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Autore: rose07    07/09/2010    2 recensioni
Valeryn e Vittorio sono cugini di terzo grado, belli, simpatici e molto affiatati.
Inaspettatamente, entrambi si prendono una cotta per l’altro, alimentando una lunga catena di guai; lei è fidanzata con il migliore amico di lui.
Ma non è finita qui: quale segreto nasconde la famiglia di Vittorio?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubi maior minor cessat'
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Erano passate alcune settimane da quando Vittorio aveva scoperto di essere stato adottato. Il dolore sbiadiva passo a passo e non faceva fatica a stare insieme alla sua famiglia; ormai aveva saputo quello che c’era da sapere, aveva capito i loro motivi e perdonato i loro errori. D’altronde, loro erano i suoi cari. 
Ogni tanto gli capitava di pensare a Marta, ma ciò non lo disturbava o ossessionava affatto. Provava compassione per quella ragazza che era la sua vera madre, ma per la quale non sentiva effettivamente il bene che provava per Mena, che era la donna che lo aveva cresciuto come tale. 
Scese le scale preparandosi ad un’altra barbosa giornata di scuola. Fortuna che maggio era arrivato e quell’aria quasi estiva lo faceva sentire bene. Arrivò in cucina sbadigliando, trovando un Ross indaffarato a leggere il quotidiano. Gli tirò uno sberletto sulla nuca. 
«Ehi, come hai osato?!» si lamentò quello. 
Rise. 
«Eddai fratellone, sei ancora arrabbiato perché ho detto a tutti che sei incinto 
Ross alzò la testa dal giornale guardandolo dapprima torvo; poi gli si scaraventò sopra. 
«Brutto pidocchio, adesso ti senti grande solo perché hai guidato la mia auto appena aggiustata?! E poi incinto non sono certo io, idiota, è Nicole, ci senti? N I C O L E!» 
«Eh sì, non c’è bisogno che fai lo spelling!» Vittorio tentava di liberarsi dalla presa del fratello, che lo teneva serrato e gli scompigliava i capelli. 
«E bada per te!» esclamò infine Ross, lasciandolo «Altrimenti dico a tutti cosa avete fatto ieri tu e Valeryn in stanza! E non fare quella faccia, ho sentito tutto!» 
Il ragazzo fece un'espressione compiaciuta, sotto lo sguardo interrogativo di Vittorio. 
«Che cosa?» 
«Tu taci, io farò altrettanto» 
«No, lo voglio sapere!» 
«Okay, fratellino» Prese un preservativo dalla tasca «Non si lasciano le cose in giro, adesso lo faccio vedere alla mamma!» 
E rise, mentre il castano diventava ora pallido, ora rosso, ora viola. Si alzò dal tavolo e si scagliò addosso al maggiore per riprendere ciò che gli apparteneva. 
«Ridammelo, cretino!» gli urlò. 
«Nemmeno per sogno! Così impari a riferire notizie di cui non sei autorizzato!» 
Mena scese in quel momento guardandoli rincorrersi come due bambini. Come facevano quando erano piccoli. Sorrise. 
«Ragazzi, non fate chiasso di prima mattina. Natalie è stanca e sta riposando» 
«Sai quanto me ne importa!» sbottò Ross «Quella è urtante e non si fa mai gli affari suoi. Proprio come un certo Vittorio!» 
Questi gli fece la linguaccia. Ross si avvicinò per colpirlo con il giornale, ma il ragazzo riuscì a scansarsi in tempo. Allora il maggiore afferrò il preservativo e lo dondolò dietro sua madre, che intanto si era voltata a preparare la colazione. Vittorio spalancò gli occhi. Cosa voleva fare quell’idiota? Gli fece cenno di smetterla, ma il fratello rise strafottente. Lo dondolò ancora, finché Vittorio riuscì a cavarglielo dalle mani. 
«Come ci sei riuscito?!» esclamò sorpreso. 
«Pratica, solo pratica» rispose il castano, nascondendo l’affare in una tasca dei jeans «E riflessi. Soltanto che tu stai diventando troppo vecchio e non riesci a muoverti» 
«Piccolo pivello di merda! Mi prendi in giro?!» 
Mena sentendo le discussioni di quei due, sorrise. Che bello vedere la sua famiglia nuovamente riunita, con le solite cose seppur infantili... Adesso però stavano esagerando e le stava venendo un gran mal di testa! 
«Volete smetterla? Vi stacco gli occhi a entrambi se non vi date una calmata! Mi state facendo venire i capelli bianchi!» esclamò. 
