? Gli è bastato farti gli occhioni dolci per ammaliarti? Sei troppo tenera col prossimo, lasciatelo dire…”

Accennai un sorriso, mentre annuivo lentamente. “Potrebbe essere…” Mormorai.

Lei continuò imperterrita col suo discorso. “Senza contare, poi, che stiamo pur sempre parlando di un… Come vogliamo chiamarlo? ‘Assassino’ mi sembra troppo forte, ma credo che ‘mafioso’ possa andare.”

“Geme!”

“Lasciami finire!”, mi pregò. “Sì, dicevo, è comunque un delinquente. Anche se adesso può sembrare il ragazzo più dolce della terra, che cosa ti assicura che una volta finito tutto questo non tornerà ad essere l’egoista viziato che conoscevi? Ammesso e non concesso che tu lo conosca davvero, comunque.”

Questa volta spettò a me sospirare – ero costretta a darle ragione. “Dai voce alle mie stesse preoccupazioni, geme, e questo non mi aiuta… Speravo di trovare un parere più netto e deciso.”

La sua mano si posò gentilmente sulla mia spalla, facendomi sollevare lo sguardo per incontrare il suo, scuro come la cioccolata. “Cosa vuoi che ti dica? Di lasciarlo perdere di nuovo? Abbiamo già appurato che questo non funziona. Ma non puoi aspettarti che io ti faccia gettare tra le sue braccia, non dopo tutto quello che ha fatto. Mi dispiace di non poterti essere realmente d’aiuto, ma questo purtroppo è tutto ciò che posso fare.”

Scrollai le spalle con insofferenza, senza sapere che pesci pigliare. Sembrava davvero quella che si diceva impasse… una situazione senza uscita, eh? E io che mi lamentavo di non avere una vita emozionante. Dopo aver fatto sparire l’ennesimo biscotto – se ogni volta che ero così stressata mi veniva da mangiare in quantità industriale, nel giro di poche settimane avrei raggiunto il girovita di una balena – mi rivolsi nuovamente ad Alessandra, questa volta cambiando prudentemente discorso. Ne avevo fin sopra i capelli di quella storia di Enrico.

“E tu, invece, cosa mi racconti? Va tutto bene con Riccardo?” Chiesi, riuscendo a distrarci entrambi. I suoi occhi infatti si illuminarono, e un dolce sorriso apparve sulle sue labbra: ah, quanto la invidiavo… Riccardo almeno non andava in giro a spaventare la gente.

“A gonfie vele, direi! Non avrei mai immaginato che potesse essere così tenero…” Iniziò, partendo subito in quarta con descrizioni dettagliate su quello che facevano e che le diceva – sempre rimanendo nei limiti della decenza, naturalmente: non volevo che mi colpisse una carie improvvisa, e la mia migliore amica tendeva ad essere particolarmente smielata quando si trattava di situazioni di cuore. O perlomeno lo era con le sue. Ad ogni modo, le fui immensamente grata per essere riuscita a strapparmi delle serene risate – per la prima volta dopo troppo tempo, purtroppo; così, almeno per qualche ora riuscii a godermi la vicinanza della mia geme senza pensare quasi per niente ad Enrico.

A lui, invece, fui costretta a pensarci quando, quel pomeriggio, tornammo per la veglia in ospedale. Lui era lì – o meglio, ci raggiunse poco dopo per non sembrare troppo invadente – e rimase accanto a me per tutta la sera, come aveva già fatto il giorno prima. Non fece nulla di riprovevole, a meno che non fosse considerato una trasgressione l’avermi tenuto compagnia come un buon amico.

Ed ecco l’altro problema – spuntavano come funghi, ultimamente! Come diavolo dovevo considerarlo, soprattutto di fronte alla mia famiglia? Ricordo che alcuni dei nostri parenti l’osservarono con occhio critico e sospettoso, evidentemente conoscendo di fama la sua famiglia, ma il fatto che fosse abbigliato decentemente e avesse un atteggiamento elegante ed garbato – oltre a quello che lo presentai come un mio amico – servì a soffocare eventuali domande e commenti imbarazzanti.

In effetti, sembrava essersi voluto dare apposta un aspetto meno inquietante. Indossava lunghi jeans chiari, scarpe da tennis e una camicia nera con le maniche lunghe arrotolate fin sotto i gomiti; non aveva tatuaggi né piercing strani, insomma, aveva proprio le sembianze del bravo ragazzo o del principe azzurro. Ah, non il mio, chiaramente.

