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Autore: Gloom    06/09/2010    1 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Siamo diventate pattinatrici professioniste!- Esclamò una voce all'improvviso.

Maddalena e Silvana si erano avvicinate, trascinandosi dietro la ragazza dagli occhi blu. 

-Questi sono Corrado, Sergio e Adriano. Ragà, lei è Carolina. E da qualche parte ci dovrebbe essere Gemma... bé, è la pazza che va a tutta velocità-.

Salutammo Carolina, mentre lei ripeteva i nostri nomi per essere sicura di ricordarseli.

Dopo un po' ripresero a pattinare, mentre noi le seguivamo barcollanti... non ci misero molto a distanziarci.

All'angolo della pista le aspettava la ragazza che si chiamava Gemma. Si era levata il cappotto e la sciarpa, ma il cappello le copriva sempre il viso.

Disse qualcosa a Maddalena, e lei annuì. Mi sembrò di vedere Gemma arrossire da quel poco che si vedeva del suo viso, poi riprese a pattinare dandosi una spinta talmente forte che i capelli le si alzarono sulla schiena scompigliandosi ancora di più, cosicché quando le raggiungemmo lei era già lontana.
 -Non si ferma mai?- Chiese Sergio ammiccando a lei.
 -è un po' scema- rispose Carolina, scuotendo la testa sorridente, come se l'amica avesse fatto un errore che ci si aspettava.
 -Accidenti, come vi volete bene!- esclamai sarcastico.
 -Ma lei lo sa, è lei la prima a dirlo. Comunque è solo timida- aggiunse alzando le spalle.
 -Oh. Contenta lei. Che classe fai?- Le chiesi.
 -Siamo al piano sopra al vostro, sezione b-.
 -Ah, anche voi avete la Tediani...-.
 -Già, ma a greco e latino. é un supplizio...-
  Cominciammo a chiacchierare del più e del meno, mentre scoprivo di trovarla estremamente piacevole.

Sapeva parlare, sapeva muoversi, pareva essere venuta al mondo apposta per far vedere come dovrebbe essere una persona. Era simpatica: riusciva a fare le battute giuste al momento giusto, e quando rideva le si formava una buffa rughina tra le sopracciglia.

Poi cominciò a nevicare: erano dei fiocchetti piccoli, impalpabili, ma li vidi comunque intrecciarsi nei suoi capelli.
 -Oh no!- Mormorò lei alzando lo sguardo. Si scosse i fiocchi dalla testa e si alzò il cappuccio della felpa: -meglio ce tu non veda i miei capelli quando c'è umidità nell'aria- ghignò.

-Ehi, io sono qui per pattinare!- Esclamò poi, come riavendosi -Come te la cavi tu?-
 -Benissimo, sono nato con i pattini ai piedi, io... Dico ma mi hai visto? A malapena mi reggo in piedi!- Risposi ridendo.
 -Non c'è problema; impariamo un po'. Vieni!-. Mi prese per il polso e mi trascinò quasi volando sui pattini.
 Mi piacque pattinare con lei: mentre i fiocchi di neve le danzavano attorno, piroettava e scivolava come se la cosa la riempisse di gioia. Chissà quanto tempo ci aveva messo per imparare...

La musica che si diffondeva dagli altoparlanti cominciò a suonarmi familiare alle orecchie: ero certo che fosse una canzone del gruppo preferito di Raffaele, dato che ormai ero abituato a sentirla fino alla nausea quando la metteva allo stereo. Mi sembrò appropriata per il momento, sebbene mi sfuggisse il titolo. Carolina mi prese per i polsi, poi mi trascinò dietro di lei.
 -Ferma, fermaaa!-

I pattini non rispondevano più ai comandi: sentii il baricentro indietreggiare sempre di più, mentre invece lei cercava di evitarmi una caduta tirandomi i polsi verso di sé:
 -Piegati in avanti!-.

Troppo tardi: i pattini scivolarono in avanti trascinando dietro di loro tutto il resto del corpo, e mi ritrovai con il fondoschiena dolorante e ghiacciato.

Carolina riuscì a rimanere in piedi, ma mi cingeva ancora i polsi. Scoppiò in una risata talmente forte che le vennero le lacrime agli occhi. Partì il ritornello della canzone.
 -Pazza! Sei una pazza! E ora come mi rialzo?- Chiesi, cercando di rimettermi in piedi senza toccare con le mani il ghiaccio troppo freddo.

Senza smettere di ridere, lei piantò il piede destro sul ghiaccio e fece forza per tirarmi su.
 -Quanto sei aggraziato! Che spettacolo!- Rise.

Qualcuno ci si avvicinò.
 -E anche Corrado è caduto!- Riconobbi la voce di Raffaele.
 -è colpa sua!- Esclamai indicando Carolina. Scossi la neve dai pantaloni e mi voltai verso lui e Angela.
 -Siete fratelli?- Chiese Carolina accennando a Raffaele -vi somigliate come due gocce d'acqua, è spettacolare-.

