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Autore: Yvaine0    19/09/2010    2 recensioni
- Ah ah! Molto divertente, ragazzina – finse di ridere, Rocco. – Tanto puoi anche cercar di farmi ingelosire con Ste, ma, a parte che sappiamo tutti che lui ha il cuore da un’altra parte – e lanciò un’ occhiata eloquente verso Federica, che arrossì, proprio come Steve – e poi io so chi piace a te! –
Arianne alzò gli occhi al cielo. Erano due giorni che andava avanti con quella storia, ormai. Era convinto che le piacesse lui, ma lei era certa del contrario. Ok, non era un segreto per nessuno che Rocco le andasse dietro, ma lei era sicurissima di non ricambiare.
E' il terzo anno di superiori per Arianne, Sophia, Federica e le altre compagne, mentre i loro amici Steve, Gianluca e Rocco stanno intraprendendo la sfida della quarta liceo. Durante questo anno Rocco decide di dare una svolta al rapporto di soli battibecchi che lo lega ad Arianne e, tra rivalità, amori, gelosia, problemi, amici in difficoltà o pronti a soccorrerli, nuove e vecchie conoscenze, i due getteranno le basi di un rapporto un po' particolare destinato a stampare nei loro cuori il ricordo indelebile del loro primo amore.
[STORIA INCOMPLETA.]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
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Amore e rivalità - Ma dove siamo?!

14

 

« Un incidente?!??? » boccheggiò Sophia, con un filo di voce. « Alex! Un…? Ti prego dimmi che non è vero, Raff! »

La Neri sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

Raffaele diede un’ alzata di spalle. « Vorrei poterlo fare, ma sarebbe una bugia … »

Sophia sentì una morsa stringerle il cuore con una forza tremenda e distruttiva, tanto da parlo a pezzi, che poi caddero per infrangersi di nuovo, assieme a qualunque capacità di ragionamento della ragazza. Dolore. Paura. Terrore.  « Oh, Raff! » iniziò a singhiozzare violentemente e si gettò tra le braccia del cugino, nascondendo il volto contro la sua felpa. « No, no, no» continuava a ripetere, come un automa. Come se quelle stesse parole potessero cambiare la situazione.

Raffaele la strinse a sé, cercando di infonderle un po’ di conforto. « Sta relativamente bene, Sophi. Ora ti porto a mangiare qualcosa, poi andiamo da lui, ok? Smettila di piangere , su … » le sorrise incoraggiante, scostandola leggermente da sé. Ciò che vide non gli piacque per niente. La sua cuginetta era una maschera di paura e tristezza. Gli occhi grigi sempre allegri e vivaci pieni di lacrime che continuavo a sgorgare copiose senza dare segno di voler smettere di bagnarle il volto ancora bambino.

Si avviò verso il suo jeep cherokee  nero, tenendole una mano sulla spalla, cercando di farle sentire che le era vicino. 
Le scompigliò i capelli e sospirò. Era distruttivo vedere quella piccola scintilla di allegria così devastata da una notizia che probabilmente le aveva dato nel modo sbagliato.

Quella mattina Alessandro Neri aveva avuto un incidente d’auto mentre si dirigeva verso casa della sua ragazza assieme ad un suo amico. Sarebbero dovuti andare al mare quel giorno. Alex stava discutendo con l’amico sulla stazione radiofonica da ascoltare. Ed era stato per cambiare stazione, che il ragazzo si era distratto, non notando un semaforo rosso. Una macchina aveva centrato in pieno la sua, sulla fiancata. Sull’asfalto bagnato questa era slittata, finendo nell’altra corsia, dove era stata centrata frontalmente da una seconda automobile.

