Vittorio provava un forte
senso di colpa e rammarico nei confronti di Valeryn.
La ragazza si trovava
ancora in compagnia di Elia, il quale l’aveva lasciata
parecchio stupita rispondendo in modo del tutto inaspettato. Le sue
parole l’avevano lasciata di stucco.
E poi, Vittorio... il suo Vittorio
l’aveva tradita?
Su questo non ci pioveva,
si disse, e lei non avrebbe perdonato un tradimento. Però
era anche vero, come diceva Elia, che il castano doveva essere
realmente innamorato di lei. Questo spiegava il motivo per cui Elia non
aveva insistito tanto dopo la loro rottura: non voleva far soffrire il
suo amico, non voleva interferire poiché sapeva che
l’amava davvero.
Si convinse delle sue
parole. Ma non riusciva a non star male. Stava veramente uno straccio,
da un lato voleva solamente piangere, da un altro soltanto urlare a
squarciagola e arrabbiarsi. Stava facendo entrambi.
Perché se la
prendeva con quella Barbi e non con Vittorio?
Semplice; forse Elia non
aveva tutti i torti a dire che si era fatto trascinare. Forse non
l’aveva fatto di proposito... Non aveva pensato, come aveva
fatto tempo prima lei, oppure non era riuscito a staccarsi, oppure...
Poco male, adesso stava soffrendo molto e tutto per colpa di quella!
«La
odio» continuava a ripetere «Ti giuro, la odio. La
detesto!»
Elia alzò
nuovamente gli occhi al cielo, mettendo dei centesimi nel distributore
di bibite. Prese una bottiglia d’acqua e gliela porse.
«Ti ho
già detto di finirla di accanarti contro quella
lì, devi solo chiarire con Vittorio. Non essere
infantile»
«Ah, io sarei
infantile?!» si voltò agguerrita «Non lo
è il tuo amichetto? Lui è maturo? Beh, si
è visto, da come si è comportato!»
«Un’altra
volta?» ripeté il biondo, esasperato «Ti
ho già detto che non è stata colpa sua! Non hai
visto che Barbara è mezza troietta?»
«Mezza?!»
si agitò «Solo mezza?!»
Questi alzò
gli occhi al cielo, pensando a quanto fosse noiosa Valeryn quando ripeteva sempre
le stesse cose. E soprattutto cocciuta, visto che si ostinava ad
avercela con una persona inutile senza affrontare l’unica che
poteva darle delle spiegazioni.
«Appunto,
quindi parla con Vitto. Non farmelo ripetere per l’ennesima
volta»
Il biondo
sospirò, un po’ afflitto. La castana se ne accorse
e si scusò.
«Perdonami,
Elia, ti sto assillando» tirò su col naso
«So che può darti fastidio una cosa del
genere...»
«Non
è fastidio» ripose lui «E’
solo che io conosco Vittorio e non ti avrebbe mai tradita»
A lei scese una lacrima.
«D-davvero?»
«Sì,
Valeryn, però non
piangere e non fare pazzie. Io parlo con lui e vedrai che sistemerete
tutto. Adesso va' da Maia, per favore» la guardò
serio, mentre lei annuiva ed entrava in palestra con un dolore al petto
indescrivibile.
Quando la ragazza
scomparve da dietro la porta, il biondo si mise le mani in tasca e,
confuso, arrivò nell’atrio vicino al portone.
Vide Vittorio seduto su
una sedia con la testa tra le mani e, dopo aver sospirato, gli mise una
mano sulla spalla come segno di conforto.
«Ehi»
lo chiamò.
Questi si
irrigidì due secondi, poi alzò il capo per
guardarlo negli occhi.
«Che cazzo ho
fatto?» chiese, sbattendo la testa.
Elia non rispose e
continuò a guardarlo in un modo strano e penetrante. Il
castano sospirò, passandosi una mano sul viso.
«Non
è stata colpa mia» disse, cercando di spiegargli
«Lei si è fermata a parlare e poi mi ha preso a...» si
bloccò improvvisamente «Ma tanto a te che importa?
Anzi...»
Si sentì uno
stupido a spiegare proprio a lui quelle cose.
Il biondo lo
guardò torvo, dopodiché, scorgendo una bidella in
lontananza, lo trascinò dal braccio per portarlo vicino ai
distributori. Avrebbero parlato meglio.
«Che cazzo
dici?» gli chiese irritato.
«Eh?»
Era stravolto e stordito.
