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Autore: Soul Sister    31/08/2010    7 recensioni
Dal primo capitolo:La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.
Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.
Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

-Spero vi abbia incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Ma Ciau Gente!
Dopo più di quindici giorni di vacanza, eccomi qui con un nuovo capitolo.
Devo dire che sono stata super-iper-felicissima quando ho letto le vostre 9 recensioni *-* GRAZIE INFINITE!! Dio, ho gongolato come una matta XD Ero lì, tutta in fibrillazione, con gli occhi fuori dalle orbite. Davvero, sono stata IMMENSAMENTE felice.
Penso che questo sia il più lungo che io abbia mai scritto, ma non ne sono sicura ^//^ Siamo arrivati a quel "<< e se ti baciassi? >>" di Adam... Natalie, bah, chissà.
Come promesso, poi, è tornata la nostra piccola Kate! Non potevo non metterla, la cucciola. ^^ E c'è una new entry, in questo capy, anche se non proprio così "new". L'ho già nominato, nel capitolo due, questo personaggio.
Ah, chiedo scusa in anticipo se non risponderò alle recensione in questo capitolo, ma è proprio una toccata e fuga. Sono di corsa, SCUSATE! Risponderò, se ci saranno, ai commenti nel prossimo capitolo.
Vi mando un bacio a tutti, ciau!
PS: vorrei dedicare questo capitolo a Fede, Ele e Sofia. Mi devo far perdonare, in un modo o nell'altro, no?
PPS: buona lettura!

Capitolo 6- che mondo di matti
- e se ti baciassi?-
Inevitabilmente, mi si mozzò il fiato, mentre il sangue affiorava abbondantemente sulle mie gote. Non sapevo cosa fosse a rendermi più nervosa tra la sua impossibile richiesta e il suo sguardo serio e convinto. Forse si parlava di pari meriti tra le due.
Adam si alzò lentamente, sporgendosi più verso il mio viso. I suoi occhi verdi erano più profondi del solito, due smeraldi luminosi, ed era piacevole perdersi in essi. Se fossi stata nelle mie piene facoltà mentali, se non m’avessero imbottita di farmaci, se non fossi stata ad un passo dal baciarlo, mi sarei insultata per il mio pensiero. Peccato non fossi lucida, in quel momento.
- sei così coraggioso da dettare la tua pena da solo? - feci, con una punta d ironia per mascherare il panico. Lui sorrise malizioso, più o meno a due centimetri dalle mie labbra. - non hai detto no. Chi tace acconsente - Arrossii ancora di più, sempre se fosse possibile. Deglutii a vuoto, con la gola secca e il cuore scalpitante nel petto.
- beh, il sarcasmo dovrebbe farti capire che sono restia... - alitai, incapace di usare un tono più alto di voce per mancanza d’aria. A quell’infima distanza, fu inevitabile sentire il suo invitante profumo. Non era dopobarba, no; doveva essere il suo profumo naturale, era troppo particolare e buono per essere fatto artificialmente. Sorrise appena, ma non più in modo malizioso. I suoi occhi ardevano, e s’alternavano dalle mie labbra ai miei occhi. La sua mano mi accarezzò una guancia, delicatamente, mentre le sue labbra si avvicinavano pericolosamente alle mie. Trattenni il respiro, attendendo quel momento. Stranamente, non vedevo l’ora che succedesse.
Lui è Brown, Natalie, ricorda la sua fama da puttaniere. Dopo questo bacio, si vanterà solo di aver baciato la ragazza che l’odiava di più al mondo.
La mia coscienza mi fece tornare più padrona di me stessa. Per mezzo secondo, solo per mezzo secondo, pensai di mandare a quel paese la mia vocina interiore e baciarlo. Per fortuna, ero una ragazza con sani principi morali, che sapeva ciò che voleva. Appena un istante prima che appoggiasse le labbra sulle mie, le mie mani andarono al suo petto e lo spinsero via. Lui mi guardò accigliato, quasi deluso. - perché? -
- perché per te un bacio non vuol dire ciò che per me vale. Io non sono una di quelle troie che ti vengono dietro, non sono un trofeo di cui puoi vantarti. - mormorai, abbassando lo sguardo sulle mie mani, ancora appoggiate a lui.
Mi guardò intensamente, a pochi centimetri ancora dal mio viso, indeciso su cosa dire. Quando finalmente stava per parlare, la porta della stanza si spalancò, e Kate fece il suo ingresso trionfalmente rumoroso. Adam s’allontanò immediatamente, risedendosi di scatto sulla sedia. Kate saltò sul mio letto, sorridendo allegra. - cosa stavate facendo, furbetti? - domandò, ridacchiando.
- niente, piccola! -
- Addy, sh! - zittì la piccola, per poi rivolgere l’attenzione esclusivamente alla sottoscritta. - Nat, ora come stai? - squittì poi, preoccupata. Le sorrisi dolcemente, accarezzandole i riccioli dorati.