«Posso vederli? Eh, mammina, posso vederli?» Ross si sporse vicino alla sua testa, ma la donna lo colpì nelle dita con un cucchiaio. 
«Ahi, ma sei una bestia!» si lamentò. 
Vittorio rise facendogli una linguaccia, mentre lui si teneva la mano dolorante. Nel frattempo qualcuno aveva suonato il campanello e il ragazzo si precipitò a rispondere. 
«Chi è?» 
«Il lupo mangia frutta» rispose qualcuno. 
Vittorio non capì. Suo fratello gli faceva ancora gestacci dalla cucina. 
«No, dai, chi è?» ripeté. 
«Come chi è!? Ma è idiota, 'sto qui» commentò una voce molto familiare, forse appartenente a Daniel lo scellerato. 
«Smettila, Dan, sicuramente ha ancora sonno» suppose essere Censeo chi lo difendeva. 
«Se non riesce a riconoscere la sua voce è grave!» 
«Ma devi essere sempre così rompipalle?» 
«Senti, Alex, già è tanto se sono venuto a prendervi stamane!» 
Lui ridacchiò. Quanto amava i discorsi dei suoi amici? 
«Chi ti voleva, non ho capito» sbadigliò Carmine. 
«Ha parlato il traditore!» 
«Almeno io ho una ragazza che non chiamo prima “o sole mio” e dopo le rinfaccio quanto è grassa» 
Daniel grugnì. 
«Tu e il nano di Censeo mi state letteralmente sul gioiello di famiglia destro, cavolo!» 
«Ehi, ci date un taglio?» li rimbeccò la voce di prima «Di sopra hanno seguito tutto. Regolatevi almeno di prima mattina» 
«Scusa tanto, Eli’, ma come vedi sono capitato in un gruppo di becchini comunisti» 
Sicuramente Daniel aveva guardato tutti in cagnesco. 
Un momento... aveva detto Elia? Ma allora era lui. Era proprio Elia! Come diamine aveva fatto a non riconoscere la sua voce? La voce del suo migliore amico? 
«ELI!» lo chiamò dal citofono «Sei tu?» 
«No, il corvo!» rispose Daniel, sarcastico. 
Lo zittirono con delle gomitate. 
«Esatto, ti sei svegliato finalmente» e sorrise «Ti aspettiamo giù» 
«Non ritardare, te lo dico col cuore» aggiunse la testa di medusa. 
Vittorio scosse la testa. 
«Scendo subito» 
«Bravo, spaventati!» ghignò Daniel, trionfante. 
«Parlavo con Elia, non con te, stupida faccia da culo!» e riattaccò, mentre gli altri esplosero in un applauso per aver messo k.o Daniel. Un grande Vittorio. Sempre, si disse il biondo, e poi si morse il labbro. 
«Io scendo» annunciò prendendo incurante lo zaino «Mi aspettano i ragazzi» 
Mena lo guardò apprensivo. 
«Non hai mangiato nulla, tesoro» 
«Fa’ niente, chi se ne frega, mamma» si avvicinò schioccandole un bacio «Ciao, salutami Ross» 
«Sono qua!» esclamò quello, con la mano sotto l’acqua corrente per alleviare il dolore. 
Rise strafottente e scese di corsa, sotto una Mena sorridente e soddisfatta. Era questo ciò che voleva da sempre. 
«Hai visto, Ross?» chiese al figlio. 
«No, con tutto il rispetto, guarda in che stato sono!» 
Lo guardò torvo per dei secondi, ma poi lanciò un sospiro di sollievo. 
«Voglio che sia felice più di ogni altra cosa» disse, guardando con affetto il punto in cui era andato via suo figlio. 
«Lo è già» commentò il ragazzo «Più di me in questo momento, sicuramente. Ahia, che male!» 
 
 
 
 
 
Scendendo per le strade del paese, arrivarono di fronte alle due scuole dove, come al solito, si accavallavano gli studenti. 
Valeryn, in compagnia di Maia, Conny e Sara, guardava impaziente quella strada vicino l’industriale che la separava dal suo Vittorio. 
Non arrivava? Non arrivavano? Ogni giorno che passava si convinceva che era lui il ragazzo di cui aveva sempre avuto bisogno, ed era sicura che anche lui la pensasse così. Non l’avrebbe abbandonata per nessun motivo. 
Maia sbadigliava di fronte a lei. 
«Se oggi la prof di disegno mi chiama, le lancio il libro di storia dell’arte in faccia» disse. 
