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Autore: LarcheeX    30/09/2010    4 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
.
Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Rieccomi qua!

Behm, allora, questo capitolo non è stato molto difficile da scrivere, credo, e l'ho riletto molte volte onde evitare errori o orroracci vari...

Fantasy is my passion: Caaraaa ciao^^ sono contenta che almeno il prologo ti sia piaciuto^_^ personalmente vedo Xemnas un tantino troppo depresso (l'hai scritta tu, idiota ndVoceRompipalleNellaMiaTesta), ma poi ho pensato che, pur essendo un Nessuno, non si deve sentire troppo su di giri sapendo che metà dell'Organizzazione l'ha tradito... comunque non ti preoccupare, i commenti sono i benvenuti, anche quelli critici. Spero che il prossimo capitolo ti piaccia :)

Mikhi: lo so, Sora è OOC, però, visto che è il fulcro, insieme al Topastro, di tutto il mio Odio, ho provato a metterlo nei panni del cattivo. Eh, behm, dovevo fare in modo che anche Riku provasse un po' di timore nei suoi confronti, per questo l'ho fatto crescere un po' di più... Kairi bacucca? YES! anch'io l'ho pensato però... non so, certe idee mi vengono così e le prendo per buone... neanche a me Naminé è molto simpatica, fin troppo insicura per i miei gusti, però devo dire che avrà l'occasione di riscattarsi. Spero che il prossimo capitolo ti piaccia un po' di più :)

ALLORA VAMOS CON IL PROSSIMO CAPITOLO!

 

Una terribile scoperta e una decisione… avventata? 

 

Archivi del Castello Disney, ore 20.10.

 

Riku camminava a grandi falcate per i corridoi degli Archivi, impensierito dalla missione. Malefica era certo fortemente invecchiata e indebolita, ma era pur sempre la strega più potente di cui si conoscesse il nome, e non si sarebbe certo piegata al volere di qualcun altro. Lo sapeva soprattutto lui, che quando aveva quindici anni si era alleato con lei per salvare il cuore di Kairi. E, come se non bastasse, era stato Sora a salvare il cuore di Kairi, lui e la situazione. Infatti era lui l’Eroe del Keyblade, non Riku. Avrebbe potuto dire di essere invidioso, una volta, ma ora che il comportamento del suo migliore amico era cambiato era semplicemente arrabbiato con il destino che ha voluto essere così perfido. L’Eroe buono, puro e gentile era diventato pericoloso, cinico, freddo e spietato. Magnifico, davvero magnifico.

Doveva trovare una mappa della Fortezza Oscura per Kairi, visto che, secondo il piano, lei sarebbe andata in visita a Malefica come “amica”, mentre lui e Naminé sarebbero arrivati dopo per modificare la memoria della strega.

Perché lo faceva? Beh, prima di tutto teneva ancora alla sua vita. Poi teneva anche a quelle di Kairi e Naminé. Per loro sopportava tutto quello che doveva sopportare. Non potevano fuggire, perché tutti i territori ormai erano stati conquistati dal misterioso esercito di Re Topolino, e l’unico mondo che non era stato toccato era il Mondo Che Non Esiste, caduto in rovina dopo la morte di Xemnas, Il Superiore dell’Organizzazione XIII. Non era stato sfiorato per evitare che qualcuno potesse pensare di ricostruire Kingdom Hearts, ma, comunque, era uno dei mondi più sorvegliati. E, per di più, era proibito andarci.

Si fermò davanti a una libreria di legno, come ne aveva viste alla Fortezza Oscura di sedici anni prima, piena di libri. Ce n’erano davvero di tanti colori. In una circostanza più allegra Riku avrebbe pensato ad un arcobaleno. Lasciò correre lo sguardo per gli scaffali prima di allungare il braccio a prendere un atlante con la scritta consunta sulla costa: Hollow Bastion. Sì, era quello.