Gli faceva male la testa.
«Che cazzo
dici, Vitto, certo che m’importa»
mormorò il biondo, e poi si passò la lingua tra
le labbra «M’importa tutto di te»
Non sapeva se gli era
scappato o lo aveva detto di proposito. Vittorio sentì una
strana sensazione alla pancia, e si guardarono negli occhi per qualche
secondo. Gli venne quasi da sorridere.
«Sto facendo
una figura di merda» gli disse «Prima ti frego la
ragazza e poi mi faccio beccare con un’altra»
ammise, lanciando un sospiro.
Si appoggiò
stancamente al distributore automatico. Elia strinse le labbra.
C’era una piccola parte di sé, forse la
più minuscola che provava un piccolo moto di compiacimento.
Ma non perché voleva che stesse male, ma perché
forse dopo quello sarebbe tornato a passare del tempo con lui...
«Forse un
po’» soffiò, e lo vide abbassare lo
sguardo, ferito.
Sapeva che si sentiva in
colpa per quello, ma non voleva rinfacciarglielo. Voleva che stesse
bene. Nonostante dentro di sé la sua parte più
egoista pregava affinché le cose tornassero come prima,
vederlo in quel modo gli strinse il cuore.
Gli sfiorò la
guancia con un dito, e fece in modo che alzasse lo sguardo.
«Tu la
ami?» gli chiese a bruciapelo.
Non ne avevano mai
parlato. Lui lo aveva detto a Valeryn prima, dentro di
sé era certo. Ma Vittorio non glielo aveva mai detto.
Questi si morse il labbro.
«Cosa?»
ripeté stordito.
Elia scosse la testa.
«La
ami?» e lo guardò negli occhi.
Vittorio pensò
la stessa cosa, che non glielo aveva mai detto, e in un certo senso
provò un po’ di paura. Dirlo davanti a lui lo
spaventava. Era come tradirlo per la seconda volta e non sapeva nemmeno
lui perché.
«Io... non lo
so...» biascicò «Sì... credo
di sì...»
Elia rilasciò
il fiato che aveva trattenuto. Poi si guardarono intensamente. Non
sapeva nemmeno spiegare in che modo, ma Vittorio aveva capito di
avergli fatto male.
«Se... se la
ami, allora devi dirglielo» mormorò Elia, e poi ci
furono dei secondi di silenzio.
Il castano
continuò a guardarlo e dentro di sé
sentì delle strane sensazioni.
L’associò alla disperazione che provava in quel
momento, ma sapeva che in fondo erano dovute alla presenza
dell’altro. Elia era una delle persone più
importanti della sua vita, se non la più importante. E si
diede dello stupido per l’ennesima volta per averlo fatto
soffrire.
«Sai»
sussurrò d’un tratto «non ho mai smesso
di pensare che tu fossi il mio migliore amico» alluse a
quello che era successo.
Nonostante stessero
cercando di andare avanti, quello era un pensiero costante.
Pensò di aver fatto bene a dirgli quelle cose, ma Elia
abbassò lo sguardo. In cuor suo non sapeva nemmeno il
motivo. Forse si aspettava che gli dicesse altro, ma cosa?
«Ci sei sempre
stato per me» gli venne naturale avvicinarsi, e il biondo
trattenne il fiato «Anche adesso» gli strinse una
mano. Fu un tocco spontaneo, ma dentro di Elia scatenò delle
reazioni furibonde.
Vittorio lo
guardò. Era il ragazzo più bello che avesse mai
visto, e non solo esteriormente. Nonostante si armasse di quella
corazza di indifferenza, sapeva per certo cosa aveva dentro.
Era tutto più
semplice se avesse scelto lui.
«Mi verrebbe di
lasciare perdere tutto e venire con te» si lasciò
scappare.
Elia alzò lo
sguardo stupito. Voleva che glielo dicesse. Dentro di lui moriva dalla
voglia di tornare come i vecchi tempi, solo loro due.
«Davvero?»
mormorò.
Il castano
sospirò.
«Sì»
rispose.
Era vero. Nonostante
amasse Valeryn, sapeva che il suo posto
era con lui. Erano sempre stati loro due.
Il biondo si morse il
labbro.
«La
lasceresti?» osò chiedergli.
Dimmi di sì.
Non deludermi, pensò triste.
Vittorio nemmeno
esitò. Non seppe cosa fu a spingerlo.
«Per noi
sì» rispose.