Raffaele fece salire la cugina in auto e la accompagnò in rosticceria, dove le prese qualcosa da mangiare. La ragazza però si era rifiutata di toccare cibo, dicendo che le si era chiuso lo stomaco. Il ragazzo insistette e la costrinse a mangiare qualche boccone, nonostante capisse bene il suo stato d’animo. Sophia finì di sbocconcellare un po’ di cibo in macchina, mentre suo cugino la accompagnava in ospedale, da Alex. Non aveva fame, ma stava aveva mangiato un po’ lo stesso. Non tanto perché era stato Raffaele ad insistere, ma perché suo fratello avrebbe voluto che lei mangiasse. Poco dopo era nella sala d’aspetto, dove suo padre sedeva su di una poltroncina, la testa tra le mani.

« Papà! » la ragazza corse ad abbracciarlo, gli occhi nuovamente piene di lacrime.

« Tesoro! »

« Dov’è la mamma? Alex come sta? »

L’uomo respirò a fondo. « Tuo fratello ci ha fatto prendere un colpo, ma sta bene. Lo terranno qui qualche giorno per fare dei controlli, ma per ora è vivo. Per fortuna, perchè quando tornerà a casa lo ucciderò con le mie mani! La macchina è ridotta ad una lattina schiacciata! La mamma è dentro con lui, vuoi vederlo? »

Sophia accusò una risatina, e abbracciò il padre. « Sì »

L’uomo la accompagnò alla porta dietro la quale di nascondevano sua madre e suo fratello. La mente assurdamente autolesionista di Sophia tirò un sospiro di sollievo vedendo suo fratello sorridere ad un’ infermiera che gli stava portando via il vassoio vuoto del pranzo: pensava fosse ridotto molto peggio. Alex era steso su un letto, il braccio destro ingessato e fissato adiacente al petto da una benda, i mossi capelli castano scuri scompigliati, alcuni graffi sul volto e un grosso livido sulla fronte. Il suo sguardo scorse via dall’ infermiera, quando la porta si aprì, e il suo sguardo si illuminò di divertimento quando vide la sorella. « Hey, Sophi! Guarda qua: ho un bel po’ di gesso su cui scrivere! Vuoi essere la prima ad autografarlo? »

La ragazza gli sorrise, mentre le lacrime le velavano di nuovo lo sguardo grigio, così simile e così diverso da quello ridente del fratello. Corse accanto a lui, abbracciandolo delicatamente, attenta a non fargli male. Il braccio sinistro del fratello la strinse forte a sè, ricambiando l’abbraccio. « Non piangere, sciocca. Conserva le lacrime per quando papà avrà visto com’è ridotta la macchina e mi strangolerà davanti ai tuoi occhi »

« L’ha già vista. »Lei rise stringendogli una mano. « Sei un idiota »

« Assolutamente »

« Un deficiente decerebrato! » aggiunse, improvvisamente arrabbiata.

« Non posso negarlo » sorrise, divertito.

« Un brutto pezzo d’ imbecille infantile fino alla follia! »

« Fino a rischiare di farsi uccidere, vorrai dire » la corresse, ridendo.

Sophia lo abbracciò di nuovo, ridendo. « Stupido » lo apostrofò.

Un suono graffiante annunciò che la madre dei ragazzi si era alzata dalla sedia ai piedi del letto su cui era adagiata fino a poco prima. Sophia si voltò a sorriderle. « Ciao, mamma »

« Ciao, tesoro. Hai visto questo zuccone che ha combinato? » domandò gentilmente la donna, prendendo la mano del figlio.

Alex sbuffò e si rivolse all’ infermiera. « Vede perchè mi sono quasi fatto uccidere? Come si può sopportare tutto questo affetto? »

La donna e la signora Neri risero, mentre Sophia guardò indispettita il fratello e gli diede un pizzicotto su una gamba. « Ahia! »

« Oddio, ti ho fatto male? » si scusò subito la sorellina, chiedendosi se avesse infierito su di un punto dolente al fratello.

Lui scoppiò a ridere. « Ovvio che no! Che fessa. »

Lei lo ripagò con un altro pizzico. « Stupido »

« Nana. Non potevi rimanere a scuola? Mi dai fastidio, sei più appiccicosa del solito » borbottò il ragazzo, fingendosi indispettito.

