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Autore: LadyDenebola    08/09/2010    0 recensioni
La dea Imder Nysri creò due cristalli dai poteri immensi e affidò Deri, il cristallo verde, alla giovane Denebola. Tenugh, già sconfitto in passato, è tornato e vuole ritrovare Afior, il cristallo rosso, per riavere un corpo e riprendere la conquista della terra di Valdmurt. Denebola dovrà riunire dei compagni per impedirgli di trovare per primo Afior e sconfiggerlo definitivamente.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ultimo capitolo! ^^ I prescelti verranno giustamente ricompensati per aver sconfitto Tenugh, ma dovranno anche separarsi... ovviamente con la promessa di riabbracciarsi presto! ^___^.

 

Nei due giorni che seguirono l’inverno tornò a manifestarsi nel suo vero aspetto, senza alcuna traccia di magia oscura, in abbondanti nevicate. Il cielo si coprì di nuvole scure, e verso le undici del mattino grandi fiocchi iniziarono a cadere, acquistando ora dopo ora intensità. Il terzo giorno dopo il risveglio di Denebola, ovvero venerdì, nel cortile e nel viale c’era almeno una ventina di centimetri di neve; i rami erano carichi di bianchi soffici fiori gelati e le cime dei monti candide.

Nell’ingresso, il gruppo di novizi che dovevano prendere parte alla Cerimonia attendeva con pazienza. Era l’alba, e solo i Saggi riuniti lì erano a conoscenza di dove i loro protetti stavano per andare. Ad un cenno di Fabius il portone venne aperto, e i novizi uscirono nella gelida aria invernale. Proseguirono lungo il sentiero, scortati da Mira e Altair, e quando giunsero al bivio di fronte il lago, voltarono a destra, lungo la via dove all’inizio del viaggio i Saggi e i novizi si erano separati dai compagni. Qui Mira e Altair li lasciarono. I novizi proseguirono in una lunga fila ordinata, lasciandosi guidare dalla luce dell’alba; costeggiarono il lago e scomparvero alla vista oltre una curva. Mira e Altair tornarono alla Torre, entrambi ansiosi per i propri novizi.

 

Quando i compagni si svegliarono notarono subito il gran fervore che pareva aver conquistato la Torre di Aldebaran. Ragazzi e bambini andavano avanti e indietro parlando con voce eccitata e impaziente, che celava anche una certa venerazione, di quella notte. Portavano pesanti scatole e soffici pacchi, di cui ignoravano il contenuto ma sapevano serviva per la Cerimonia, nel cortile sgomberato da ogni traccia di neve. Qui alcuni Saggi li smaterializzavano.

Rio e gli altri osservavano da un ampio salone i preparativi, e si domandavano dove si sarebbe svolta la Cerimonia. Tutto ciò che sapevano su di essa, a parte quello a cui serviva, era che si svolgeva tra la notte dell’ultimo giorno dell’anno e quella del primo giorno dell’anno nuovo. Fu con una leggera ansia che trascorsero la giornata a parlarne.

Nel pomeriggio, poco dopo pranzo, un giovane portò loro un messaggio di Fabius, il quale non si era fatto vedere per tutto il giorno.

<< Come primi ospiti alla Cerimonia di fine anno dopo tanti anni vi chiede di seguire i Saggi Hebel e Durìon, questa sera alle nove. Vi attenderanno giù nel cortile. Troverete inoltre gli abiti nelle vostre stanze >>

I compagni andarono a cambiarsi, e indossarono ricchi abiti che non avrebbero mai immaginato si trovassero in un luogo come la Torre di Aldebaran. Erano tutti adatti per l’inverno, eppure erano di seta fine e pareva cambiassero sfumature di colore ad ogni movimento. Mentre Aiska indossava il suo abito, rosso e con tessuti sopra segni o parole (non riuscì a distinguerli) dorati, e dalle maniche di un bianco perlato, udì un vocio qualche piano in basso. Si affacciò alla finestra, nonostante non desse sul lato del portone, e riconobbe tra alcune voci quella di Mira. Passarono alcuni minuti, e l’aria tornò quieta mentre i novizi e i Saggi si allontanavano.

Quella sera non ci fu la cena. I compagni attesero le nove nelle loro stanze; poi, come di comune accordo, scesero nel cortile. Hebel e Durìon arrivarono poco dopo.

