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Autore: Yvaine0    05/09/2010    4 recensioni
- Ah ah! Molto divertente, ragazzina – finse di ridere, Rocco. – Tanto puoi anche cercar di farmi ingelosire con Ste, ma, a parte che sappiamo tutti che lui ha il cuore da un’altra parte – e lanciò un’ occhiata eloquente verso Federica, che arrossì, proprio come Steve – e poi io so chi piace a te! –
Arianne alzò gli occhi al cielo. Erano due giorni che andava avanti con quella storia, ormai. Era convinto che le piacesse lui, ma lei era certa del contrario. Ok, non era un segreto per nessuno che Rocco le andasse dietro, ma lei era sicurissima di non ricambiare.
E' il terzo anno di superiori per Arianne, Sophia, Federica e le altre compagne, mentre i loro amici Steve, Gianluca e Rocco stanno intraprendendo la sfida della quarta liceo. Durante questo anno Rocco decide di dare una svolta al rapporto di soli battibecchi che lo lega ad Arianne e, tra rivalità, amori, gelosia, problemi, amici in difficoltà o pronti a soccorrerli, nuove e vecchie conoscenze, i due getteranno le basi di un rapporto un po' particolare destinato a stampare nei loro cuori il ricordo indelebile del loro primo amore.
[STORIA INCOMPLETA.]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Amore e rivalità - Ma dove siamo?!

 

12

 

