Erano passate alcune
settimane da quando Vittorio aveva scoperto di essere stato adottato.
Il dolore sbiadiva passo a passo e non faceva fatica a stare insieme
alla sua famiglia; ormai aveva saputo quello che c’era da
sapere, aveva capito i loro motivi e perdonato i loro errori.
D’altronde, loro erano i suoi cari.
Ogni tanto gli capitava
di pensare a Marta, ma ciò non lo disturbava o ossessionava
affatto. Provava compassione per quella ragazza che era la sua vera
madre, ma per la quale non sentiva effettivamente il bene che provava
per Mena, che era la donna che lo aveva cresciuto come tale.
Scese le scale
preparandosi ad un’altra barbosa giornata di scuola. Fortuna
che maggio era arrivato e quell’aria quasi estiva lo faceva
sentire bene. Arrivò in cucina sbadigliando, trovando un
Ross indaffarato a leggere il quotidiano. Gli tirò uno sberletto sulla nuca.
«Ehi, come hai
osato?!» si lamentò quello.
Rise.
«Eddai fratellone, sei ancora
arrabbiato perché ho detto a tutti che sei incinto?»
Ross alzò la
testa dal giornale guardandolo dapprima torvo; poi gli si
scaraventò sopra.
«Brutto
pidocchio, adesso ti senti grande solo perché hai guidato la
mia auto appena aggiustata?! E poi incinto non sono certo io, idiota,
è Nicole, ci senti? N I C O L E!»
«Eh
sì, non c’è bisogno che fai lo
spelling!» Vittorio tentava di liberarsi dalla presa del
fratello, che lo teneva serrato e gli scompigliava i capelli.
«E bada per
te!» esclamò infine Ross, lasciandolo
«Altrimenti dico a tutti cosa avete fatto ieri tu e Valeryn in stanza! E non fare
quella faccia, ho sentito tutto!»
Il ragazzo fece
un'espressione compiaciuta, sotto lo sguardo interrogativo di Vittorio.
«Che
cosa?»
«Tu taci, io
farò altrettanto»
«No, lo voglio
sapere!»
«Okay,
fratellino» Prese un preservativo dalla tasca «Non
si lasciano le cose in giro, adesso lo faccio vedere alla
mamma!»
E rise, mentre il castano
diventava ora pallido, ora rosso, ora viola. Si alzò dal
tavolo e si scagliò addosso al maggiore per riprendere
ciò che gli apparteneva.
«Ridammelo,
cretino!» gli urlò.
«Nemmeno per
sogno! Così impari a riferire notizie di cui non sei
autorizzato!»
Mena scese in quel
momento guardandoli rincorrersi come due bambini. Come facevano quando
erano piccoli. Sorrise.
«Ragazzi, non
fate chiasso di prima mattina. Natalie è stanca e sta
riposando»
«Sai quanto me
ne importa!» sbottò Ross «Quella
è urtante e non si fa mai gli affari suoi. Proprio come un
certo Vittorio!»
Questi gli fece la
linguaccia. Ross si avvicinò per colpirlo con il giornale,
ma il ragazzo riuscì a scansarsi in tempo. Allora il
maggiore afferrò il preservativo e lo dondolò
dietro sua madre, che intanto si era voltata a preparare la colazione.
Vittorio spalancò gli occhi. Cosa voleva fare
quell’idiota? Gli fece cenno di smetterla, ma il fratello
rise strafottente. Lo dondolò ancora, finché
Vittorio riuscì a cavarglielo dalle mani.
«Come ci sei
riuscito?!» esclamò sorpreso.
«Pratica, solo
pratica» rispose il castano, nascondendo l’affare
in una tasca dei jeans «E riflessi. Soltanto che tu
stai diventando troppo
vecchio e non riesci a muoverti»
«Piccolo
pivello di merda! Mi prendi in giro?!»
Mena sentendo le
discussioni di quei due, sorrise. Che bello vedere la sua famiglia
nuovamente riunita, con le solite cose seppur infantili... Adesso
però stavano esagerando e le stava venendo un gran mal di
testa!
«Volete
smetterla? Vi stacco gli occhi a entrambi se non vi date una calmata!
Mi state facendo venire i capelli bianchi!»
esclamò.
«Posso vederli?
Eh, mammina, posso vederli?» Ross si sporse vicino alla sua
testa, ma la donna lo colpì nelle dita con un cucchiaio.
«Ahi, ma sei
una bestia!» si lamentò.
