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Autore: Fiamma Drakon    24/09/2010    4 recensioni
Gli shinigami sono la razza prescelta per proteggere il mondo dalla furia devastatrice dei demoni. Per questo vengono anche chiamati Demon Hunters.
Grell Sutcliff, degradato per la sua inaccettabile infatuazione verso il demone Sebastian Michaelis, ormai ha perso ogni interesse per il suo compito: tutto ciò che desidera è riuscire a star vicino al suo amore. Eppure, sembra che il destino sia contrario alla sua scelta...
«Will...?» lo chiamò, allontanandosi di mezzo passo «Che cos’è quella?».
«Queste... sono...»
«... le ceneri di uno shinigami assassinato» completò per lui Undertaker, il tono che aveva acquistato nuovamente quella sfumatura vagamente ilare propria di lui.

[...] «E io che cosa c’entro in tutto questo?»
«Quello shinigami era l’incaricato a distruggere Sebastian Michaelis. Raccapricciante come da carnefice si sia trasformato in vittima, non trovi?».

[Sebastian/Grell (one-sided); Claude/Grell (accennato, one-sided)] [Possibili lievi OOC]
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Faustas, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, William T. Spears
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2_Problemi di tipo demoniaco
Demon Hunters
2. Problemi di tipo demoniaco


«Sembra che ci sia un problema...».
William raddrizzò il busto e si sistemò gli occhiali sul naso, inarcando con perplessità le sopracciglia.
Grell rimase a fissarlo qualche istante: non era cosa di tutti i giorni cogliere di sorpresa William T. Spears, anzi, si poteva dire che era un evento più unico che raro.
«Che genere di problema?» domandò, riposizionando le lenti.
Era un’azione che era solito fare un migliaio di volte al giorno già nella norma, ma nei momenti di disagio il numero moltiplicava quasi esponenzialmente, come se ciò riuscisse in un certo senso a calmarlo.
Undertaker rise, facendo accapponare ancora una volta la pelle a Grell, che spostò su di lui gli occhi, confuso: se c’era un problema, un guaio di qualsiasi tipo, perché si era preso il disturbo di andare a riprenderlo mentre tornava nella loro dimensione?
Non riusciva a carpirne il motivo.
Il becchino si avvicinò a Spears, poggiandogli le mani sulle spalle, quindi allungò l’indice e il medio della destra e le mosse lungo il suo petto elegantemente vestito, protendendo il viso verso il suo, sorridendo.
«Due demoni stanno creando un po’ troppo trambusto» esclamò, con quel suo tono cantilenante e vagamente lugubre.
Risalì rapido il collo, fino a conficcare delicatamente la lunga unghia nera dell’indice nella guancia di William.
«Dovremmo ucciderli... ma sembra difficile al momento, purtroppo» continuò.
Will si sistemò gli occhiali.
«Possiamo andare a discutere i dettagli in separata sede» asserì.
«Come vuoi, ma deve venire anche lui» disse l’altro, spostando il viso verso Grell «Non vorrei mai che... un altro shinigami perisse in mia assenza».
Il tono lasciava bene intendere che, se proprio doveva morire, lui voleva assistere alla scena. Era abbastanza inquietante come volontà.
«Come desidera. Da questa parte» affermò semplicemente William, voltandosi e sottraendosi al contatto con lo shinigami dai capelli grigi, che si accinse a seguirlo coprendosi la bocca con un’ampia manica, emettendo una sinistra risatina nervosa.
«Sutcliff, anche tu».
Il richiamo di Will lo raggiunse un istante prima che lo facesse la sua mano, che lo arpionò per il cappotto e lo strattonò per un paio di passi, convincendolo a seguirli con le buone, anziché essere trascinato con le cattive.
Attraversarono una lunga serie di ampi corridoi dal soffitto alto e arcuato, fino ad arrivare in una sala col pavimento piastrellato a scacchiera e arredata semplicemente con due divani rivestiti di pregiata stoffa viola, tra i quali era situato un basso tavolino in legno scuro dalle zampe finemente ed elegantemente lavorate.
«Wow... che lussi!» commentò lo shinigami in rosso, varcando per ultimo la soglia della stanza.
«Normalmente viene utilizzata per i ricevimenti importanti, per cui non toccare niente» lo ammonì immediatamente Spears, sistemandosi ancora una volta gli occhiali.
«Che antipatico...!» sbuffò Grell, indispettito, quindi si avvicinò al divano dirimpetto a quello dove si era seduto Undertaker, rimanendo però in piedi.
«Di che cosa voleva discutere?» domandò William, ignorando lo sgradito commento del sottoposto, concentrando tutta la propria attenzione sullo shinigami leggendario che aveva innanzi.
