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Autore: VaniaMajor    29/09/2010    8 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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CAPITOLO 2 - AGLI ORDINI DI SESSHOMARU

«Rin, ti ho cercato dappertutto.» disse Sesshomaru, cancellando dalla sua voce quella punta di preoccupazione che l’aveva spinto ad andare in cerca della bambina. Quando era tornato a prendere Jaken e Rin, dopo la battaglia contro Naraku, aveva trovato il piccolo rospo, ma non la bimba. Sesshomaru non aveva perso tempo a punire Jaken per la sua negligenza, per quello c’era sempre tempo. Doveva seguire Rin finché era discernibile il suo odore nell’aria. Un inu-yokai di medio retaggio l’aveva ostacolato, impegnandolo in una battaglia che gli aveva fatto perdere del tempo, ma finalmente aveva trovato la bambina. 
Rin, però, non era sola. Una donna umana era con lei. Il bel viso di Sesshomaru si corrucciò, mentre Rin correva ad abbracciarlo con un gridolino di gioia. Quella donna…emanava un’energia sorprendente. Non era l’energia spirituale delle miko, piuttosto qualcosa che l’accomunava alle fonti grezze di potere degli yokai. Che fosse un hanyo?
«Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!»
Come al solito, la vocetta acuta di Rin gli trapanò le orecchie, ma Sesshomaru non spostò la sua attenzione dalla donna, che si stava voltando. Non era simile alle donne umane che aveva visto fino a quel momento. La sua pelle era chiara, il corpo fragile come quello di tutti gli esseri umani, ma i suoi capelli lunghi, trattenuti da un nastro, erano molto più biondi di quanto avesse mai visto in un ningen. Gli occhi erano di un freddo blu. Furono quegli occhi a mostrargli per un attimo un’anima selvaggia, piena di potere primordiale, nonché un lampo di riconoscimento alla sua vista che lo riempì di ulteriore curiosità. 
«Lo vedo, Rin-chan.» disse la donna, con voce delicata e un sorriso tirato. Abbassò il capo di fronte al viso inespressivo di Sesshomaru. «Sono lieta che abbiate ritrovato Rin.»
Sesshomaru non rispose. L’odore di quella donna era umano, inequivocabilmente. Era strano che possedesse un tale potere latente e ancora più strana la quasi totale assenza dell’odore acre della paura. Quella donna si sapeva controllare bene, per essere una ningen.
«Chi sei, donna?» chiese, con voce gelida.
«Io…» cominciò Anna, ma Rin la precedette.
«Oh, lei è Anna nee-chan! Stava aiutando Rin a ritrovare la strada di casa!» esclamò, sorridendo felice. Sesshomaru guardò Rin, quindi lanciò una breve occhiata alla donna.
«È vero, donna?» chiese. Anna annuì.
«La prossima volta non lasciatela col vostro sottoposto.  Come dimostrano i fatti, non è un tutore affidabile.» non poté fare a meno di aggiungere.
Sesshomaru corrugò la fronte, contrariato. Quella donna era troppo sfacciata. E come sapeva di Jaken? Non gli fu necessario guardare Rin per sapere che anche la bimba era sorpresa.
«Tu chi sei?» chiese, abbassando ulteriormente la sua temperatura vocale.
«Anna, Sesshomaru-sama, come Rin ha già avuto modo di dirvi. – rispose lei, tradendo finalmente un lieve nervosismo – Ora, se non c’è altro, mi congedo. La notte cala velocemente.»
«Addio, nee-chan.» mormorò Rin, correndo ad abbracciarla. Anna le accarezzò la testa, cercando di non badare alle fredde lame di ghiaccio degli occhi dello yokai, puntati su di lei. 
«Addio, Rin-chan. Stai sempre vicina a Sesshomaru-sama e a Jaken e non perderti più, mi raccomando.» Rin annuì, tirando su col naso. Anna le diede un lieve bacio sulla fronte, quindi si inchinò a Sesshomaru e si voltò per andarsene. Sesshomaru si trovò per un attimo spiazzato. Quella donna se ne stava andando senza aver soddisfatto alcuna delle sue curiosità. 
