- Ma Ciau Gente!
- Dopo più di quindici giorni di vacanza, eccomi qui con un nuovo capitolo.
- Devo dire che sono stata super-iper-felicissima quando ho letto le vostre 9 recensioni *-* GRAZIE INFINITE!! Dio, ho gongolato come una matta XD Ero lì, tutta in fibrillazione, con gli occhi fuori dalle orbite. Davvero, sono stata IMMENSAMENTE felice.
- Penso che questo sia il più lungo che io abbia mai scritto, ma non ne sono sicura ^//^ Siamo arrivati a quel "<< e se ti baciassi? >>" di Adam... Natalie, bah, chissà.
- Come
promesso, poi, è tornata la nostra piccola Kate! Non potevo non
metterla, la cucciola. ^^ E c'è una new entry, in questo capy, anche se
non proprio così "new". L'ho già nominato, nel capitolo due, questo
personaggio.
- Ah, chiedo scusa in anticipo se non risponderò alle recensione in questo capitolo, ma è proprio una toccata e fuga. Sono di corsa, SCUSATE! Risponderò, se ci saranno, ai commenti nel prossimo capitolo.
- Vi mando un bacio a tutti, ciau!
- PS: vorrei dedicare questo capitolo a Fede, Ele e Sofia. Mi devo far perdonare, in un modo o nell'altro, no?
- PPS: buona lettura!
- Capitolo 6- che
mondo di matti
- - e se ti baciassi?-
- Inevitabilmente, mi si
mozzò il fiato, mentre il
sangue affiorava abbondantemente sulle mie gote. Non sapevo cosa fosse
a
rendermi più nervosa tra la sua impossibile richiesta e il suo sguardo
serio e convinto. Forse si parlava di pari meriti tra le due.
- Adam si alzò
lentamente, sporgendosi più verso il mio
viso. I suoi occhi verdi erano più profondi del solito, due smeraldi
luminosi,
ed era piacevole perdersi in essi. Se fossi stata nelle mie piene
facoltà
mentali, se non m’avessero imbottita di farmaci, se non fossi stata ad
un passo
dal baciarlo, mi sarei insultata per il mio pensiero. Peccato non fossi
lucida,
in quel momento.
- - sei così coraggioso
da dettare la tua pena da solo?
- feci, con una punta d ironia per mascherare il panico. Lui sorrise
malizioso,
più o meno a due centimetri dalle mie labbra. - non hai detto no. Chi
tace acconsente - Arrossii ancora di più, sempre se fosse possibile.
Deglutii a
vuoto, con la gola secca e il cuore scalpitante nel petto.
- - beh, il sarcasmo
dovrebbe farti capire che sono
restia... - alitai, incapace di usare un tono più alto di voce per
mancanza
d’aria. A quell’infima distanza, fu inevitabile sentire il suo
invitante
profumo. Non era dopobarba, no; doveva essere il suo profumo naturale,
era
troppo particolare e buono per essere fatto artificialmente. Sorrise
appena, ma
non più in modo malizioso. I suoi occhi ardevano, e s’alternavano dalle
mie
labbra ai miei occhi. La sua mano mi accarezzò una guancia,
delicatamente,
mentre le sue labbra si avvicinavano pericolosamente alle mie.
Trattenni il
respiro, attendendo quel momento. Stranamente, non vedevo l’ora che
succedesse.
- Lui è Brown,
Natalie, ricorda la sua fama da
puttaniere. Dopo questo bacio, si vanterà solo di aver baciato la
ragazza che
l’odiava di più al mondo.
- La mia coscienza mi
fece tornare più padrona di me
stessa. Per mezzo secondo, solo per mezzo secondo, pensai di
mandare a
quel paese la mia vocina interiore e baciarlo. Per fortuna, ero una
ragazza con
sani principi morali, che sapeva ciò che voleva. Appena un istante
prima che
appoggiasse le labbra sulle mie, le mie mani andarono al suo petto e lo
spinsero
via. Lui mi guardò accigliato, quasi deluso. - perché?
-
- - perché per te un
bacio non vuol dire ciò che per me
vale. Io non sono una di quelle troie che ti vengono dietro, non sono
un trofeo
di cui puoi vantarti. - mormorai, abbassando lo sguardo sulle mie mani,
ancora
appoggiate a lui.
- Mi guardò
intensamente, a pochi centimetri ancora dal
mio viso, indeciso su cosa dire. Quando finalmente stava per parlare,
la porta
della stanza si spalancò, e Kate fece il suo ingresso trionfalmente
rumoroso.
Adam s’allontanò immediatamente, risedendosi di scatto sulla sedia.
Kate saltò
sul mio letto, sorridendo allegra. - cosa stavate facendo, furbetti? -
domandò,
ridacchiando.
- - niente, piccola! -
- - Addy, sh! - zittì la
piccola, per poi rivolgere
l’attenzione esclusivamente alla sottoscritta. - Nat, ora come stai? -
squittì
poi, preoccupata. Le sorrisi dolcemente, accarezzandole i riccioli
dorati.
- - bene, ora. Stai
tranquilla, potrò tornare ancora a
casa tua per giocare. - Lei esultò, per poi ridere con me. In quel
momento,
scorsi un sorrisino sulle labbra di Adam, ma morì subito dopo.