L’infermiera rise di nuovo, facendo voltare tutti verso di lei. « Non ascoltarlo, ragazzina. Da quando è arrivato qui non ha fatto altro che dire a tutti che non poteva rimanere: doveva venirti a prendere a scuola! »

Sophia sorrise, felice, alla donna poi al fratello che sgranò gli occhi, sorpreso dal tradimento dell’ infermiera, poi si imbronciò e distolse lo sguardo. « Ho solo detto che qualcuno doveva farlo » bofonchiò, le orecchie improvvisamente rosse.

 

***

 

« Vado io! » Arianne corse verso l’apparecchio telefonico che squillava insistentemente. Quel giorno Genevieve non era in casa, era andata a studiare da una delle sue amiche. Era strano per la piccola di casa dover correre a rispondere al telefono: di solito rimaneva pigramente seduta nella sua stanza e lasciava che fosse sua sorella a farlo. « Pronto? »

« Aryyyyyyyyyyyyyyyyyy! »

La ragazza allontanò la cornetta dall’ orecchio, lanciandogli un’ occhiataccia come se fosse stata quella ad urlare. « Ehm. Mi hai disintegrato l’udito »

La voce dall’ altra parte rise. « Scusa. Hai visto cos’è successo oggi all’ uscita? »

« Può darsi. Dipende da cosa avrei dover visto, Lu. »

Lucia rise di nuovo. « Acuta osservazione. Sophia è nadata via da scuola con un figo da paura! »

Arianne rimase in silenzio per qualche istante, metabolizzando la notizia. «  Davvero? »

« Giuro! Dovevi vedere che figo! Avrà tipo vent’anni! »

« Un amico di Alex? » suggerì la Venturi, sorridendo. E così la piccola Soph stava iniziando a distrarsi da quei pensieri biondi e stronzi, eh?

« Può darsi. Uhm, anche il fratello di Soph è un figo, ora che ci penso... Dovrei farmelo presentare... »

Arianne rise. « Sì, certo. Glielo diciamo domani. E com’era questo tizio? »

Lucia ci pensò un po’ su. « Alto... Moro... Grande... e figo. »

« Descrizione molto dettagliata! » la ragazza scoppiò a ridere, serena. La felicità di un amico era la sua. « Eeehhh! La nostra Sophia avrà un bel po’ di cose da raccontarci domani! »

« Seguro! Notte de fuegoooo! » la mora strillò la sua battuta preferita nelle orecchie dell’ amica e poi scoppiò a ridere.

 

***

 

« Lo faccio o non lo faccio? »

« Fallo. »

« E se si arrabbia? »

« Allora non farlo »

« Non mi stai aiutando per niente, Fra » lo avvertì Rocco.

« Il fatto è che non me ne frega niente, non è colpa mia. Io lo farei. Ma a te fa un effetto strano, quindi...  » rispose il biondo con sincerità.

In quel momento Renato Agostini si affacciò alla porta della stanza di suo figlio. Francesco era steso sul letto, mentre Rocco era alla scrivania, che armeggiava con qualcosa senza farsi vedere.  Uno strano dubbio gli venne in mente, interpretando nel modo più logico possibile le frasi ambigue appena udite.

« NON STARETE PER FARVI UNA CANNAAAA!?! »

«Daaaaggghh!»Il moro cadde dalla sedia, preso di sorpresa. Il cellulare gli cadde dalle mani e rotolò in mezzo alla stanza, smontandosi. Steso sul pavimento alzò gli occhi per incontrare lo sguardo divertito del padre il tralice. « Secondo te se volessi farmi una canna verrei in casa? »

Francesco che si era seduto sul letto all’ urlo dell’ uomo, si mise a ridere. « Furbo come sei potrebbe essere benissimo » commentò.

Renato annuì. « In effetti, Squinternato... »

« Fra non è uno squinternato! »

« Infatti dicevo a te, Squinty! » rise il padre. Era la fotocopia del figlio, con i capelli nero pece e il suo stesso sguardo da eterno bambino. Persino l’umorismo era e sarebbe sempre rimasto lo stesso.  