Vittorio rise facendogli
una linguaccia, mentre lui si teneva la mano dolorante. Nel frattempo
qualcuno aveva suonato il campanello e il ragazzo si
precipitò a rispondere.
«Chi
è?»
«Il lupo mangia
frutta» rispose qualcuno.
Vittorio non
capì. Suo fratello gli faceva ancora gestacci dalla cucina.
«No, dai, chi
è?» ripeté.
«Come chi
è!? Ma è idiota, 'sto qui»
commentò una voce molto familiare, forse appartenente a
Daniel lo scellerato.
«Smettila, Dan,
sicuramente ha ancora sonno» suppose essere Censeo chi lo difendeva.
«Se non riesce
a riconoscere la sua voce è
grave!»
«Ma devi essere
sempre così rompipalle?»
«Senti, Alex,
già è tanto se sono venuto a prendervi
stamane!»
Lui ridacchiò.
Quanto amava i discorsi dei suoi amici?
«Chi ti voleva,
non ho capito» sbadigliò Carmine.
«Ha parlato il
traditore!»
«Almeno io ho
una ragazza che non chiamo prima “o sole mio” e dopo le
rinfaccio quanto è grassa»
Daniel grugnì.
«Tu e il nano
di Censeo mi state letteralmente
sul gioiello di famiglia destro, cavolo!»
«Ehi, ci date
un taglio?» li rimbeccò la voce di prima
«Di sopra hanno seguito tutto. Regolatevi almeno di prima
mattina»
«Scusa tanto,
Eli’, ma come vedi sono capitato in un gruppo di becchini
comunisti»
Sicuramente Daniel aveva
guardato tutti in cagnesco.
Un momento... aveva detto
Elia? Ma allora era lui. Era
proprio Elia! Come diamine aveva fatto a non riconoscere la sua voce?
La voce del suo migliore amico?
«ELI!»
lo chiamò dal citofono «Sei tu?»
«No, il
corvo!» rispose Daniel, sarcastico.
Lo zittirono con delle
gomitate.
«Esatto, ti sei
svegliato finalmente» e sorrise «Ti aspettiamo
giù»
«Non ritardare,
te lo dico col cuore» aggiunse la testa di medusa.
Vittorio scosse la testa.
«Scendo
subito»
«Bravo,
spaventati!» ghignò Daniel, trionfante.
«Parlavo con
Elia, non con te, stupida faccia da culo!» e
riattaccò, mentre gli altri esplosero in un applauso per
aver messo k.o Daniel. Un grande
Vittorio. Sempre, si disse il biondo, e poi si morse il labbro.
«Io
scendo» annunciò prendendo incurante lo zaino
«Mi aspettano i ragazzi»
Mena lo guardò
apprensivo.
«Non hai
mangiato nulla, tesoro»
«Fa’
niente, chi se ne frega, mamma» si avvicinò
schioccandole un bacio «Ciao, salutami Ross»
«Sono
qua!» esclamò quello, con la mano sotto
l’acqua corrente per alleviare il dolore.
Rise strafottente e scese
di corsa, sotto una Mena sorridente e soddisfatta. Era questo
ciò che voleva da sempre.
«Hai visto,
Ross?» chiese al figlio.
«No, con tutto
il rispetto, guarda in che stato sono!»
Lo guardò
torvo per dei secondi, ma poi lanciò un sospiro di sollievo.
«Voglio che sia
felice più di ogni altra cosa» disse, guardando
con affetto il punto in cui era andato via suo figlio.
«Lo
è già» commentò il ragazzo
«Più di me in questo momento, sicuramente. Ahia,
che male!»
Scendendo per le strade
del paese, arrivarono di fronte alle due scuole dove, come al solito,
si accavallavano gli studenti.
Valeryn, in compagnia di Maia,
Conny e Sara, guardava impaziente quella strada vicino
l’industriale che la separava dal suo Vittorio.
Non arrivava? Non
arrivavano? Ogni giorno che passava si convinceva che era lui il
ragazzo di cui aveva sempre avuto bisogno, ed era sicura che anche lui
la pensasse così. Non l’avrebbe abbandonata per
nessun motivo.
Maia sbadigliava di
fronte a lei.
«Se oggi la
prof di disegno mi chiama, le lancio il libro di storia
dell’arte in faccia» disse.
«Non lo farai
mai!» commentò Conny, scettica «Tu ti
spaventi perfino ad ammazzare un verme»
Maia fece una faccia
indignata.
«Se ti
riferisci a quel vermicello color bronzo che abbiamo visto ieri
pomeriggio... beh, vivi e lascia vivere!»