Comunque, visto che a dispetto di tutti i più famosi adagi, l’abito faceva il monaco, nessuno avrebbe mai potuto dubitare che sotto quell’apparenza di perfetto ‘fidanzato’ si celasse quella di un altrettando perfetto criminale. E ancora non sapevo se considerarlo come un bene o un male per la mia causa.

 

Poi, il giorno dopo ci fu il funerale.

Probabilmente non era il massimo seguire una funzione di quel genere alle tre del pomeriggio, con il caldo che penetrava fin sotto la pelle e che mi fece rimpiangere sinceramente di aver indossato tutto quel nero e di aver lasciato i capelli sciolti. Il ventaglio purtroppo serviva relativamente.

Malgrado per tutta la messa fossi rimasta accanto alla mia famiglia, seduta tra mia madre e mia sorella, mi accorsi che Enrico non mi aveva lasciata moralmente sola neppure per un istante. Lui era seduto a qualche bancata di distanza, abbastanza lontano da concedermi un po’ di intimità con i miei ma abbastanza vicino da farmi accorgere della sua presenza. C’era anche Alessandra, certo, eppure rammento che fu Enrico quello di cui mi ricordo di più in quell’occasione – forse perché era tutto talmente assurdo…

Una volta che la messa fu terminata, mia nonna con mia madre e gli altri zii si misero vicino per ricevere le condoglianze di rito – perfetti sconosciuti che si mischiavano agli amici più stretti, e che pretendevano di poter condividere il dolore della nostra perdita e di quella, più grave, di mia nonna. Dopo una vita trascorsa insieme al marito, dubitavo che sarebbero bastate quelle gelide condoglianze a tirarle su il morale. Io cercai di rimanere da una parte insieme a mia sorella, come se avessi voluto proteggerla da quella folla a mio avviso indesiderata, ma qualcuno ci raggiunse lo stesso e ci abbracciò, e come se non bastasse noi dovemmo anche sforzare un sorriso di circostanza tra le lacrime, per far vedere che eravamo grate di quella partecipazione.

Ma, grazie a Dio, anche quello strazio terminò presto. Il feretro venne accompagnato all’esterno della chiesa, e dietro la macchina funebre ci accodammo tutti noi – questa volta non avevo voluto lasciare sola mia nonna e mi misi accanto a lei, davanti, insieme a mia madre e ai suoi fratelli. Il caldo era sempre più terribile, e noi eravamo ancora ben lontani dal camposanto.

E potevo chiaramente avvertire la presenza di Enrico a pochi passi dietro di me, così vicino che avrei potuto toccarlo se solo avessi allungato una mano. Ma cercare il suo contatto non era qualcosa che potevo desiderare razionalmente – un conto era stato permettergli di accarezzarmi, la sera prima, in un momento in cui non sarei stata capace di fare nient’altro, ma un altro conto era cercarlo di mia spontanea volontà: il sole non aveva ancora smesso di sorgere, dopotutto, no?

Ripresi coscienza del luogo in cui mi trovavo solo dopo aver raggiunto il camposanto, quando il prete iniziò a recitare le ultime preghiere e a benedire il feretro prima che esso venisse tumulato. Ormai non avevo più lacrime da versare, i miei occhi erano completamente asciutti, e non riuscii a piangere neppure quando la bara venne calata nella buca nel terreno, precedentemente scavata. In mezzo a tutti i miei parenti che continuavano a piangere mi sentii a disagio e, imbarazzata seppur senza alcuna reale ragione, mi spostai da una parte, cercando di allontanarmi da quella calca di gente. Andai a ripararmi sotto un albero, una quercia forse, e da lì rimasi ad osservare la scena da lontano.

Tuttavia, non rimasi sola molto a lungo; qualcuno si accorse della mia sparizione e venne a cercarmi, e quel qualcuno era proprio Enrico – ancora non avevo capito se desideravo vederlo o meno.

Mi raggiunse con passo rapido, come se non avesse fatto altro che aspettare quel momento tutto il tempo, e quando mi fu di fronte lo sentii chiaramente ansimare, seppur leggermente. Decisi tuttavia che doveva essere infastidito da altro, non potevo accettare – questa era la mia ragione che parlava – che fosse sul serio in pena per me. Maledizione, era più forte di me!