- bene, ora. Stai tranquilla, potrò tornare ancora a casa tua per giocare. - Lei esultò, per poi ridere con me. In quel momento, scorsi un sorrisino sulle labbra di Adam, ma morì subito dopo.
Entrarono anche i coniugi Brown - e Bryan- nella stanza, per informarsi della mia salute, e si stupirono di trovare il figlio lì. Emma e Seth mi riempirono d'attenzioni e di domande, e io cercavo di convincerli che stessi bene. Kate intanto, mi continuava a raccontare delle sue innocenti avventure, mentre il fratello maggiore ci prendeva in giro dicendo che eravamo due pettegole. Adam se ne stava silenzioso in un angolo, e benché cercassi di non guardarlo, a volte l'occhiata scappava, e lo trovavo sempre ad osservarmi. Aveva un'espressione strana, seria, quasi malinconica.
Scossi la testa, scacciando il pensiero, e tornai a sorridere, per due pazzi accanto a me.
- Beh, è ora di andare... - Annunciò Seth, dopo aver guardato fugacemente l’orologio. Kate cominciò a lamentarsi, dicendo che erano stati troppo poco con me. Io, dal mio canto, ridevo allegramente.
- Eddai, ma’! Ancora cinque minuti! E’ da un secolo che non sto con lei! - si lagnò anche Bryan.
- per forza – constatai- sei sempre con Rose! - e giù altre risate, mentre lui arrossiva e metteva su un tenero broncio.
- forza, ciurma! - incitò la signora Brown, chinandosi su di me per darmi un bacio sulla fronte: - riprenditi presto, cara. Ti aspettiamo - fece amorevole. Annuii, poi tornò in posizione eretta e marciò fino alla porta.
- ciao piccola - salutò Bryan, appoggiandomi una mano sulla testa e scompigliandomi i capelli con fare dolce. La mia occhiataccia fu eloquente, e lui rise fragorosamente. Poi gli sorrisi, grata. - grazie di essere venuti. Mi ha fatto piacere. -
- ciao Nat!! - trillò Kate, sporgendosi per darmi un bacio sulla guancia. Io ridacchiai: - ciao patata. - dissi intenerita. Seth mi sorrise e mi augurò di rimettermi presto. La famiglia Brown uscì, tutti a parte uno. Mi fece il suo classico sorriso sghembo, quello malizioso e ammaliante al contempo. Poi se ne uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
Certo che chi lo capiva, era davvero bravo.
Insomma, un momento prima mi guardava come un cagnolino bastonato in cerca di affetto; un momento dopo, ecco rispuntare quel cavolo di sorrisino. Mi faceva venire il mal di testa...
Portai il naso all’insù, con uno sbuffo, guardando il soffitto bianco di quella stanza d’ospedale. Ma in realtà non vedevo niente, troppo presa dal ricordo di pochi istanti prima, a quando Adam si era sporto per baciarmi. Come in quel momento, sentii il battito del mio cuore accelerare. Era incredibile che io desiderassi posare le mie labbra sulle sue.
Appoggiai una mano sulla fronte, frustrata. Non andava bene, così.
- Signorina Smith. - mi chiamò il medico, entrando nella stanza,- è ora di dimetterla. -
Annuii solo, incapace ancora di parlare. Se avessi tentato, mi sarebbe uscito un verso strozzato. Avevo ancora la gola secca, e tanto caldo. Probabilmente, ero arrossita.
...
Entrai in casa mia, e sospirai di sollievo.
La prima cosa che volevo fare, era lavarmi. Magari, mi sarei immersa nella vasca da bagno per rilassare i nervi, che in quel momento erano decisamente troppo tesi.
- Nat - Rose mi guardò attentamente - poi dobbiamo fare un discorsetto, io e te. -
Non risposi, e andai in bagno. Feci riempire la vasca con l’acqua calda, e con calma mi lavai. Rimasi una buona mezzora dentro, e mi servì davvero, per stemperare la tensione. Mi misi in pigiama, dopo essermi asciugata, poi andai in camera mia. Ad attendermi, c’era mia sorella, seduta sul mio letto. Mi guardava in modo strano, quasi crucciata. Picchiettò il mio materasso, come invito a raggiungerla. Mi avvicinai e mi accomodai sul letto a gambe incrociate.
- Natalie Smith, sii sincera con me: c’è qualcosa che non va –
- non è vero, Rose, è tutto okay- mentii.
- a me non sembra, sorellina: da quando sei rientrata, mi sembri una mummia. – sbottò, esasperata – e ti conosco abbastanza bene, da dire che mi stai mentendo. – Sospirai, alzando gli occhi al cielo. Ci fu qualche istante di silenzio, in cui trovai molto interessanti le mie mani. Poi decisi di essere quasi sincera con lei.
- hai ragione... Qualcosa c’è. Hai presente il tipo che mi ha tenuto la mano mentre ero all’ospedale? – Lei annuì, e io proseguii.
- ecco, vedi... Sembra che io a lui piaccia. Insiste con i messaggi, e mentre ero convalescente, si è dimostrato molto dolce. –
- e con ciò? Non vedo quale sia il problema. – fece, confusa.