<< La strada non è molta >>disse Hebel mentre camminavano lungo il sentiero illuminato dalle lanterne.<< Vi chiedo solo di non fare domande mentre ci avviciniamo, anche se potrete essere un po’ sorpresi. Dopotutto, non sono molte le persone che hanno la fortuna di capitare alla Torre proprio nel periodo della Cerimonia di fine anno >>

L’aria era immobile. Non una nuvola nascondeva la volta celeste, che quella sera pareva anche più luminosa del solito, o forse era per la presenza della luna piena che troneggiava in mezzo alle tante costellazioni che attendevano con ansia la mezzanotte. La Torre di Aldebaran scomparve oltre gli alberi, e il gruppo giunse presso il lago. Fu in quel momento che iniziarono a udire le voci dei novizi, più avanti. Proseguirono e ben presto si ritrovarono in un grande spiazzo verde illuminato al centro da un fuoco e da lanterne colorate, probabilmente frutto della magia dei novizi, posate a terra. Attorno allo spiazzo, come delle mura, c’erano dei lunghi tavoli apparecchiati. I novizi passeggiavano e chiacchieravano allegramente come fossero ad una festa al chiaro di luna.

<< Noi ora dobbiamo andare >>disse Hebel a Rio.<< Prima di mezzanotte verremo a prendervi. Non dovrete seguire i novizi, infatti. Vi consiglio di mangiare qualcosa, non sarete gli unici a farlo, state tranquilli >>.Li salutò e con Durìon prese un viottolo che si confondeva tra gli alberi alla loro sinistra.

I compagni trascorsero le poche ore prima della mezzanotte passeggiando e parlando della Cerimonia. Ciascuno avvertiva una strana ansia man mano che il tempo passava, un’ansia che non sapeva spiegarsi. Non c’era un orario definito per la cena, ma riuscirono a mangiare ben poco. Mezz’ora prima della mezzanotte arrivarono i Saggi. Hebel e Durìon si affiancarono ai compagni e attesero che i novizi si raggruppassero presso il proprio Maestro e che si avviassero.

Quando anche l’ultima voce scomparve nel buio, Hebel e Durìon presero due torce e fecero segno ai compagni di seguirli. Passarono per un lungo sentiero leggermente in discesa dove le impronte dei novizi erano rimaste chiaramente impresse nella neve. Una nuvola di passaggio oscurò per qualche minuto la luna, e il gruppo si ritrovò immerso in un’oscurità ancora più accecante. Le torce illuminavano ben poco, e i due Saggi non volevano accenderne o farne comparire altre. Ma per i compagni fu un sollievo quando la luna tornò a illuminare il sentiero impedendo loro di mettere i piedi in fallo. Venti minuti dopo giunsero in un ampio prato sul ciglio di un burrone. Era pavimentato da lastre del colore delle foglie in autunno e circondato da alti alberi, ai cui rami erano state appese torce e fini tendaggi color porpora che andavano da un ramo all’altro, dal più basso al più alto, formando una cupola. A poca distanza dal burrone c’erano due pilastri bianchi come la neve, e in mezzo a questi un altare ricoperto da uno stendardo blu scuro con sopra ricamati armoniosi segni argentati.

I novizi erano tutti in piedi e parlavano animatamente; alcuni tra i più grandi si estraniavano dalle conversazioni e rivolgevano l’attenzione all’altare. Hebel e Durìon condussero i compagni dal lato dove erano seduti i Saggi, immobili e silenziosi, ciascuno perso nei propri pensieri.

Rio si guardò attentamente intorno. L’aria era decisamente rinfrescata e le tende sulle loro teste si muovevano lentamente al tocco del vento. Poi, a mezzanotte precisa, come se un ordine silenzioso fosse stato improvvisamente impartito, i novizi tacquero e si volsero verso l’altare. Fabius arrivò e vi si pose davanti, osservando con occhi allegri e un sorriso benevolo gli spettatori.

<< Una nuova Cerimonia apre l’anno da poco giunto >>disse ad alta voce, benché il silenzio sia dentro che fuori da quella strana stanza fosse totale, << ed una nuova generazione di Saggi sta per entrare nel nostro già numeroso gruppo. Accogliamo dunque i novizi che d’ora in poi ci aiuteranno a reggere la Torre di Aldebaran e a guidarvi nella lunga via che ogni pupillo deve percorrere! >>

Si voltarono a guardare la lunga fila indiana di novizi che procedevano attraverso le due schiere dei loro compagni. Erano vestiti di bianco e le ragazze indossavano un cappellino; nonostante avessero tutti le maniche corte non soffrivano il freddo. Si disposero di fronte a Fabius.