Entrarono anche i coniugi Brown - e Bryan- nella stanza, per informarsi della mia salute, e si stupirono di trovare il figlio lì. Emma e Seth mi riempirono d'attenzioni e di domande, e io cercavo di convincerli che stessi bene. Kate intanto, mi continuava a raccontare delle sue innocenti avventure, mentre il fratello maggiore ci prendeva in giro dicendo che eravamo due pettegole. Adam se ne stava silenzioso in un angolo, e benché cercassi di non guardarlo, a volte l'occhiata scappava, e lo trovavo sempre ad osservarmi. Aveva un'espressione strana, seria, quasi malinconica.
Scossi la testa, scacciando il pensiero, e tornai a sorridere, per due pazzi accanto a me. - - Beh, è ora di
andare... - Annunciò Seth, dopo aver
guardato fugacemente l’orologio. Kate cominciò a lamentarsi, dicendo
che erano
stati troppo poco con me. Io, dal mio canto, ridevo allegramente.
- - Eddai, ma’! Ancora
cinque minuti! E’ da un secolo
che non sto con lei! - si lagnò anche Bryan.
- - per forza –
constatai- sei sempre con Rose! - e giù
altre risate, mentre lui arrossiva e metteva su un tenero broncio.
- - forza, ciurma! -
incitò la signora Brown, chinandosi
su di me per darmi un bacio sulla fronte: - riprenditi presto, cara. Ti
aspettiamo - fece amorevole. Annuii, poi tornò in posizione eretta e
marciò fino alla porta.
- ciao piccola - salutò Bryan, appoggiandomi una mano sulla testa e scompigliandomi i capelli con fare dolce. La mia occhiataccia fu eloquente, e lui rise fragorosamente. Poi gli sorrisi, grata. - grazie di essere venuti. Mi ha fatto piacere. -
- ciao Nat!! - trillò Kate, sporgendosi per darmi un bacio sulla guancia. Io ridacchiai: - ciao patata. - dissi intenerita. Seth mi sorrise e mi augurò di rimettermi presto. La famiglia Brown uscì, tutti a parte uno. Mi fece il suo classico sorriso sghembo, quello malizioso e ammaliante al contempo. Poi se ne uscì, richiudendosi la porta alle spalle. - Certo che chi lo
capiva, era davvero bravo.
- Insomma, un momento
prima mi guardava come un
cagnolino bastonato in cerca di affetto; un momento dopo, ecco
rispuntare quel
cavolo di sorrisino. Mi faceva venire il mal di testa...
- Portai il naso
all’insù, con uno sbuffo, guardando il
soffitto bianco di quella stanza d’ospedale. Ma in realtà non vedevo
niente,
troppo presa dal ricordo di pochi istanti prima, a quando Adam si era
sporto
per baciarmi. Come in quel momento, sentii il battito del mio cuore
accelerare.
Era incredibile che io desiderassi posare le mie labbra sulle
sue.
- Appoggiai una mano
sulla fronte, frustrata. Non andava
bene, così.
- - Signorina Smith. -
mi chiamò il medico, entrando
nella stanza,- è ora di dimetterla. -
- Annuii solo, incapace
ancora di parlare. Se avessi
tentato, mi sarebbe uscito un verso strozzato. Avevo ancora la gola
secca, e
tanto caldo. Probabilmente, ero arrossita.
- ...
- Entrai in casa mia, e
sospirai di sollievo.
- La prima cosa che
volevo fare, era lavarmi. Magari, mi
sarei immersa nella vasca da bagno per rilassare i nervi, che in quel
momento
erano decisamente troppo tesi.
- - Nat - Rose mi guardò attentamente -
poi dobbiamo fare un discorsetto, io e te. -
- Non risposi, e andai
in bagno. Feci riempire la vasca
con l’acqua calda, e con calma mi lavai. Rimasi una buona mezzora
dentro, e mi
servì davvero, per stemperare la tensione. Mi misi in pigiama, dopo
essermi
asciugata, poi andai in camera mia. Ad attendermi, c’era mia sorella,
seduta
sul mio letto. Mi guardava in modo strano, quasi crucciata. Picchiettò
il mio
materasso, come invito a raggiungerla. Mi avvicinai e mi accomodai sul
letto a
gambe incrociate.
- - Natalie Smith, sii sincera con me:
c’è qualcosa che non va –
- - non è vero, Rose, è
tutto okay- mentii.
- - a me non sembra,
sorellina: da quando sei rientrata,
mi sembri una mummia. – sbottò, esasperata – e ti conosco abbastanza
bene, da
dire che mi stai mentendo. – Sospirai, alzando gli occhi al cielo. Ci
fu
qualche istante di silenzio, in cui trovai molto interessanti le mie
mani. Poi
decisi di essere quasi sincera con lei.
- - hai ragione...
Qualcosa c’è. Hai presente il tipo
che mi ha tenuto la mano mentre ero all’ospedale? – Lei annuì, e io
proseguii.
- - ecco, vedi... Sembra
che io a lui piaccia. Insiste
con i messaggi, e mentre ero convalescente, si è dimostrato molto
dolce. –
- - e con ciò? Non vedo
quale sia il problema. – fece,
confusa.