- è il migliore amico di Adam – spiegai, con un’eloquente aria cupa. Un sorrisino spuntò sulle labbra di Rosalie, che mi scrutò attentamente, come a leggermi dentro.
- sei sicura che sia questo il problema? – inquisì, con una certa aria da ispettore di polizia. Metteva, esattamente come quell’individuo, soggezione. Gli occhi seri e attenti, le sopracciglia leggermente aggrottate; mi mancava solo la lampada puntata addosso.
Era la prima volta che ero imbarazzata, parlando con lei. Era la mia confidente, di solito, e provavo sollievo a sfogarmi. Quella volta no, invece. Era come se fosse una confessione troppo difficile, e non volevo renderla partecipe perché me ne vergognavo. Per questo motivo, mi scervellavo per trovare una scusa.
- Sì, non mi metterei mai con il suo migliore amico. -
- Non capisco perché tu ti faccia queste paranoie. Non è che, magari, non vuoi metterti con quel tipo, solo perché pensi darebbe fastidio a Adam? – farneticò, con aria vaga, gesticolando teatralmente. Mannaggia a mia sorella e al suo fiuto!
- Assolutamente! – sbottai, scioccata. – Ma ti si è fuso il cervello? –
- Be’, tutto può essere. – disse, come se fosse ovvio, - e poi, tu sei il tipo da inventarti scuse simili per non ammettere a te stessa la cosa più semplice – Si alzò, scompigliandomi i capelli, con un’aria soddisfatta.
- Prego? Non credo di aver ben capito –
- Oh, sorellina: sei più cieca di me... – borbottò tra sé, pensierosa, poi mi sorrise, - capirai col tempo, Nat. Ripassa bene, che domani hai scuola, eh! – raccomandò, scappando dalla mia stanza. A cos’è che l’avevo paragonata? A un sudoku? Be’, mi dovevo correggere; in confronto, quel gioco matematico era una bazzecola!
***
-Beota che non sei altro! Sei uno scarafaggio, una scoria tossica, un calzino sporco e puzzolente! Sei... una carogna putrescente! Ma cos’hai in quella zucca vuota, sterco di mucca? – Sbraitai con tutto il fiato che avevo in corpo. Indovinate a indirizzo di chi...?
- Prego? – Brown assunse un’aria confusa, falsa come Giuda, per giunta. Se non l’avesse piantata, uno schiaffo non gliel’avrei di sicuro risparmiato. – Cos’avrei fatto, adesso, per scatenare la tua furia? – domandò, esasperato.
Ma mi credeva un’idiota? – Togli quell’aria da finto tonto, bello, so che sei stato tu a incollare i libri e l’astuccio al banco. Ma dico io, il mezzo neurone che possedevi è morto di solitudine?! – ululai, trucidandolo con lo sguardo. Lo sospettavo io, che stava architettando una vendetta: ho sempre ragione. Era da tempo, che se ne stava buono buono, senza combinar nulla.
- Ma cosa cazzo stai dicendo? – Alzò la voce, - ti sei fumata qualcosa? -
A quel punto, pensai davvero di farlo fuori. Probabile mi uscisse del fumo dalle orecchie, tanto ero arrabbiata. Dovevo essere buffa agli occhi di quell’idiota; anche se continuava la sceneggiata da innocentino, sentivo che sotto quella facciata, stesse godendo come un matto. Mi prudevano le mani, dovevo spaccargli la faccia: ’ennesimo pugno, magari, avrebbe potuto far funzionare qualche rotella, nel suo microscopico encefalo. Ma forse pretendevo troppo, da quell’essere unicellulare che era.
Cercai di riprendere controllo di me stessa, respirando profondamente. Okay, questa volta mi sarei davvero iscritta ad un corso di yoga.
- Tu, razza di imbecille, ORA mi stacchi le cose dal banco, possibilmente senza rovinare nulla, e... –
- Cosa succede qui? – domandò Jim, rientrando in classe, nonostante le lezioni fossero già finite, - non arrivavate più, quindi ho pensato di controllare. –
- Niente di che, amico. – minimizzò Brown, - la Smith mi sbraita contro, come al solito. Solo che questa volta, IO NON C’ENTRO – mi sfidò con lo sguardo. Il resto della combriccola sghignazzava, alle sue spalle. Jim, però, non era dello stesso umore dei ragazzi. Marciò fino a me, ancora furente, e vide i segni evidenti dell’Attack sul tavolo, che incollava il quaderno di storia e il portapenne.
- ma dico io, siete rimbecilliti? – sibilò, guardando male gli amici. Loro in risposta strabuzzarono gli occhi, Adam per primo. – Vi sembra simpatico?-
- Jim, che ti prende? Pensi che sia colpa mia? Ripeto: non c’entro in questa pagliacciata! – fece Brown, accigliato. Jim mi guardò in modo strano, poi ritornò con l’attenzione al gruppo di fronte a noi. – Il primo che osa di nuovo fare qualche scherzo a Natalie, giuro, lo spezzo in due. – sillabò, minaccioso. Lo stupore era generale, e nella totalità ero compresa io.