<< Siate dunque pronti ad essere nominati Saggi >>esclamò questo. Prese un’ampolla dall’altare e si mise davanti il primo novizio. << Le virtù di un Saggio sono molte, quanto poche, come quelle degli altri uomini >>. Con un dito impregnato di una sostanza cremosa che si trovava nell’ampolla tracciò un leggero segno sulla fronte del novizio. Questo chiuse gli occhi e chinò appena il capo. << Perciò non dimenticate i pilastri della vita. L’amore, primo fra tutti. La lealtà, che spesso vacilla. La forza dello spirito, superiore a quella del corpo. Il coraggio, che non vuol dire solo affrontare fiamme e ghiaccio e belve feroci, ma rischiare la vita per coloro che amiamo. E per ultima, ma non per importanza, la fiducia in noi stessi come negli altri >>

Ripose l’ampolla.

<< Possano questi pilastri guidarvi nel nuovo corso della vostra vita, qualunque decisione prendiate! >>

I nuovi Saggi si inchinarono. Una dolce musica che pareva venire dalla stessa volta celeste fece vibrare l’aria. Ben presto ad essa si unì l’applauso dei novizi e dei Saggi. Denebola e i suoi compagni si voltarono per andare a sedersi, ma con loro immenso stupore furono richiamati da Fabius. L’applauso scemò, ma la musica continuò come se quell’improvvisa novità non la riguardasse. Denebola guardò con espressione interrogativa il vecchio Saggio; non ricordava che durante la Cerimonia li avesse mai interrotti.

<< Oltre ai nostri nuovi Saggi stanotte non possiamo non festeggiare i nostri ospiti che hanno liberato Valdmurt da una potente forza oscura >>disse. << Venite avanti, prescelti! >>

Mailo e Alexander si guardarono sorpresi e seguirono i compagni davanti l’altare. Denebola si unì a loro, ancora più confusa.

<< Questo è il ringraziamento per le vostre gesta, prescelti >>disse Fabius spostandosi di lato e chinandosi per prendere un cofanetto di legno decorato sotto l’altare. Lo aprì, facendo però in modo che solo lui potesse vederne il contenuto, e si mise davanti i prescelti come aveva fatto poco prima con i novizi.

Rio trattenne il fiato vedendo il medaglione d’oro, con sopra incastonate delle piccole pietre che formavano una scintillante M, che Fabius estrasse.

<< Ricevete senta timore il Majirka, il simbolo dei valorosi di Valdmurt che vengono chiamati Ashik >>disse questo infilando il medaglione al collo dei prescelti, a dir poco sconvolti. << Ma voi siete i Prescelti, Ashik nella lingua di uomini, nani e folletti, e Amlen nella lingua degli elfi. Che i vostri cuori non si trovino più in dubbio e che questo simbolo sia per voi, come per gli Ashik del passato, un ringraziamento più che sufficiente per le vostre gesta >>

Mailo rimirò il medaglione, e la sua mano tremò.

<< Nessun ringraziamento che potremmo ricevere sarà mai pari a questo >>disse, esprimendo il pensiero di tutti i suoi compagni. Fabius sorrise e li benedisse uno ad uno.

 

I festeggiamenti durarono tutta la notte. Dopo la Cerimonia, tornarono al prato dove si trovavano prima. Il fuoco fu ravvivato e le torce aumentarono, così che il prato sembrò coronato da una moltitudine di stelle colorate. La musica non cessò, anzi li seguì lungo il sentiero. Ben presto a lei si unirono i sibili dei fuochi d’artificio a forma di fontana dalla quale zampillavano gocce scintillanti vari colori e animali leggendari scomparsi a ovest del mare. Tutto questo era frutto della bravura dei giovani Saggi. I compagni furono festeggiati come loro, e nessuno ricordò di essere stato onorato in tale modo.

La luna risplendeva alta nel cielo e molte costellazioni erano più visibili rispetto ad altre notti. Non tirava un filo di vento e attorno al grande falò in mezzo al campo ogni traccia del freddo svaniva. E in quel clima di festeggiamenti e risa allegre nessuno si accorse che aveva ripreso a nevicare. Ma i fiocchi erano così grandi che non appena toccavano terra si scioglievano subito, e se raggiungevano le mani o il viso nessuno ci badava.

Fu Alexander, allontanatosi dal fuoco, ad accorgersene per primo. Ma la sua mente era rivolta altrove mentre ancora non riusciva a credere a quello che gli era successo, e i pensieri e le emozioni faticavano a trovare un preciso ordine dentro di lui. Rimase assorto nei suoi pensieri per molto tempo, tanto da non accorgersi che Denebola era venuta a sedersi accanto a lui.