« Simpatico » si lamentò Rocco. Adorava suo padre, ma era irritante vederlo scherzare con i suoi amici. A volte gli sembrava di essere lui il più maturo.

« Allora, cosa dovevate fare? » domandò l’uomo.

Francesco fece un cenno del capo verso l’amico: era Rocco a doverlo dire, se voleva.

« Devo fare una telefonata. » tagliò corto. « Esci per favore? Dobbiamo fare i compiti! » aggiunse mentre si accingeva a rimontare i pezzi del suo telefonino.

Renato rise. « Ma non devi fare una telefonata? »

« I compiti, una telefonata... cosa cambia? Dai, Renato, fuori di qua! » esclamò, alzandosi e spingendolo fuori. L’uomo si lasciò spostare, ridendo e chiuse lui stesso la porta. « Ho capito, ho capito. Ma non fatevi le canne! »

« Ma che canne?!? » sbottò Rocco contro la porta chiusa. Dal corridoio venivano i passi di suo padre e la sua risata. Il moro sbuffò e si sedette sul pavimento, cercando nuovamente di montare il telefono. « Col cavolo che la chiamo con quello là in giro per casa. » decise infine, lasciandolo smontato sul pavimento.

« Ah, certo. » commentò Francesco. « Quindi vuoi dirmi che è per tuo padre, non perchè non sai rimontarlo. Da’ qua, ci penso io! »

« Sì, ma non le telefono lo stesso! »

« Ok... »

 

***

 

Benedetta si tuffò a pancia in giù sul divano di casa sua. Erano ormai le sei di sera e aveva passato il pomeriggio a studiare storia. Ora quello che le ci voleva era un po’ di relax, per poi tornare a ripassare dopo cena. Quella volta era certa che ce l’avrebbe fatta, le sue insufficienze sarebbero state recuperate. Alzò la testa dal cuscino su cui era sprofondata e si allungò verso il tavolino di vetro al centro del salotto. Afferrò il telecomando e accese la televisione su un canale a caso. Si allungò di nuovo e prese il cellulare. Digitò il messaggio, selezionò il numero in rubrica e inviò: “Studio completato. Scommessa?”

Aspettò diversi minuti, osservando le luci e i colori che si muovevano sullo schermo piatto del televisore. Seguiva giusto qualche scambio di battute, non prestava troppa attenzione alla trama, ma si stava rilassando. Chiuse gli occhi e assaporò quel momento di totale ozio.

Bzz.Bzz.

La vibrazione del cellulare la riscosse quasi subito. « Tempismo perfetto » bofonchiò sorridendo al telefono. Aprì lo sportelletto, pigiò un tasto e aprì il messaggio:  “Hmn. Sai che non mi piacciono le scommesse. Ma... sentiamo: cos’hai in mente?”

Benedetta rise. “Vieni su msn? Ti spiego lì.”

Invio. Spense la tivù e tornò in camera sua, dove accese il computer.

Bzz. Bzz.

“Non posso, sono in ospedale. Domani ti spiego. Non fare allarmismo e non allarmarti.”

“Io NON faccio allarmismo. Io faccio scommesse. Voglio il mio Orsacchiotto... <3”

A quel punto Benedetta era certa che i messaggi sarebbero stati decisamente più frequenti e la conversazione molto più rapida. Sophia si infervoriva (-ava?) sempre quando lei toccava l’argomento ‘Walter’.

Entrò su messenger e iniziò a chattare con un amico. Notò che c’era anche Simone, in linea: l’amico di Sophia. No, non gli avrebbe parlato. Era un imbecille. Ogni volta che entrava su messenger lui le parlava per prima per chiederle...  Tirurù. Qualcuno le aveva scritto.

 

Simo_Zlatan scrive:

Chi sei?

 

Ecco, appunto.  Benedetta sbuffò.