«Ma faceva
schifo! E mi stava salendo sui piedi»
Le ragazze esclamarono un
“bleah” inorridite. Valeryn fece una smorfia di
disgusto e si concentrò nuovamente su quella dannata
discesa, dove sei figure familiari venivano giù
tranquillamente con la solita aria da fighi. Tutti tranne Daniel,
naturalmente, che si pavoneggiava ridicolmente.
«Medusina mia!» lo
chiamava Sara, agitando le braccia. Parecchi si girarono a guardarla.
«Ecco che mi
chiama il gorilla Becks»
proferì il castano, mentre Carmine sbatteva la testa.
Le raggiunsero con dei
sorrisi da ebeti stampati in faccia.
«Avete
bevuto?» li rimbeccò la riccia «Sembrate
degli idioti»
«Ma loro sono
idioti, Mai» rispose per tutti il solito Dan
«Specie Vittorio, che non ha riconosciuto la voce di quel
ragazzo laggiù» indicò Elia, il quale
sbuffò.
«Lascialo in
pace» lo difese.
Vittorio sorrise a
mo’ di rivincita, mentre Daniel guardava l’altro
con aria indignata.
«Che te lo
difendevi così tanto non me l’aspettavo! Che gente
perduta!» sibilò, poi fece un giro su
sé stesso e raggiunse Sara.
Vittorio
strizzò l’occhio al biondo, che gli
sussurrò:
«Sei un
grande»
«Anche
tu» Ridacchiarono di nascosto, mentre Daniel li guardava
ancora torvo.
Valeryn sorrise verso il suo
ragazzo che adesso stava vicino al suo amico biondino e chiacchieravano
tranquillamente. Notava del leggero imbarazzo tra di loro, ma forse era
normale. Avrebbero recuperato il loro rapporto piano piano, e ne
sarebbero usciti sempre più forti.
Elia guardò
Vittorio e s’incupì improvvisamente. Voleva
parlargli, ma non sapeva se era il caso farlo direttamente. E poi dopo
quell’episodio il giorno del suo compleanno...
Tentò di ridestarsi, in fondo avevano solo bevuto un
bicchiere di troppo, non significava niente. Era inutile pensarci e
ripensarci dandogli un effettivo peso, quando era chiaro che Vittorio
lo aveva probabilmente già scordato. Lanciò un
sospiro.
La campanella
suonò come ogni mattina; i ragazzi sbuffarono
all’unisono, si salutarono tristemente, e si accinsero ad
entrare in quella bocca dell’inferno che li risucchiava allo
stesso orario mattiniero.
Vittorio
salutò Valeryn con un bacio.
«Ci vediamo
più tardi. Abbiamo l’ora di educazione fisica in
comune»
«Non vedo
l’ora» Si sorrisero, e ognuno entrò
nella propria scuola.
Dopo aver fatto
un’ora di lezione con la scalmanata prof di disegno - Maia
era sul punto di lanciarle il tomo dritto in faccia - si prepararono a
fare matematica.
La riccia
richiamò l’amica da un braccio.
«Vale, ti
dispiace se Grazia passa avanti e tu ti siedi con
Elia? Non ho capito una cosa e vorrei che me la spiegasse»
poi guardò l’amica apprensiva, sussurrando:
«Lo so che non
fai i salti di gioia, ma siete amici, o no?»
La castana
gettò uno sguardo fugace al biondo dietro di lei.
Sì, avevano deciso di rimanere amici, anche se era difficile
ridere e scherzare come se niente fosse. Fece una faccia pensierosa per
dei secondi.
«D’accordo,
Mai, a patto che l’ultima ora vieni a giocare in
palestra» la ricattò.
Quella alzò
gli occhi al cielo e annuì. Valeryn e la sua compagna di
classe, Grazia, effettuarono lo scambio prima dell’entrata
della prof.
Elia, che non si era
accorto di nulla, troppo intento a guardare il suo cellulare, fece una
faccia interrogativa scorgendo la morbida chioma castana di Valeryn.
«Maia ha
bisogno di spiegazioni con la matematica» spiegò
«Ti dispiace se sto qui?»
Negò con la
testa.
«Ma ti
pare» rispose.
Si scambiarono un
sorriso, e la ragazza guardò di fronte a sé,
ammirando la professoressa che entrava con un sorrisino sarcastico.
Daniel, come al solito, era alzato.
«Daniel
Perrone, ma sempre in piedi sei?» lo sgridò.