- Jim – Adam lo guardò intensamente negli occhi, con una nota di rancore, - sei stato tu? – il ragazzo al mio fianco si lasciò scappare una risatina nervosa.
- no di certo – fece – non mi permetterei di farle qualcosa. -
Il gruppo di Adam sgattaiolò fuori dall’aula, e rimanemmo io, Mr Perversione e Jim. Quest’ultimo mi aveva davvero colpita, positivamente colpita. Non come l’altro, che con quella faccia da vittima, mi faceva solo più infuriare.
- Posso sapere solo una cosa? – domandò Adam, serio.
- tutto quello che vuoi –
- state insieme, ora?- Mi parve più un’accusa, che una curiosità. Gli occhi smeraldini di Adam, in quel momento, mi parvero più belli- sarà che l’aria da maturo gli conferiva fascino- e il verde dei suoi occhi era fuso nelle iridi, dandogli una luce diversa.
Jim mi guardò, e accennò appena un sorriso: - per il momento no, ma spero di avere una speranza – L’allusione mi fece rabbrividire. Non ero ancora psicologicamente pronta a scoprire che veramente quel tipo aveva un debole per me. Dovevo metabolizzare – o perlomeno provarci – il tutto, così il colpo non sarebbe stato così duro, in futuro.
- Bene, okay. – Adam girò sui tacchi, e cercando di esser disinvolto, camminò fino alla porta, per poi oltrepassarla. Mi chiesi perché s’interessasse tanto: cos’è, non voleva che il suo amico si mettesse con la ragazza che odiava? O non voleva che Jim gli rubasse il titolo da playboy completo, conquistando – se ci fosse riuscito- l’unica ragazza non cascata nel loro tranello? Be’, Adam ne era capace.
Jim si grattò la nuca, imbarazzato, poi analizzò la situazione del mio materiale. Alla fine, Brown non aveva pagato; se l’era svignata, quella testa di carciofo. Scossi la testa, con un sospiro, mentre Jim aveva già provveduto a staccarmi l’astuccio dal ripiano.
- purtroppo – esalò, mentre attentamente cercava di non rovinare ulteriormente il libro, - Penso rimarranno un po’ segnati. Magari l’astuccio, lavandolo, potrebbe tornare come nuovo. – Annuii, ma non mi concessi nulla di più. Questa situazione era tremendamente imbarazzante.
-Ah, Natalie, volevo dirti che.. sì, insomma, Ad non ti darà più fastidio, d’ora in poi. -
- grazie. – mormorai, mentre mi restituiva le cose. Le riposi nello zaino e richiusi la zip, mettendolo in spalla. Jim mi seguì, mentre uscivo dall’aula e percorrevo i corridoi ormai vuoti dell’edificio. Il silenzio era pesante, si sentiva solo il nostro ciabattare sul pavimento. Uscimmo dal liceo, e una ventata d’aria gelida m’investì, facendomi rabbrividire. Guardai il cielo scuro, fitto di nubi minacciose; che bello, stava per piovere. A quella prospettiva, m’imbronciai. Non vedevo l’ora che arrivasse la primavera.
Attraversai lo spiazzo del parcheggio, preparandomi ad un piacevole tragitto silenzioso. Invece, i passi di Jim continuavano dietro di me a trascinarsi. Di solito, come compagnia, avevo quella di Brown, il cui passo era più felpato di quello di Jim, e sicuramente meno fastidioso. Era snervante che Kim non alzasse i piedi, e che li strisciasse sull’asfalto rovinato. Fu un bravo accompagnatore, fin quando non aprì bocca.
- Allora..come va? – domandò, cercando di attaccar bottone.
- Divinamente. – borbottai, senza troppo entusiasmo.
- Chissà perché, ho la sensazione di non piacerti granché. – dedusse, con un sorriso.
- Oh, come sei acuto – Rise senza trattenersi, sguaiato, neanche avessi fatto quale battuta. Era una sensazione che permaneva, quel tipo non doveva essere molto a posto, lo sentivo. Anche se mi aveva aiutato con Brown, non era entrato ancora nelle mie grazie. Senza contare che aveva esplicitamente chiesto, per di più davanti all’amico, una chance da parte mia. Rabbrividii al pensiero.
- Davvero, Natalie, mi chiedo perché Adam ce l’abbia tanto con te. Forse... – lasciò la frase in sospeso, attirando la mia attenzione. La curiosità era il mio peggior difetto, e il mio punto debole, soprattutto.
- Forse? – incitai.
- Be’, sei simpatica e carina, – okay, sorvoliamo sul commento – questo magari lo mette in difficoltà. Adam odia mostrarsi debole. – uhm. Questa storia del mostrarsi debole e che io gli rendessi la vita difficile, mi piaceva più del dovuto. Non avevo mai pensato a questa possibilità, ma soppesando, Jim avrebbe potuto aver ragione. Avrebbe potuto.