- - è il migliore amico
di Adam – spiegai, con
un’eloquente aria cupa. Un sorrisino spuntò sulle labbra di Rosalie,
che mi
scrutò attentamente, come a leggermi dentro.
- - sei sicura che sia
questo il problema? – inquisì,
con una certa aria da ispettore di polizia. Metteva, esattamente come
quell’individuo, soggezione. Gli occhi seri e attenti, le sopracciglia
leggermente aggrottate; mi mancava solo la lampada puntata addosso.
- Era la prima volta che
ero imbarazzata, parlando con
lei. Era la mia confidente, di solito, e provavo sollievo a sfogarmi.
Quella
volta no, invece. Era come se fosse una confessione troppo difficile, e
non
volevo renderla partecipe perché me ne vergognavo. Per questo motivo,
mi
scervellavo per trovare una scusa.
- - Sì, non mi metterei
mai con il suo migliore amico. -
- - Non capisco perché
tu ti faccia queste paranoie. Non
è che, magari, non vuoi metterti con quel tipo, solo perché
pensi
darebbe fastidio a Adam? – farneticò, con aria vaga, gesticolando
teatralmente. Mannaggia a mia sorella e al suo fiuto!
- - Assolutamente! –
sbottai, scioccata. – Ma ti si è
fuso il cervello? –
- - Be’, tutto può
essere. – disse, come se fosse ovvio,
- e poi, tu sei il tipo da inventarti scuse simili per non ammettere a
te
stessa la cosa più semplice – Si alzò, scompigliandomi i capelli, con
un’aria
soddisfatta.
- - Prego? Non credo di
aver ben capito –
- - Oh, sorellina:
sei più cieca di me... –
borbottò tra sé, pensierosa, poi mi sorrise, - capirai col tempo, Nat.
Ripassa
bene, che domani hai scuola, eh! – raccomandò, scappando dalla mia
stanza. A
cos’è che l’avevo paragonata? A un sudoku? Be’, mi dovevo correggere;
in
confronto, quel gioco matematico era una bazzecola!
- ***
- -Beota che non sei
altro! Sei uno scarafaggio, una
scoria tossica, un calzino sporco e puzzolente! Sei... una carogna
putrescente!
Ma cos’hai in quella zucca vuota, sterco di mucca? – Sbraitai con tutto
il
fiato che avevo in corpo. Indovinate a indirizzo di chi...?
- - Prego? – Brown
assunse un’aria confusa, falsa come
Giuda, per giunta. Se non l’avesse piantata, uno schiaffo non
gliel’avrei di
sicuro risparmiato. – Cos’avrei fatto, adesso, per scatenare la tua
furia? –
domandò, esasperato.
- Ma mi credeva
un’idiota? – Togli
quell’aria da finto tonto, bello, so che sei stato tu a incollare
i libri e l’astuccio al banco. Ma dico io, il mezzo neurone che
possedevi è
morto di solitudine?! – ululai, trucidandolo con lo sguardo. Lo
sospettavo io,
che stava architettando una vendetta: ho sempre ragione. Era
da tempo,
che se ne stava buono buono, senza combinar nulla.
- - Ma cosa cazzo stai
dicendo? – Alzò la voce, - ti sei
fumata qualcosa? -
- A quel punto, pensai
davvero di farlo fuori. Probabile
mi uscisse del fumo dalle orecchie, tanto ero arrabbiata. Dovevo essere
buffa
agli occhi di quell’idiota; anche se continuava la sceneggiata da
innocentino,
sentivo che sotto quella facciata, stesse godendo come un matto. Mi
prudevano
le mani, dovevo spaccargli la faccia: ’ennesimo pugno, magari, avrebbe
potuto
far funzionare qualche rotella, nel suo microscopico encefalo. Ma forse
pretendevo troppo, da quell’essere unicellulare che era.
- Cercai di riprendere
controllo di me stessa,
respirando profondamente. Okay, questa volta mi sarei davvero iscritta
ad un corso di yoga.
- - Tu, razza di
imbecille, ORA mi stacchi le cose dal
banco, possibilmente senza rovinare nulla, e... –
- - Cosa succede qui? –
domandò Jim, rientrando in
classe, nonostante le lezioni fossero già finite, - non arrivavate più,
quindi
ho pensato di controllare. –
- - Niente di che,
amico. – minimizzò Brown, - la Smith
mi sbraita contro, come al solito. Solo che questa volta, IO NON
C’ENTRO – mi
sfidò con lo sguardo. Il resto della combriccola sghignazzava, alle sue
spalle.
Jim, però, non era dello stesso umore dei ragazzi. Marciò fino a me,
ancora
furente, e vide i segni evidenti dell’Attack sul tavolo, che incollava
il
quaderno di storia e il portapenne.
- - ma dico io, siete
rimbecilliti? – sibilò, guardando
male gli amici. Loro in risposta strabuzzarono gli occhi, Adam per
primo. – Vi
sembra simpatico?-
- - Jim, che ti prende?
Pensi che sia colpa mia? Ripeto:
non c’entro in questa pagliacciata! – fece Brown, accigliato. Jim mi
guardò in
modo strano, poi ritornò con l’attenzione al gruppo di fronte a noi. –
Il primo
che osa di nuovo fare qualche scherzo a Natalie, giuro, lo spezzo
in due.
– sillabò, minaccioso. Lo stupore era generale, e nella totalità ero
compresa
io.