«Mi scusi,
prof, stavo raccogliendo delle firme per cacciare Valeryn Savelli dalla
classe» spiegò tranquillamente, passando un
foglietto ad Elia e Valeryn.
Il primo lesse il buffo
annuncio, “Firme x la cacciata di Valerin dalla clase”.
Scoppiò a ridere, passando il foglio alla compagna che
strabuzzò gli occhi. Quello era veramente il colmo.
Si alzò dalla
sedia, facendo in mille pezzi la carta.
«Ecco cosa me
ne faccio delle tue firme. Et voilà!»
Il castano fece una
faccia brutta.
«Ma cosa fai,
ridammelo!»
«Non ci penso
nemmeno. Primo, perché non sai scrivere» molti
risero «Secondo, perché sei talmente stupido che,
mi pesa dirtelo, ma sono seriamente preoccupata per te, caro Daniel.
Terzo, se non la finisci con questi dispettucci idioti, farò
vedere a tutti un certo video che ho girato ad una certa
gita» Tirò fuori il cellulare, minacciandolo.
Daniel
spalancò gli occhi.
«No, il video
mentre scivolo di culo, no!»
Tutti si sbellicarono dal
ridere, mentre la professoressa, seppur sogghignando sotto i baffi,
dovette richiamare i due ragazzi per incominciare la lezione.
Dopo che Valeryn si sedette aggiustandosi
la capigliatura - lo faceva sempre quando era arrabbiata - e Daniel
venne mandato alla lavagna per svolgere un’equazione
parametrica, il biondo le disse ridacchiando:
«Riesci sempre
a tenergli testa. Non ti stanchi mai?»
Lei alzò le
spalle.
«Ormai lo
conosco. Lo fa solo per sentirsi al centro dell’attenzione.
In realtà non è così stupido come
sembra»
«Già»
concordò Elia. Tirarono fuori i libri di matematica e
copiarono un’equazione.
Il ragazzo si
passò una mano tra i capelli.
«Come
stai?» le chiese sottovoce, per evitare di venire sgamato
dalla prof.
Lei fece un sorriso
splendido.
«Benissimo.
Questo periodo però poteva passare meglio»
sbatté la testa, pensando a Vittorio e alla notizia della
sua adozione.
«E
tu?»
Lui alzò le
spalle.
«Non male. Ho
smesso di pensare al passato...» si lasciò
sfuggire. Valeryn lo guardò
apprensiva.
«Mi
dispiace» mormorò.
«Lascia
stare» disse secco il ragazzo, e poi decise di aprire il
discorso «Come sta Vitto, a proposito?»
La guardò
seriamente. La ragazza si torturò le mani. In linea di
massima stava bene, ma non sapeva se aveva superato del tutto
ciò che era successo.
«Diciamo bene.
Non sta male» rispose.
Il biondo strinse le
labbra. Doveva parlare con lei prima di dirlo a lui, doveva essere
sicuro.
«Senti, Valeryn, io ho saputo una cosa.
Per giusto dovrei star zitto, ma non ci riesco. Non se si tratta di
Vittorio»
Alla castana
batté il cuore leggermente più veloce.
«Mia madre ha
parlato con Mena, sua madre, e io involontariamente ho sentito
ciò che si sono dette...»
«Che
dicevano?»
Il biondo
sospirò, abbassando ancora di più la voce per non
farsi sentire dagli altri.
«Non
è una bella cosa» lo vide sospirare «Ho
sentito che Vitto non è veramente figlio di Mena e suo
marito. È stato praticamente adottato»
Valeryn spalancò gli
occhi, mordendosi il labbro. Elia la guardava interrogativo,
aspettandosi una parola, un qualcosa.
«Io...»
sbiascicò la ragazza, spiazzata «Io... non
so...»
«Tu lo sapevi
già?» chiese serio.
Lei lo guardò
con difficoltà, ma non se la sentì di mentire. Lo
vedeva così preoccupato per Vittorio.
«No, Elia, non
ne sapevo niente. Sono venuta a conoscenza dei fatti solo settimane fa,
così come anche Vitto»
«COSA?!»
Parecchi si girarono
verso di lui. La professoressa scoccò verso di essi uno
sguardo interrogativo, loro sorrisero e poi ripresero.
«Non stai
scherzando, vero?»
La ragazza
negò con la testa.