 

Benny needs Orsacchiotto scrive:

Sempre la stessa persona dell’altra volta. Sempre la compagna di classe di Soph.  Sempre Benedetta. Hai intenzione di chiedermelo di nuovo, la prossima volta? -.-

Simo_Zlatan scrive:

asdasdasd

Okok scusami XD

 

La ragazza scosse il capo e guardò il cellulare: ancora nessuna risposta. Sophia era all’ ospedale, aveva detto? Forse quella sottospecie di mammifero bipede sottosviluppato meglio identificato come essere umano di sesso maschile era in grado di darle qualche informazione in più... e far scemare la sua preoccupazione,a ttualmente alle stelle.

 

Benny needs Orsacchiotto scirve:

Senti, “Ibra”, sai dov’è Soph? Non risponde ai messaggi.

 

Insomma, era una piccola bugia, non poteva di certo fare male, no? E poi in un certo senso era vero: non le aveva ancora risp- ...

Bzz. Bzz.

Ok, a quel punto era ufficialmente una bugia, ne era consapevole.

Aprì il telefono: “Poi dite che sono io quella strana. Mi hai appena detto che hai voglia di una cacca. In questo caso ti consiglio di andare a fare un giro in un parco: i cani ne fanno tantissime. -.- Allora, questa scommessa? >w<° ”

“Walter non è una cacca! È un orsacchiotto da coccolare. Non hai mai visto quant’è carino? È un’orsetto abbraccioso! **”

“Già, un’ orsetto che ha tanta voglia di coccole: Pedobear. Carino come nuovo soprannome, non trovi? :)”

“Questo mi sa tanto umorismo scadente da ALEX.”

 

Benedetta lanciò un’ occhiata allo schermo e notò che Simone non era più online. Idiota!, lo insultò mentalmente, prima di accorgersi che le era già arrivato l’ennesimo messaggio sul cellulare.

“ Hai indovinato, me l’ha suggerita lui la battuta. Ah, Benny, non fare domande a Simo, mi ha già mandato tipo diciotto SMS traboccanti panico. Io sto bene, non preoccuparti, non è per me che sono all’ ospedale. Alex ha avuto un’ incidente ma sta bene. Però domani non vengo a scuola, non sono ancora arrivata a casa da sta mattina: non ho aperto libro. ”

La ragazza si pentì subito di aver pensato un paio di insulti su Alex, mentre leggeva la prima frase dell’ SMS.

“Poverino! Potevi dirlo subito, evitavo di mandargli un colpo per la battuta su Pedobear. :( Salutamelo e digli che mi dispiace se muore da un momento all’ altro, visto che è colpa mia. Immagino di non dover dir nulla alle altre, giusto?”

“XD Sì, grazie. Cioè, sì grazie: non dire niente. Non vorrei fare allarmismo. Già che ultimamente mi sento di aver fatto troppo vittimismo. :P La scommessa, allora?”

Benedetta si alzò, portando con sè il telefono. Aveva spento il computer, ed era ora di Tutto In Famiglia. Di già. Il tempo volava quando si dedicava all’ ozio più totale. Mentre accendeva il televisore, scrisse la risposta all’ amica. “Se prendo più di 7 chiedo il numero a Walter. Non ridere. Lo faccio sul serio. Non posso stare lì a guardarlo per sempre, devo agire!”

“Quindi il 7 è escluso? Non ci sto. Prendi di sicuro più di sette. Non mi va che quel cretino ti faccia star male e Lisa sarebbe d’accordo con me!”

“Tanto glielo chiederei comunque. Allora, accetti? :D”

“Ma che scommessa è, se io non ho una penalità in caso di sconfitta? XD”

Quella testona stava cercando un modo per evitaredi accettare, e Benedetta lo sapeva bene. Bè, non attaccava.

“Ah, giusto. Se prendo 7 o meno, mi presenti quel figo con cui sei andata a casa oggi :D !”

