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Autore: Rosa di cenere     25/09/2010    7 recensioni
Ricordo con chiarezza quel giorno. Quel giorno durante il quale tutto è cambiato. In poche ore tutte le mie certezze sono crollate, lasciando spazio solo ad una enorme confusione. Il bene e il male non erano più due cose indistinte, non esisteva alcuna differenza. Il giorno e la notte erano solo le due facce della stessa medaglia. L’amore e l’odio erano la stessa cosa.   E se Hermione cominciasse improvvisamente ad essere attratta da Draco? E se una lezione di Pozioni potesse cambiare il destino di entrambi?
Questa é la mia prima fan fiction, e parla di Harry Potter, il libro di J.K. Rowling, anche se i personaggi e situazioni sono liberamente interpretati e inventati da me.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornataaaa!!!! Lo so. lo so.... sono stata assente per un tempo che é parso infinito anche a me, ma l'importante é che io sia tornata, no? Allora.... questo é l'ultimo capitolo della mia ff (sigh, mi ero affezzionata alla mia storia). Spero di trovare presto nuove idee (e anche il tempo per scrivere, ovviamente) e di ritrovarvi qui quando e se le pubblichero

Vi lascio alla lettura

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Un morso vampiresco a tutti

Rosa di cenere

Quando mi svegliai, il mattino seguente, la prima cosa che vidi fu il suo volto.

Mi si strinse il cuore.

Un angelo che giace addormentato accanto alla sua maledizione personale.

Le nostre fronti si toccavano, e sentivo il suo respiro lento e regolare solleticarmi le labbra.

Lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, mi sfilai da sotto le numerose coperte. Non appena il mio corpo fu lambito dall’aria del sotterraneo le braccia e le gambe furono coperte dalla pelle d’oca. Faceva davvero freddo, li sotto.

Recuperai la felpa che avevo lasciato cadere a terra e me la infilai, traendo subito sollievo dal contatto con la stoffa morbida. Mi strofinai energicamente le braccia mentre analizzavo la stanza semi buia alla ricerca di carta e penna.

Volevo che lui sapesse, ma non avevo il coraggio di dirglielo in faccia, non dopo tutto quello che avevo fatto.

Il un angolo buio notai una disordinatissima scrivania, sulla quale erano abbandonati alla rinfusa numerosi oggetti.

Mi diressi li e frugai nel caos, finché non mi arrivarono tra le dita un foglio sgualcito e una piuma piegata a metà.

Intinsi il pennino nell’inchiostro e scrissi tutto quello che mi ero tenuta dentro per un tempo che mi sembrava infinito.

La lunga scia d’inchiostro era la catena che mi avrebbe per sempre legata a lui, qualsiasi cosa fosse successa.

Presi il foglio e lo ripiegai un paio di volte, poi rivolsi di nuovo la mia attenzione al ragazzo che dormiva pacifico in quel maestoso baldacchino.

Mentre posavo la mia lettera improvvisata sul cuscino dove fino a pochi attimi prima avevo posato la testa un pensiero mi attraversò la mente. Una frase che Draco, fino a pochi mesi prima, aveva amato ripetere.

Un Malfoy non perdona.

Mi asciugai gli occhi con una manica, prima che altre lacrime andassero a far compagnia alle troppe già versate quella notte.

Uscita dalla camera di Draco mi ritrovai nella sala comune dei Serpeverde. Lo spettacolo che mi si presentò, però, la fece sembrare maggiormente all’entrata di un pub dopo l’orario di chiusura.

Bottiglie di whiskey incendiario erano disseminate un po’ ovunque sul pavimento, accompagnate qua e la da qualche corpo addormentato. I divani e le poltrone erano state prese d’assalto, e i ragazzi che vi erano seduti si sorreggevano grazie al vicino. Una volta svegli avrebbero di certo dovuto vedersela con un gran bel mal di testa.

Facendo attenzione a non urtare niente e nessuno attraversai completamente la stanza, fino alla porta che mi avrebbe portata alla libertà.