«Hai coraggio, donna, a voltarmi le spalle sapendo che potrei ucciderti.» disse, con lieve sarcasmo. La vide fermarsi e voltarsi a metà verso di lui.
«Se voleste uccidermi, non avrebbe alcuna importanza che io vi dessi le spalle o meno. So bene di essere nient’altro che una debole umana. Preferisco morire in dignità che in preda al terrore.»
Ci fu un momento di silenzio, quindi Anna preferì non continuare a provocare lo yokai – sapeva bene cosa fosse capace di fare – e si inoltrò tra i cespugli, verso il villaggio. 
«Sesshomaru-sama!»
La vocetta gracchiante di Jaken anticipò solo di un attimo la sua persona, che andò a finire dritta addosso ad Anna. I due caddero per terra, mentre Rin mandava un gridolino. 
«Ma che…» ringhiò Anna, cercando di alzarsi.
«Oh, vi ho trovato, Sesshomaru-sama! – esclamò Jaken, alzandosi e lanciando un’occhiata irata all’umana che gli stava accanto – Come osi intralciarmi, ragazza?» Alzò il bastone Ninto,  preparandosi a colpire quella sciocca mortale. Calò il bastone, ma una mano ferma lo bloccò. 
«Stavi cercando di colpirmi, rospo?» ringhiò Anna, strappando il bastone dalla presa di Jaken. Con esso rifilò al piccolo yokai una spinta che lo fece finire dall’altra parte della radura. Anna, seccata, lasciò cadere il bastone e si affrettò ad allontanarsi, prima che a Sesshomaru venisse in mente di fargliela pagare. Il demone, in realtà, aveva seguito con aria indifferente il volo del proprio sottoposto per non più di un secondo. Non riusciva a smettere di guardare quella strana donna, che si allontanava da loro a passo svelto. Quella non era una comune ningen.
Poche ore dopo, lo strano terzetto si riposava su una grande collina erbosa, sotto la luce della luna, uno spicchio luminoso. Sesshomaru guardava il cielo, preso da pensieri che ricadevano invariabilmente sulla donna che aveva trovato Rin quella sera. Molto di lei lo incuriosiva e non erano frequenti le cose che scatenavano il suo interesse. A parte un’evidente forza di carattere, l’umana possedeva un’energia che Sesshomaru non poteva fare a meno di desiderare a suo favore. Spostò lo sguardo su Rin, che dormiva poco distante. Mentre si allontanavano da quel villaggio, Rin gli aveva confidato, con una vocetta seria, che era preoccupata per la donna. Riteneva che fosse vessata dagli abitanti del villaggio, come lo era stata lei prima che l’inu-yokai la portasse via con sé. Sesshomaru non aveva proferito verbo, mentre Jaken si era lasciato andare a uno sproloquio contro la femmina umana. A un certo punto, Sesshomaru era stato costretto a zittirlo ricordandogli che ciò che aveva subito era nulla in confronto alla punizione che meritava. Nel frattempo, però, gli era venuta un’idea. Si alzò da terra con un movimento veloce e aggraziato. 
«Dove andate, Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, teso al pensiero di avere ancora la bimba sul groppone.
«Ho qualcosa di cui occuparmi. – rispose lui, freddamente – Fai che trovi Rin, al mio ritorno. Non passerò sopra a un secondo fallimento.»
Tremante di paura, Jaken annuì, mentre il suo signore si alzava in volo ripercorrendo la strada di quella sera. Il rospo lanciò un’occhiata disgustata alla bambina addormentata. Che vita…

 
***

Sesshomaru entrò nel villaggio, nascondendosi nelle ombre. Non intendeva perdere tempo incontrando esseri umani terrorizzati. Annusò l’aria, catturando l’odore di quella donna. Portava a una casa in cui un lume era ancora acceso. In un lampo era sotto la finestra. All’interno, qualcuno discuteva.
«Quella maledetta è andata di nuovo nella foresta. – sentì, nonostante la voce mormorasse – Sono sicura che è in combutta con qualche yokai.»
«Non dire sciocchezze.» disse una voce di uomo.