Arianne tornò a casa con un sorriso stampato sul volto. Sophia aveva riso per una buona mezz’ora dopo quell’ abbraccio di gruppo. Non sapeva perchè, ma le era venuto spontaneo unirsi agli altri in quello che di solito avrebbe giudicato un’ inutile smanceria.
« Sono tornata! » gridò, aprendo la porta con il suo mazzo di chiavi personale.
« Bentornata! » rispose sua madre, dalla cucina. « Come mai così tardi, oggi? Hai perso il tram? »
Arianne sorrise, senza farsi vedere.  « Già » raggiunse la madre in cucina, e vide che la tavola era ancora sparecchiata. « Dov’è Gen? »
La donna rise. « Al telefono, come sempre. Se vai a cambairti chiamala e dille che venga ad aiutarmi »
La sedicenne scosse il capo. « Non preoccuparti, ci penso io. » Magari sfoga tutte le sue chiacchiere ora e lascia il telefono libero per oggi pomeriggio, aggiunse mentalmente. Mentre entrava in camera sua e iniziava a mettersi la tuta da casa, si ritrovò a pensare a quando probabilmente Rocco l’avrebbe chiamata. A che ora? Avrebbe prima fatto i compiti? Ne dubitava. Di sicuro però avrebbe mangiato, per prima cosa. E se aveva perso il tram come lei? A che ora sarebbe rincasato? E... ma che cavolo gliene fregava, in fondo?! Un bel niente. Quando avrebbe voluto chiamarla l’avrebbe fatto. L’importante era che Genevieve non se ne stesse tutto il giorno attaccata a quel coso. Aveva messenger, no? E skype, e facebook, e netlog, twitter, myspace ed era iscritta a tipo altre venti community per comunicare, quindi non era obbligata a stare tutto il pomeriggio attaccata all’ apparecchio telefonico.
Ma perchè poi aspettava la chiamata di Rocco?
Ma ovviamente per sapere cosa fosse successo il sabato precedente a Sophia.Ovviamente.
« Sei tornata? » la voce di sua sorella la fece trasalire, mentre questa entrava nella sua camera senza bussare. 
« No, oggi sono rimasta a scuola fino alle quattro » replicò, indicando l’orologio verde alla parete che indicava le due meno quattro minuti.
« Bene, perchè oggi mi serve il telefono »
E dov’è la novità? « Scordatelo. »
« Come? Non puoi impedirmelo! » si indispettì la maggiore. « Sono più grande e fino a prova contraria non hai alcun diritto su di me! » incrociò le braccia e alzò il mento con aria da superiore.
Arianne portò le mani sui fianchi e si sporse leggermente in avanti. Erano alte uguali, notò la minore: si doveva essere alzata di qualche centimetro dall’ ultimo litigio. Oh, no, ora ricordava, quella mattina Genevieve aveva semplicemente salito un gradino, mentre litigavano per le scale.
« Hai solo qualche mese in più di me e questo non fa di te il mio capo, Gen! »
« Non fare la secchiona, adesso! » sbottò l’altra, prendendo ad esaminarsi le punte dei capelli.
Arianne sbuffò. « Senti, visto che tu ci vivi attaccata a quel coso, posso aspettare anche io una telefonata, ogni tanto? Avrò il diritto di usare quel dannatissima telefono? »
L’attenzione totale di Genevieve si focalizzò totalmente e improvvisamente su sua sorella. Sparita ogni traccia di irritazione, lasciato il posot a dun unico sentimento: interesse.  Gli occhi le brillavano dalla curiosità, la bocca era socchiusa, in attesa di particolari. « Chi ti deve chiamare?» Che Riry abbia un ragazzo o uno spasimante o qualcosa del genere? In questo caso devo assolutamente saperne di più. Altrimenti chissà come si concia questa quando deve uscire con lui! E.. ohh** magari questo tipo conosce Ricky! Ohh, il mio Ricky! Mi manca già. Dopo  lo richiamo, checchè ne dica questa secchiona.
Arianne sbuffò, rassegnata al fatto che probabilmente sua sorella ora non l’avrebbe lasciata vivere senza sapere ogni dettaglio. Di cosa poi? Lei stava aspettando che quel pezzente di Rocco la chiamasse per raccontargli cos’era successo il sabato precedente a Sophia! Non era mica un ragazzo che le interessava. Certo, non si poteva dire che a lui non interessasse lei. Sì, invece, a lui non interessava niente di lei, altrimenti non avrebbe avuto da fare con quell’ ochetta bionda di ... com’è che si chiamava? Ah, Linda. Che nome, poi. Pff. Probabilmente non l’avrebbe nemmeno chiamata, magari sarebbe uscito con la tizia. Bene, perfetto, non aveva bisogno di lui. Gianluca sarebbe stato più che disposto a raccontarglielo al posto suo.
« Riry,  non è che hai voglia di rispondere? » si scaldò di nuovo, la maggiore.
« Un mio... » amico? Pff. Noi non siamo amici. « un ragazzo. »
Di nuovo l’irritazione sparì, lasciando posto ad un’ incredibile ed inatteso entusiasmo. « Davvero?!»  trillò, Genevieve. « Il tuo ragazzo? »
« No,  Rocco non è il mio ragazzo, Gen » soffiò la minore.
« Rocco, eh? Dopo pranco chiamo Ricky e chiedo se lo conosce! »
Arianne alzò le braccia e le lasciò ricadere sui fianchi. « Ti ho detto che il telefono serve a me! »
« Sei pallosissima, Riry! » si lamentò quella dagli occhi azzurri.
« Smettila di chiamarmi così, non ho più cinque anni! »
« Come sei suscettibile, Riry  » la prese in giro, dispettosa.
« Smettila. Vai ad aiutare la mamma in cucina, piuttosto! »
« Vacci tu! » sbottò la maggiore.
« Stai calma, Gen! Il mio turno era ieri, oggi tocca a te. »
La diciassettenne strinse forte i pugni ed emise un suono simile ad un ringhio. « Dio! Non vedo l’ora di avere diciotto anni e di andarmene di qui! Siete tutti così insopportabili! » sbottò uscendo dalla stanza, diretta in cucina.
Arianne rimase qualche secondo ad osservare la porta spalancata, ancora disorientata dagli sbalzi d’umore di sua sorella. Ma era matta quella?