Elia evitò di
guardarlo. Forse Vittorio avrebbe scelto la via più semplice
in quel modo. Però era la dimostrazione del fatto che teneva
a lui.
Erano amici.
E se ci fosse
dell’altro? Non doveva nemmeno pensarlo... come gli era
venuto in mente...
Alzò lo
sguardo e vide che lui già lo guardava. Venne in mente a
entrambi quell’episodio così intimo alla festa di
compleanno. Loro forse erano destinati a stare insieme, ma non in quel
momento. Non in quel modo. Vittorio doveva essere felice e non era lui
la sua felicità.
«Non... non
voglio questo. Dille che la ami. È giusto
così» affermò Elia.
Sapeva farsi da parte.
Aveva sempre saputo farsi da parte. Il castano gli accarezzò
una guancia.
«Elia...»
sussurrò. Ed era bello, troppo bello.
Un velo di tristezza
invase i suoi occhi castani non appena il pensiero
dell’adozione dell’amico, sentita da sua madre, gli
riaffiorò in mente. Aveva parlato con Valeryn la mattinata stessa, non
poteva ancora crederci che gli avevano fatto una cosa del genere.
Vittorio l’osservò interrogativo, chiedendosi a
cosa stesse pensando così assorto. Lui non se lo meritava,
non si meritava di soffrire in quel modo...
Posò la mano
sopra quella sua.
«Vic, io so quello che
è successo» disse improvvisamente.
Vittorio sentì
distrattamente il cuore rompersi. Dentro di sé sapeva a cosa
si riferiva, ma non voleva darlo a vedere.
«Che
cosa?» chiese sentendo un groppo in gola.
«Tra te e la
tua famiglia. L’ho sentito da mia madre» gli
rivelò.
Fu un pugno allo stomaco.
«Davvero?»
boccheggiò l’altro.
Era riuscito a tentoni a
superare quella notizia, o almeno ci stava ancora riuscendo. Ma in quel
momento, il fatto che lui lo sapesse, il fatto che fosse già
disperato, incrementarono ancora di più il suo dolore.
Elia si fece sempre
più vicino.
«Non avrebbero
dovuto mentirti. Non avrebbero dovuto farti soffrire
così»
Il castano
abbassò gli occhi e sentì le lacrime premere, e
non poteva farci assolutamente niente. Aveva troppe emozioni represse e
con lui riusciva a farle uscire tutte.
«È
dura, ma la supererai, te lo prometto» gli disse il biondo,
alzandogli il viso con le mani «Fidati di me. Loro ti
vogliono bene... Hanno solo sbagliato il modo. Ti vogliono bene, sei
loro figlio e lo sarai sempre...» Vittorio iniziò
a piangere, lui lo vide e lo strinse a sé «Non ti
preoccupare, ci sono io»
Aveva poggiato la testa
contro la sua spalla. Le lacrime cadevano silenziosamente. Quando lo
aveva saputo avrebbe voluto averlo vicino. E adesso era lì.
Si aggrappò a lui.
«Non piangere, Vic...»
soffiò il biondo, e sentì le lacrime agli occhi
anche lui.
Ma Vittorio aveva negato
con la testa. Non si meritava un amico del genere. Non si meritava una
persona che si prendesse cura di lui in quel modo. Era un ingrato, e un
egoista, e forse meritava di perdere tutti... la sua famiglia, lui, Valeryn...
«Certo che
piango, sono un coglione...» biascicò, tirando su
con il naso «Perdonami... per quello che ho
fatto...» disse ancora.
Elia non lo
lasciò. Non importava più. Forse non gli era mai
importato.
«Va tutto
bene» fece in modo che lo guardasse negli occhi «Va
tutto bene, okay?» glielo ripeté chiaramente, in
modo che la smettesse di sentirsi in colpa.
Vittorio annuì
e si strinse ancora a lui.
E gli vennero in mente tutti
i ricordi più belli che avevano passato insieme.
Il loro primo incontro.
Si rivide lui da bambino
che giocava a pallone con gli altri. Quel giorno c’erano
diversi bambini che non conosceva, tra cui lui. Lui era il
più bravo di tutti e lo aveva incuriosito già dal
primo sguardo.
Si rivide caduto per
terra per colpa di qualcuno che lo aveva spinto e si era fatto male al
ginocchio.
Il dolore era
così forte da avere le lacrime agli occhi. E poi lui, Elia
si era avvicinato, lo aveva aiutato a tirarsi su e lo aveva consolato,
si era alzato i calzoncini e gli aveva mostrato
l’infinità di lividi e ferite.