«Non lo farai mai!» commentò Conny, scettica «Tu ti spaventi perfino ad ammazzare un verme» 
Maia fece una faccia indignata. 
«Se ti riferisci a quel vermicello color bronzo che abbiamo visto ieri pomeriggio... beh, vivi e lascia vivere!» 
«Ma faceva schifo! E mi stava salendo sui piedi» 
Le ragazze esclamarono un “bleah” inorridite. Valeryn fece una smorfia di disgusto e si concentrò nuovamente su quella dannata discesa, dove sei figure familiari venivano giù tranquillamente con la solita aria da fighi. Tutti tranne Daniel, naturalmente, che si pavoneggiava ridicolmente. 
«Medusina mia!» lo chiamava Sara, agitando le braccia. Parecchi si girarono a guardarla. 
«Ecco che mi chiama il gorilla Becks» proferì il castano, mentre Carmine sbatteva la testa. 
Le raggiunsero con dei sorrisi da ebeti stampati in faccia. 
«Avete bevuto?» li rimbeccò la riccia «Sembrate degli idioti» 
«Ma loro sono idioti, Mai» rispose per tutti il solito Dan «Specie Vittorio, che non ha riconosciuto la voce di quel ragazzo laggiù» indicò Elia, il quale sbuffò. 
«Lascialo in pace» lo difese. 
Vittorio sorrise a mo’ di rivincita, mentre Daniel guardava l’altro con aria indignata. 
«Che te lo difendevi così tanto non me l’aspettavo! Che gente perduta!» sibilò, poi fece un giro su sé stesso e raggiunse Sara. 
Vittorio strizzò l’occhio al biondo, che gli sussurrò: 
«Sei un grande» 
«Anche tu» Ridacchiarono di nascosto, mentre Daniel li guardava ancora torvo. 
Valeryn sorrise verso il suo ragazzo che adesso stava vicino al suo amico biondino e chiacchieravano tranquillamente. Notava del leggero imbarazzo tra di loro, ma forse era normale. Avrebbero recuperato il loro rapporto piano piano, e ne sarebbero usciti sempre più forti. 
Elia guardò Vittorio e s’incupì improvvisamente. Voleva parlargli, ma non sapeva se era il caso farlo direttamente. E poi dopo quell’episodio il giorno del suo compleanno... Tentò di ridestarsi, in fondo avevano solo bevuto un bicchiere di troppo, non significava niente. Era inutile pensarci e ripensarci dandogli un effettivo peso, quando era chiaro che Vittorio lo aveva probabilmente già scordato. Lanciò un sospiro. 
La campanella suonò come ogni mattina; i ragazzi sbuffarono all’unisono, si salutarono tristemente, e si accinsero ad entrare in quella bocca dell’inferno che li risucchiava allo stesso orario mattiniero. 
Vittorio salutò Valeryn con un bacio. 
«Ci vediamo più tardi. Abbiamo l’ora di educazione fisica in comune» 
«Non vedo l’ora» Si sorrisero, e ognuno entrò nella propria scuola. 
 
 
Dopo aver fatto un’ora di lezione con la scalmanata prof di disegno - Maia era sul punto di lanciarle il tomo dritto in faccia - si prepararono a fare matematica. 
La riccia richiamò l’amica da un braccio. 
«Vale, ti dispiace se Grazia passa avanti e tu ti siedi con Elia? Non ho capito una cosa e vorrei che me la spiegasse» poi guardò l’amica apprensiva, sussurrando: 
«Lo so che non fai i salti di gioia, ma siete amici, o no?» 
La castana gettò uno sguardo fugace al biondo dietro di lei. Sì, avevano deciso di rimanere amici, anche se era difficile ridere e scherzare come se niente fosse. Fece una faccia pensierosa per dei secondi. 
«D’accordo, Mai, a patto che l’ultima ora vieni a giocare in palestra» la ricattò. 
Quella alzò gli occhi al cielo e annuì. Valeryn e la sua compagna di classe, Grazia, effettuarono lo scambio prima dell’entrata della prof. 
Elia, che non si era accorto di nulla, troppo intento a guardare il suo cellulare, fece una faccia interrogativa scorgendo la morbida chioma castana di Valeryn. 
«Maia ha bisogno di spiegazioni con la matematica» spiegò «Ti dispiace se sto qui?» 
Negò con la testa. 
«Ma ti pare» rispose. 