Si liegò i capelli in una coda alta e raggiunse sua madre in cucina, trovandosi Genevieve tranquillamente seduta a tavola, che mandava messaggini a raffica.Comoda, eh? 
Sua madre intercettò il suo sguardo e ridacchiò, capendo al volo ciò che esso significava. « Mi dai una mano, Ary? »
La ragaza annuì e prese la tovaglia dal secondo cassetto sotto la televisione, ignorando il « Ecco, dalle una mano, Riry! » Chiudi quella dannatissima ciabatta! , pensò, ma non lo disse, sperando che la sua buona condotta nei confronti della sorella avrebbe giocato qualche punto a sua favore nel sempre più prossimo litigio per il monopolio del telefono di casa.
Genevieve continuò a lanciarle frecciatine per tutto il tempo che Arianne impiegò per apparecchiare la tavola, riempire la brocca dell’ acqua e posizionare il pane sul tavolo. Si potevano tranquillamente udire le vene della ragazza pompare sangue a velocità assurde, mentre lei si tratteneva dal rispondere a tono alla sorella. Appena arrivò il padre delle ragazze, tuttavia, Gen cors eincontro all’ uomo, trasformandosi nella versione carina e coccolosa che mantenne per soli venti minuti prima di tornare al suo cellulare e alle frecciatine.
Arianne schiumò di rabbia per tutto il pranzo, continuando tuttavia a sopportare in silenzio tutte quelle frecciatine, finchè la sorella non si stufò di infierire e si dedicò completamente ai suoi SMS.
« Cosa ne pensi, Gen? » domandò suo padre, riferendosi ad un argomento random che Arianne non aveva afferrato, persa com’era nei propri pensieri. Stava ancora maledicendo mentalmente sua sorella e Rocco. 
« Eh? » fece Genevieve, smarrita. « Dici a me? »
Nooo! Ma che dici? Per me parla con me. No, aspetta io mi chiamo Rir- dannazione! Io mi chiamo Arianne, quindi non diceva a me. Che dicesse con lei, sua maestà? Anzi, vostra maestà. Lunatica che non sei altro. 
« Vieni tu con me a portare da mangiare ai cani della zia? » Oh, già, i cani, ricordò Arianne. I suoi zii erano partiti per una vacanza di qualche giorno e nell’ assenza toccava a loro padre portare loro il cibo. Tuttavia voleva sempre la compagnia di una delle figlie, per passare un po’ di tempo con loro, supponeva la minore.
« Non so, aspetto una chiamata oggi. » 
Ad Arianne cadde la mascella e rimase a bocca aperta, a fissare sconcertata sua sorella, che le rivolse un’ occhiata interrogativa.
« Ary? »
« Papà, non è vero che lei... » Non doveva fare la lagnosa spiona, lei non era così! « Io veramente... » Ma a che sarebbe servito chiedere di rimanere a casa? Tanto alla fine Rocco non avrebbe chiamato, quindi era inutile. « ...ok, vengo io. » accettò, infine. Almeno si sarebbe distratta da quella stupida serie di pensieri che continuava a tormentarla, soprattutto dal pensiero di quella strana sensazione che l’aveva pervasa, per qualche secondo, quando Rocco le aveva afferrato il polso. Si costrinse a smettere di pensare a certe fesserie, e annuì, per dare più enfasi alla sua frase.
« Non doveva chiamarti qualcuno? » chiese sua madre, che aveva intuito qualcosa dalle frecciatine che le mandava continuamente Genevieve.
« Sì, ma non è nulla di urgente. Potremo parlarne anche domani a scuola » rispose la figlia, pulendosi la bocca con il tovagliolo. « Vado a iniziare i compiti. Quando vuoi andare chiamami, papà » proclamò dileguandosi in camera sua.
Estrasse dalla cartella i libri e i quaderni, poi prese l’astuccio e controllò cosa avrebbe dovuto fare sul diario. Troppi compiti. Aveva veramente troppi compiti, era insopportabile passare tutto il tempo sui libri, fortunatamente ogni tanto usciva con le ragazze o con Romolo, altrimenti forse sarebbe impazzita.
Sentì bussare alla porta e si stupì. « Avanti »
La sua sorpresa crebbe vedendo entrare sua sorella con un sorriso consapevole in volto. « Ho detto a papà che vado io con lui. In fondo io sono sempre al telefono, e una volta che aspetti una chiamata è giusto che tu sia a casa per rispondere » spiegò, con aria matura. Quando aveva questi momenti di responsabilità ad Arianne quasi sembrava simpatica.
« Oh. Grazie » disse, realmente sorpresa dalla decisione di sua sorella. Forse il fatto che Gen fosse lunatica non sempre era sintomo di guai. « Ti devo un favore »
Lo sguardo della ragazza si illuminò quando lei rise di cuore. « Certo che me lo devi, quindi quando tornerò mi racconterai cosa ti ha detto il tuo non-ragazzo per filo e per segno! » le fece l’occhiolino.
La minore stava per obiettare, ma la maggiore era già sparita, soddisfatta della maturità dimostrata in quella situazione. Arianne sospirò, e scrollò il capo. Sua sorella era proprio strana. Dire che era lunatica era minimizzare! Ora non sapeva se ringraziarla o odiarla per ciò che aveva fatto. Ma forse, doveva andare così: lei doveva rimanere a casa ad aspettare quella chiamata, a scacciare Rocco dalla sua testa a suon di equazioni, nozioni di storia e costrutti latini, mentre Gen stava con papà a dare da mangiare ai cani degli zii. Sospirò e decise che era meglio darsi da fare se voleva allontanare quel pazzoide dai suoi pensieri e finire i compiti entro la mattina seguente.
E se quel cretino non mi chiama, chiederò a Gianluca di raccontarmi ciò che è successo, questo è poco ma sicuro.
Annuì per accrescere l’ufficialità di ciò che aveva appena pensato.
Estrasse la penna dall’ astuccio e stava per iniziare a segnare gli esercizi sul libro di matematica, quando la sbattè con forza sulla scrivania. 
Io nemmeno ce l’ho il numero di Gianluca, dannazione!