«E allora come spieghi che tutte le notti quella pazza va a guardare la luna sul lago? Non è normale, te lo dico io!»
«Smettila di preoccuparti, Haneko. Non ci porterà yokai in casa.» sbuffò l’uomo.
«Spero solo che una notte se la portino via…» mormorò la donna. Dopodiché, il lume venne spento. Sesshomaru lasciò il villaggio, dirigendosi velocemente verso il lago. L’odore della ragazza si faceva più forte. Rin aveva ragione, quella donna non era amata dai suoi simili, forse perché era una gaijin, ma più probabilmente per quel potere vitale che la circondava. Non che i deboli esseri umani potessero comprendere il potere, ma ne erano disturbati. Fece un ironico sorriso. Realizzare la sua idea poteva essere più semplice di quanto avesse previsto.
Impiegò qualche istante a rendersi conto che le sue orecchie sensibili erano piene di un canto, sottile e melodioso. Rallentò i suoi passi, perplesso. Proveniva dal lago. Doveva essere quella donna a cantare.
Non capisco se il suo sia coraggio o pazzia. – pensò, corrugando la fronte – La udranno tutti i demoni nel raggio di miglia.” Si avvicinò alla radura che costeggiava il lago, mentre la musica faceva lentamente presa su di lui, annebbiando i suoi pensieri razionali. Poi, la vide. La ragazza era seduta sulla sponda del lago e gli dava le spalle. Si era sciolta i capelli, che ora ondeggiavano al vento, e cantava guardando la luna. Il suo viso gli si rivelava parzialmente, mostrando una tristezza profonda. Sesshomaru, per la prima volta nella sua lunga vita, rimase basito. Quella canzone senza parole, quella tristezza, gli avevano cancellato i pensieri. Invece di farsi avanti e interromperla per non perdere tutta la notte in sciocchezze, rimase dov’era, nascosto dagli alberi, fissando la ragazza.
Anna cantava alla luna, esprimendo la tristezza e il dolore che di giorno teneva relegati nella sua anima. Sapeva bene quanto fosse pericoloso aggirarsi nella foresta di notte, ma non le importava nemmeno di morire. Aveva perso tutto ciò che aveva, quindi la sua vita era già finita. Cantare era l’unico sfogo che le era rimasto. Nonostante questi pensieri, non poté fare a meno di trasalire quando si rese conto che qualcuno si nascondeva nell’ombra, dietro di lei. Le venne la pelle d’oca. Non era un umano: doveva essere uno yokai. Smise di cantare, sorridendo con cinismo per la propria sorte, e si alzò in piedi. Si voltò.
La paura le scivolò dal corpo come acqua fresca, sostituita da un grande sbalordimento e una strana stretta allo stomaco. Di fronte a lei stava Sesshomaru, i capelli bianchi scintillanti alla luce della luna. Lo yokai la fissava con occhi gelidi, in silenzio.
«Sesshomaru-sama. Mi sorprende rivedervi.» lo salutò lei, con voce incerta.
Sesshomaru non rispose, registrando il nervosismo della donna alla sua vista. Si concesse un sorrisetto ironico. Fece qualche passo avanti, ma lei non gli diede la soddisfazione di arretrare. 
«Dimostri ben poca prudenza, donna, nello sfidare con la tua presenza e il tuo canto gli yokai di questa foresta.» disse, fermandosi a pochi passi da lei.
«Ne sono conscia.» rispose lei, corrugando la fronte. Rimasero in silenzio. «Siete venuto a dirmi questo, Sesshomaru-sama?» chiese infine Anna, brusca. Gli occhi d’ambra del demone la mettevano a disagio. Sesshomaru si produsse in quella che avrebbe potuto definirsi un’espressione divertita.
«La tua vita non mi interessa, ningen, ma su un punto hai ragione: è a causa tua se mi trovo qui.»
L’inu-yokai si sentì soddisfatto. Finalmente aveva suscitato un brivido di paura in quella donna con troppa sfacciataggine. Anna corrugò la fronte, rendendosi conto di mostrarsi troppo debole, e lo guardò dritto negli occhi.