- - Jim – Adam lo guardò
intensamente negli occhi, con
una nota di rancore, - sei stato tu? – il ragazzo al mio fianco
si
lasciò scappare una risatina nervosa.
- - no di certo – fece –
non mi permetterei di farle
qualcosa. -
- Il gruppo di Adam
sgattaiolò fuori dall’aula, e
rimanemmo io, Mr Perversione e Jim. Quest’ultimo mi aveva davvero
colpita,
positivamente colpita. Non come l’altro, che con quella faccia da
vittima, mi
faceva solo più infuriare.
- - Posso sapere solo
una cosa? – domandò Adam, serio.
- - tutto quello che
vuoi –
- - state insieme, ora?-
Mi parve più un’accusa, che una
curiosità. Gli occhi smeraldini di Adam, in quel momento, mi parvero
più belli-
sarà che l’aria da maturo gli conferiva fascino- e il verde dei suoi
occhi era
fuso nelle iridi, dandogli una luce diversa.
- Jim mi guardò, e
accennò appena un sorriso: - per il
momento no, ma spero di avere una speranza – L’allusione mi fece
rabbrividire.
Non ero ancora psicologicamente pronta a scoprire che veramente quel
tipo aveva
un debole per me. Dovevo metabolizzare – o perlomeno provarci – il
tutto, così
il colpo non sarebbe stato così duro, in futuro.
- - Bene, okay. – Adam
girò sui tacchi, e cercando di
esser disinvolto, camminò fino alla porta, per poi oltrepassarla. Mi
chiesi
perché s’interessasse tanto: cos’è, non voleva che il suo amico si
mettesse con
la ragazza che odiava? O non voleva che Jim gli rubasse il titolo da
playboy
completo, conquistando – se ci fosse riuscito- l’unica ragazza non
cascata nel
loro tranello? Be’, Adam ne era capace.
- Jim si grattò la nuca,
imbarazzato, poi analizzò la
situazione del mio materiale. Alla fine, Brown non aveva pagato; se
l’era
svignata, quella testa di carciofo. Scossi la testa, con un sospiro,
mentre Jim
aveva già provveduto a staccarmi l’astuccio dal ripiano.
- - purtroppo – esalò,
mentre attentamente cercava di
non rovinare ulteriormente il libro, - Penso rimarranno un po’ segnati.
Magari
l’astuccio, lavandolo, potrebbe tornare come nuovo. – Annuii, ma non mi
concessi nulla di più. Questa situazione era tremendamente
imbarazzante.
- -Ah, Natalie, volevo
dirti che.. sì, insomma, Ad non
ti darà più fastidio, d’ora in poi. -
- - grazie. – mormorai,
mentre mi restituiva le cose. Le
riposi nello zaino e richiusi la zip, mettendolo in spalla. Jim mi
seguì,
mentre uscivo dall’aula e percorrevo i corridoi ormai vuoti
dell’edificio. Il
silenzio era pesante, si sentiva solo il nostro ciabattare sul
pavimento.
Uscimmo dal liceo, e una ventata d’aria gelida m’investì, facendomi
rabbrividire. Guardai il cielo scuro, fitto di nubi minacciose; che
bello,
stava per piovere. A quella prospettiva, m’imbronciai. Non vedevo l’ora
che
arrivasse la primavera.
- Attraversai lo spiazzo
del parcheggio, preparandomi ad
un piacevole tragitto silenzioso. Invece, i passi di Jim continuavano
dietro di
me a trascinarsi. Di solito, come compagnia, avevo quella di Brown, il
cui
passo era più felpato di quello di Jim, e sicuramente meno fastidioso.
Era
snervante che Kim non alzasse i piedi, e che li strisciasse
sull’asfalto
rovinato. Fu un bravo accompagnatore, fin quando non aprì bocca.
- - Allora..come va? –
domandò, cercando di attaccar
bottone.
- - Divinamente. –
borbottai, senza troppo entusiasmo.
- - Chissà perché, ho la
sensazione di non piacerti
granché. – dedusse, con un sorriso.
- - Oh, come sei acuto –
Rise senza trattenersi,
sguaiato, neanche avessi fatto quale battuta. Era una sensazione che
permaneva,
quel tipo non doveva essere molto a posto, lo sentivo. Anche se mi
aveva
aiutato con Brown, non era entrato ancora nelle mie grazie. Senza
contare che
aveva esplicitamente chiesto, per di più davanti all’amico, una chance
da parte
mia. Rabbrividii al pensiero.
- - Davvero, Natalie, mi
chiedo perché Adam ce l’abbia
tanto con te. Forse... – lasciò la frase in sospeso, attirando la mia
attenzione. La curiosità era il mio peggior difetto, e il mio punto
debole,
soprattutto.
- - Forse? – incitai.
- - Be’, sei simpatica e
carina, – okay, sorvoliamo
sul commento – questo magari lo mette in difficoltà. Adam odia
mostrarsi
debole. – uhm. Questa storia del mostrarsi debole e che io gli
rendessi
la vita difficile, mi piaceva più del dovuto. Non avevo mai pensato a
questa
possibilità, ma soppesando, Jim avrebbe potuto aver ragione. Avrebbe
potuto.