«No, lui non lo
sapeva. Tutta la sua famiglia non gliel’ha detto. Pensa che
perfino mia madre... Non ci voglio pensare! Non capisco
perché diamine Mena abbia dovuto parlarne proprio con tua
madre. Aveva detto che in pochi sapevano di questa cosa»
«Loro due sono
molto amiche» spiegò il ragazzo «E
chissà da quanto tempo mia mamma era al corrente di tutto e
non mi ha mai detto niente. Cazzo!» sbottò poi,
torturandosi il labbro.
Valeryn alzò le
spalle.
«Non ci hanno
riferito nulla perché sapevano che noi due
gliel’avremmo detto»
«Già.
Che stronzi!» Elia strinse un pugno, arrabbiato
«Devo parlare con lui»
«Fai bene, ne
ha bisogno»
Scrissero ancora
qualcosa, dopodiché Valeryn guardò il suo
ex, pensando.
Ci teneva a Vittorio, era
evidente. Era un rapporto magnifico, il loro. Nonostante tutto, erano
perfetti insieme. Sorrise.
«Cosa ti spinge
a comportarti così?» chiese, indicando la penna
tutta mangiucchiata per il nervosismo.
Elia sospirò,
sentendo la campanella suonare. Indugiò un attimo, mentre le
immagini di lui e Vittorio gli passarono per la mente e poi si
soffermarono a quella scena che avevano avuto in bagno. Strinse le
labbra.
«Il bene che
provo per lui»
Era l’ultima
ora di lezione, ore mezzogiorno e tre minuti, Vittorio
sbadigliò roteando di cent’ottanta gradi. Dietro
di lui, i suoi compagni si apprestavano a uscire da scuola per
raggiungere la palestra del liceo. Al dire il vero pure lui camminava
velocemente per poter vedere Valeryn al più
presto, ma cercava di non darlo a vedere. Censeo, dietro di lui, aveva la
testa china sul cellulare.
«E smettila, Cens, vi vedrete tra
pochissimo» lo prese in giro.
«Parla quello
che quando dorme invoca il nome della fidanzata»
commentò Lele, sentendo. Censeo rise.
«Ehi, che
cavolo dici?»
«Certo che
sì, in gita ti abbiamo sentito io e Rocco» Lele e
quest’ultimo sogghignavano.
«Dicevi
“Oh, Valeryn mia, la prego me la dia!”» e
risero come cani, trascinando Censeo che, non essendo molto
alto di statura, fece per cadere in terra.
Vittorio alzò
le spalle.
«Che
stronzi» commentò.
Raggiunsero il liceo
passando dai distributori dove la bidella un poco scema e balbuziente
lavava a modo suo.
«Ezia, qua non
è pulito» pestò un punto con il piede Censeo.
«Ezia, che
bella che sei oggi!» commentò Lele, prendendola in
giro.
«Sembri un
bocconcino...» unì le mani con fare amoroso,
Rocco, per poi bisbigliare: «...di merda!»
Gli stupidi
ridacchiarono, mentre la bidella li squadrava.
«Che vol..e..te?»
puntò loro contro la scopa.
«Niente, Ezia,
che vuoi tu?»
«Fuo..ri dal..la mi..a scuo..la!»
urlò quella.
«Sì,
la tua scuola! E da quando?!» Rocco si beccò una
scopa in testa, mentre tutti ridevano.
«Verza!»
lo rimbeccò il prof di educazione fisica, alto e con la voce
acuta «Lascia stare la povera Ezia e corri in palestra! Tra
poco scendono quelli del liceo, se per caso non lo sai»
«Prof, vado in
bagno» disse Vittorio, senza attendere il consenso del
professore.
«Deve
fumare!» urlò Rocco.
«No, devo
pisciare»
«Devi
fumare» insisteva convinto.
«Rocco,
pisciare, conosci il verbo?»
«Io fumo, tu
fumi, egli fuma, noi...»
Vittorio scosse la testa.
A volte il suo compagno di classe raggiungeva Daniel in quanto a
stupidità.
«Come vuoi,
Rocco» si rassegnò.
«...fumiamo,
voi fumate, essi fumano!» continuava imperterrito lui.
Si dileguò in
bagno, veramente in preda ad un'urgenza. Chi aveva voglia di fumare
quando doveva incontrarsi con Valeryn a momenti?
Nel frattempo, la III B
del liceo scendeva le scale come un branco di cani, tanto che il loro
prof, il quale di solito era parecchio accomodante, incitava silenzio.
«E basta che
c’è la preside!» li ammoniva.
«Eh prof, ma
chi se ne frega»
«Perrone,
sempre tu parli»
«Esattamente»
commentò mentre tutti, compresa Sara, lo guardavano male.