«Avete intenzione di uccidermi?» chiese, a bruciapelo. Sesshomaru alzò un sopracciglio. Era sfida quella che brillava negli occhi di quella debole umana? Impossibile, eppure sentiva i poteri latenti della donna ingigantire, avvolgendolo, tentando di prendere a la sua energia per essere in grado di combatterlo.
Se fosse stata uno yokai, sicuramente sarebbe stata in grado di assorbire le energie vitali e spirituali di chiunque, uomo o demone.” si disse, quasi ammirato. Decise di smettere di giocare con la donna. 
«Sono venuto a portarti via.» disse, invece. La rabbia di Anna sfumò, lasciando il posto alla sorpresa.
«Prego?» chiese, dopo qualche istante di silenzio.
«Hai capito. Non farmi perdere tempo.» disse Sesshomaru, passando le unghie sulla coda morbida che portava in spalla.
«E perché mai dovreste portarmi via?» chiese Anna, piccata.
«Non sono affari tuoi.»
«Permettetemi di dissentire.»
«Ho i miei motivi. – rispose Sesshomaru, decidendo, seccato, di darle una breve spiegazione – Rin ha bisogno di una figura materna. È una bambina umana, dopotutto, e affidarla a te, donna, oltre che a Jaken, le gioverebbe.»
«Per accudire Rin, quindi?» chiese Anna. Ripensando alla bimba sorrise, poi tornò seria. Sesshomaru non faceva mai nulla per gli altri. «E quale sarebbero le altre motivazioni?»
«Nulla che ti interessi, donna.» fu la fredda risposta dello yokai. Anna trattenne a stento un gesto irritato. Fece un passo indietro quando si accorse che il demone stava procedendo verso di lei.
«Cosa…cosa volete fare?» chiese, spaventata. 
«Portarti via.» rispose Sesshomaru, allungando un mano verso di lei. Con sua somma sorpresa, la donna ebbe l’ardire di schiaffeggiarla.
«Non vi ho ancora dato una risposta!» esclamò Anna, facendo altri passi indietro. Sesshomaru si rabbuiò.
«Imparerai, donna, che il grande Sesshomaru non ha bisogno di chiedere il consenso di nessuno.» disse, gelido. Fu in quel momento che qualcosa sfrecciò nell’aria, diretto verso di loro. Sesshomaru fece un balzo indietro, allontanandosi dalla donna. Una nube di fumo si alzò dall’erba, insieme a un grido. Quando la nube si dileguò, di Anna non c’era più traccia.
Sesshomaru inspirò l’odore della donna. Portava a est. Corrugò la fronte. Insieme a esso era legato un altro odore che poteva scombinare i suoi piani. 
«Come ho fatto a non accorgermene?» si chiese con un mormorio seccato mentre si metteva all’inseguimento di Anna. Non era solito a distrazioni di quel genere. Come aveva potuto non avvertire l’odore penetrante dell’inu-yokai che aveva sconfitto quel pomeriggio? Sesshomaru corrugò la fronte. L’inu-yokai era prossimo alla morte, il suo sangue era già scorso copiosamente e solo la forza di volontà lo teneva ancora in vita. Cosa voleva fare con quella donna umana, perché sprecare le sue ultime energie per rapirla? 
Poi capì. Anche l’inu-yokai aveva avvertito il potere latente della donna umana. Aveva intenzione di operare un incantesimo di fusione. Divorando la donna, ne avrebbe ricevuto il potere e questo lo avrebbe tenuto in vita, donandogli un nuovo corpo. L’anima della donna sarebbe stata annientata.
«Quel potere è riservato a me. La donna mi serve viva.» disse, accelerando la sua corsa nella notte.

 
***

Quando Anna si svegliò non poté trattenere un grido. La prima cosa che vide, infatti, fu un volto mostruoso. La creatura fece una smorfia simile a un orrendo sorriso.
«Cosa…» disse Anna, con voce roca. Il cuore le batteva all’impazzata, mentre il demone la conduceva di peso all’interno di una grotta. Lo yokai rise sgradevolmente.