L’omonimo Serpeverde della signora grassa dormiva sereno, la testa poggiata contro la cornice dorata.

Corsi a perdifiato verso la torre, il cuore che martellava in modo incontrollato, la paura di incontrare Gazza che mi spingeva a continuare nonostante non sentissi più le dita dei piedi.

Quando arrivai davanti al passaggio che mi avrebbe finalmente portata al rassicurante calore della mia camera  avevo il fiatone, e il rantolo incontrollato che mi usciva dalla gola ogni qual volta prendevo una boccata d’aria fece destare la signora grassa, seduta su una sedia e con la testa abbandonata sul petto.

Per un attimo sembrò non fare a caso a me, ma non appena i suoi occhietti annebbiati mi ebbero individuata si riprese in modo repentino.

Il suo sguardo era indagatore, e mi analizzava centimetro per centimetro.

-Ubi iacet dimidium…. – stavo per pronunciare la fine della frase, quando lei mi fermò con un gesto stizzito della mano.

-Mi dispiace cara, ma se tu non avessi passato tutta la notte chissà dove sapresti che la parola d’ordine è cambiata …  Non mi è permesso lasciare entrare nessuno che non la conosca. –

Ero troppo stanca anche solo per pensare di ribattere.

Non mi sentivo più le gambe, e sentivo che la testa mi sarebbe esplosa da un momento all’altro.

Sconforto.

Stanchezza.

Paura.

Paura di perdere anche l’ultimo briciolo di vita che ancora si ostinava a rimanermi attaccato.

Paura di perdere anche l’ultima parte dell’Hermione che ero stata.

Il quadro si fece da parte davanti ai miei occhi stupiti, e dal buco dietro di esso usci una massa di capelli neri scompigliati, una divisa rosso-oro tutta sgualcita.

Harry.

Dietro i tanto famigliari occhiali (che pendevano sbilenchi sul naso) due occhi verdi mi fissavano.

Mi si avvicinò e mi strinse tra le sue braccia.

Lasciai che la lana ruvida del suo maglione mi grattasse la guancia, e lasciai che il suo odore famigliare mi pervadesse le narici. Sapone e sudore.

Diverso dal profumo della pelle di Draco, eppure cosi fantasticamente rassicurante.

Le su mani mi accarezzavano la schiena, e il suo tocco era come un balsamo che leniva le mie ferite.

Perché non gli avevo detto quello che credevo di provare per Draco?

Forse lui mi avrebbe fatto risparmiare tutta quell’orribile storia.

-Ti va di raccontarmi cos’è successo?- mi chiese, avvicinando le labbra al mio orecchio. Io annuii sulla sua spalla, cosi lui si allontanò un po’  e mi prese per mano.

Fu la prima volta, quel giorno, che capii di essere davvero fortunata.

 

Hermione dormiva, la testa posata sulle mie gambe, le braccia incrociate sul petto. Le accarezzavo i capelli distrattamente, la mente occupata a pensare a ciò che avevo appena scoperto.

La mia migliore amica innamorata di Draco Malfoy.

Inizialmente avevo ascoltato ciò che mi diceva senza capire realmente il senso delle sue parole, ma non appena la sua voce aveva cominciato a spezzarsi pronunciando il suo nome, mi era apparso chiaro che i suoi sentimenti erano reali.

Non avevo intenzione di oppormi in alcun modo.

Certo, avrei preferito che le attenzioni di una persona a cui tenevo cosi tanto cadessero su di un individuo con un’umanità maggiore, ma cosa potevo farci?

Al cuor non si comanda, diceva qualcuno.

E non c’è niente di più vero.

 

Mentre correvo a perdifiato per i corridoi del castello le parole di Hermione continuavano rimbombarmi nella mente.

Sapevo a memoria quello che le sue piccole mani avevano scritto su quel foglio di carta macchiata.

 

Ti prego, Draco, perdonami. Sono stata una sciocca a fare ciò che ho fatto, e ti assicuro che me ne pento con tutta me stessa. Forse è stata la paura a spingermi a baciare Ron. La paura di ciò che provavo per te.