<< Lo avresti mai creduto? >>chiese la ragazza.

Alexander sobbalzò, e guardò il Majirka che gli ricadeva sul petto.

<< Pensavo che gli assassini non potessero riceverlo >>

<< Ma sei un prescelto, e non potevi evitare di uccidere quei Malredin >>ribatté Denebola. << Loro non ti avrebbero risparmiato >>

<< Non mi riferivo a loro >>la interruppe Alexander con voce roca.<< Sai cosa intendevo >>

Denebola abbassò per un attimo lo sguardo, poi sorrise e gli prese una mano.

<< E che cosa avremmo fatto? >>disse dolcemente.<< Ti avremmo escluso mentre noi ricevevamo il Majirka? >>

<< Rispondi seriamente >>

<< Devi chiederlo a Fabius, allora >>disse Denebola.<< Io, comunque, avrei fatto lo stesso. Ti avrei nominato Ashik >>

<< Perché? >>esclamò Alexander.

<< Perché ti conosco e mi fido di te >>rispose Denebola con voce ovvia.<< So che hai avuto i tuoi motivi per uccidere, ma non li conosco e non voglio conoscerli. Io ti ho conosciuto senza sapere il tuo passato, e non mi baso su questo per poter esprimere un giudizio su di te. Mi basta fidarmi di te. E poi…ho notato un cambiamento da quando ci siamo conosciuti >>aggiunse con esitazione.

<< Davvero? >>Alexander la guardò curioso. Denebola annuì.<< Be’, a pensarci bene in questo viaggio siamo un po’ cambiati tutti…in meglio >>

<< Meno male! >>rise Denebola. Alzò gli occhi al cielo. << Ma…nevica! >>esclamò sorpresa.

<< Ma va’? >>rispose Alexander alzando un sopracciglio e fissando divertito la sua espressione sbalordita.<< Sarà mezz’ora che nevica. Ti do un consiglio: vai a dormire, perché ti vedo un po’ stanca >>

Denebola gli rivolse un’espressione ironica.

<< Devi sempre punzecchiarmi, eh? >>

<< Io non ti punzecchio, ti sto solo dando un consiglio >>rispose Alexander con un sorrisetto.<< A proposito >>disse poi indicando le maniche corte della ragazza, << non senti freddo? Io sto gelando >>

<< Torniamo vicino al fuoco, allora >>propose Denebola.

Si alzarono e tornarono al centro del prato accanto agli altri vicino il fuoco. Alexander guardò distrattamente in alto e rimase a bocca aperta. Tese una mano col palmo rivolto verso l’alto, e una soffice piuma d’oro vi si posò.

<< Nevica…piume? >>sussurrò sbalordito.

<< Una mia piccola creazione >>sorrise Denebola. << Non c’è nulla da temere >>

<< Oh, certo! >>disse ridendo Tinhos.<< Tu non ti limiti ai fuochi d’artificio come gli altri! >>

Alexander osservò la piuma ancora stretta nella sua mano, poi le altre che si apprestavano a toccare terra insieme ai fiocchi di neve per formare un soffice prato dorato. Sorrise mentalmente e la infilò con cautela in tasca.

 

 

Ora che il male era stato sconfitto e la Cerimonia si era svolta senza inconvenienti e in un’atmosfera allegra e serena, i giorni trascorrevano rapidi come il battito d’ali di una farfalla.

Rio non ricordava tutto quello che faceva; l’unica cosa che non dimenticò mai era la tranquillità con cui trascorse quei tempi. Stava quasi sempre con i suoi compagni, e quando era solo preferiva appoggiarsi ad una finestra e far vagare lo sguardo sul mondo innevato.

Un giorno subito dopo l’ora di colazione (anche se in quel periodo di vacanze i novizi preferivano dormire oltre l’abituale orario), Fabius ricevette uno per volta i giovani Saggi nella Sala della Costellazione. In quel breve colloquio i giovani dovevano dirgli se sarebbero rimasti, partiti o avrebbero lasciato per sempre la Torre e la carica di Saggio. Con somma felicità, e anche un po’ di sollievo, nessuno volle abbandonare la Torre ma molti chiesero il permesso di poterla lasciare per un breve periodo.

Anche i compagni cominciarono a sentire nei loro cuori nostalgia di casa e si domandavano quando sarebbe stato il momento di ripartire. Ma nessuno ebbe il coraggio di formulare per primo la domanda, perché ciò significava dividersi, e nel corso del loro viaggio si erano considerati come una famiglia dato che le loro era lontane. Eppure sapevano che prima o poi avrebbero dovuto decidere. Ma Fabius diede loro la libertà di scegliere, e, dato che era pieno inverno e molte vie erano sicuramente bloccate dalla neve, i compagni scelsero per il momento di prolungare la loro permanenza alla Torre di Aldebaran.