Fece un salto di tre
metri dalla quintultima scala e spaventò Ezia con un colpo
sordo di scarpe.
«Dottoressa
Ezia, al vostro servizio!» s’inchinò con
fare elegante, schernendola come al solito.
Gli altri entrarono in
palestra, mentre Valeryn si guardava intorno in
cerca del suo ragazzo.
Elia se ne accorse,
perché lo stava cercando anche lui.
«Sarà
in bagno» disse.
«Oh
già, è vero»
E varcarono entrambi la
palestra.
Vittorio uscì
dal bagno più tranquillo e libero. La sua attenzione fu
catturata da un gruppetto di ragazze vicine ai distributori fuori dalla
porta della palestra, che parlavano animatamente con la bidella.
Riconobbe una ragazza
castana, con i capelli ricci lunghi pettinati in una mezza coda, delle
ciocche lasciate libere sul volto. Chi poteva essere se non Barbara...
Sospirò.
Che ci faceva
lì, la sua ex ragazza? Che lui sapesse, frequentava una
scuola fuori città. E poi non aveva voglia né di
salutarla, né di parlarle. Barbara si accorse di lui non
appena arrivò ai distributori.
«Vitto!»
esclamò, andandogli incontro «Quanto
tempo!»
Il ragazzo le
scoccò uno sguardo in ovvia difficoltà. Lei era
stata il suo primo amore adolescenziale, la sua prima cotta. Era stato
difficile dimenticarla, lo aveva trattato di merda, lo aveva lasciato
per motivi ancora a lui sconosciuti. Non poteva ricadere nel turbine di
anni prima.
«Ehm, ciao
Barbi» salutò, deglutendo.
Fece per andarsene, ma
lei fu più veloce trattenendolo dalla mano. Vittorio
sussultò. Le amiche della ragazza se ne accorsero e li
lasciarono soli.
«Che fai, non
resti a salutarmi? Non ci vediamo da un anno e abitiamo pure nello
stesso paese. Ho provato a contattarti, ma non credo che 331 fosse il
tuo numero»
«Infatti non lo
è»
Barbi fece una smorfietta
dispiaciuta.
«Ecco
perché... Mh, vabbè.
L’importante è che ci siamo ritrovati»
Vittorio si
passò una mano tra i capelli.
«Perché
sei qui?»
Lei fece una faccia
stupita.
«Ma come? Non
volevi vedermi?»
Sospirò.
Perché lo metteva sempre in difficoltà?
«Non
è questo. Mi sembra strano visto che non sei di questa
scuola»
«Ah, beh, sono
venuta con le altre ragazze perché oggi abbiamo fatto
sciopero»
Il castano
annuì. Era carina Barbi, ma non poteva restare un minuto di
più con lei. Era carina quanto pericolosa, e lui non doveva
dimenticare il torto che gli aveva fatto. E per di più con
chi era fidanzato.
Valeryn. Valeryn. Valeryn.
«D’accordo,
adesso se non ti dispiace vado a giocare»
La sorpassò,
me lei ovviamente lo trattenne.
«No, Vittorio,
chi ti dice che io non sia venuta per ricominciare?»
Lui rimase di sasso.
Aveva sempre sperato che Barbara proferisse quella parole, ma era
troppo tardi. Lui adesso voleva Valeryn, non lei. Non poteva
perdere nuovamente la dignità per quella lì, non
poteva fare un torto a Valeryn.
«Non ti seguo.
Per favore, lasciami che ho lezione...»
«No»
lo bloccò «Non te ne vai. Non senza dirmi
perché sei così sfuggente, adesso. Prima stavi
male per me, ricordi?»
«Appunto, stavo»
affermò.
«Vuoi dire che
adesso non mi pensi più?»
Vittorio tentò
di rimanere impassibile. In realtà, non pensava a lei da
quando sua cugina, che poi neanche cugina era, era entrata nella sua
vita. Ma quel ritorno di fiamma non ci voleva...
«No, non ti
penso più»
Barbi sbuffò,
portandosi le mani ai fianchi.
«E’
così che mi ripaghi dopo che sono venuta a
cercarti?»
«Tu hai detto
che avete fatto sciopero!»
«Ma
l’ho fatto per venire da te!» esclamò
lei.
Il castano si
sentì in trappola. Era diventata troppo vicina, lo teneva da
un braccio e non aveva alcuna intenzione di andarsene.
Perché gli ex erano tutti così pericolosi? E
perché lui era immobile?