Perché (forse non ci crederai, ma è cosi) ti amo, Draco Malfoy. Ti amo con ogni singola molecola del mio corpo.

Non credo che potrai mai perdonarmi, perché io non lo farei, se fossi in te.

Con tutto ciò che resta del mio cuore                   Hermione

Stupida, stupida Hermione.

Come poteva credere che  avrei rinunciato a lei cosi facilmente?

Davanti ai miei occhi un orribile ritratto di una donna obesa mi fissava.

Fantastico piano, Malfoy, quello di andare a prendere la tua bella nella torre …. Ma non avevi calcolato il problema della guardia alla porta.

La grassona stava per fare uscire qualche stupida domanda dalle labbrone a canotto, quando fu fatta scivolare di lato, rivelando un’apertura buia alle sue spalle.

Il Bambino sopravvissuto mi fissava da dietro le lenti degli occhiali.

-Se la fai soffrire giuro che ti ammazzo. – disse. E si fece da parte, come invitandomi ad entrare.

Mi avvicinai, fermandomi quando mi trovai dove stava lui. Lo superavo di quasi venti centimetri, ma per la prima volta nella mia vita non lo guardai dall’alto in basso.

-Se dovesse succedere sarei io stesso a chiederti di farlo.- ed entrai nella sala comune dei Grifondoro.

Su un divano davanti al caminetto, la testa abbandonata su un cuscino, le gambe nude che spuntavano da sotto una felpa enorme, stava lei. Mi avvicinai lentamente, rapito dai riflessi arancioni che il fuoco donava ai suoi riccioli ribelli.

Mi inginocchiai dando le spalle ai ceppi ardenti, e posai una mano sulla sua guancia.

Fu come se un cubetto di ghiaccio andasse a sciogliersi contro la superficie rovente del sole.

Le sue palpebre si sollevarono, e i suoi occhi scuri mi guardarono per un attimo, straniti.

Gli occhi di un cerbiatto appena nato.

Poi, quando si accorse di cosa stava succedendo, si alzò a sedere.

Rimasi immobile, cercando di inchiodare i suoi occhi nei miei.

Ma non ci riuscivo.

-Hermione, guardami.- lo dissi cercando di mantenere un tono calmo, ma sentivo che mi tremava la voce.

Si coprì gli occhi con le mani e scosse energicamente la testa.

-Non posso … - sussurrò. –Non posso sentirmi dire che mi odi mentre ti guardo negli occhi. Morirei.-

Non potei fare a meno di ridere, fu più forte di me.

Fu la prima volta nella mia vita che risi di gusto, senza sarcasmo o cattiveria.

-Perché ridi?-  la sua voce, ancora impastata dal sonno, mi riportò alla realtà. Sentirmi ridere di gusto le aveva fatto dimenticare perché non voleva guardarmi, e adesso mi fissava allibita.

Sembrava una bambola di porcellana nascosta sotto un mucchio di stracci.

Mi alzai in piedi e mi sedetti accanto a lei.

Cercò di andarsene, ma la afferrai delicatamente per un braccio e la tenni ferma dov’era.

Le presi il mento tra il pollice e l’indice e la costrinsi a guardarmi.

-Io non potrei mai odiarti, Hermione. Nemmeno tra un milione di anni. Perché … – sospirai. Adesso veniva la parte più difficile, la parte che avevo temuto di più. Dovevo dirle una cosa che non avevo mai detto a nessuno, una cosa che non avrei mai pensato d dire.

- … perché io ti amo, dannazione, ti amo cosi tanto che mi sento morire dentro se non ci sei, io ….-

Hermione si divincolò dalla mia presa e mi gettò le braccia al collo con tanta enfasi da farmi cadere all’indietro.

-Sta zitto Malfoy. Pensa solo a portarmi nella mia stanza.- e mi baciò.

Le sue labbra calde sulle mie.

Le sue mani sulla mia nuca.

Il suo cuore nel mio cuore.

  
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