Si scambiarono un sorriso, e la ragazza guardò di fronte a sé, ammirando la professoressa che entrava con un sorrisino sarcastico. Daniel, come al solito, era alzato. 
«Daniel Perrone, ma sempre in piedi sei?» lo sgridò. 
«Mi scusi, prof, stavo raccogliendo delle firme per cacciare Valeryn Savelli dalla classe» spiegò tranquillamente, passando un foglietto ad Elia e Valeryn. 
Il primo lesse il buffo annuncio, “Firme x la cacciata di Valerin dalla clase”. Scoppiò a ridere, passando il foglio alla compagna che strabuzzò gli occhi. Quello era veramente il colmo. 
Si alzò dalla sedia, facendo in mille pezzi la carta. 
«Ecco cosa me ne faccio delle tue firme. Et voilà!» 
Il castano fece una faccia brutta. 
«Ma cosa fai, ridammelo!» 
«Non ci penso nemmeno. Primo, perché non sai scrivere» molti risero «Secondo, perché sei talmente stupido che, mi pesa dirtelo, ma sono seriamente preoccupata per te, caro Daniel. Terzo, se non la finisci con questi dispettucci idioti, farò vedere a tutti un certo video che ho girato ad una certa gita» Tirò fuori il cellulare, minacciandolo. 
Daniel spalancò gli occhi. 
«No, il video mentre scivolo di culo, no!» 
Tutti si sbellicarono dal ridere, mentre la professoressa, seppur sogghignando sotto i baffi, dovette richiamare i due ragazzi per incominciare la lezione. 
Dopo che Valeryn si sedette aggiustandosi la capigliatura - lo faceva sempre quando era arrabbiata - e Daniel venne mandato alla lavagna per svolgere un’equazione parametrica, il biondo le disse ridacchiando: 
«Riesci sempre a tenergli testa. Non ti stanchi mai?» 
Lei alzò le spalle. 
«Ormai lo conosco. Lo fa solo per sentirsi al centro dell’attenzione. In realtà non è così stupido come sembra» 
«Già» concordò Elia. Tirarono fuori i libri di matematica e copiarono un’equazione. 
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli. 
«Come stai?» le chiese sottovoce, per evitare di venire sgamato dalla prof. 
Lei fece un sorriso splendido. 
«Benissimo. Questo periodo però poteva passare meglio» sbatté la testa, pensando a Vittorio e alla notizia della sua adozione. 
«E tu?» 
Lui alzò le spalle. 
«Non male. Ho smesso di pensare al passato...» si lasciò sfuggire. Valeryn lo guardò apprensiva. 
«Mi dispiace» mormorò. 
«Lascia stare» disse secco il ragazzo, e poi decise di aprire il discorso «Come sta Vitto, a proposito?» 
La guardò seriamente. La ragazza si torturò le mani. In linea di massima stava bene, ma non sapeva se aveva superato del tutto ciò che era successo. 
«Diciamo bene. Non sta male» rispose. 
Il biondo strinse le labbra. Doveva parlare con lei prima di dirlo a lui, doveva essere sicuro. 
«Senti, Valeryn, io ho saputo una cosa. Per giusto dovrei star zitto, ma non ci riesco. Non se si tratta di Vittorio» 
Alla castana batté il cuore leggermente più veloce. 
«Mia madre ha parlato con Mena, sua madre, e io involontariamente ho sentito ciò che si sono dette...» 
«Che dicevano?» 
Il biondo sospirò, abbassando ancora di più la voce per non farsi sentire dagli altri. 
«Non è una bella cosa» lo vide sospirare «Ho sentito che Vitto non è veramente figlio di Mena e suo marito. È stato praticamente adottato» 
Valeryn spalancò gli occhi, mordendosi il labbro. Elia la guardava interrogativo, aspettandosi una parola, un qualcosa. 
«Io...» sbiascicò la ragazza, spiazzata «Io... non so...» 
«Tu lo sapevi già?» chiese serio. 
Lei lo guardò con difficoltà, ma non se la sentì di mentire. Lo vedeva così preoccupato per Vittorio. 
«No, Elia, non ne sapevo niente. Sono venuta a conoscenza dei fatti solo settimane fa, così come anche Vitto» 
«COSA?!» 
Parecchi si girarono verso di lui. La professoressa scoccò verso di essi uno sguardo interrogativo, loro sorrisero e poi ripresero. 
«Non stai scherzando, vero?» 
La ragazza negò con la testa.  