- - io non ne sono
troppo sicura – pensai poi ad alta
voce – magari, proprio non gli vado a genio. - Il che, era la cosa più
probabile.
- – comunque,
smettiamola di parlare di lui; insomma,
quel tipo è un discorso fisso. Basta. – feci, con una nota di
esasperazione.
Non esisteva solo lui, Brown non era il centro dell’universo.
- - sembra che proprio
non lo tolleri –
- - è così. – Affermai.
– Ma Jim, tu non mi sembri così
mostruoso, non quanto quell’altro almeno. Non sei male, eppure continui
a
seguirlo come se fosse il boss. Perché lo fai? E.. cosa trovi,
nell’imitare i
suoi comportamenti irrispettosi, o menefreghisti, con le ragazze? –
- Lui tentennò.
- - Vedi, se non vuoi
essere lo sfigato di turno, devi
essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal
genere
femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili
fanno solo
d’esempio, alla sua teoria.-
- - Insomma, stai con
lui per non essere preso in giro,
e ti comporti da gigolo per...compiacerti, o per far vedere che anche
tu,
quello che vuoi, puoi? –
- - Non lo so,
veramente. Comunque, ormai siamo
arrivati. Buona giornata, Natalie. A domani. – Jim prese la strada del
ritorno,
dopo avermi scortata fino al cancello di casa mia. Mi aveva lasciata
con un
enorme punto di domanda, ma con anche delle risposte.
- Tutte le idee su Adam
che mi ero fatta, comunque,
rispecchiavano la descrizione di Jim, che era suo amico.
- Non era una bella
persona, e io che lo trovavo pure
quasi simpatico!
- Entrai in casa, dove
mamma mi accolse con un gran
sorriso.
- Ricambiai il saluto,
poi mi congedai in camera mia.
Sul mio comodino, il cellulare suonava e vibrava, e mi catapultai per
rispondere alla telefonata.
- - pronto? –
- -ciao Nat! – la
voce di mia sorella Melanie mi
giunse come un chiodo nel timpano, tanto era acuta.
- - ciao, Mel! –
nonostante tutto, ero felice di
sentirla. Una volta tanto, capitava si ricordasse di avere una famiglia
che
teneva a lei.
- - come stai? Ho
sentito dell’incidente.. Sono stata
molto in pena. –
- - oh, tutto bene,
tranquilla. Sono una ragazza tosta!
– esclamai, e ridacchiammo entrambi. – Paris com’è? – domandai poi.
- - magica, come
sempre. Devo ammettere, però, che
casa mi manca. – commentò, con un po’ di malinconia che traspariva
nella
voce.
- - a noi manchi tu.-
- - Uffi, almeno non
fossimo così distanti.. Nat,
mica hai la webcam? –
- - sì, perché? –
- - Potremmo
vederci, d’ora in avanti. Sono riuscita
a comprarmi un pc con quella integrata, quindi siamo a posto!-
- Ci raccontammo altre
belle cose, chiacchierammo per
una buona mezz’ora, a carico del mittente, ovvio, poi ci salutammo. La
sera,
avevamo programmato di sentirci e di vederci con la web.
- Recuperai i libri
dallo zaino, e seduta comodamente
sul letto, con le cuffie dell’Ipod, feci con scrupolo gli esercizi di
matematica. Passai poi alla relazione d’italiano, concludendo, infine,
con la
lezione di storia. Soddisfatta, decisi si mettermi un po’ al PC. Non
ero
informatissima, sui social network, nonostante ciò, ero iscritta a
qualche sito
per chattare – mi avevano convinta le mie amiche, nella speranza di non
far
fuori una ricarica del cellulare ogni giorno. Dicevo, comunque, che
appunto mi
ero scaricata MSN. Il classico, tutti i ragazzi l’avevano, o la maggior
parte,
perlomeno. Di contatti ne avevo sì e no dieci, tra qui quello delle mie
sorelle
– salvo viaggi a tempo indeterminato lontane da casa, come Mel, che
però non
era mai in linea-, le mie amiche, e qualche compagna di classe. La
finestrella
della chat si aprì, e scoprii, con enorme sorpresa, che si trattava di
Jim.
- Messaggiammo un po’,
poi io staccai. Annunciai a mamma
che uscivo, e mi diressi alla palestra più vicina a casa. Quando avevo
detto
del corso di yoga, non stavo scherzando. Volevo iscrivermi davvero,
cimentarmi
in un’attività che avrebbe pure giovato al mio carattere impulsivo.
Entrai nel
centro, e dalla scrivania di una specie di segreteria, potevo vedere le
varie
persone allenarsi in sport di vario genere. L’addetta alle iscrizioni,
in quel
momento non era presente, perciò ne approfittai per curiosare in giro.
Tra
tutte le persone, solo una mi era saltata all’occhio; Adam fendeva
l’aria con
pugni ben assestati, precisi, sicuramente letali. La sua espressione
era
concentrata, seria, i suoi occhi attenti, determinati. Calciò in
avanti,
ruotando il busto, e notai che indossava un kimono da karate. La
cintura,
addirittura, era blu. Chissà da quanto tempo lo praticava, questo
sport, per
essere a quel punto. A quanto ricordavo, c’era ancora la cintura
marrone da
conquistare, e poi la famosa nera, ovviamente.