Raffaele annuì:
 -Siamo gemelli. Tu sei...?-.
 -Carolina. Voi?-.
 -Io Raffaele, lei Angela- si diedero la mano.
 -Oh, tu sei la ragazza che è arrivata qualche tempo fa in classe di Maddalena e Silvana?- Chiese Carolina. Angela annuì, abbassando lo sguardo.
 -Lo sospettavo, mi avevano parlato di te. Com'è che sei venuta qui a Polverano?-
 -Ehm, perché...ecco...- Angela si morse il labbro, poi partì: -è che abbiamo ereditato una casa e siccome c'erano da fare dei lavori alla casa in città siamo venuti qui...- Parlò senza riprendere fiato, come se temesse che le parole potessero sfuggirle se non le avesse dette in tempo.

Notai che aveva detto "Siamo venuti", usando il maschile: piccolo stratagemma per evitare altre scomode domande.
 -Oh. Bé, comunque credo che tu abbia già capito che tipo di posto è Polverano...niente di speciale, ma ci si sta bene-.
 -Già...all'inizio mi sembrava molto peggio- sorrise Angela.

Lo sguardo azzurro di Carolina saettò prima su Raffaele e poi sulla sua mano intrecciata a quella di Angela prima di risponderle:

-Si vede che ora stai meglio. Mi fa piacere-. Angela arrossì, distogliendo lo sguardo.
 -è quasi finito il nostro turno- fece Raffaele controllando in numeretto che gli avevano dato.

Notai che rimanevano solo una decina di minuti allo scadere dell'ora a noi concessa.
 -Un'ora e non hai ancora imparato a pattinare come si deve...che delusione- esclamò sarcastica Carolina.
 -Se volessi potrei pattinare meglio di te!- La rimbeccai.
 -Scommettiamo?- Ghignò arricciando l'angolo della bocca.
 -No no, meglio di no!- Sorrisi, temendo per il mio già troppo provato coccige.

Lei alzò le spalle, poi con un "come ti pare" piroettò e raggiunse le altre amiche al capo opposto della staccionata. Raffaele e Angela mi guardarono con lo stesso sorrisetto complice sul viso.
 -Oooh Corrado, ci manca poco che quella ti salti addosso! L'hai presa!- Disse Raffaele.
 -è simpatica. Secondo me state bene insieme- Aggiunse Angela.

Io guardai Carolina che pattinava tenendo per mano Maddalena. Rimasi un po' a fissarla, pensando a quello che avevo scoperto mi mancava in quegli ultimi tempi.
 -Non è per niente male- considerai.
 -Non è male? Dillo come si deve: quella è un gran bel pezzo di...- Angela diede una gomitata tra le costole a Raffaele prima che lui potesse finire la frase. 

-Scherzavo!- le disse passandole un braccio intorno alla vita. Lei scosse la testa affettuosamente e poi si rannicchiò contro di lui.


 "I numeri dal 46 al 68 compresi hanno finito il loro turno. Dal 46 al 68 compresi..." la voce dell'altoparlante interruppe i miei pensieri riportandomi sulla realtà. Barcollante, mi avvicinai all'uscita della pista.

Aveva ragione Carolina, un'ora e non ero riuscito a imparare nulla...sorrisi. La giornata era stata comunque fruttuosa. Insieme ai miei amici ci levammo i pattini e infilammo scarpe da tennis, stivali o scarponi, a seconda del proprietario, poi ci appoggiammo alla staccionata a chiacchierare un po' prima che ognuno di noi si riavviasse verso casa. Dopo un'ora passata in bilico su due lame, con le scarpe ai piedi sembrava di volare.
 Carolina e l'amica pattinavano veloci, come se stessero facendo a gara, evitando all'ultimo secondo altri pattinatori che spesso si giravano per mandarle in qualche posto ben preciso. Lei se ne infischiava e rideva, rideva, a volte salutando altri amici, a volte fermandosi a riprendere fiato. Era davvero carina.

A un certo punto si avvicinò alla staccionata sulla quale eravamo appoggiati noi.
 -Avete finito il turno?- Chiese. Noi annuimmo.
 -Tra un po' ci tocca uscire anche a noi. Ehi, perché non mi date i vostri numeri di cellulare?- Cacciò un telefonino dalla tasca della giacca, pronta a scrivere.

Noi dettammo le nostre cifre, poi lei fece uno squillo a tutti noi, tranne a Silvana e Maddalena che ovviamente già lo conoscevano a memoria.

Ci salutò e tornò a volare sul ghiaccio. Insieme ai miei amici mi voltai per tornare a casa.

Prima che la pista sparisse dietro una curva, mi girai un'ultima volta per vedere se Carolina fosse a portata del mio occhio. Non la vidi, in compenso però riuscii a vedere l'altra amica appoggiata al posto che avevamo lasciato da poco. Si era levata il cappello e mi fissava con uno sguardo spento. Fissava me?

Carolina la raggiunse. Le sussurrò qualcosa all'orecchio ed entrambe scoppiarono a ridere, poi ripresero a pattinare. Prima di partire Carolina si voltò verso di me e arricciò l'angolo della bocca nella stessa smorfia che aveva quando mi aveva sfidato sui pattini.
 -Ehi Raffa, mi è sembrato che mentre pattinavamo avessero mandato una canzone di quelle che piacciono a te...Come si intitolava?- Chiesi a mio fratello. Lui sghignazzò:
 -Come sarebbe, ti sei concentrato sulla musica mentre Carolina ti pattina davanti? Cadi in basso...comunque hai ragione, erano i Chili Peppers. La canzone è "Snow"-.

  
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