«No, lui non lo sapeva. Tutta la sua famiglia non gliel’ha detto. Pensa che perfino mia madre... Non ci voglio pensare! Non capisco perché diamine Mena abbia dovuto parlarne proprio con tua madre. Aveva detto che in pochi sapevano di questa cosa» 
«Loro due sono molto amiche» spiegò il ragazzo «E chissà da quanto tempo mia mamma era al corrente di tutto e non mi ha mai detto niente. Cazzo!» sbottò poi, torturandosi il labbro. 
Valeryn alzò le spalle. 
«Non ci hanno riferito nulla perché sapevano che noi due gliel’avremmo detto» 
«Già. Che stronzi!» Elia strinse un pugno, arrabbiato «Devo parlare con lui» 
«Fai bene, ne ha bisogno» 
Scrissero ancora qualcosa, dopodiché Valeryn guardò il suo ex, pensando. 
Ci teneva a Vittorio, era evidente. Era un rapporto magnifico, il loro. Nonostante tutto, erano perfetti insieme. Sorrise. 
«Cosa ti spinge a comportarti così?» chiese, indicando la penna tutta mangiucchiata per il nervosismo. 
Elia sospirò, sentendo la campanella suonare. Indugiò un attimo, mentre le immagini di lui e Vittorio gli passarono per la mente e poi si soffermarono a quella scena che avevano avuto in bagno. Strinse le labbra. 
«Il bene che provo per lui» 
 
 
 
Era l’ultima ora di lezione, ore mezzogiorno e tre minuti, Vittorio sbadigliò roteando di cent’ottanta gradi. Dietro di lui, i suoi compagni si apprestavano a uscire da scuola per raggiungere la palestra del liceo. Al dire il vero pure lui camminava velocemente per poter vedere Valeryn al più presto, ma cercava di non darlo a vedere. Censeo, dietro di lui, aveva la testa china sul cellulare. 
«E smettila, Cens, vi vedrete tra pochissimo» lo prese in giro. 
«Parla quello che quando dorme invoca il nome della fidanzata» commentò Lele, sentendo. Censeo rise. 
«Ehi, che cavolo dici?» 
«Certo che sì, in gita ti abbiamo sentito io e Rocco» Lele e quest’ultimo sogghignavano. 
«Dicevi “Oh, Valeryn mia, la prego me la dia!”» e risero come cani, trascinando Censeo che, non essendo molto alto di statura, fece per cadere in terra. 
Vittorio alzò le spalle. 
«Che stronzi» commentò. 
Raggiunsero il liceo passando dai distributori dove la bidella un poco scema e balbuziente lavava a modo suo. 
«Ezia, qua non è pulito» pestò un punto con il piede Censeo. 
«Ezia, che bella che sei oggi!» commentò Lele, prendendola in giro. 
«Sembri un bocconcino...» unì le mani con fare amoroso, Rocco, per poi bisbigliare: «...di merda!» 
Gli stupidi ridacchiarono, mentre la bidella li squadrava. 
«Che vol..e..te?» puntò loro contro la scopa. 
«Niente, Ezia, che vuoi tu?» 
«Fuo..ri dal..la mi..a scuo..la!» urlò quella. 
«Sì, la tua scuola! E da quando?!» Rocco si beccò una scopa in testa, mentre tutti ridevano. 
«Verza!» lo rimbeccò il prof di educazione fisica, alto e con la voce acuta «Lascia stare la povera Ezia e corri in palestra! Tra poco scendono quelli del liceo, se per caso non lo sai» 
«Prof, vado in bagno» disse Vittorio, senza attendere il consenso del professore. 
«Deve fumare!» urlò Rocco. 
«No, devo pisciare» 
«Devi fumare» insisteva convinto. 
«Rocco, pisciare, conosci il verbo?» 
«Io fumo, tu fumi, egli fuma, noi...» 
Vittorio scosse la testa. A volte il suo compagno di classe raggiungeva Daniel in quanto a stupidità. 
«Come vuoi, Rocco» si rassegnò. 
«...fumiamo, voi fumate, essi fumano!» continuava imperterrito lui. 
Si dileguò in bagno, veramente in preda ad un'urgenza. Chi aveva voglia di fumare quando doveva incontrarsi con Valeryn a momenti? 
 
 
 
Nel frattempo, la III B del liceo scendeva le scale come un branco di cani, tanto che il loro prof, il quale di solito era parecchio accomodante, incitava silenzio. 
«E basta che c’è la preside!» li ammoniva. 