- In tutto il tempo che
lo conoscevo – si fa per dire-
non avevo mai scoperto che facesse karate. Di sicuro, mettersi contro
di lui,
non sarebbe stata una grande idea. A quel che pareva, era molto in
gamba.
- Adam smise di fare
l’allenamento, e si spostò su un
tappetino, di fronte a un altro ragazzo- cintura nera. Poteva essere il
maestro. Fecero il solito gesto antecedente l’incontro,come saluto, poi
esso
cominciò. Il ragazzo era spietato, colpiva Adam senza farsi scrupoli.
Lui
bloccava i colpi, e a sua volta, attaccava. Era incredibilmente
affascinante,
il modo in cui lottavano; peccato che fossi qui per controllare la
rabbia, e
non sfogarla, altrimenti ci avrei fatto un pensierino.
- - Signorina, le serve
qualcosa? – mi voltai di scatto
verso la segretaria, e arrossii, imbarazzata.
- - sì, mi chiedevo se
qui ci fosse un corso di yoga,
dove potermi iscrivere. –
- - è fortunata –
sorrise estaticamente – il corso lo
tengo io, comincerà la settimana prossima, martedì. Il primo incontro è
gratis,
una specie di prova. Se poi le piacerà, potrà iscriversi.- Annuii,
sorridendo
appena, e ringraziai. Uscii dalla palestra e corsi a casa, dove trovai
Emma e
mia madre parlare amabilmente. Salutai, poi chiesi di Kate, non
vedendola. La
bambina, a quel che sentii, frequentava un corso di danza classica, e
ne era
entusiasta. Al primo saggio che avrebbe fatto, io sarei stata in prima
fila, a
darle il mio sostegno. Stetti un po’ con le due madri, poi mi congedai
in
camera mia. I compiti li avevo finiti, perciò non avevo nessun dovere,
e decisi
di mettermi ancora al PC. Quando Msn si attivò, mi tolsi subito; non
volevo
altri impicci con Jim. Per quel giorno, gli avevo parlato fin troppo.
-
- Quella sera, dopo
cena, Melanie mantenne la parola. In
video, notai quanto fosse cambiata, dall’ultima volta che ci eravamo
viste.
Superfluo dire che mia madre era assolutamente e fastidiosamente
pendente dalle
labbra di mia sorella. Ma la sua preferenza, comunque, emergeva sempre.
Rose e
io ci lanciammo un’occhiata complice, mentre mio padre sbadigliava
sonoramente.
Un’ora e mezzo al computer a parlare con Mel; be’, le uniche che
ciarlavano
erano la francesina e Emily. Mio papà si era limitato ad un ‘come va?’
all’inizio, poi era rimasto a far presenza accanto alla mamma. Ma dopo
tutto
quel tempo, anche lui ostentava la noia. Alla fine, fu Mel a
riattaccare, e in
tre sospirammo di sollievo. Mamma, invece, pareva insoddisfatta.
- - oh, mi manca
tanto..- lagnò, afflitta.
- - manca anche a noi –
cantilenammo io, Rose e papà
all’unisono, con una leggera nota di esasperazione nel tono di
voce. Mi
rinchiusi in camera mia, e mi buttai sul letto, facendo sprofondare la
testa
nel cuscino. Sospirai, poi mi misi in pigiama e cercai di
addormentarmi. Mi
riusciva difficile, e mi ritrovai a rimuginare sulle parole di Jim.
- Vedi, se non vuoi
essere lo sfigato di turno, devi
essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal
genere
femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili
fanno solo
d’esempio, alla sua teoria.
- Mi misi a pancia in
su, guardando il soffitto nella
penombra.
- Magari, Adam si
comportava male con me perché non ero una
‘facile’, al contrario delle mie compagne, e questo lo metteva in
difficoltà.
Il suo ego si smontava, quando gli tenevo testa? Bene, ne ero
compiaciuta.
- E chissà come si era
sentito, quando l’avevo respinto.
Ben gli stava, così imparava a trattarmi come una delle tante. Io non
lo ero, e
non lo sarei mai stata. A parte che Adam non sarebbe mai piaciuto alla
sottoscritta, quindi cadere ai suoi piedi, era pressoché impossibile.
Avevo
sani principi, io; di sale in zucca, ne potevo anche vendere alle
svergognate
della mia scuola, che lo veneravano manco fosse un Dio. E questo, per
altro, lo
rendeva ancora più superbo.
- Eppure, sotto sotto,
avevo il dubbio di star
sbagliando. Mi contraddicevo; una parte – microscopica- di me, nascosta
nel
profondo, diceva che Brown non era così male. Era quella Natalie che
aveva
visto Adam sorridere in modo diverso, quello che giocava amabilmente
con la
sorellina, che era stato gentile e premuroso. Ecco, sarebbe stato
meglio non
averlo mai visto, quel lato di lui.
- Nell’arco di poco
tempo, avevo cambiato troppo pareri,
sul suo conto.
- Prima, era stronzo,
antipatico e subdolo;
- poi, dolce, protettivo
e un buon fratello;
- eravamo passati poi
alla fase quasi-simpatico ma
approfittatore;
- ed ora, ero giunta
alla conclusione che non sapevo più
cosa pensare di lui. Insomma, com’era veramente?