 

I giorni e le settimane trascorsero in una pace che molti avevano dimenticata. Continuò a nevicare, sebbene non come agli inizi della stagione, e un bel giorno il sole tornò a riscaldare la terra di Valdmurt. La neve si sciolse a poco a poco e qualche raro ciuffetto d’erba spuntò nascosto tra le rocce o ai piedi degli alberi; il ghiaccio sulla superficie del lago si sciolse unendosi all’acqua sotto di sé. Alcuni dei giovani Saggi che erano voluti partire lasciarono in quei giorni la Torre, ma gran parte preferì aspettare che il clima fosse più caldo. Erano i primi giorni di marzo, e Rio si stupì nel pensare quanto tempo era passato da quando avevano ucciso Tenugh. Gli pareva fossero passati anni, eppure quando tornava con la mente a quei momenti sembrava essere successo appena un giorno prima.

Fu allora che ritenne di dover ringraziare Fabius per la sua ospitalità. E come lui anche Mailo, Tinhos, Aiska e Alexander. Ne parlarono a Denebola, che non disse nulla ma abbassò il capo e rimase silenziosa per parecchio tempo.

Una sera dopo cena Rio e Mailo si allontanarono per cercare Fabius. Entrambi sentivano che ormai il loro viaggio era giunto alla fine e il desiderio di tornare a Terrani era diventato insostenibile. Girarono l’intera Torre da cima a fondo senza però riuscire a trovare il vecchio Saggio. Provarono allora alla Sala della Costellazione, e ,con sollievo, lo trovarono seduto al tavolo, immerso nella lettura di una mappa. Quando si accorse della loro presenza, si alzò e sorrise, facendo loro segno di avvicinarsi.

<< Non riuscite a dormire questa sera? >>chiese.

Rio e Mailo si scambiarono un’occhiata, ma prima che uno dei due potesse rispondere la porta si aprì ed entrarono Tinhos e Aiska.

<< Altri due insonni? >>ridacchiò Fabius.<< Ma ne manca uno… >>

La porta si aprì nuovamente lasciando entrare Alexander, che per un momento parve turbato di trovare i suoi compagni lì.

<< Molto bene! >>disse Fabius mentre l’uomo si avvicinava al tavolo. << Parlate uno alla volta o c’è uno che parla per tutti? >>chiese con curiosità.

<< Cosa… >>disse Alexander guardando stupito gli altri.<< Anche voi allora? >>

Rio annuì e si inchinò brevemente verso Fabius.

<< Vi ringrazio per averci ospitato durante l’inverno >>disse, << e penso di parlare anche a nome dei miei compagni se dico che è ora che dobbiamo ripartire >>

<< E quando desiderate farlo? >>chiese Fabius.

<< La prossima settimana >>rispose Mailo, ma si interruppe e guardò Alexander, Tinhos e Aiska.<< O almeno Rio e io >>

<< Anche noi pensavamo di partire la prossima settimana >>disse Tinhos.

<< E pure io >>disse Alexander.

Fabius annuì.

<< Vedo che non vi eravate messi d’accordo >>disse. << C’è un motivo preciso? >>

<< Dobbiamo prendere diverse strade >>rispose Rio. Esitò un attimo, ma poi sorrise.<< Sapevo che comunque avremmo alla fine deciso di partire lo stesso giorno >>

<< È ovvio >>disse Fabius.<< Forse voi crederete che il vostro legame si è allentato da quando avete sconfitto Tenugh, ma i vostri cuori sono rimasti legati. Credo sarà piuttosto difficile per ciascuno di voi tenere un segreto. Siete un libro aperto ai vostri occhi >>

<< Sicuramente è così >>sorrise Aiska.

<< Capisco quanto vogliate tornare dalle vostre famiglie >>disse Fabius, scrutandoli con attenzione, << ed esaudirò il vostro desiderio >>

I compagni lo ringraziarono e uscirono. Nessuno parlò mentre si allontanavano, ma la voce di Fabius richiamò l’attenzione di Alexander. Il vecchio Saggio gli fece cenno di tornare indietro e salutò gli altri chinando brevemente la testa.