«Eh prof, ma chi se ne frega» 
«Perrone, sempre tu parli» 
«Esattamente» commentò mentre tutti, compresa Sara, lo guardavano male. 
Fece un salto di tre metri dalla quintultima scala e spaventò Ezia con un colpo sordo di scarpe. 
«Dottoressa Ezia, al vostro servizio!» s’inchinò con fare elegante, schernendola come al solito. 
Gli altri entrarono in palestra, mentre Valeryn si guardava intorno in cerca del suo ragazzo. 
Elia se ne accorse, perché lo stava cercando anche lui. 
«Sarà in bagno» disse. 
«Oh già, è vero» 
E varcarono entrambi la palestra. 
 
 
Vittorio uscì dal bagno più tranquillo e libero. La sua attenzione fu catturata da un gruppetto di ragazze vicine ai distributori fuori dalla porta della palestra, che parlavano animatamente con la bidella. 
Riconobbe una ragazza castana, con i capelli ricci lunghi pettinati in una mezza coda, delle ciocche lasciate libere sul volto. Chi poteva essere se non Barbara... Sospirò. 
Che ci faceva lì, la sua ex ragazza? Che lui sapesse, frequentava una scuola fuori città. E poi non aveva voglia né di salutarla, né di parlarle. Barbara si accorse di lui non appena arrivò ai distributori. 
«Vitto!» esclamò, andandogli incontro «Quanto tempo!» 
Il ragazzo le scoccò uno sguardo in ovvia difficoltà. Lei era stata il suo primo amore adolescenziale, la sua prima cotta. Era stato difficile dimenticarla, lo aveva trattato di merda, lo aveva lasciato per motivi ancora a lui sconosciuti. Non poteva ricadere nel turbine di anni prima. 
«Ehm, ciao Barbi» salutò, deglutendo. 
Fece per andarsene, ma lei fu più veloce trattenendolo dalla mano. Vittorio sussultò. Le amiche della ragazza se ne accorsero e li lasciarono soli. 
«Che fai, non resti a salutarmi? Non ci vediamo da un anno e abitiamo pure nello stesso paese. Ho provato a contattarti, ma non credo che 331 fosse il tuo numero» 
«Infatti non lo è» 
Barbi fece una smorfietta dispiaciuta. 
«Ecco perché... Mh, vabbè. L’importante è che ci siamo ritrovati» 
Vittorio si passò una mano tra i capelli. 
«Perché sei qui?» 
Lei fece una faccia stupita. 
«Ma come? Non volevi vedermi?» 
Sospirò. Perché lo metteva sempre in difficoltà? 
«Non è questo. Mi sembra strano visto che non sei di questa scuola» 
«Ah, beh, sono venuta con le altre ragazze perché oggi abbiamo fatto sciopero» 
Il castano annuì. Era carina Barbi, ma non poteva restare un minuto di più con lei. Era carina quanto pericolosa, e lui non doveva dimenticare il torto che gli aveva fatto. E per di più con chi era fidanzato. 
Valeryn. Valeryn. Valeryn. 
«D’accordo, adesso se non ti dispiace vado a giocare» 
La sorpassò, me lei ovviamente lo trattenne. 
«No, Vittorio, chi ti dice che io non sia venuta per ricominciare?» 
Lui rimase di sasso. Aveva sempre sperato che Barbara proferisse quella parole, ma era troppo tardi. Lui adesso voleva Valeryn, non lei. Non poteva perdere nuovamente la dignità per quella lì, non poteva fare un torto a Valeryn. 
«Non ti seguo. Per favore, lasciami che ho lezione...» 
«No» lo bloccò «Non te ne vai. Non senza dirmi perché sei così sfuggente, adesso. Prima stavi male per me, ricordi?» 
«Appunto, stavo» affermò. 
«Vuoi dire che adesso non mi pensi più?» 
Vittorio tentò di rimanere impassibile. In realtà, non pensava a lei da quando sua cugina, che poi neanche cugina era, era entrata nella sua vita. Ma quel ritorno di fiamma non ci voleva... 
«No, non ti penso più» 
Barbi sbuffò, portandosi le mani ai fianchi. 
«E’ così che mi ripaghi dopo che sono venuta a cercarti?» 
«Tu hai detto che avete fatto sciopero!» 
«Ma l’ho fatto per venire da te!» esclamò lei. 
Il castano si sentì in trappola. Era diventata troppo vicina, lo teneva da un braccio e non aveva alcuna intenzione di andarsene. Perché gli ex erano tutti così pericolosi? E perché lui era immobile? 