- --
- - forza ragazzi,
consegnate. – annunciò la prof,
mentre si alzava per ritirare i compiti. Mi stiracchiai, posando la
penna sul
banco, sospirando. Bene, pensai, è stato facile. Avevo
studiato
bene per quel test, e anche se anche la notte avevo dormito poco (causa
pensieri molesti), ero sicura di aver fatto un buon lavoro. Appena la
prof
prese il mio foglio, l’ultimo di tutti in quanto ero finita in fondo
alla
classe, la campanella dell’intervallo suonò. Quando io e Kim ci
alzammo, tutti
i compagni erano già fuori. Una affianco all’altra uscimmo in
corridoio,
unendoci, a nostra volta, al chiacchiericcio piacevole che c’era per
tutta la
pausa. Kim smise improvvisamente di parlare, e il suo sguardo vagò
verso
l’alto. Confusa, mi voltai, trovandomi a pochissima distanza da Jim. Il
ragazzo
sorrideva raggiante. Stava diventando un po’ troppo stressante.
Sembrava
diventato la mia ombra; aveva smesso con i messaggi, ora pretendeva
indurre una
conversazione di persona.
- - ciao Natalie –
salutò, con un po’ troppa enfasi.
- - Jim – risposi solo,
al contrario con un po’ troppo
di flemma.
- - Come stai?- domandò,
e quel sorriso entusiastico non
accennava a scomparire.
- - Come stavo ieri a
quest’ora.-
- - Oh, andiamo, perché
sei sempre così distante? Non
eravamo diventati amici?-
- Amici...Uè, stai
calmino, non esageriamo!
- - E da quando?- eccole
lì, Susan e Megan comparvero
alle spalle di Jim, con un’aria sospettosa che la diceva lunga. – è una
novità.
–
- - Da quando ho aiutato
Natalie per un dispetto di
Adam. – Le ragazze annuirono, assorte; Kim non mi sembrava convinta
dall’affermazione di Jim.
- Il ragazzo stette con
noi tutto l’intervallo, cercando
di attaccar bottone. Io, oltre che imbarazzata, ero pure scocciata. Le
ragazze
presenti continuavano a fissarci insistentemente, o meglio, ero vittima
delle
loro occhiate di fuoco. Be’, se gli sguardi potevano uccidere,
potevo già
dirmi nella tomba. In più, che faceva parte del mio funclub,
c’era
pure Brown, a insultarmi con il suo sguardo smeraldino. Fortuna che la
campanella suonò, e rientrammo in classe. Purtroppo, avevo dimenticato
una
cosuccia, all’apparenza insignificante: c’era l’ora di ginnastica, e
dovevo
ammetterlo, avevo paura di entrare nello spogliatoio con quelle quattro
galline
con la luna storta.
- - E così- esordì una
tipa di nome Samantha, la ‘capa’
delle ochette, quando fummo dentro alla stanzetta, - tra te e Jim c’è
del
tenero? –
- - Certo che no! –
chiarii subito, allibita solo dal
fatto che l’avesse pensato.
- - Eppure, sembra molto
preso da te – mio Dio, se ci
arriva una come lei..
- - Vuole essere mio
amico; - chiarii, con un’alzata di
spalle, - non ci sta riuscendo molto bene. – Le ochette scoppiarono a
ridere, e
Kim mi lanciò un’occhiata perplessa quanto era la mia faccia. Avevano
qualche
problema, quelle ragazze. E la loro mancanza mentale, spiegava anche il
perché
seguissero come pecore bacate quel rifiuto urbano. Nuovo
soprannome, carino
vero? In quei momenti, se pensavo a Brown, mi accoglieva l’infausta
immagine della mia pattumiera. Non l’avevo mai notato, ma
s’assomigliavano
incredibilmente.
- - Che avete da ridere?
– domandò la mia amica, alzando
un sopracciglio; era lo scetticismo fatta persona.
- - E’ geneticamente – Oh
my goodness, aveva pronunciato
sul serio quella parola? Sacrebleu! – impossibile, che Jim Wilson
sia AMICO
con una ragazza. –
- - Perché? – Altre
risatine, che mi facevano venire il
desiderio di prenderle a sberle. Razza di cretine.
- - Perché lui è Jim
Wilson. – ecco un’intelligentissima
risposta, degna di essere ricordata nei libri di storia.
- - Eh, sì, ora capisco
tutto – feci, ironica. Il mio
sarcasmo l’avrebbe intuito anche un bimbo di cinque anni ( Kate si
destreggiava
sapientemente, in quel campo ), eppure, loro annuirono, come se davvero
quell’affermazione dicesse tutto.
- - E poi, sinceramente,
chi vorrebbe essere solo sua
amica? Se non c’è Adam, Jim è il miglior partito. – E lì, le ragazze si
buttarono a capofitto in una discussione su quanto bello fosse Mister
Perversione, quel giorno. Ma io mi dicevo, diamine, era così tutti
i giorni!
Perché puntualmente, ogni santo momento, dovevano venerarlo, e
soprattutto, in
mia presenza? Non cambiava poi tanto, tra un minuto e l’altro!
- Quelle ragazze erano
una causa persa, ormai. I loro
cervellini erano in pensione dall’età di tredici anni, quando per la
prima
volta avevano posato lo sguardo su un ragazzo. Quelle della mia città,
in
particolare, su UN ragazzo. Ovvero, il mio vicino di casa.