<< Ho riflettuto, Alexander >>disse facendo riaccomodare l’uomo nella Sala, << e ti chiedo se non vorresti rimanere per qualche altro tempo qui da noi. Non penso tu abbia di dove andare, o sbaglio? Puoi restare alla Torre fino all’estate >>

Alexander abbassò la testa, pensoso. Quella proposta non era male, anzi, non gli sarebbe dispiaciuto restare ancora un po’ alla Torre. Ma era da tanto che desiderava tornare a cavalcare libero nei vasti prati o ai piedi delle montagne.

<< Penso di no >>

<< No? >>ripeté Fabius con voce neutra.

Alexander tornò a fissarlo negli occhi e scosse la testa.

<< Grazie per l’invito ma voglio partire insieme ai miei compagni >>disse.<< Non so dove andrò. Deciderò quando ci separeremo >>

<< Va bene, la scelta spetta a te >>disse Fabius.

<< Spero sia finito il tempo di scegliere >>sospirò Alexander.

<< Oh, quella è una delle poche cose che non finiranno mai >>rispose Fabius. << La vita è fatta di scelte, Alexander, siano esse dolorose o meno. E questo, purtroppo, non sempre possiamo evitarlo. Spero ti rincuori il fatto che anche i tuoi compagni la stiano pensando allo stesso modo >>. Gli diede una pacca sulla spalla e tornò dietro il tavolo a scrutare la mappa.

 

Gli ultimi giorni alla Torre di Aldebaran volarono via, in uno stato di tristezza e inquietudine, perché, ammettendolo o nascondendolo persino a loro stessi, i compagni avevano iniziato a considerarla come una casa. Arrivò così la sera prima della partenza. I pochi effetti personali salvatisi durante il viaggio erano riposti negli zaini, e di quelli che avevano lasciato sui cavalli non si sapeva che cosa ne fosse. Rio e gli altri scesero come sempre a cena, facendo finta di niente: infatti avevano pregato Fabius di non rivelare a nessuno la loro partenza. Denebola era seduta accanto a loro e cercava di mascherare meglio che poteva la sua tristezza per il giorno seguente.

<< Ora che ci penso! >>esclamò all’improvviso Mailo mentre passeggiavano insieme nel cortile. << Vi hanno più ridato i cristalli? >>

<< Certo >>rispose Rio.

<< Quando? >>chiesero all’unisono Mailo e Aiska, sorpresi.

<< Durante la Cerimonia >>rispose Denebola.

<< Ah, sì? >>fece Alexander.<< Noi non li abbiamo visti >>

<< Ma se li avete sempre avuti sotto gli occhi! >>disse Rio.

Mailo e Alexander si guardarono, le sopracciglia aggrottate. Denebola sorrise divertita vedendo le loro espressioni confuse. Lei e Rio si sfilarono i Majirka e li tennero alzati davanti i volti degli amici. Mailo si chinò per osservarli attentamente, e i suoi occhi si dilatarono, allibiti.

<< Hai capito? >>disse Rio. <>

<< Ma… >>disse Tinhos, << nessuno può lavorare i cristalli di Imder Nysri >>

<< Be’, Fabius può >>ribatté Denebola. << È una delle rare persone che ci riescono >>

<< E perché Afior e Deri si trovano nei vostri Majirka? >>chiese Aiska.

Denebola la guardò e il suo sorriso si fece più ampio.

<< Immagino che per voi i Majirka non siano altro che dei medaglioni d’oro >>disse.<< Per la verità, oltre ad essere dei riconoscimenti, sono come dei…custodi. In ciascun Majirka c’è una pietra o un altro oggetto legato all’Ashik che l’ha ricevuto e che lo seguirà proteggendolo sempre >>

<< Questa sì che mi giunge nuova! >>esclamò Alexander, meravigliato, osservando il proprio Majirka.

<< E chissà perché mi aspettavo che lo dicessi >>ghignò Denebola dopo essersi accertata di essere fuori dalla traiettoria dell’uomo.

<< Ma nei nostri quali pietre ci sono? >>chiese Mailo.

Tinhos strinse gli occhi e scrutò la M del proprio Majirka, che brillava alla candida luce delle stelle.

<< Sono i Brillanti degli elfi! >>

Rio e Denebola scoppiarono a ridere di fronte alle facce ancora incredule dei compagni.

<< Be’ >>disse infine Mailo riscuotendosi, << sono contento di sapere cosa c’è qua dentro >>.Alzò lo sguardo alla volta celeste e si stiracchiò. << Non so cosa ne pensiate voi, cari miei, ma io dico che è ora di andare a dormire. Da domani finisce la pacchia >>

Alexander sospirò, e tornarono nelle loro stanze. Ma quella notte nessuno di loro dormì molto. I loro sguardi si posavano continuamente sulle stelle che, come la notte prima della loro prima partenza dalla Torre, brillavano intensamente tanto che nel cortile non occorrevano le torce per orientarsi.