 

 

 

« Io sono un geniooo! Io sono un geeeenio! »
« Chiudi il forno, Ago! »
« Ma... io sono un geniooo! Io sono un geniooo! »
« Se non chiudi quella bocca sarai un genio senza denti entro quattro secondi netti! » sbottò Francesco lanciando all’ amico il libro di storia. Erano tutti a casa di Steve a studiare per l’interrogazione di storia del giorno seguente. In realtà erano stati tutti interrogati tranne Francesco, ma i ragazzi erano stati presi da un’ insana voglia di aiutarlo a studiare per evitarne la bocciatura ormai garantita.
« Parlate piano, parlate piano! » sussurrò Steve, istericamente. « Papà odia il caos se sentisse i vostri urli mi farebbe …»il ragazzo indugiò, non sapendo come esprimere bene il concetto senza cadere in volgarità.
«… un culo così » tagliò corto Francesco. « Ok, hai ragione. E poi tuo padre mi da i brividi »
« Io sono un genioooo! Io sono un geeeniooo! »
« Da i brividi pure a me, a volte. Però a conoscerlo non è severo quanto sembra » annuì Steve.
« Già, sarà anche peggio! » rise il biondo, subito imitato dall’altro.
« Io sono un geeenioooo! Io sono un genioooo! »
« Perché Gigi non è venuto? »domandò Gianluca, dopo aver sbuffato sonoramente. Rocco gli stava facendo venire il mal di testa.
« Bè… » indugiò Steve, cercando di non essere scortese nei confronti dell’ amico.
Lanciò un’ occhiata in tralice al moro, e fece, con sarcasmo: « Oh. Forse avrebbe disturbato lo studio con tutte le sue solite chiacchiere da femminuc-»
« Io sono un genioooo! » Gianluca non era nemmeno riuscito a concludere la frase.
« CHIUDI QUELLA DANNATISSIMA BOCCA, DANNAZIONE! » sbottò il riccio lanciando il libro di storia addosso all’ amico.
Rocco trasalì e sbatté contro la porta che si era aperta di scatto. Cadde seduto per terra e quasi gridò di paura quando si trovò di fronte il padre di Steve. 
« Ciao, papà » questi arrossì, quando lo vide entrare. Parli del diavolo
L’uomo grugnì un saluto, poi scrutò severamente tutti i ragazzi seduti attorno al tavolo e quello per terra, ai suoi piedi. « Salve! » esclamò Rocco, a disagio, ma cercando di suonare cortese.
Il padre di Steve grugnì di nuovo. « Le persone civili sanno rispettare il prossimo. » disse, severo. « Gridare, lanciare oggetti, comportarsi da bambini non sono azioni rispettose. Steve, dovresti assicurarti che i tuoi amici conoscano il rispetto prima di portarli a casa, per rispetto a me e a tua madre.»
Il ragazzo abbassò il capo. « Hai ragione, scusami papà. Ma … loro conoscono il rispetto. Solo che si erano fatti prendere la mano… »
« E’ inutile conoscere se non si mette in pratica » tagliò corto lui, uscendo dalla stanza e richiudendosi la porta alle spalle.
Tutti e quattro sospirarono.
« Visto che hai combinato?! » sibilò Rocco, restituendo il libro a Gianluca.
« Ah, io?! »
« Non ero io che lanciavo libri!»
« Non ero io a correre per la stanza gridando! »
Rocco fece una smorfia. Ma era ovvio, no? « Ma io sono un genio, Gu »
« Non chiamarmi così! »
« Ma Soph ti chiama così! »
Francesco fece una smorfia. « Ma lei è una piattola »
Gianluca lanciò ad entrambi un’ occhiata in tralice e si sedette al suo posto. « Tu dovresti solo stare zitto, Fra» brontolò, sfogliando il suo libro, ormai tutto sgangherato, visto che non era la prima volta che veniva lanciato contro il frizzantissimo Agostini.
« Sophia non è una piattola » obiettò Rocco, tristemente. Gli dispiaceva che tra il suo migliore amico e la sua migliore amica ci fosse tutto questo astio. Gli dispiaceva soprattutto il fatto che lui fosse così stronzo nei confronti di lei, che da parte sua cercava in tutti i modi di non averci a che fare, limitando il più possibile i conflitti, cosa che ad Ago non poteva che andare bene.
Francesco sbuffò. « Mi sembra solo una perbenista piagnona. È stata lì, depressa per giorni … e per cosa? Ve l’ha detto almeno? »