Per tutta risposta, quello rise ed estrasse a sorpresa una piccola ampolla di vetro, che gli lanciò senza alcun preavviso e che, per un soffio, non s’infranse al suolo.
«Uhm?» fece Grell, sorpreso, accostandosi a Will per osservare l’oggetto: all’interno vi era una gran quantità di polvere argentea opalescente di una sinistra meraviglia.
«Cos’è...?» domandò, passando rapidamente gli occhi dal moro al becchino.
Quest’ultimo lasciò che il sorriso di poco prima gli rimanesse in viso, impeccabile e naturale, anche se nel parlare il tono divenne improvvisamente più tagliente: «Davvero non lo sai?».
«Eh...?» fece per tutta risposta l’altro.
La sua attenzione venne attirata da un improvviso fremito di William, che sembrava impiegare ogni suo possibile sforzo nel placarlo, con ovvi scarsi risultati. Grell poté giurare di non averlo mai visto così: le spalle erano irrigidite da chissà quale sensazione a lui ignota, la posa dura e l’intero corpo scosso da piccoli tremiti che sembravano dovuti a spasmi nervosi.
William aveva qualcosa di strano: la sua pacatezza era svanita persino dai suoi occhi, nei quali adesso riusciva distintamente a leggere un peculiare terrore profondo e intrinseco.
La sua mano stringeva convulsamente l’ampolla e le sue iridi erano inchiodate al suo contenuto, segno inequivocabile che era stata quella polverina a scatenare tutta quella sequela di cambiamenti in lui.
Odiava ammetterlo, ma così faceva quasi paura.
«Will...?» lo chiamò, allontanandosi di mezzo passo «Che cos’è quella?».
«Queste... sono...»
«... le ceneri di uno shinigami assassinato» completò per lui Undertaker, il tono che aveva acquistato nuovamente quella sfumatura vagamente ilare propria di lui.
Per un momento il cervello di Grell si rifiutò di accettare la notizia, ergendo una barriera mentale che lo schermasse da ciò, ma poi venne letteralmente travolto dall’affermazione.
Era stato... ammazzato uno shinigami?
Sapeva per certo che la loro era una razza longeva ed estremamente difficile da uccidere. Erano quasi al pari degli angeli, gli Immortali.
Non esisteva arma tale da ridurre in quel modo uno shinigami, ne era più che sicuro, eppure quelle ceneri erano lì, davanti ai suoi occhi, racchiuse in quella piccola, dannata ampolla che William pareva detestare e temere con ardore indiscutibile.
«Qualcosa non va».
Fu quello l’unico pensiero coerente che riuscì a formulare in quell’attimo di surreale trance, dal quale si riprese l’istante successivo con insolita forza.
«E io che cosa c’entro in tutto questo?» esclamò, inspiegabilmente indignato, mettendosi una mano sul petto e l’altra sul fianco, fissando Undertaker in attesa di responso.
Il becchino era tranquillo, placido quasi, comportamento alquanto inusuale data la circostanza, ma decisamente nella norma considerato il soggetto dell’azione. Quando questo rispose, lo fece con la sua voce lugubremente cantilenante ed un sorriso divertito ad increspargli le labbra: «Quello shinigami era l’incaricato a distruggere Sebastian Michaelis. Raccapricciante come da carnefice si sia trasformato in vittima, non trovi?».
Senza lasciar adito a repliche, riprese: «È un vero peccato. Avrei tanto voluto esser presente alla sua dipartita».
Perverso, sadico divertimento il suo, eppure era così e lui non poteva far niente più che star zitto e lasciarlo parlare: se si fosse azzardato a ribattere qualcosa, Spears l’avrebbe fatto secco sul colpo.
«Non è possibile che un demone sia riuscito a fare questo» disse William, scuotendo appena l’ampolla, fissandola con disprezzo e odio crescenti.
Se non si fosse calmato, avrebbe finito col perdere il senno. D’altro canto, Grell riusciva un po’ a capire tutto quell’astio e quell’incredulità: la loro razza era geneticamente programmata - se così si poteva dire - per distruggere i demoni, i quali non avevano alcuna possibilità di prevalere su di loro con la loro sola forza.
I loro poteri erano inferiori per natura a quelli degli shinigami, prescelti dal fato per sistemare i disordini creati nel mondo umano ad opera dei loro “nemici genetici”.
Undertaker tacque alcuni istanti. In quel brevissimo lasso di tempo, Sutcliff notò che il suo sorriso vacillò, per poi riacquisire concretezza.
«Lo sooo...!
» esclamò, con un'inflessione vocale vagamente cantilenante ed eccitata «Ma non credete che possa esserci qualcosa che l’ha ucciso, aldilà del piccolo, docile signor Sebastian?» domandò.