- io non ne sono troppo sicura – pensai poi ad alta voce – magari, proprio non gli vado a genio. - Il che, era la cosa più probabile.
– comunque, smettiamola di parlare di lui; insomma, quel tipo è un discorso fisso. Basta. – feci, con una nota di esasperazione. Non esisteva solo lui, Brown non era il centro dell’universo.
- sembra che proprio non lo tolleri –
- è così. – Affermai. – Ma Jim, tu non mi sembri così mostruoso, non quanto quell’altro almeno. Non sei male, eppure continui a seguirlo come se fosse il boss. Perché lo fai? E.. cosa trovi, nell’imitare i suoi comportamenti irrispettosi, o menefreghisti, con le ragazze? –
Lui tentennò.
- Vedi, se non vuoi essere lo sfigato di turno, devi essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal genere femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili fanno solo d’esempio, alla sua teoria.-
- Insomma, stai con lui per non essere preso in giro, e ti comporti da gigolo per...compiacerti, o per far vedere che anche tu, quello che vuoi, puoi? –
- Non lo so, veramente. Comunque, ormai siamo arrivati. Buona giornata, Natalie. A domani. – Jim prese la strada del ritorno, dopo avermi scortata fino al cancello di casa mia. Mi aveva lasciata con un enorme punto di domanda, ma con anche delle risposte.
Tutte le idee su Adam che mi ero fatta, comunque, rispecchiavano la descrizione di Jim, che era suo amico.
Non era una bella persona, e io che lo trovavo pure quasi simpatico!
Entrai in casa, dove mamma mi accolse con un gran sorriso.
Ricambiai il saluto, poi mi congedai in camera mia. Sul mio comodino, il cellulare suonava e vibrava, e mi catapultai per rispondere alla telefonata.
- pronto? –
-ciao Nat! – la voce di mia sorella Melanie mi giunse come un chiodo nel timpano, tanto era acuta.
- ciao, Mel! – nonostante tutto, ero felice di sentirla. Una volta tanto, capitava si ricordasse di avere una famiglia che teneva a lei.
- come stai? Ho sentito dell’incidente.. Sono stata molto in pena.
- oh, tutto bene, tranquilla. Sono una ragazza tosta! – esclamai, e ridacchiammo entrambi. – Paris com’è? – domandai poi.
- magica, come sempre. Devo ammettere, però, che casa mi manca. – commentò, con un po’ di malinconia che traspariva nella voce.
- a noi manchi tu.-
- Uffi, almeno non fossimo così distanti.. Nat, mica hai la webcam? –
- sì, perché? –
- Potremmo vederci, d’ora in avanti. Sono riuscita a comprarmi un pc con quella integrata, quindi siamo a posto!-
Ci raccontammo altre belle cose, chiacchierammo per una buona mezz’ora, a carico del mittente, ovvio, poi ci salutammo. La sera, avevamo programmato di sentirci e di vederci con la web.
Recuperai i libri dallo zaino, e seduta comodamente sul letto, con le cuffie dell’Ipod, feci con scrupolo gli esercizi di matematica. Passai poi alla relazione d’italiano, concludendo, infine, con la lezione di storia. Soddisfatta, decisi si mettermi un po’ al PC. Non ero informatissima, sui social network, nonostante ciò, ero iscritta a qualche sito per chattare – mi avevano convinta le mie amiche, nella speranza di non far fuori una ricarica del cellulare ogni giorno. Dicevo, comunque, che appunto mi ero scaricata MSN. Il classico, tutti i ragazzi l’avevano, o la maggior parte, perlomeno. Di contatti ne avevo sì e no dieci, tra qui quello delle mie sorelle – salvo viaggi a tempo indeterminato lontane da casa, come Mel, che però non era mai in linea-, le mie amiche, e qualche compagna di classe. La finestrella della chat si aprì, e scoprii, con enorme sorpresa, che si trattava di Jim.
Messaggiammo un po’, poi io staccai. Annunciai a mamma che uscivo, e mi diressi alla palestra più vicina a casa. Quando avevo detto del corso di yoga, non stavo scherzando. Volevo iscrivermi davvero, cimentarmi in un’attività che avrebbe pure giovato al mio carattere impulsivo. Entrai nel centro, e dalla scrivania di una specie di segreteria, potevo vedere le varie persone allenarsi in sport di vario genere. L’addetta alle iscrizioni, in quel momento non era presente, perciò ne approfittai per curiosare in giro. Tra tutte le persone, solo una mi era saltata all’occhio; Adam fendeva l’aria con pugni ben assestati, precisi, sicuramente letali. La sua espressione era concentrata, seria, i suoi occhi attenti, determinati. Calciò in avanti, ruotando il busto, e notai che indossava un kimono da karate. La cintura, addirittura, era blu. Chissà da quanto tempo lo praticava, questo sport, per essere a quel punto. A quanto ricordavo, c’era ancora la cintura marrone da conquistare, e poi la famosa nera, ovviamente.