« No, non ce l’ha detto. Ma l’abbiamo capito comunque » rispose Steve, vedendo che gli altri non rispondevano. Era un argomento un po’ spinoso, quello. Steve non si era mai sporto in giudizi e cercava il più possibile di evitare argomenti così conflittuali.
Il biondo rise, beffardo. « Tanto è colpa mia. Nemmeno fossi una specie di bambolina maledetta proveniente da qualche paese dal nome impronunciabile che porta disgrazie! Cazzo, ma a che serve riunirci qui a studiare? Qualcuno di voi ha mai pensato che forse io preferisca farmi bocciare e avere una scusa plausibile per andarmene da quella cazzo di scuola?»
Gianluca strinse i pugni. « Non fare la vittima, ora. Almeno potevi evitare di baciarla. C’erano tanti modi per sviare quei cazzoni, non c’era bisogno di baciarla. Un minimo di coerenza, cazzo! »
« Cos’è sei geloso? »
« Ma non dire cazzate! » sbottò il riccio.  « Però ho un briciolo di cervello e sono in grado di rispettare le persone! »
Ago rise. « Il papà di Ste non la pensa così » commentò, cercando di alleggerire la tensione.
« Chiudi il becco » berciò Francesco. « E tu » tornò a rivolgersi al riccio. « fatti i cazzi tuoi. La vita è mia, no? Posso farne quel cazzo che mi pare. Siamo in un paese libero, no? »
« Non è questo il discorso! Allora lei era libera di non avere niente a che fare con te, ma tu evidentemente non capisci il concetto!»
Francesco si alzò dalla sedia. « Senti, sei mio amico e tutto, ma permettimi di mandarti a fanculo una buona volta. Fatti i cazzi tuoi, so io come vivere la mia vita! Ma hai ragione, magari la prossima volta la lascio in quel cazzo di vicolo con quei cazzo di coglioni e vediamo che succede, ok?! Ma sai qual è il punto, moralista di merda? Che se l’avessi fatto, voi non me l’avreste perdonata. Il punto è che, qualunque cosa succeda, la versione di quella bambina di merda è sempre quella giusta. Bene, hai una nuova amica? Tienitela e non rompere il cazzo a me. »
« Ah sei figo così, vero? » ringhiò Gianluca, alzandosi a sua volta. Era più basso di lui, ma lo fronteggiava bene. Insomma, di certo non avrebbero fatto a botte, ma anche se fosse successo non gliene fregava nulla.
« Cosa dici? »
Il riccio abbassò il tono e si sforzò di parlare con tranquillità. « Non è che perché fai il figo dobbiamo tutti ascoltare ciò che dici e non dire la nostra. Siamo stati zitti abbastanza ad ascoltare le tue battutine su Sophia e a non replicare quando raccontavi la tua versione dei fatti e pretendevi di avere ragione. Questo è fare il figo. Ammettere i propri errori, chiedere scusa, evitare di incazzarsi con tutti quelli che ti fanno notare una grinza nelle tue idee perfette è essere una persona matura. Dire ai tuoi amici di farsi i cazzi loro equivale a dire di non essere tuoi amici. Ma fai quel cazzo che vuoi, Fra. Adesso studia quella cazzo di storia, non vogliamo farti perdere l’anno perché nonostante tu voglia fare la vittima, noi siamo amici tuoi.  Cazzo. »
Per qualche istante nella stanza cadde il silenzio, poi Steve si azzardò ad annuire e Rocco iniziò a battere le mani. Per qualche istante aveva seriamente temuto che quei due facessero a botte, che il loro gruppetto scoppiasse o peggio, che l’inquietante padre si Steve tornasse nella stanza e facesse loro un’ altro discorso sul rispetto fulminandoli con quel suo sguardo da brividi. « Ora studiamo? Se domani il nostro amico chiacchierone fa buco mi interroga di certo » rabbrividì pronunciando la frase. In realtà stava ancora pensando al padre di Steve. Ridacchiò, mentre gli altri acconsentivano ed estraevano il materiale. « Hey, Ste » sussurrò, più piano che poteva. « Vuoi sentire cosa mi è venuto in mente?»
«No» risposero Francesco e Gianluca in coro.
Lui rise e continuò. « Tuo padre e la Matti potrebbero essere la stessa persona solo con i capelli di colori diversi »
« Sst! » lo zittì Steve, in una perfetta imitazione della professoressa di latino e storia che fece scoppiare a ridere gli altri tre.
Rise anche lui, mentre cercava la pagina giusta.