Vittorio si era sentito
subito meglio dopo quella volta. Non si era più sentito
solo. Si era sentito capito. Da quel momento, non era passato un giorno
senza che non avessero giocato insieme.
Era diventato il suo
migliore amico, la persona più importante per lui.
Lo era anche in quel
momento...
Elia lo vide ancora
sconvolto e tentò di sdrammatizzare la situazione.
«So di essere
attraente, ma mi stai soffocando» ridacchiò
maliziosamente, ma con un tono profondo.
A Vittorio
scappò un sorriso e si asciugò le lacrime con il
dorso.
Poi lo guardò,
si guardarono intensamente.
Era tutto strano, ma
bello, era come se si stessero riscoprendo di nuovo dopo tanto tempo.
Rimasero in silenzio,
forse qualcuno avrebbe dovuto parlare, ma era come se qualsiasi parola
stonasse in quel momento.
Veniva solo da
socchiudere gli occhi, chissà poi perché...
La porta della palestra
si aprì, ma loro non se ne resero conto. Valeryn, vedendoli stretti in
quel modo, ebbe un tuffo al cuore. Quasi emozionata, si
avvicinò loro.
«Voi due così? Cielo, io...»
balbettò.
I due si accorsero della
sua presenza. Il castano trasalì e fece per staccarsi, ma
Elia lo trattenne. Si sentì infastidito da
quell’interruzione, e se Valeryn non la smetteva di fare
la stupida orgogliosa gliel’avrebbe detto lui...
«Che fai, vuoi
mica scappare via?» canzonò in direzione del
castano. Poi guardò con un cipiglio Valeryn
«Ormai
è mio, mi dispiace» aggiunse in un tono che doveva
essere ironico, ma che risuonò un tantino irritato e
possessivo.
Lei lo guardò
male e incrociò le braccia.
«L’importante
è crederci» sussurrò.
Vittorio
arrossì leggermente. Era perfino gelosa di Elia? Beh, forse
aveva le sue buone ragioni.
«Com'è,
adesso i rivali siamo io e te» sdrammatizzò questi.
Non voleva destare dubbi,
soprattutto a sé stesso.
Questa puntò
lo sguardo per terra.
«Infatti non lo
siamo. Per colpa di una persona»
Vittorio sentì
il cuore perdere un battito. La guardava dispiaciuto, voleva
abbracciarla, ma c’era Elia e un po’ si sentiva
impacciato.
«Quale
persona?» questi gettò uno sguardo all’
amico «L’unica persona che vedo, oltre noi due,
è un ragazzo con i capelli spettinati che è
follemente innamorato di te»
Sia Valeryn, che Vittorio si
sentirono in pieno imbarazzo appena il ragazzo pronunciò
quella frase. Lei guardò quest'ultimo mordersi il labbro.
«L’importante
è crederci...»
Elia alzò gli
occhi al cielo. Era ora che la smettesse di comportarsi da bimba
capricciosa!
«Smettila.
Guarda che sei monotona!» sospirò, poi si sporse
e, a sorpresa, li abbracciò entrambi.
Valeryn si fece avvolgere dalle
braccia dei ragazzi, chiudendo gli occhi. Erano mesi che non stavano
insieme in quel modo.
«Vi voglio
bene» biascicò.
«Anche
noi» Elia sfiorò il braccio di Vittorio, e questi
gli fece un sorriso «D’altronde siamo il
“trio dei miracoli”»
«Che razza di
nome!» sbottò questi, ridendo.
«Chi
l’ha inventato?» chiese Valeryn con una smorfietta, ma
in realtà stava sorridendo.
«Daniel, o
Carmine, o Alex, o Maia, o boh» prese a entrambi le mani,
facendole intrecciare «semplicemente noi»
Sorrise, mentre Valeryn e Vittorio osservavano
le loro mani unite per opera del biondo.
Elia sentì
distrattamente un pezzo del suo cuore volare via quando Vittorio lo
guardò con uno sguardo pieno di affetto. Stava faticando
tanto, ma sapeva che doveva farlo. Era giusto in quel modo. Loro erano
giusti.
Questi si guardarono
ancora, leggendosi l’amore negli occhi. La campanella
suonò, segnando la fine dell’ora. Tutti
sgusciarono fuori dalla palestra, mentre Valeryn ritirava la mano.
Vittorio
sospirò.
L’avrebbe
riconquistata?