«Non è importante. – le disse – Presto staremo meglio entrambi, mia cara.»
La depositò per terra con malagrazia. Anna sbatté violentemente contro il duro terreno. Il corpo non le rispondeva, il fumo che aveva respirato l’aveva intorpidita. Alzò lo sguardo inorridito sulla creatura. Con sgomento, si rese conto del perché del suo aspetto mostruoso. Colui che l’aveva rapita era un inu-yokai come Sesshomaru. Qualcuno, o qualcosa, l’aveva ferito in maniera da provocargli una morte lenta e dolorosa. Il suo corpo era ricoperto del suo stesso sangue. Il dolore e la vicina morte avevano indebolito i suoi poteri di demone, cosicché alla sua forma umana si sovrapponeva continuamente la forma canina che gli apparteneva. Lo vide alzare il muso insanguinato, annusando l’aria. 
«Quel dannato è vicino. Ma gliela farò pagare.» Si volse verso la ragazza con una luce omicida negli occhi. «E tu mi aiuterai.»
«Cosa vuoi da me?» chiese Anna. A quel punto era veramente spaventata.
«Quel bastardo di Sesshomaru mi ha ridotto così, ma grazie al tuo potere latente riuscirò a sopravvivere. E a ucciderlo, finalmente.» disse lo yokai, con una risata sguaiata. Anna fece una smorfia.
«Io sono solo un essere umano. Non essere ridicolo!» gridò, irata.
«Davvero? Vedremo…» ridacchiò lo yokai, prima di lanciarsi contro Anna e morsicarle con violenza una spalla, spillando sangue. Anna gridò, inarcando il collo all’indietro per il dolore. Quel demone…aveva intenzione di divorarla! Beveva il suo sangue! La vista di Anna si offuscò, trascinandola nell’oblio.
No! – gridò nella propria mente, mentre sentiva che, insieme al suo corpo, veniva divorata anche la sua anima – Non posso, non voglio morire! Non così…non qui!
«Bene, la fusione sta avendo effetto.» mugolò lo yokai, osservando come l’aura di potere si trasferiva dal corpo esanime e pallido della donna umana al proprio. Si sentiva rinascere, il suo potere cresceva. Anna spalancò gli occhi di colpo, sbalordendo lo yokai.
«Dovresti essere già morta.» ringhiò, valutando la perdita di sangue dell’umana. Anna sollevò con uno scatto il braccio ancora utilizzabile, aggrappandosi allo yokai.
«Io… – disse, con voce rotta – …non sarò io a morire!» 
Con tutte le sue forze, si scagliò contro lo sbalordito yokai, mordendolo a sua volta. L’inu-yokai gridò. Un enorme potere esplose, creando una frana che seppellì i due. Anna precipitò nell’incoscienza senza opporre ulteriore resistenza. 

 
***

La prima cosa che Sesshomaru udì fu un grido di donna. Questo lo condusse all’imbocco di una caverna.
Maledizione, sono arrivato tardi.” pensò, seccato. All’odore della donna si stava mischiando quello della morte. Poi udì un grido: «Non sarò io a morire!» , seguito dall’urlo di dolore dell’inu-yokai.
«Ma cosa…» mormorò, prima che una violenta energia lo colpisse in pieno, mandandolo a volare fuori dalla caverna. Sesshomaru compì un’elegante evoluzione, sfruttando la spinta per atterrare sul ramo di un albero. Poco distante, la caverna collassò parzialmente, in una frana di sassi e terra. Sesshomaru attese, contrariato, che ogni movimento cessasse, quindi tornò al suolo e si avvicinò alla frana. La prima cosa che incontrò fu il corpo dell’inu–yokai, o meglio quello che ne rimaneva: niente più che una mummia, la pelle annerita e secca come pergamena, tesa su ossa che erano state bloccate a metà della trasformazione. Le orbite vuote erano fisse sul viso di Sesshomaru, che rimase impassibile. Quell’idiota aveva sbagliato persino l’incantesimo di fusione. Calpestando senza alcun riguardo le orribili spoglie, Sesshomaru avanzò, cercando il cadavere della donna senza eccessivo entusiasmo.