 

 

« Riryyy! » non appena il portone di casa si era aperto, Genevieve si era scaraventata in camera della sorella pronta a controllare con chi fosse al telefono e ogni sua espressione. Quella che lesse sul volto di Arianne, tuttavia non le piacque per nulla. « Ti ha mollato!! » sbottò incredula e frustrata. « Che cane! Queste cose non si fanno al telefono, cacchio, dovrebbe saperlo … com’è che si chiamava poi? Rocco. Pff. Uno con un nome così … cosa vuoi sperare che capisca, Riry! Non pensarci, non ti merita! »
Arianne strabuzzò gli occhi. « Che diamine dici?! Non stavo mica con lui! Io praticamente sto con Romolo, e poi figurati se mi interessa di quel… quell’anormale! »
Gen si zittì. « Non ti ha mollato? » domandò, spaesata.
«No». E come avrebbe potuto? Nemmeno stiamo insieme!
La maggiore battè più volte le palpebre. « E allora che è quella faccia? »
« La mia? » suggerì l’altra.
Gen incrociò le braccia e si posò allo stipite della porta. « Sembra ti sia morto il cane. »
« Non è vero! »
« Sì, invece. »
« Non dire sciocchezze, Gen! Sei tu che hai una fervida immaginazione! »
« Guardati, Riry! Sembri più morta che viva! Che è successo? »
Lei sbuffò. « Che vuoi che sia successo, scusa?! »
Genevieve la scrutò intensamente per qualche attimo, poi annuì. « Ti ha dato un due di picche telefonico»
« Un che?!?! » Ma siamo matti!? Questa telefono-dipendente si inventa anche terminologie idiote?! Due di picche telefonico. Pff. Devo segnarmela, questa.
« Sì, insomma… ti ha dato buca telefonicamente »
Note per me stessa: procurarsi un dizionario Genevievese-Italiano, Italiano-Genevievese. Ora ho finalmente capito perché non capisce o non mi crede mai quando le dico qualcosa. « Una buca telefonica…?» 
« Oh, insomma! Non ti ha chiamato! »
Arianne fece una smorfia.
« Ci ho azzeccato »
« Sì, Gen, ci hai preso. Ma non è un problema. Doveva raccontarmi una cosa che è successa a una mia amica, ma forse è meglio se lo chiedo direttamente a lei, no? Non era così importante, avrei dovuto pensarci prima, chiedere a lei sarà la cosa migliore » annuì vigorosamente per auto convincersi. Proprio così. E non mi sento ferita perché non mi ha chiamato, no. Non mi sento affatto ferita. Sono irritata, ecco. Perché Agostini è un vero maleducato! Come può dire una cosa e poi non farla?! Maleducato, ecco. Sono irritata dalla maleducazione di quell’ anormale indisponente. Bene. 