In tutto il tempo che lo conoscevo – si fa per dire- non avevo mai scoperto che facesse karate. Di sicuro, mettersi contro di lui, non sarebbe stata una grande idea. A quel che pareva, era molto in gamba.
Adam smise di fare l’allenamento, e si spostò su un tappetino, di fronte a un altro ragazzo- cintura nera. Poteva essere il maestro. Fecero il solito gesto antecedente l’incontro,come saluto, poi esso cominciò. Il ragazzo era spietato, colpiva Adam senza farsi scrupoli. Lui bloccava i colpi, e a sua volta, attaccava. Era incredibilmente affascinante, il modo in cui lottavano; peccato che fossi qui per controllare la rabbia, e non sfogarla, altrimenti ci avrei fatto un pensierino.
- Signorina, le serve qualcosa? – mi voltai di scatto verso la segretaria, e arrossii, imbarazzata.
- sì, mi chiedevo se qui ci fosse un corso di yoga, dove potermi iscrivere. –
- è fortunata – sorrise estaticamente – il corso lo tengo io, comincerà la settimana prossima, martedì. Il primo incontro è gratis, una specie di prova. Se poi le piacerà, potrà iscriversi.- Annuii, sorridendo appena, e ringraziai. Uscii dalla palestra e corsi a casa, dove trovai Emma e mia madre parlare amabilmente. Salutai, poi chiesi di Kate, non vedendola. La bambina, a quel che sentii, frequentava un corso di danza classica, e ne era entusiasta. Al primo saggio che avrebbe fatto, io sarei stata in prima fila, a darle il mio sostegno. Stetti un po’ con le due madri, poi mi congedai in camera mia. I compiti li avevo finiti, perciò non avevo nessun dovere, e decisi di mettermi ancora al PC. Quando Msn si attivò, mi tolsi subito; non volevo altri impicci con Jim. Per quel giorno, gli avevo parlato fin troppo.
Quella sera, dopo cena, Melanie mantenne la parola. In video, notai quanto fosse cambiata, dall’ultima volta che ci eravamo viste. Superfluo dire che mia madre era assolutamente e fastidiosamente pendente dalle labbra di mia sorella. Ma la sua preferenza, comunque, emergeva sempre. Rose e io ci lanciammo un’occhiata complice, mentre mio padre sbadigliava sonoramente. Un’ora e mezzo al computer a parlare con Mel; be’, le uniche che ciarlavano erano la francesina e Emily. Mio papà si era limitato ad un ‘come va?’ all’inizio, poi era rimasto a far presenza accanto alla mamma. Ma dopo tutto quel tempo, anche lui ostentava la noia. Alla fine, fu Mel a riattaccare, e in tre sospirammo di sollievo. Mamma, invece, pareva insoddisfatta.
- oh, mi manca tanto..- lagnò, afflitta.
- manca anche a noi – cantilenammo io, Rose e papà all’unisono, con una leggera nota di esasperazione nel tono di voce. Mi rinchiusi in camera mia, e mi buttai sul letto, facendo sprofondare la testa nel cuscino. Sospirai, poi mi misi in pigiama e cercai di addormentarmi. Mi riusciva difficile, e mi ritrovai a rimuginare sulle parole di Jim.
Vedi, se non vuoi essere lo sfigato di turno, devi essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal genere femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili fanno solo d’esempio, alla sua teoria.
Mi misi a pancia in su, guardando il soffitto nella penombra.
Magari, Adam si comportava male con me perché non ero una ‘facile’, al contrario delle mie compagne, e questo lo metteva in difficoltà. Il suo ego si smontava, quando gli tenevo testa? Bene, ne ero compiaciuta.
E chissà come si era sentito, quando l’avevo respinto. Ben gli stava, così imparava a trattarmi come una delle tante. Io non lo ero, e non lo sarei mai stata. A parte che Adam non sarebbe mai piaciuto alla sottoscritta, quindi cadere ai suoi piedi, era pressoché impossibile. Avevo sani principi, io; di sale in zucca, ne potevo anche vendere alle svergognate della mia scuola, che lo veneravano manco fosse un Dio. E questo, per altro, lo rendeva ancora più superbo.
Eppure, sotto sotto, avevo il dubbio di star sbagliando. Mi contraddicevo; una parte – microscopica- di me, nascosta nel profondo, diceva che Brown non era così male. Era quella Natalie che aveva visto Adam sorridere in modo diverso, quello che giocava amabilmente con la sorellina, che era stato gentile e premuroso. Ecco, sarebbe stato meglio non averlo mai visto, quel lato di lui.
Nell’arco di poco tempo, avevo cambiato troppo pareri, sul suo conto.
Prima, era stronzo, antipatico e subdolo;
poi, dolce, protettivo e un buon fratello;
eravamo passati poi alla fase quasi-simpatico ma approfittatore;
ed ora, ero giunta alla conclusione che non sapevo più cosa pensare di lui. Insomma, com’era veramente?