«Mi vuoi quanto
ti voglio io, ammettilo» gli sussurrò
all’orecchio, mentre lo circondava con le braccia.
Vittorio si
sentì avvampare. Che cazzo stava facendo? Lo
baciò sul collo e dopo passò alle labbra,
sfiorandole.
«Tu hai sempre,
voluto me, è inutile che ora fai
l’indifferente»
«Barbara, per
favore, io...» Lo attirò con un bacio sulla bocca
senza dargli il tempo di parlare.
Vittorio entrò
in perenne confusione per più di dieci secondi, intrappolato
in quella che sembrava una piovra senza contegno. Si diede dello
stupido, non appena la ragazza lo strinse con maggiore forza.
Doveva allontanarla. Non
doveva ricambiare.
Infatti era quello che
praticamente stava cercando di fare, se solo non fosse bloccato contro
il muro e non aveva altre alternative se non spingere Barbi per terra.
Proprio in quel momento, una ragazza castana era uscita dalla porta
della palestra con il solo intento di andare a richiamare il suo
ragazzo in bagno. Impallidì di fronte a quella visuale.
Strinse i pungi,
sentì la rabbia crescere, il cuore accelerare e
d’un tratto tutto si fece caldo. Valeryn aveva le guance
infuocate non appena vide Vittorio intrappolato tra le braccia di
Barbi. Sentì il cuore spezzarsi in due e gli occhi
diventarono due fessure. Il castano riuscì a liberarsi dalla
stretta di questa troppo tardi. Si voltò verso la sua
fidanzata che era immobile al suo posto.
Oh no, cazzo, cazzo,
cazzo, porca puttana, pensò mordendosi un labbro. Barbara,
dal suo canto, guardava Valeryn con disappunto e
indifferenza, senza sapere chi davvero rappresentava.
Un urlo
squarciò il silenzio.
«Che cazzo sta
succedendo?! Chi è questa?! Che state facendo?!»
Vittorio si
avvicinò tentando di spiegarle l’equivoco, ma lei
si scansò rapidamente.
«Chi
è questa, Vittorio, chi cazzo è!?»
strillò, in preda all’isteria, la ragazza. Averlo
visto intrappolato nel bacio di un’altra le aveva spezzato il
cuore.
«Vale,
è solamente Barbara, una mia ex rag...»
La castana si
portò le mani ai capelli, interrompendolo.
«Non ci posso
credere... tu... lei... come hai potuto?!» urlò.
Vittorio spostava lo
sguardo dalla ragazza a Barbi in ovvia difficoltà. Non era
stata colpa sua, e che cavolo, perché doveva andare
così? Perché Valeryn era entrata in quel
momento?
Elia uscì
dalla palestra con l’intento di fumarsi una bella sigaretta
in bagno. Naturalmente, rimase impietrito di fronte alla scena di una Valeryn arrabbiatissima, un
Vittorio confuso e mortificato e una Barbi accanto a lui.
Immaginò tutto in meno di tre secondi. D’altronde,
aveva sentito la castana gridare. Sapeva quando Valeryn urlava in quel modo e
perché.
«Che
succede?» chiese.
Vittorio
scoccò lui uno sguardo d’aiuto. Doveva dargli una
mano, lo supplicò con gli occhi. Valeryn strinse i pugni,
accanendosi contro la moretta che guardava infastidita i tre ragazzi.
«Tu... Come ti
sei permessa di baciare il mio ragazzo?!» le inveì
contro, facendo un passo in avanti.
Barbi fece dapprima una
faccia spaesata.
«Fatti i fatti
tuoi, bella!» ringhiò incurante, dopo.
Il castano e il biondo si
guardarono allarmati. Forse Barbi non aveva capito che mettersi contro Valeryn non era una buona idea.
Questa, infatti,
ribollì.
«Ti strappo
tutti quei capelli di merda che ti ritrovi! Ti devasto!»
Senza pensarci, senza
nemmeno fermarsi un secondo per capire che non era un punto favorevole
litigare dentro una scuola, le si scagliò addosso tirandole
i capelli e gettandola per terra.
Barbi tentava di
liberarsi, ma Valeryn stringeva
così forte mollandole degli schiaffi con la mano che aveva
libera.
«Ahia, lasciami
stare, stronza! Chissene frega del tuo
fidanzato!» urlava quella.
La castana non ci vedeva
più dalla rabbia.
«Ti faccio
pentire di aver messo piede in questa scuola!»
E parole del genere.
Barbara riusciva stentatamente a rispondere agli attacchi della
ragazza. L’avrebbe devastata veramente, pensarono i due
ragazzi.