In der Ecke - Nell'angolo

Salvee! Lo so, lo so, sono DI NUOVO in ritardo. Chiedo venia.^^
Sta mattina qui ha tirato il terremoto o_o sono scioccata. Tra Forlì e Cesena una scossa di magnitudo 3.7 della scala Richter. Ma non è questo lo shock. La cosa scioccante è che mi ha svegliato. °° Non ho mai fatto così presto ad alzarmi dal letto, giuro! E sono venuta quasi subito al computer... solo che mio fratello si era appostato al mio pc -il mio cuuucciolo! il mio Nicola** ( parla del computer -.-' Sì, ha un nome. ndEva)- appena ritornato, e io ho dovuto usare il suo. Ma appena ho aperto internet ha voluto scambiarsi di nuovo i computer, perchè aveva finito di fregarmi canzoni per l'mp3... HEY! Mi sono dimenticata la cosa più importante di tutte!
Questo capitolo è dedicato a marypao, creatrice della piccola grande Genevieve! Spero che il capitolo sia all' altezza delle tue aspettative, ma sopratutto che Gen lo sia. Non vorrei che la sua telefono-dipendenza facesse a pugni con la tua idea di lei. >w< *si fa prendere dall' ansia*
Eva: *le da una martellata in testa e la fa cadere svenuta* Ora piantala, mi dai sui nervi quando diventi ansiosa. èwé Sì, è momentaneamente morta, quindi siete salve! XD
Alla prossima, ragazze! Provvederemo a rispondere alle recensioni... subito! ^^
Ehm... piccolo post scriptum per Penny Black: Yv0 crede di averti già risposto alla recensione... se non l'ha fatto -non si ricorda- faglielo presente e risponderà in itinere, o eventualmente insieme alla prossima recensione. Perdonala ^^"

Ci scusiamo per il linguaggio scurrile di Gianluca e Francesco, ma purtroppo, si sa, i ragazzi quando sono arrabbiati non riescono ad esprimere bene i concetti senza infilarci qualche parolaccia o bestemmia in mezzo. Noi siamo CATEGORICAMENTE contro le bestemmie e non ne scriveremo mai, ma le parolacce non crediamo sia il caso di censurarle. Insomma... non credo che ci sia nessuno che si scandalizzi per qualche parolaccia. Nel caso però a qualcuno diano fastidio, ci scusiamo, ma anche questa è una caratteristica che differenzia i personaggi, una parte del loro carattere.

Un sacco di scuse e un abbraccio rotolante -che vi verrà recapitato non appena lei si riavrà- da parte di Yv0.

Grazie dell'attenzione e buon proseguimento di giornata! ^^
Eva

( Sembri quella del telegiornale.. Cesara!** ndYv0 )
( TACI! *le da un'altra martellata* ndEVA)
(*sviene* ndYv0)

  
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