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- forza ragazzi, consegnate. – annunciò la prof, mentre si alzava per ritirare i compiti. Mi stiracchiai, posando la penna sul banco, sospirando. Bene, pensai, è stato facile. Avevo studiato bene per quel test, e anche se anche la notte avevo dormito poco (causa pensieri molesti), ero sicura di aver fatto un buon lavoro. Appena la prof prese il mio foglio, l’ultimo di tutti in quanto ero finita in fondo alla classe, la campanella dell’intervallo suonò. Quando io e Kim ci alzammo, tutti i compagni erano già fuori. Una affianco all’altra uscimmo in corridoio, unendoci, a nostra volta, al chiacchiericcio piacevole che c’era per tutta la pausa. Kim smise improvvisamente di parlare, e il suo sguardo vagò verso l’alto. Confusa, mi voltai, trovandomi a pochissima distanza da Jim. Il ragazzo sorrideva raggiante. Stava diventando un po’ troppo stressante. Sembrava diventato la mia ombra; aveva smesso con i messaggi, ora pretendeva indurre una conversazione di persona.
- ciao Natalie – salutò, con un po’ troppa enfasi.
- Jim – risposi solo, al contrario con un po’ troppo di flemma.
- Come stai?- domandò, e quel sorriso entusiastico non accennava a scomparire.
- Come stavo ieri a quest’ora.-
- Oh, andiamo, perché sei sempre così distante? Non eravamo diventati amici?-
Amici...Uè, stai calmino, non esageriamo!
- E da quando?- eccole lì, Susan e Megan comparvero alle spalle di Jim, con un’aria sospettosa che la diceva lunga. – è una novità. –
- Da quando ho aiutato Natalie per un dispetto di Adam. – Le ragazze annuirono, assorte; Kim non mi sembrava convinta dall’affermazione di Jim.
Il ragazzo stette con noi tutto l’intervallo, cercando di attaccar bottone. Io, oltre che imbarazzata, ero pure scocciata. Le ragazze presenti continuavano a fissarci insistentemente, o meglio, ero vittima delle loro occhiate di fuoco. Be’, se gli sguardi potevano uccidere, potevo già dirmi nella tomba. In più, che faceva parte del mio funclub, c’era pure Brown, a insultarmi con il suo sguardo smeraldino. Fortuna che la campanella suonò, e rientrammo in classe. Purtroppo, avevo dimenticato una cosuccia, all’apparenza insignificante: c’era l’ora di ginnastica, e dovevo ammetterlo, avevo paura di entrare nello spogliatoio con quelle quattro galline con la luna storta.
- E così- esordì una tipa di nome Samantha, la ‘capa’ delle ochette, quando fummo dentro alla stanzetta, - tra te e Jim c’è del tenero? –
- Certo che no! – chiarii subito, allibita solo dal fatto che l’avesse pensato.
- Eppure, sembra molto preso da te – mio Dio, se ci arriva una come lei..
- Vuole essere mio amico; - chiarii, con un’alzata di spalle, - non ci sta riuscendo molto bene. – Le ochette scoppiarono a ridere, e Kim mi lanciò un’occhiata perplessa quanto era la mia faccia. Avevano qualche problema, quelle ragazze. E la loro mancanza mentale, spiegava anche il perché seguissero come pecore bacate quel rifiuto urbano. Nuovo soprannome, carino vero? In quei momenti, se pensavo a Brown, mi accoglieva l’infausta immagine della mia pattumiera. Non l’avevo mai notato, ma s’assomigliavano incredibilmente.
- Che avete da ridere? – domandò la mia amica, alzando un sopracciglio; era lo scetticismo fatta persona.
- E’ geneticamente – Oh my goodness, aveva pronunciato sul serio quella parola? Sacrebleu! – impossibile, che Jim Wilson sia AMICO con una ragazza. –
- Perché? – Altre risatine, che mi facevano venire il desiderio di prenderle a sberle. Razza di cretine.
- Perché lui è Jim Wilson. – ecco un’intelligentissima risposta, degna di essere ricordata nei libri di storia.
- Eh, sì, ora capisco tutto – feci, ironica. Il mio sarcasmo l’avrebbe intuito anche un bimbo di cinque anni ( Kate si destreggiava sapientemente, in quel campo ), eppure, loro annuirono, come se davvero quell’affermazione dicesse tutto.
- E poi, sinceramente, chi vorrebbe essere solo sua amica? Se non c’è Adam, Jim è il miglior partito. – E lì, le ragazze si buttarono a capofitto in una discussione su quanto bello fosse Mister Perversione, quel giorno. Ma io mi dicevo, diamine, era così tutti i giorni! Perché puntualmente, ogni santo momento, dovevano venerarlo, e soprattutto, in mia presenza? Non cambiava poi tanto, tra un minuto e l’altro!
Quelle ragazze erano una causa persa, ormai. I loro cervellini erano in pensione dall’età di tredici anni, quando per la prima volta avevano posato lo sguardo su un ragazzo. Quelle della mia città, in particolare, su UN ragazzo. Ovvero, il mio vicino di casa.