“Se vuoi te lo presento e basta. Così magari dimentichi Pedobear!:D”

“Non pensarci nemmeno. Walter non si dimentica e smettila di chiamarlo così!! è carino in fondo. Allora, accetti?”

“E va bene. Per la cronaca è solo perchè tanto so che il numero glielo avresti chiesto lo stesso prima o poi. -.- E comunque non è carino nè in superficie nè in fondo, te lo posso assicurare.”

“Poco conta. Domani avrò il suo numero!”

 

***

 

Il telefono stava squillando insistente.

Genevieve era tornata, sì, ma erano venti minuti che cantava sotto la doccia. Arianne dovette nuovamente abbandonare la sua stanza per rispondere al telefono. Si alzò e corse in corridoio, per poi tornare indietro di corsa e recuperare le ciabatte. Le afferrò e raggiunse l’apparecchio telefonico.
Non era abituata a dover rispondere alle chiamate, la cosa un po’ persino la infastidiva. Tanto più che il loro telefono di casa aveva un suono fastidiosissimo. E poi odiava camminare scalza sul marmo freddo del corridoio.

« Pronto? » chiese, mollando le ciabatte in terra e infilandosele.

« Ciao Arianne, sono Rocco... »

Clic. Era stato più forte di lei: aveva riattaccato. Fissava diffidente l’apparecchio telefonico, come se le avesse appena giocato uno scherzo terribile. Quel dannato del suo cuore stava battendo come il martello di una giovane marmotta che sta fissando un picchetto in terra, per montare una tenda. E ora il suo cervello si era messo a fare similitudine peggiori di quelle di Agostini!

Il telefono squillò di nuovo.

« Pronto? » chiese, titubante, tuttavia con la voce ferma di sempre.

« Buonsera, sono Rocco Agostini. C’è Arianne?»

Alla ragazza venne da ridere. Cercava di essere gentile pensando che fosse stata sua madre a rispondere?

Riattaccò di nuovo e si concesse una risatina.

Lanciò un’ occhiata al telefono, intimandogli con lo sguardo di starsene buono e ciabattò verso la sua stanza, scuotendo il capo divertita.

Ma quell’ apparecchio non voleva saperne di tacere. Squillò nuovamente.

Arianne sbuffò e tornò indietro lungo il corridoio.

« Riry, ma che succede, cade la linea? » domandò sua madre dalla cucina.

«Più o meno! » ridacchiò lei, per poi tirare su di nuovo la cornetta. « Pronto? »

La voce che giunse dall’ altro capo era volontariamente distorta, in un falsetto rappresentante l’ esilarante imitazione di una ragazza. « Ciao! Sono Sophia, c’è Ary? »

Arianne non potè trattenersi e suo malgrado scoppiò a ridere, mentre il suo cuore veniva sopraffatto da una inconsueta euforia e martellava allegramente nel suo petto.

« Ah! Eri tu allora! » esclamò il ragazzo.

Lei ridacchiò un’ ultima volta per poi calmarsi con un respiro profondo. « E chi volevi che fosse?! »

« Giusto. Sei contenta? »

« No » si affrettò a rispondere, scattando subito sulla difensiva. Poi ci pensò su e azzardò a chiedere: « Di cosa? »

« Ti ho chiamata » spiegò Rocco con semplicità-

« Quindi? »

« Quindi... usciamo? »

Arianne arrossì, presa alla sprovvista. « Manco morta. » Perchè diavolo era arrossita? Non aveva senso. Quello con cui parlava era Agostini, non Romolo!

« Peccato. » rispose lui. « Allora usciamo domani? »

« Scordatelo. »

« Ma allora perchè dovevo chiamarti?! »

Arianne alzò gli occhi al cielo e sorrise. « Non so, l’hai fatto tu. » osservò, con un pizzico di sarcasmo.

Rocco parve pensarci su. « Giusto. Però se non l’avessi fatto ti saresti arrabbiata. »

« Non credo » ammise lei.