Eppure, quando me lo trovai davanti, e i miei occhi incrociarono i suoi, le lacrime che avevo creduto di aver terminato sgorgarono un’ultima volta, facendomi benedire il momento in cui avevo deciso di non truccarmi. Spalancò le braccia, e malgrado l’avessi fissato incredula – i miei occhi stentavano a credere a quel suo gesto – lui non demorse, e dopo aver fatto un altro passo verso di me mi attirò nel suo abbraccio, stringendomi contro il suo petto. Non mi lamentai per il caldo terribile che quella stretta non faceva che acuire, e non cercai neppure di sgridarlo per aver approfittato della mia debolezza in modo così sfacciato. Non lo feci semplicemente perché non lo pensavo. In quel momento ero certa che Enrico volesse solo ed esclusivamente confortarmi, come confermò la sua mano tra i miei capelli e i sussurri con i quali cercava di tranquillizzarmi. Ma io continuavo a piangere, e i singhiozzi mi facevano sussultare come una bambina di cinque anni che non riesce a mantenere il controllo di sé: mi accorsi vagamente di aver accentuato io la stretta, sprofondando sempre di più nel suo abbraccio e aderendo con tutto il corpo al suo.

Non c’era nient’altro da fare, se non rimanere ancora e ancora stretta tra le sue braccia. La sua vicinanza non mi era mai parsa più serena e confortante come in quel momento.

Enrico non cercò di allontanarmi da lui nemmeno quando il caldo si fece intollerante: sembrava che l’unico suo scopo fosse diventato quello di tenermi aggrappata a lui, all’ombra di quella quercia, e di questo non potei che essergliene grata. Alla fine, quando il mio pianto sembrò essersi acquietato e la mia voce sembrò essere tornata, seppur debolmente, non potei fare a meno di mormorare, indistintamente, queste precise parole.

“Grazie… Enrico.”

Ma quella che mi sorprese di più fu la sua breve risposta.

Potrei giurare che abbia sorriso, nel sussurrarmi all’orecchio. “Dovere,” mormorò, teneramente.

Grazie al Cielo non riuscì a vedermi arrossire.


























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AA - Angolo Autrice:
Buonasera! ^^ Da quanto tempo... Praticamente un mese senza aggiornamenti! Mai che riesca a rispettare le scadenze, porca paletta! -.-''
Ma bando alle ciance! O, come dice una mia amica, ciando alle bande! :D Sbaglio o qui abbiamo un piccolo cambiamento della situazione?? Sì, per la vostra gioia  Giulia sta cambiando idea sul nostro bello - ma stronzo - Enrico! Anzi, forse l'ha già cambiata, dai, voglio farvi felici ù.ù Che ne pensate? E comunque siamo un pò lontani dal lieto fine, anche se adesso l'atmosfera tra loro sarà più tranquilla non rilassatevi troppo, perchè devono ancora succederne delle belle. Ma qui taccio perchè non voglio mica svelarvi troppi retroscena, nè ù.ù
And now... Ringraziamenti! *__*
Grazie infinite alle mie preziose Discepole (ormai vi chiamerò così fino alla fine :D) che continuano a seguirmi malgrado gli aggiornamenti centellinati goccia a goccia! In particolare un grazie speciale a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, e cioè prettyvitto, Aly in Wonderland, roxb, Eky_87, irene862, Rosella, Alebluerose91, SenzaFiato, Valentina78, Elly4ever e Ada Wong - vi ringrazio tantissimo per le splendide recensioni e per i complimenti che costantemente fate alla mia storia e a me, sono sempre molto felice ed emozionata quando li leggo, davvero, continuate così! ^^ Inoltre voglio dare il benvenuto a tutte le nuove arrivate, spero che questa storia continui a piacervi fino alla fine e che riusciate ad affezionarvi ai personaggi almeno quasi quanto li amo io! *__*
Grazie ancora alle 115 che hanno raggiunto la storia alle Preferite, e grazie alle 181 che l'hanno inserita tra le Seguite: oh, come farei senza di voi? ;)
Ora vi saluto, fatemi sapere cosa ne pensate di quest'altro capitolo! ^^
Un bacione, ci sentiamo al prossimo chapter - in tempi, se non proprio brevi, almeno accettabili... Spero ç__ç (a tal proposito vi invito a non demordere, il 15 ho il test d'ingresso per l'università e dovrei anche studiare, perciò se tardo sapete il motivo :p) Bye bye, a presto!
Ancora grazie mille e tanti baci! =*
La vostra
GiulyRedRose

   
 
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