La trovò più velocemente con la vista che col naso. Poco distante, fra i sassi, si intravedeva un lembo del suo vestito. Sesshomaru si avvicinò e fece una smorfia. L’odore del sangue della donna permeava l’aria. Non vedeva la sua anima in procinto di raggiungere il mondo dei morti, quindi doveva essere stata assorbita dall’incantesimo.
«Mi chiedo come abbia fatto a commettere un tale errore.» mormorò, afferrando il vestito per tirar fuori il cadavere dalle macerie. Non che lui approvasse tali incantesimi. Il solo pensiero di unirsi in qualche modo a un essere umano lo faceva rabbrividire. Volere per sé un potere promettente aveva un senso, ma fondersi con un ningen era disgustoso. Con un gesto secco, liberò il corpo, sollevandolo da terra. Quasi lo lasciò cadere per la sorpresa. 
«Ma che…» disse. “Ho sbagliato, chi diavolo è questa?!” si chiese, spiazzato. Eppure, l’odore era il suo. Impercettibilmente diverso, ma ancora il suo. Il corpo inerte appeso alla sua presa ferrea apparteneva a una donna dall’aria fragile e dalla pelle d’alabastro. Le somiglianze però finivano qui. Questa donna aveva capelli d’oro, mani dalle dita lunghe ornate di artigli micidiali. L’immagine di una fiamma azzurra e dorata le tatuava il centro della fronte. Il suo vestito era coperto di sangue, ma non pareva avere ferite. Sesshomaru scaricò il corpo a terra senza troppe cerimonie. La donna non riprese conoscenza, ma il suo petto si muoveva a ritmo della respirazione e lui poteva avvertire il cuore battere. Le sollevò il labbro superiore, scoprendo canini aguzzi. Le guardò le orecchie. Erano appuntite.
Annusò nuovamente il suo odore. Quella era Anna. Era una inu-yokai.
«Si è fatto rubare il potere. – mormorò Sesshomaru, incredulo – Un inu-yokai è morto per crearne uno nuovo.»
Rimase in silenzio per un attimo, quindi sorrise. Sesshomaru era soddisfatto. Tutto questo giocava a suo vantaggio, a meno che l’anima della donna non avesse ceduto al temperamento del defunto inu-yokai.
«In quel caso la ucciderò.» disse, tornando mortalmente serio. Si sedette accanto alla donna, aspettando che il nuovo corpo nato dalla fusione di Anna e dell’inu-yokai si svegliasse.

 
***

Anna si svegliò lentamente da quello che sembrava essere stato il sonno più profondo della sua vita. Aveva l’impressione di aver sognato di nuovo il grande castello e la persona che l’attendeva sulla soglia, ma non ne era certa…
Fece una smorfia. La testa le doleva. Aveva in bocca un orribile sapore metallico. Aprì lentamente gli occhi e sopra di lei vide le stelle brillare. Si ricordò con un brivido del demone che l’aveva attaccata.
«Come posso essere ancora viva?» si chiese, confusa. Rimase immobile per un istante, respirando. L’aria della notte era così profumata! Non aveva mai percepito così tanti odori…Troppi odori! Che confusione! Sbuffando, si portò una mano al naso cercando di contenere quella marea di aromi. Bloccò il movimento a metà. Qualcosa non andava. Le unghie della sua mano avevano una lunghezza decisamente fuori dalla normalità.
«Che diavolo…» mormorò, alzandosi a sedere. Eppure non si sbagliava, artigli le ornavano le mani. Alzò gli occhi, avvertendo la presenza di qualcuno. Poco distante, seduto tra le pietre della caverna franata, stava Sesshomaru. La guardava senza proferire parola.
«Sesshomaru-sama…» sussurrò. Il demone si alzò in piedi per raggiungerla. Anna si alzò di scatto, pronta a dare battaglia. Quando si rese conto della velocità con cui aveva compiuto quel gesto, si fermò di nuovo, incerta. Si sentiva così strana…«Dov’è…» iniziò a chiedere.
«Morto.» disse Sesshomaru, precedendola e fermando i propri passi a breve distanza da lei. Anna corrugò la fronte.