Era un quesito retorico, però riuscì comunque ad instillare il dubbio nella mente di Spears.
«... c’è qualcosa che può fare una cosa simile?» chiese William di getto, visibilmente - e stranamente - stravolto.
«Io ancora non capisco perché avete coinvolto anche me! Sono oltretutto stato degradato, per cui queste questioni non dovrebbero essere di mia comp...»
«Grell... Sutcliff? Forse non mi hai sentito, prima?».
Con sua immensa sorpresa, lo shinigami rosso si ritrovò il becchino esattamente davanti, schiacciato contro il suo petto, il viso a pochissimi centimetri dal proprio. Undertaker gli portò le mani sul viso, ghignando divertito, quindi gli passò dolcemente un’unghia affilata sulla guancia, scendendo fino sul collo.
«Sei un tipo interessante. Se proprio devi morire, io voglio essere presente» il suo sorriso si allargò «Vedere uno shinigami passare a miglior vita è un evento più unico che raro... e non voglio perdermelo di nuovo».
A quel “di nuovo”, Grell giurò che i muscoli del suo viso si fossero contratti impercettibilmente, come se avesse socchiuso momentaneamente gli occhi - o avesse avuto un momentaneo spasmo nervoso.
La mano del suo interlocutore indugiò sul suo colletto.
«Inizio a pentirmi di averti trascinato via: sarebbe stato un buon momento per cogliere il meraviglioso e fugace attimo della tua morte...».
Il Demon Hunter gli prese la mano e l’allontanò in malo modo, indietreggiando: non gli piaceva la piega che aveva preso la conversazione.
«Io non morirò per te. Mettitelo bene in testa!» sbottò, stizzito.
«Se proprio devo, lo farò per Sebastian!» aggiunse subito tra sé.
«Che cosa... pensa che abbia fatto una cosa simile?».
L’intervento di Spears salvò Grell da una nuova vicinanza ristretta con lo shinigami leggendario, che si voltò verso il moro, abbandonando ogni proposito di parlare con l’altro.
Si portò la mano davanti alla bocca, aprendo le dita in modo che coprissero a tratti le sue labbra, increspate dal solito ghigno malevolo e divertito: «Non so... sarebbe più divertente se ve lo dicessi... o se lasciassi a voi il compito di scoprirlo...?».
Sembrava stesse riflettendo ad alta voce.
Dondolava la testa lentamente, seguendo un ritmo che riusciva ad udire solamente lui e di tanto in tanto si passava le unghie sulle labbra. Era inquietante.
Infine, si fermò.
Il suo sorriso si allargò, mentre sentenziava: «Ho deciso. Non ve lo dico».
«Che co...?!» esordì Sutcliff, indignato, ma il suo superiore allungò una mano davanti al suo petto con il chiaro intento d’interromperlo.
«No, Sutcliff» disse, senza alzare il viso dall’ampolla.
«Perché no, Wiiill?» si lamentò l’altro, imbronciato: rifiutarsi di fornire informazioni non li aiutava certo a migliorare la situazione, anzi, avrebbe contribuito soltanto a far morire qualche altro ignaro Hunter.
Spears non gli rispose.
«Tsk!» sbuffò Grell, voltandosi e andandosene senza aggiungere altro: tutta quella storia non era affar suo, in fin dei conti.
Non era un Demon Hunter di grado abbastanza alto perché potesse riguardarlo; inoltre, non voleva assumersi incarichi che lo avrebbero allontanato da Sebastian.
Percorse a ritroso la sequela di corridoi che l’avevano condotto fino a quella stanza, quindi uscì dalla biblioteca e, costeggiando l’edificio, si diresse verso l’ala adibita a dormitorio, anche se, in realtà, quello degli shinigami non era un vero e proprio sonno.
Quando chiudevano le palpebre e si lasciavano vincere dalla stanchezza, si spogliavano del guscio dei loro sensi e scivolavano in un oblio senza tempo né spazio dal quale riemergevano obbligatoriamente dopo cinque ore, non un minuto prima né dopo. Durante quel lasso di tempo, niente avrebbe potuto rompere il loro riposo.
Inoltre, quel genere di azione non doveva ripetersi puntualmente come per gli umani, che senza il sonno non avrebbero potuto ripristinare la loro energia: dato che possedevano per natura riserve energetiche molto ingenti, gli shinigami “dormivano” solo se avevano necessità di recuperare energia in fretta, in seguito ad una ferita o uno scontro particolarmente violento, oppure - come nel caso di Grell - quando non avevano niente di meglio da fare.
Lo shinigami varcò la soglia del dormitorio con nonchalance, ritrovandosi nel piccolo atrio principale dal quale, mediante una grande scala dorata, si accedeva ai corridoi - posti ai piani superiori - sui quali si affacciavano le varie stanze.