«Mi vuoi quanto ti voglio io, ammettilo» gli sussurrò all’orecchio, mentre lo circondava con le braccia. 
Vittorio si sentì avvampare. Che cazzo stava facendo? Lo baciò sul collo e dopo passò alle labbra, sfiorandole. 
«Tu hai sempre, voluto me, è inutile che ora fai l’indifferente» 
«Barbara, per favore, io...» Lo attirò con un bacio sulla bocca senza dargli il tempo di parlare. 
Vittorio entrò in perenne confusione per più di dieci secondi, intrappolato in quella che sembrava una piovra senza contegno. Si diede dello stupido, non appena la ragazza lo strinse con maggiore forza. 
Doveva allontanarla. Non doveva ricambiare. 
Infatti era quello che praticamente stava cercando di fare, se solo non fosse bloccato contro il muro e non aveva altre alternative se non spingere Barbi per terra. Proprio in quel momento, una ragazza castana era uscita dalla porta della palestra con il solo intento di andare a richiamare il suo ragazzo in bagno. Impallidì di fronte a quella visuale. 
Strinse i pungi, sentì la rabbia crescere, il cuore accelerare e d’un tratto tutto si fece caldo. Valeryn aveva le guance infuocate non appena vide Vittorio intrappolato tra le braccia di Barbi. Sentì il cuore spezzarsi in due e gli occhi diventarono due fessure. Il castano riuscì a liberarsi dalla stretta di questa troppo tardi. Si voltò verso la sua fidanzata che era immobile al suo posto. 
Oh no, cazzo, cazzo, cazzo, porca puttana, pensò mordendosi un labbro. Barbara, dal suo canto, guardava Valeryn con disappunto e indifferenza, senza sapere chi davvero rappresentava. 
Un urlo squarciò il silenzio. 
«Che cazzo sta succedendo?! Chi è questa?! Che state facendo?!» 
Vittorio si avvicinò tentando di spiegarle l’equivoco, ma lei si scansò rapidamente. 
«Chi è questa, Vittorio, chi cazzo è!?» strillò, in preda all’isteria, la ragazza. Averlo visto intrappolato nel bacio di un’altra le aveva spezzato il cuore. 
«Vale, è solamente Barbara, una mia ex rag...» 
La castana si portò le mani ai capelli, interrompendolo. 
«Non ci posso credere... tu... lei... come hai potuto?!» urlò. 
Vittorio spostava lo sguardo dalla ragazza a Barbi in ovvia difficoltà. Non era stata colpa sua, e che cavolo, perché doveva andare così? Perché Valeryn era entrata in quel momento? 
Elia uscì dalla palestra con l’intento di fumarsi una bella sigaretta in bagno. Naturalmente, rimase impietrito di fronte alla scena di una Valeryn arrabbiatissima, un Vittorio confuso e mortificato e una Barbi accanto a lui. Immaginò tutto in meno di tre secondi. D’altronde, aveva sentito la castana gridare. Sapeva quando Valeryn urlava in quel modo e perché. 
«Che succede?» chiese. 
Vittorio scoccò lui uno sguardo d’aiuto. Doveva dargli una mano, lo supplicò con gli occhi. Valeryn strinse i pugni, accanendosi contro la moretta che guardava infastidita i tre ragazzi. 
«Tu... Come ti sei permessa di baciare il mio ragazzo?!» le inveì contro, facendo un passo in avanti. 
Barbi fece dapprima una faccia spaesata. 
«Fatti i fatti tuoi, bella!» ringhiò incurante, dopo. 
Il castano e il biondo si guardarono allarmati. Forse Barbi non aveva capito che mettersi contro Valeryn non era una buona idea. 
Questa, infatti, ribollì. 
«Ti strappo tutti quei capelli di merda che ti ritrovi! Ti devasto!» 
Senza pensarci, senza nemmeno fermarsi un secondo per capire che non era un punto favorevole litigare dentro una scuola, le si scagliò addosso tirandole i capelli e gettandola per terra. 
Barbi tentava di liberarsi, ma Valeryn stringeva così forte mollandole degli schiaffi con la mano che aveva libera. 
«Ahia, lasciami stare, stronza! Chissene frega del tuo fidanzato!» urlava quella. 
La castana non ci vedeva più dalla rabbia. 
«Ti faccio pentire di aver messo piede in questa scuola!» 
E parole del genere. Barbara riusciva stentatamente a rispondere agli attacchi della ragazza. L’avrebbe devastata veramente, pensarono i due ragazzi. 