«Morto?» chiese, perplessa. 
«L’hai assorbito. Non ricordi?» chiese Sesshomaru, le braccia conserte.
«Ma cosa dite, Sesshomaru-sama?! – esclamò Anna – Io non sono in grado di fare nulla di simile! Iniziate a stancarmi, con queste allusioni che non capisco!» Ricordava di averlo morso, certo, e poi un’esplosione. Aveva creduto di morire. 
«Guardati, donna.» ordinò Sesshomaru. La vide abbassare gli occhi su se stessa con titubanza, certa che lo yokai avesse in mente qualche trucco, quindi osservò il pallore che la colse alla vista dei suoi capelli d’oro.
«Cosa…» mormorò Anna, toccandosi con mano tremante le orecchie e sentendole appuntite. La sua lingua incontrò zanne affilate. Alzò lo sguardo su Sesshomaru, spaventata. «Cosa mi è successo? – chiese, tenendo la voce bassa – Cosa significa questo?» Alzò le mani artigliate verso di lui. Sesshomaru si accorse che tremavano. Al buio, bagliori dorati le incorniciavano le pupille.
«Hai assorbito il suo potere. – spiegò Sesshomaru – Gli hai fatto ciò che lui intendeva farti. Hai fuso la tua umanità con la sua natura di demone, ma il tuo corpo era troppo indebolito e ha perso la sua umanità, diventando demoniaco. Solo la tua anima, pare, è rimasta com’era in origine.»
Anna rimase in silenzio, cercando di digerire la notizia. Le sue mani si riabbassarono lentamente, mentre il cuore le batteva in petto come una furia. Uno yokai? Un inu-yokai?! Non poteva essere possibile.
«Non è preciso definirti uno yokai, come del resto non lo è definirti un hanyo. – continuò Sesshomaru, imperterrito, osservando i sentimenti contrastanti che le segnavano il volto – Corpo demoniaco, anima umana. Tutto ciò è curioso.»
«Curioso?» ripeté Anna, con voce atona. Si guardò ancora le mani, non riuscendo a capacitarsi della cosa. Dopo qualche istante di silenzio, alzò la testa. «Vorrei guardarmi. – mormorò – C’è acqua da queste parti?»
Sesshomaru le voltò le spalle, inoltrandosi nel bosco. Poco distante, scorreva un ruscello. Lo yokai si appoggiò a un albero con noncuranza, mentre la ragazza si inginocchiava sulla riva e si specchiava nell’acqua, a cui la luna conferiva riflessi argentei. La vide prendere nota di tutti i particolari, mentre si passava le mani sul volto, con espressione incredula: i capelli che avevano assunto una tinta dorata, il riflesso giallo attorno alle nuove, sottili pupille da yokai, l’aspetto ferino delle piccole zanne e delle orecchie appuntite, gli artigli dall’ingannevole aspetto fragile che le ornavano le dita.
Da lei provenivano l’odore acre della paura, della preoccupazione, della sconfitta…e, allo stesso tempo, una fremente eccitazione e l’esaltazione del potere che le scorreva nelle vene. Sesshomaru sorrise tra sé. Era proprio quello il secondo motivo che l’aveva spinto a cercare quella ragazza. Negli ultimi tempi, forse a causa di Rin, era giunto a provare curiosità per i sentimenti umani, che per lui erano un mistero. Quella giovane, oltre che un’arma potenzialmente utile, sembrava una fonte inesauribile di sentimenti intensi di ogni tipo.
D’un tratto, Anna chinò il capo. Le onde dei suoi capelli le coprirono il volto, nascondendolo allo sguardo di Sesshomaru. Un pungente odore di sale lo colpì. Stava piangendo?
«Pare… – disse la ragazza, alzando su di lui uno sguardo che non sembrava offuscato dalle lacrime – pare che la mia situazione sia in qualche modo peggiorata.» Fece un sorriso amaro.