Il mattino dopo una dolce luce penetrò nelle stanze della Torre, e il sole che sorse fu il più caldo dei giorni passati. Denebola osservava la luce sulle coperte mentre da fuori veniva il cinguettio degli uccelli, che parevano volerle intimare di alzarsi. La sua mente però era concentrata sui ricordi che aveva degli anni passati e nel ricordare che ormai quei tempi erano evidentemente finiti, gli occhi le si riempirono di lacrime. Le ricacciò coraggiosamente indietro e guardò fuori dalla finestra le cime degli alberi ancora spogli che si illuminavano. Pensare poi che quel giorno avrebbe dovuto salutare i suoi amici e forse non li avrebbe più rivisti aggravò il peso che aveva sullo stomaco, mettendo a dura prova il suo autocontrollo. Cercò invano di prenderla con serenità.

Quando il sole fu abbastanza alto si vestì e scese a fare colazione nella sala, deserta a parte i suoi compagni e qualche Saggio. C’era un silenzio carico di tristezza, e tutti e sei evitarono di guardarsi in faccia. Non si accorsero, presi com’erano dai loro pensieri, che Fabius era arrivato e li aspettava con calma accanto la porta. Quando ebbero finito lo raggiunsero e lo seguirono fino al cortile, dove li attendeva una grande sorpresa.

Sei cavalli dal manto grigio li osservarono con un brillio di contentezza negli occhi. I compagni si avvicinarono meravigliati. Rio sorrise e accarezzò il muso di Matar, che chiuse gli occhi e gli strofinò il muso contro il collo.

<< Sono tornati ieri sera sul tardi >>disse Fabius.<< Hanno passato l’inverno dai folletti dell’Ohuin, e vi hanno anche riportato i vostri bagagli >>.Indicò gli zaini posati ai suoi piedi.

<< Grazie >>sussurrò Rio a Matar.

<< Ci accompagneranno anche questa volta? >>domandò Tinhos.

<< Se ne avranno voglia io non glielo impedirò >>disse Fabius. << Con loro impiegherete meno di quindici giorni per raggiungere le vostre città >>

<< Be’, allora va bene >>sorrise Mailo dando delle affettuose pacche sul dorso del proprio cavallo.

Fabius rise e, avvicinatosi ai cavalli, sussurrò parole misteriose che solo Denebola comprese.

<< Siete decisi a partire, allora? >>disse rivolgendosi poi ai compagni, che annuirono.<< Quindi non ci resta che aspettare i Saggi a cui ho riferito che sareste ripartiti. Dovrebbero scendere fra non molto… >>

Nell’attesa, Rio e gli altri caricarono i bagagli sui cavalli, tranne Denebola che pareva essersi dimenticata di loro e frugava nello zaino. Il portone si aprì alle loro spalle e ne uscirono Mira, Altair, Hebel e la Maga di Andromeda.

<< Avete fretta di partire, a quanto vedo! >>disse scherzosamente Hebel.

<< Ormai il nostro compito è stato portato a termine >>disse Rio.

<< Sì, ma qualunque cosa succeda e accada voi sarete sempre i compagni prescelti >>disse Fabius. << L’amicizia che vi lega non si spezzerà mai >>

Rio annuì e si inchinò, subito imitato da Mailo, Alexander, Aiska e Tinhos. Poi si voltò verso Denebola, non sapendo cosa dire, benché in quel momento le cose che voleva dire erano molte. Ma Denebola sorrise e schioccò le dita. Uno zaino apparve al suo fianco, e lei lo caricò sul suo destriero sotto lo sguardo a dir poco stupito degli altri.

<< Che cosa significa? >>chiese debolmente Rio.

<< Significa che mi dovrete sopportare ancora per un po’ >>rispose Denebola, sorridendo.<< Vi spiegherò tutto più tardi >>Si voltò e si inchinò ai Saggi.

<< Oggi è il dodici marzo, Denebola >>disse Fabius. << Ci rivedremo fra due anni esatti >>

Denebola annuì. Mira l’abbracciò e la benedì.

<< Mi auguro di rivedervi, prescelti >>disse il vecchio Saggio mentre i compagni montavano a cavallo.

<< Ce lo auguriamo anche noi >>risposero Rio e Tinhos.