Scossi la testa, e non persi tempo a cambiarmi, seguita immediatamente da Kim. Fummo le prime, come sempre, a entrare in palestra. I ragazzi erano lì da un pezzo, e giocavano a calcio; come dubitarne.. Brown doveva essere un vero patito, di sport; insomma, praticava karate, ma era anche risaputo il suo talento negli sport con la palla, e la sua bravura nella corsa. Okay che era – dovevo ammetterlo- bravo, ma le ragazze ingrandivano il tutto in una maniera incomprensibilmente esagerata. Ma ormai, ai loro comportamenti superficiali, avevo fatto l’abitudine. Quello che ancora non avevo compreso, erano i cambiamenti di comportamento di Adam. Soffriva di personalità multipla, chissà. Dovevo domandarglielo.
- Smith, Brown, su, le squadre. – incitò l’insegnate.
Partii ovviamente io, chiamando Kim. Ero convinta che Adam scegliesse Jim, invece prese con sé un altro ragazzo della combriccola, con mio grande – anzi, immenso- stupore. Wilson, intanto, mi guardava con uno sguardo implorante, che parlava per sé. Okay, sapevo che me ne sarei pentita, ma lo nominai. Finita questa procedura, si giocò a palla prigioniera. Non mi impegnai troppo, e mi presero quasi subito. Mentre attraversavo il campo, Adam si parò davanti a me. Stavo per insultarlo, come al solito, quando notai che mi aveva salvata da una pallonata bestiale. Mi riservò uno sguardo veloce, poi corse fino al limitare dello spazio, e tirò, prendendo un altro mio compagno. Scossi la testa,cancellando in parte lo sbigottimento, ed entrai nella fantomatica prigione.
La mia squadra perse, e mi rammaricai solo per il fatto che avevo dato una soddisfazione a quell’emerito imbecille.
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- Mamma, papà, ho deciso- i miei genitori si voltarono verso di me, distogliendo l’attenzione dalle loro riviste.
- Cosa, di grazia, tesoro? – domandò Emily, confusa.
- Mi iscrivo ad un corso di yoga - i miei scoppiarono a ridere, per la mia affermazione. Non mi sembrava poi così assurdo, né divertente. Ritornarono seri: - stai parlando sul serio? – domandò mio padre.
- Sì, comincia lunedì. Se mi piace, sarò la prima ad iscrivermi. Ne ho bisogno.-
- E perché mai?- insistette lui.
- Uno, devo imparare a controllarmi; due, ho sempre un sacco di tempo libero, in questo periodo, e potrei cimentarmi in qualcosa di costruttivo. – La spiegazione li lasciò perplessi, ma poi acconsentirono.
- Ah, - aggiunsi, - sono quaranta dollari per lezione! – informai, per poi scappare in camera mia. Ormai avevano acconsentito, e se si fossero rimangiati la parola, gliel’avrei rinfacciato a vita. Decisi di farmi una doccia, e perciò mi diressi in bagno. Accesi l’acqua calda, e mentre mi spogliavo, attesi che si scaldasse. Mi lavai con calma i capelli, facendo anche il trattamento con il balsamo. Finito di farmi la doccia, mi avvolsi nell’asciugamano e andai in camera mia. Estrassi l’intimo dal cassetto, lo indossai, poi constatai che nel mio armadio, non avevo nulla da mettere per quella sera. Perciò mi arrotolai ancora nel telo, e uscii dalla mia stanza per andare in salotto, per chiedere a mia madre dove fossero le cose stirate. Mi bloccai sulla soglia, però, arrossendo fino alle punte dei capelli.
- Sì, certo Emily, lo dirò a mamma. – L’ospite alzò lo sguardo dal ricettario che mia madre gli aveva passato, incontrandomi.
- Oh. – Adam avvampò a sua volta, e cercò di abbassare gli occhi, per non guardarmi.
- Natalie.. Tesoro, ti sembra il modo di presentarti?- mi sgridò mia madre, voltatasi a sua volta, vedendomi solo con quella salvietta addosso. Ma tanto ormai il danno era fatto, inutile scappare.
- Ad avere qualcosa da mettere.. –
- Guarda in camera mia – E detto ciò, filai via, ancora bordeaux. Ma che figure! Per la miseria, ora non dovevo più nemmeno girar così in casa mia, o rischiavo che si ripetessero certe situazioni. E io, di certo, non volevo un replay di questa gaffe. Un altro avvenimento da mettere nel cassetto delle cose da dimenticare seduta stante.
Scossi la testa, come a cancellare l’imbarazzo, e, in camera di mia madre, recuperai da un cesto un paio di jeans e una maglietta già stirati. Mi rivestii di fretta e furia, sperando che al mio ritorno, se ne fosse già andato. Mi presi la testa tra le mani, scuotendola ancora: - ma che figure vado a fare.. -
Quando tornai in salotto, per fortuna, Adam era già sparito.

  
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