Nel camminare, il Demon Hunter si prese la libertà di calcare i passi in maniera tale da produrre - mediante i tacchi - il più alto livello di frastuono possibile, come se ciò costituisse una sorta di sfogo per la frustrazione residua della discussione.
«Tanto chi sta riposando non può sentirmi» pensò, avvicinandosi a grandi falcate alle scale.
Le salì a passo spedito, quindi prese il quinto corridoio sulla destra, proseguendo fino a fermarsi dinanzi alla porta di fondo, che aprì con un gesto plateale ma carico di stizza.
Vi sparì all’interno, chiudendosi l’uscio alle spalle.
Rimase a contemplare la sua stanza per alcuni minuti, letteralmente estasiato: le pareti rivestite d’elegante broccato rosso, il medesimo colore del tappeto che ricopriva ogni centimetro del pavimento. Diametralmente opposto alla porta c’era il suo letto, un grande baldacchino a due piazze con tendaggi, coperta e cuscini coordinati, ovviamente rossi. Tutt’attorno c’era una folla di rozze bambole di pezza mutilate d’un braccio o una gamba, qualcuna addirittura col ventre aperto, dal quale fuoriusciva l’imbottitura. Quando si annoiava, eviscerare le bambole diventava il suo passatempo preferito.
Posta contro la parete a destra del letto c’era una specchiera in legno scuro sul cui piano erano abbandonati disordinatamente spazzole ed oggetti per il make-up. Di che colore?
Ovviamente, tutto rosso: la sua visuale del mondo era prettamente monocromatica.
Come tocco finale, l’aria della stanza era permeata da un vago ma persistente odore di sangue fresco, al di sotto del quale si percepiva l’effluvio dei cosmetici.
Grell inspirò profondamente, allargando le braccia.
«Casa!» esclamò semplicemente, proseguendo all’interno, togliendosi il cappotto per gettarlo da un lato, quindi andare a sedersi sul letto.
Vi prese posto e accavallò frivolmente le gambe, accarezzando con disinteresse la coperta, osservando i dintorni, per posare infine lo sguardo sulla distesa di bambole ai suoi piedi.
Un sorriso carico di sinistri significati si allargò sulle sue labbra, mentre si chinava a raccogliere la sua bambola preferita, con la stessa capigliatura di Sebastian e due bottoni rossi cuciti al posto degli occhi. Se la rigirò tra le mani, osservandola, quindi se l’avvicinò al viso e gli posò un bacio sulla fronte.
«Sebas-chan, tu non sei cattivo, vero?» gli chiese, scuotendolo un po’, come se avesse facoltà di parola «Non puoi aver ucciso uno shinigami».
Se lo depose in grembo, quindi prese un’altra bambola ed estrasse le sue forbicine, entro i cui spazi appositi infilò malamente le dita, per poi conficcarne violentemente la punta nel ventre del pupazzo, iniziando ad aprirlo.
Inutile dire che ci si divertiva troppo: la sensazione di poter decidere della “vita” di qualcuno, anche se appartenente ad una banalissima bambola, lo eccitava fuor di maniera.
A quel punto, ogni suo proposito di “dormire” era andato a farsi benedire, sostituito dal pressante bisogno di fare a pezzi quel giocattolo.
«È così divertente! Però è un peccato che non sanguini: sono certo che con un po’ di rosso sarebbe ancora più bella» pensò, mentre passava a straziare il braccio destro.

La luna vermiglia aveva raggiunto il suo posto nell’infinito blu del cielo notturno degli shinigami.
La sua luce filtrava attraverso una grande finestra, illuminando il profilo di un uomo seduto su di una poltroncina, il busto storto, piegato verso il bracciolo sinistro, dove era appoggiato il gomito del braccio che gli reggeva il viso, le gambe accavallate spostate verso destra. Il buffo cappello a cilindro che portava in testa gli ricadeva leggermente spostato a causa della posizione ed i lunghi capelli, che alla luce del giorno erano grigi, adesso avevano assunto riflessi rossastri.
La sua attenzione era tutta concentrata su una semplice, banalissima piuma, che si girava e rigirava tra l’indice ed il pollice. Ad un tratto, dalle sue labbra, increspate in uno strano sorriso a metà tra il beffardo e il divertito, gli sfuggì un ilare: «Le cose potrebbero farsi interessanti...!».





Angolino autrice
Finalmente riesco ad aggiornare anche questa °-° be', che dire?
Stavolta, nonostante tutto, penso di essere sfociata un po' nell'OOC -.-'' se non per tutti, almeno per Undertaker X3 però lascio decidere al pubblico in tal senso <3
Ringrazio profondamente Tensi e Sachi Mitsuki per le recensioni allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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