Li salutarono un’ultima volta e spronarono i cavalli che partirono veloci come il vento lungo il sentiero fiancheggiato dagli alberi spogli, sui cui rami però già spuntavano piccoli germogli. La luce del mattino si fece più intensa e le gocce di rugiada tra i ciuffi d’erba splenderono come gemme preziose. Arrivati al bivio sul laghetto fermarono i cavalli e si voltarono indietro. Qualche uccello passò in volo su di loro. La Torre di Aldebaran era ancora visibile tra il legno scuro degli alberi. La osservarono a lungo e cercarono di imprimersi la sua immagine nella mente, pregando gli déi di poterci tornare un giorno o l’altro. Infine ripartirono.

Attraversarono la Piana dei Morti, stupendosi nel vedere la presenza di erba e qualche raro fiore in quella landa desolata e maledetta.

Quando raggiunsero il Green River allentarono il passo e respirarono la fresca aria.

<< Allora >>disse dopo un po’ Alexander a Denebola, << come mai vieni anche tu con noi? Non mi dirai che hai deciso di lasciare la Torre! >>

<< Non lo farei mai >>rispose Denebola. << Ho solo deciso di andare alla ricerca della mia famiglia. E ho a disposizione due anni, dopodiché tornerò alla Torre di Aldebaran >>

<< Dove pensi di iniziare le ricerche? >>le chiese Rio.

<< Da Upam, la mia città natale >>disse Denebola. << Poi si vedrà >>

Si fermarono a pranzare in prossimità di Royal, chiacchierando e godendosi quegli ultimi momenti insieme. Rio e Mailo decisero di passare lungo la costa per giungere a Terrani, evitando però Darksea; Tinhos e Aiska sarebbero invece tornati ad Aquos per qualche tempo, e ignorarono le domande sarcastiche di Mailo e Alexander. Quest’ultimo era il più indeciso di tutti. Mai, da quando aveva lasciato King’s Valley aveva dato peso alla destinazione che avrebbe dovuto raggiungere. Alla fine scelse di accompagnare Rio e Mailo fino a un certo punto, quindi avrebbe deciso dove andare. E Denebola avrebbe raggiunto Upam passando per Kamaàn e i Boschi Incantati.

Per il resto del giorno non vollero proseguire. Trascorsero le ore sdraiati a pancia in su, domandandosi come sarebbero stati accolti una volta tornati nelle loro città.

Il mattino dopo, comunque, non si svegliarono troppo presto, e già il sole era sorto da un pezzo quando terminarono la colazione. Risistemarono le coperte e montarono di nuovo. Questa volta procedettero con più calma, ma non erano passate nemmeno due ore che già erano arrivati a Royal.

<< Da qui in poi ci separiamo >>disse Denebola con un sospiro. << Prenderò la strada che porta a Kamaàn >>

Rio la abbracciò.

<< Spero che verrai a cercare la tua famiglia anche da noi >>disse.

<< Ho due anni a disposizione e un cavallo che impiega un giorno per giungere in un luogo per il quale ne occorrerebbero cinque >>disse la ragazza, separandosi da lui per salutare gli altri. << Penso che una capatina verrò a farvela. E poi vi scriverò >>disse mentre abbracciava forte Aiska. << L’importante è che non vi mettiate a viaggiare, altrimenti non vi troverò >>

<< Allora io riceverò molte lettere >>replicò sorridendo Alexander abbracciandola a sua volta e scompigliandole i capelli.

<< Se mi verrà voglia mi teletrasporterò da te >>disse Denebola.

<< Che onore! >>disse Alexander. Denebola sorrise.

<< Be’, fai attenzione >>disse infine Rio quando la ragazza si avvicinò alla strada per Kamaàn.<< Avremo anche sconfitto Tenugh ma ci sono altri pericoli per Valdmurt >>

<< Saprò difendermi >>li rassicurò Denebola.

<< Di questo ne siamo sicuri >>disse Tinhos con un gran sorriso.

Denebola li guardò un’ultima volta, e il cuore le tremò. Una lacrima sola sfuggì al suo controllo mentre con un gesto della mano li salutava e faceva voltare il cavallo che partì a gran velocità. Anche Rio, Mailo, Aiska, Tinhos e Alexander, dopo averla osservata per un po’, si voltarono e presero la direzione opposta. Come quando si erano incontrati la prima volta, anche ora se ne andavano insieme, mentre tutto era partito da Denebola e il cristallo verde e tutto finiva con loro. Prima che le porte di Royal si richiudessero alle loro spalle, Rio si voltò.

Vide Denebola sfrecciare lungo la via verso le montagne, una figura vestita di viola che brillava alla luce del sole.

   
 
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