- Scossi la testa, e non
persi tempo a cambiarmi,
seguita immediatamente da Kim. Fummo le prime, come sempre, a entrare
in
palestra. I ragazzi erano lì da un pezzo, e giocavano a calcio; come
dubitarne.. Brown doveva essere un vero patito, di sport; insomma,
praticava karate, ma era anche risaputo il suo talento negli sport con
la
palla, e la sua bravura nella corsa. Okay che era – dovevo ammetterlo-
bravo,
ma le ragazze ingrandivano il tutto in una maniera incomprensibilmente
esagerata. Ma ormai, ai loro comportamenti superficiali, avevo fatto
l’abitudine. Quello che ancora non avevo compreso, erano i cambiamenti
di
comportamento di Adam. Soffriva di personalità multipla, chissà. Dovevo
domandarglielo.
- - Smith, Brown, su, le
squadre. – incitò l’insegnate.
- Partii ovviamente io,
chiamando Kim. Ero convinta che
Adam scegliesse Jim, invece prese con sé un altro ragazzo della
combriccola,
con mio grande – anzi, immenso- stupore. Wilson, intanto, mi guardava
con uno
sguardo implorante, che parlava per sé. Okay, sapevo che me ne sarei
pentita,
ma lo nominai. Finita questa procedura, si giocò a palla prigioniera.
Non mi
impegnai troppo, e mi presero quasi subito. Mentre attraversavo il
campo, Adam
si parò davanti a me. Stavo per insultarlo, come al solito, quando
notai che mi
aveva salvata da una pallonata bestiale. Mi riservò uno sguardo veloce,
poi
corse fino al limitare dello spazio, e tirò, prendendo un altro mio
compagno.
Scossi la testa,cancellando in parte lo sbigottimento, ed entrai nella
fantomatica prigione.
- La mia squadra perse,
e mi rammaricai solo per il
fatto che avevo dato una soddisfazione a quell’emerito imbecille.
- --
- - Mamma, papà, ho
deciso- i miei genitori si voltarono
verso di me, distogliendo l’attenzione dalle loro riviste.
- - Cosa, di grazia,
tesoro? – domandò Emily, confusa.
- - Mi iscrivo ad un
corso di yoga - i miei scoppiarono
a ridere, per la mia affermazione. Non mi sembrava poi così assurdo, né
divertente. Ritornarono seri: - stai parlando sul serio? – domandò mio
padre.
- - Sì, comincia lunedì.
Se mi piace, sarò la prima ad
iscrivermi. Ne ho bisogno.-
- - E perché mai?-
insistette lui.
- - Uno, devo imparare a
controllarmi; due, ho sempre un
sacco di tempo libero, in questo periodo, e potrei cimentarmi in
qualcosa di
costruttivo. – La spiegazione li lasciò perplessi, ma poi
acconsentirono.
- - Ah, - aggiunsi, -
sono quaranta dollari per lezione!
– informai, per poi scappare in camera mia. Ormai avevano acconsentito,
e se si
fossero rimangiati la parola, gliel’avrei rinfacciato a vita. Decisi di
farmi
una doccia, e perciò mi diressi in bagno. Accesi l’acqua calda, e
mentre mi
spogliavo, attesi che si scaldasse. Mi lavai con calma i capelli,
facendo anche
il trattamento con il balsamo. Finito di farmi la doccia, mi avvolsi
nell’asciugamano e andai in camera mia. Estrassi l’intimo dal cassetto,
lo
indossai, poi constatai che nel mio armadio, non avevo nulla da mettere
per
quella sera. Perciò mi arrotolai ancora nel telo, e uscii dalla mia
stanza per
andare in salotto, per chiedere a mia madre dove fossero le cose
stirate. Mi
bloccai sulla soglia, però, arrossendo fino alle punte dei capelli.
- - Sì, certo Emily, lo
dirò a mamma. – L’ospite alzò lo
sguardo dal ricettario che mia madre gli aveva passato, incontrandomi.
- - Oh. – Adam avvampò a
sua volta, e cercò di abbassare
gli occhi, per non guardarmi.
- - Natalie.. Tesoro, ti
sembra il modo di presentarti?-
mi sgridò mia madre, voltatasi a sua volta, vedendomi solo con quella
salvietta
addosso. Ma tanto ormai il danno era fatto, inutile scappare.
- - Ad avere qualcosa da
mettere.. –
- - Guarda in camera mia
– E detto ciò, filai via,
ancora bordeaux. Ma che figure! Per la miseria, ora non dovevo
più
nemmeno girar così in casa mia, o rischiavo che si ripetessero certe
situazioni.
E io, di certo, non volevo un replay di questa gaffe. Un altro
avvenimento da
mettere nel cassetto delle cose da dimenticare seduta stante.
- Scossi la testa, come
a cancellare l’imbarazzo, e, in
camera di mia madre, recuperai da un cesto un paio di jeans e una
maglietta già
stirati. Mi rivestii di fretta e furia, sperando che al mio ritorno, se
ne
fosse già andato. Mi presi la testa tra le mani, scuotendola ancora: - ma
che figure vado a fare.. -
- Quando tornai in
salotto, per fortuna, Adam era
già sparito.