« Perchè no? Ieri l’hai fatto » 

La Venturi sospirò, sconfortata.  Proprio non ci arrivava? « Ieri me l’avevi promesso! Vedi, il problema essenzialmente è questo: tu non prendi le cose seriamente. Se tutti prendessimo tutto sullo scherzo e dimenticassimo delle promesse, il mondo andrebbe a rotoli. Le relazioni andrebbero a rotoli. » specificò l’ultima frase con un filo di voce, lo sgaurdo perso nel vuoto e un vito avvolto nel filo del telefono.

« Noi abbiamo una relazione? » azzardò il moro, speranzoso.

« No ».

« Peccato » .

Arianne fece una smorfia ma non rispose, continuando ad attorcigliare il filo attorno al dito indice.

« Perché? »

« Perché…? »

« Perché non ce l’abbiamo? »

Glielo chiese con una semplicità disarmante che la lasciò senza parole, boccheggiante. Che domanda era? Come poteva rispondergli? Arrossì, questa volta per il puro imbarazzo della situazione. « Perché… io sto con Romolo.» Non appena ebbe concluso la frase, qualcosa nella sua testa si accartocciò, facendole capire che non c’era una motivazione peggiore da dare.

« Ma se lui non ci fosse? »

Quella discussione la stava mettendo decisamente in difficoltà. Lei odiava non sentirsi all’ altezza delle situazioni, questo metteva a dura prova il suo orgoglio. « Ma lui c’è » Tuttavia non se la sentiva di troncarla. In fondo non le dispiaceva la conversazione con Rocco.

« Ma se non ci fosse?»

« è inutile fare supposizioni. A che ti serve sapere come sarebbero le cose in una realtà alternativa, se tanto vivi in questa? Noi viviamo in questa, e qui Romolo c’è. » rispose, non senza un pizzico di malinconia. Sì, Romolo c’era, ma non si faceva sentire da un po’. Durante la loro ultima conversazione lei era morta dalla voglia di insultarlo e andarsene via, lontano da lui.

« Purtroppo. » commentò Rocco, a mezza voce, in tono amaro.

« Come scusa? » Arianne si era distratta e aveva sentito solo un mormorio, senza ascoltarlo veramente. In realtà aveva una mezza idea di ciò che Rocco poteva aver detto, ma le piaceva parlare con lui in quel modo e non voleva che lui si giocasse la sua buona disposizione –momentanea- con qualche  battutina. Non aveva idea del perché, e non era nemmeno sicura di volerlo sapere. Tanto non l’avrebbe mai ammesso.

« Dicevo che forse hai ragione ».

Arianne apprezzò la bugia del ragazzo, e sorrise consapevole che quelle verità fossero solo una scusa per evitare di farla arrabbiare. « Come al solito, insomma »

Lui rise. « Già! » Tacque qualche secondo, poi se ne uscì con una frase che fece rimanere la ragazza di sasso. « Secondo te Gianlu e Soph sarebbero una bella coppia? »

« EH?! » Era di nuovo rimasta indietro sulla tabella di marcia.  Quel tipo seguiva un filo logico completamente sfasato, e parlava come se tutti potessero stargli dietro. « No, non credo » rispose finalmente, quando riuscì a metabolizzare il cambio di argomento. « Lei ha ancora la testa altrove, purtroppo. Anche se mi hanno detto che oggi se n’è andata via da scuola con un tizio. »

« Per me sarebbero una bella coppia. »

Rocco stava evidentemente cercando di renderla partecipe, mentre fantasticava per i fatti suoi, capì la ragazza. Arianne apprezzava il tentativo, ma non era sicura di riuscire a seguire i suoi ragionamenti sconclusionati. « A lui piace Soph? » chiese, cercando di capire meglio.

« No, ne dubito. »

Arianne inarcò un sopracciglio. « E a lei piace lui? » Questa volta era lei a dubitarne.