«Non dire idiozie, donna. – rispose Sesshomaru – Questa è una fortuna, per te. Non avrai più a che fare coi deboli esseri umani, che comunque non ti accetterebbero. Naturalmente hai bisogno di fare l’abitudine ai tuoi nuovi poteri, ma io posso insegnarti ciò che ti occorre.»
Anna lo guardò con aria sbalordita e ancora confusa, quindi un lampo le passò negli occhi.
«Sembra abbiate detto la verità, Sesshomaru-sama: voi ottenete sempre quello che volete, in un modo o nell’altro.»
Lo yokai non rispose. Anna sospirò, quindi si alzò da terra.
«E se vi dicessi di no?» disse. Sesshomaru sollevò un sopracciglio, in una parvenza di sorpresa.
«Penserei che sei davvero una stupida. Poi dovrei ucciderti. Non si dice no impunemente al Grande Sesshomaru.»
Anna sorrise con cinismo.
«Capisco… – mormorò – Immaginavo qualcosa di simile. È proprio nel vostro stile, Sesshomaru-sama.»
«Cosa intendi dire?» chiese Sesshomaru, contrariato. Anna non rispose, limitandosi a sospirare.
«Pare che sia costretta a venire con voi. – disse, invece – Vi seguirò, Sesshomaru-sama. Mi occuperò di Rin.»
«Ancora una cosa.» disse l’inu-yokai, freddamente. Anna lo guardò con aria interrogativa.
«Anche se imparerai a contenere l’odore delle tue emozioni, voglio che, finché vivrai nella mia casa, non utilizzi questa capacità.» disse Sesshomaru, staccandosi dal tronco dell’albero con un movimento fluido. Anna scrollò le spalle.
«Per me, parlate in lingua straniera. Comunque, lo prometto, anche se non ne vedo l’utilità. Le emozioni altrui non vi danno fastidio?» borbottò.
«Limitati a fare ciò che ti ordino.» disse Sesshomaru. La afferrò per un polso, quindi si alzò in volo, trascinando la ragazza con sé.

 
***

Jaken sospirò di sollievo, notando la figura del proprio padrone avvicinarsi.
«Bentornato, Sesshomaru-sama!» lo salutò, correndo goffamente verso di lui e riparandosi gli occhi dalla luce del sole nascente. «Ma chi…» gracchiò. Dietro a Sesshomaru veniva uno yokai femmina, una inu-yokai, se non errava.
«Starà con noi.» furono le uniche parole di Sesshomaru, mentre lo superava per dirigersi verso Rin. Jaken alzò lo sguardo sulla donna, che era circondata dalla luce del mattino. I suoi capelli d’oro erano abbaglianti. Gli lanciò un’occhiata gelida e Jaken si affrettò a inchinarsi in segno di rispetto verso l’ospite. La donna yokai sorrise e lo superò senza una parola. Jaken si corrucciò. Dove aveva già visto quella donna? C’era qualcosa in lei che gli rievocava qualche ricordo spiacevole…come ad esempio un volo non desiderato tra gli alberi…
«Nee-chan? – udì gridare quella mocciosetta di Rin – Anna-nee-chan!»
«Eh?» gracchiò Jaken, vedendo la bimba gettarsi tra le braccia della donna, che rise e la strinse a sé.
«Da oggi lei si prenderà cura di te, Rin.» disse Sesshomaru, freddamente.
«Oh, Rin è felice! Molto felice!» continuava a gridare la bambina, toccando senza posa i capelli dorati della yokai. 
«Ma quella…quella…» gracchiò Jaken. Quella era la dannata donna umana che aveva osato colpirlo col bastone Ninto! Ma che cosa le era successo, per tutti i demoni? Sesshomaru si allontanò dalla coppietta felice e Jaken lo raggiunse di corsa.
«Sesshomaru-sama! Come potete…»
Un’occhiata particolarmente gelida gli congelò le parole in bocca. 
«Vedi la cosa dal lato positivo, Jaken. Non dovrai più stare alle costole di Rin.» mormorò Sesshomaru.
«Certo, Sesshomaru-sama.» borbottò Jaken, lanciando un’altra occhiata a quella dannata umana…ehm, yokai. Vederla dal lato positivo? Che schifo di vita…
   
 
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