«Eli’, merda, aiutami!» Vittorio afferrò Valeryn dalle ascelle, tentando di levarla da sopra una Barbi conciata male. Elia subito gli diede una mano. 
Entrambi tirarono verso essi, visto che la ragazza opponeva molta resistenza. Fortunatamente, erano più forti di lei e riuscirono a cacciarla da sopra l’altra, che annaspava. Entrambe avevano in mano alcune ciocche di capelli appartenenti all'altra. I due ragazzi erano basiti. 
«Amore, ti prego, calmati, tentiamo di ragionare! Non è come hai visto, per favore...» sussurrava Vittorio a Valeryn, mentre la teneva stretta da dietro la schiena. 
Lei ansimava e sentiva la testa scoppiare. Ringhiò e guardò in cagnesco l'altra ragazza che era stata aiutata da Elia a rialzarsi. 
«Barbara, un consiglio, è meglio se te ne vai» le suggerì il biondo. 
Barbi si asciugò il naso sanguinante con un fazzoletto e restituì lo sguardo d’astio alla castana. 
«Dì, sei impazzita? Che cazzo fai?!» le urlò comunque. 
Valeryn si rianimò. 
«Non rivolgerti a me in quel modo, hai capito, stronza?» 
«Tu sei tutta pazza!» 
Le due continuarono a litigare verbalmente non risparmiandosi colpi. Nel frattempo, Elia si avvicinò ad aiutare l'amico che non riusciva più a trattenere la ragazza. 
«Vitto, fai scomparire quella lì immediatamente» gli sussurrò, mentre prendeva il suo posto sorreggendo Valeryn «Noi sappiamo ciò che è capace di fare quando è incazzata. Finiremo tutti nei casini. Portala via!» 
Vittorio annuì. Lasciò la ragazza nelle mani dell’amico, gettandole uno sguardo pieno di rammarico. Non era sua intenzione farla soffrire, era l’ultimo dei suoi pensieri. Si era solamente fatto trascinare senza nemmeno volerlo... 
«Vieni, andiamo» diede una spintarella a Barbi per incitarla ad uscire. 
«No, Vitto, io voglio restare qua» 
«Ti ho detto di andare!» ripeté Vittorio, esasperato «Non capisci, Barbi, che non sono più innamorato di te? Ti ho dimenticata, non ti penso più. Adesso nella mia vita c’è solo Valeryn, solo lei!» 
La ragazza fece una smorfia. 
«Come vuoi, Vittorio. Ma un giorno te ne pentirai di essere stato con una del genere» 
Lui non l’ascoltò e l’accompagnò alla porta, mentre quella usciva parecchio indignata e con qualche livido in faccia. 
Vittorio, sospirando, alzò gli occhi al cielo e si lasciò scivolare su una sedia posta vicino alla porta principale. Si coprì gli occhi con le mani, mordendosi un labbro e sentendosi in colpa più che mai. Era opera sua se adesso Valeryn stava male. Era così che ricambiava dopo tutto quello che aveva fatto per lui? 
 
 

  
Nel frattempo, Elia teneva stretto la ragazza che era sull’orlo delle lacrime. Non poteva crederci che Vittorio le aveva potuto fare realmente una cosa del genere. 
Tradirla. 
«Mi ha tradita» disse, con lo sguardo fisso nel vuoto. 
Elia la scosse dalle braccia. 
«No, non è vero. Smettila di dire queste cose» 
«Eli’, lui mi ha tradita con quella» ripeté lei. 
«Lui ti ama. Questo ti basta?» esasperato, la guardò negli occhi verdi stanchi e infelici. Non riuscì a reggere quel contatto visivo, tanto scoppiò a piangere. 
«Elia... Non ci posso credere...» singhiozzava «Lui... No... Elia...» 
Si aggrappò a lui, mentre il biondo l’abbracciava. 
«Per favore, sai che non è così» le disse. 
«E cosa, dimmi?» 
«Non è stata colpa sua. Lui ti ama veramente» 
«N-non è vero... N-non è vero!» urlò. 
«Sì, che lo è» Elia sospirò, passandosi una mano sulla fronte «Se non lo fosse, non lo avrei lasciato fare» 
Lei smise per un attimo di piangere, spinta dalla curiosità. 
Che cosa voleva dire? 
«Non capisco» tirò su col naso. 
«Io non avrei mai permesso che succedesse tutto questo se non sapessi che è davvero innamorato di te, Valeryn» 
 
 

   
 
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