«Eli’,
merda, aiutami!» Vittorio afferrò Valeryn dalle ascelle, tentando
di levarla da sopra una Barbi conciata male. Elia subito gli diede una
mano.
Entrambi tirarono verso
essi, visto che la ragazza opponeva molta resistenza. Fortunatamente,
erano più forti di lei e riuscirono a cacciarla da sopra
l’altra, che annaspava. Entrambe avevano in mano alcune
ciocche di capelli appartenenti all'altra. I due ragazzi erano basiti.
«Amore, ti
prego, calmati, tentiamo di ragionare! Non è come hai visto,
per favore...» sussurrava Vittorio a Valeryn, mentre la teneva
stretta da dietro la schiena.
Lei ansimava e sentiva la
testa scoppiare. Ringhiò e guardò in cagnesco
l'altra ragazza che era stata aiutata da Elia a rialzarsi.
«Barbara, un
consiglio, è meglio se te ne vai» le
suggerì il biondo.
Barbi si
asciugò il naso sanguinante con un fazzoletto e
restituì lo sguardo d’astio alla castana.
«Dì,
sei impazzita? Che cazzo fai?!» le urlò comunque.
Valeryn si rianimò.
«Non rivolgerti
a me in quel modo, hai capito, stronza?»
«Tu sei tutta
pazza!»
Le due continuarono a
litigare verbalmente non risparmiandosi colpi. Nel frattempo, Elia si
avvicinò ad aiutare l'amico che non riusciva più
a trattenere la ragazza.
«Vitto, fai
scomparire quella lì immediatamente» gli
sussurrò, mentre prendeva il suo posto sorreggendo Valeryn «Noi sappiamo
ciò che è capace di fare quando è
incazzata. Finiremo tutti nei casini. Portala via!»
Vittorio
annuì. Lasciò la ragazza nelle mani
dell’amico, gettandole uno sguardo pieno di rammarico. Non
era sua intenzione farla soffrire, era l’ultimo dei suoi
pensieri. Si era solamente fatto trascinare senza nemmeno volerlo...
«Vieni,
andiamo» diede una spintarella a Barbi per incitarla ad
uscire.
«No, Vitto, io
voglio restare qua»
«Ti ho detto di
andare!» ripeté Vittorio, esasperato
«Non capisci, Barbi, che non sono più innamorato
di te? Ti ho dimenticata, non ti penso più. Adesso nella mia
vita c’è solo Valeryn, solo lei!»
La ragazza fece una
smorfia.
«Come vuoi,
Vittorio. Ma un giorno te ne pentirai di essere stato con una del
genere»
Lui non
l’ascoltò e l’accompagnò alla
porta, mentre quella usciva parecchio indignata e con qualche livido in
faccia.
Vittorio, sospirando,
alzò gli occhi al cielo e si lasciò scivolare su
una sedia posta vicino alla porta principale. Si coprì gli
occhi con le mani, mordendosi un labbro e sentendosi in colpa
più che mai. Era opera sua se adesso Valeryn stava male. Era
così che ricambiava dopo tutto quello che aveva fatto per
lui?
Nel frattempo, Elia
teneva stretto la ragazza che era sull’orlo delle lacrime.
Non poteva crederci che Vittorio le aveva potuto fare realmente una
cosa del genere.
Tradirla.
«Mi ha
tradita» disse, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Elia la scosse dalle
braccia.
«No, non
è vero. Smettila di dire queste cose»
«Eli’,
lui mi ha tradita con quella» ripeté lei.
«Lui ti ama.
Questo ti basta?» esasperato, la guardò negli
occhi verdi stanchi e infelici. Non riuscì a reggere quel
contatto visivo, tanto scoppiò a piangere.
«Elia... Non ci
posso credere...» singhiozzava «Lui... No...
Elia...»
Si aggrappò a
lui, mentre il biondo l’abbracciava.
«Per favore,
sai che non è così» le disse.
«E cosa,
dimmi?»
«Non
è stata colpa sua. Lui ti ama veramente»
«N-non
è vero... N-non è vero!»
urlò.
«Sì,
che lo è» Elia sospirò, passandosi una
mano sulla fronte «Se non lo fosse, non lo avrei lasciato
fare»
Lei smise per un attimo
di piangere, spinta dalla curiosità.
Che cosa voleva dire?
«Non
capisco» tirò su col naso.
«Io non avrei
mai permesso che succedesse tutto questo se non sapessi che
è davvero innamorato di te, Valeryn»