« Nàà, non credo proprio! »

Lei boccheggiò, esterrefatta. Le sembrava di avere a che fare con un bambino. « E allora come potrebbero essere anche solo una coppia?! »

Rocco rise. « Devi essere meno razionale. Fare supposizioni non è un crimine, e nemmeno abbandonarsi alla fantasia. Una lettrice come te dovrebbe saperlo bene. »

La ragazza si zittì. « Come… come fai a sapere che mi piace leggere? » Era più che certa che non gliel’avesse mai detto. Dubitava che un maschio chiedesse certe su di una ragazza. E dubitava più che altro che potesse fregargliene anche solo minimamente.

« Boh. Comunque secondo me quei due sarebbero... »

Arianne sospirò. « ... una bella coppia, già. »

« Lo pensi anche tu? » chiese , sorpreso.

« Sì. Se solo si piacessero, intendo. »

« E io perchè non ti piaccio? »

Arianne sbiancò, poi divenne color peperone. Passò tutti i colori dei peperoni, a dirla tutta: giallognola, verdastra e poi rossa. Attorcigliò per l’ennesima volta il filo attorno al dito indice, cercando un modo per rispondere. Cosa avevrebbe dovuto dirgli? Tutto ciò era assurdamente imbarazzante. Una persona piace o non piace. E se non piace non è che si sta a pensare al perchè. La si ignora e basta, come si fa con tutti gli sconosciuti o con le persone di cui non interessa. Lui non le piaceva, punto. Lui era infantile, inconcludente, incostante e irresponsabile. Era dispettoso, strambo e un po’ suonato. Lei era orgogliosa, testarda, sicura di sè. Seria e coerente. Affidabile e responsabile. Matura e piuttosto equilibrata.  Cos’avevano in comune? La loro migliore amica. Questo tuttavia ciò poteva bastare a malapena per un’ amicizia.

« Non... » prese un po’ di tempo, poi decise di rispondere la verità, seppur le pareva una risposta insignificante di cui lei non si sarebbe mai accontentata: « Non lo so ».

Dopo qualche istante di silenzio Rocco rise. « Ottimo! Questo significa che ho ancora qualche possibilità! » esclamò, allegro.

Arianne scoppiò a ridere, stupita dalla reazione di lui. Erano così... diversi! Lei si sarebbe arrabbiata per una risposta così insulsa come la sua, ma lui no. Lui si era accontentato e, anzi, ne sembrava felice. « Non ho idea del perchè tu dica così, e, fidati, non lo voglio sapere! » ammise, divertita. E serena.

Anche Rocco rise.

E pure una terza voce.

Arianne strinse i pugni attorno a quel filo tutto arrotolato con cui aveva giochicchiato fino a quel momento. Che diavolo ci faceva una terza voce dentro al telefono?

Si voltò verso la porta del bagno, dietro di lei, dalla quale non veniva più alcun rumore.  « GENEVIEVE! Per quale futile motivo stai origliando?!  » sbottò furiosa.

« Ho fatto qualcosa di sbagliato? » domandò Ago, confuso. Perchè si era arrabbiata, ora?

Arianne sgranò leggermente gli occhi. Non aveva combinato niente quella volta, non lui. « No, scusa, non ce l’ho con te. Ora è meglio che vada, scusa »

« Ok. A domani! » la salutò Rocco,  allegro.

La ragazza udì un’altra risatina e sentì il sangue pulsarle forte nelle vene. « Ciao. » riattaccò, e si voltò verso la stanza di sua sorella come una furia. Dannazione a lei e alla volta che le aveva regalato quel dannatissimo telefono che quella pazza teneva sul comodino! Non avrebbe mai pensato che l’avrebbe usato per origliare le sue conversazioni!

Una risata venne da dietro la porta chiusa a chiave. « Notte, Riry, a domani! » salutò, per poi sgattaiolare al sicuro sotto le coperte.

Arianne sbuffò sonoramente, furiosa.

In fondo da Genevieve ci si poteva aspettare di tutto, sì... ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivata a tanto. Ma l’avrebbe pagata. Oh, yes.

  
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