Nello tirare fuori il libro desiderato ne fece cadere un altro, decisamente più grosso, con la copertina viola. Dopo essersi fatto contundere l’alluce dal peso del libro ed aver imprecato sottovoce prese in mano il libro e fece per rimetterlo a posto. Poi, però, fu attirato dal titolo, che recitava, a belle lettere:

"Storia Universale: l’Età Oscura dell’Organizzazione XIII"

Quel libro parlava degli anni in cui l’Organizzazione XIII ebbe il suo sviluppo, narrando dei sei apprendisti, Xehanort, Braig, Dilan, Even, Aeleus e Ienzo, che persero il cuore con un esperimento, e di tutti gli altri membri e della loro storia.

Riku avrebbe davvero voluto rituffarsi nel passato, tornare a quando doveva sconfiggere Lexaeus e Zexion, non perché voleva ucciderli di nuovo, non perché avrebbe potuto svagarsi, ma semplicemente perché a quei tempi aveva ancora qualcosa in cui credere. Qualche motivazione o principio, per quanto stupido che fosse, che potesse sostenerlo o rafforzarlo. Si era sentito perso quando, circa quindici anni prima, dopo qualche mese di pacifica convivenza tra mondi, Re Topolino e Sora mossero guerra al Paese delle Meraviglie, che si stava lentamente riprendendo dopo essere stato divorato dagli Heartless. Lì, ogni cosa per cui aveva lottato era andata in frantumi. Lì aveva visto Sora catturare Alice e scatenare il panico alla tavolata del Tè del Buon Non-Compleanno, e aveva visto l’Esercito, quel misterioso esercito che uccideva chiunque. I Nessuno. Perché Re Topolino, con l’aiuto di Yen Sid, era riuscito a sottomettere al suo volere i Simili e i Nessuno di Alto Rango. Il piano era sempre lo stesso: Topolino e Yen Sid, senza farsi vedere, scatenavano la furia dei Nobodies, Sora e qualche volta Riku svolgevano la vera missione, cioè rapivano o uccidevano chi era di turno, Naminé modificava i ricordi di chi era utile, Kairi, Riku, e dopo anche Sora e il Re, si facevano vedere dalla popolazione mentre uccidevano il loro esercito momentaneo, in modo da ottenere la loro riconoscenza e la loro obbedienza. Era successa la stessa cosa per ogni mondo, in modo che Re Topolino potesse estendere il suo dominio su tutti.

Dopo essersi liberato di questi cupi pensieri, Riku aprì a caso il libro, desideroso di leggere come il “Pacifico Regime”, come lo chiamava lui, avesse gettato il fango anche su il più inutile e debole dei Nessuno: Demyx.

 Il numero IX dell’Organizzazione XIII, altrimenti conosciuto come Demyx, avrebbe potuto confondere le idee anche al più astuto dei combattenti. Difatti, codesto Nessuno diceva di non essere molto bravo a combattere e, a detta dell’Eroe, sembrava quasi incapace di intraprendere qualsiasi movimento battagliero.

Ma il numero IX era assai più spietato di quello che lasciava a vedere: infatti, gettò lo scompiglio nell’Olimpo, uccidendo non si sa quanti atleti che lo ostacolarono nel suo intento di rubare la Pietra dell’Olimpo, in grado di placare l’energia negativa dell’Oltretomba. Inoltre scatenò montagne di Heartless in modo da lasciare l’Eroe del Keyblade a combattere per liberare cuori…

Per un solo, illusorio momento, che corrispondeva più o meno al tempo che impiegò nel leggere le prime quattro righe e mezzo, Riku aveva pensato che quella fosse una cronaca dettagliata dei fatti, ma la metà delle parole che erano presenti in quel breve pezzo erano una menzogna. Demyx non era spietato, era solo un fifone. Non aveva mai ucciso nessun umano, non direttamente, e scatenò montagne di Heartless solo perché il suo Superiore glielo aveva ordinato. Quella era la storia che insegnavano ai bambini a scuola. Il ragazzo non osò continuare per il livello altamente menzognero riscontrato nel testo e lo rimise al suo posto, vicino ai libri dalle copertine viola. Poi prese il libro che gli interessava e fece per andarsene.

Tlack!

Quel rumore lo fece voltare di scatto, giusto in tempo per vedere la libreria spostarsi scorrendo verso sinistra e lasciare lo spazio a un corridoio buio.

L’albino si guardò in torno, titubante ma anche curioso di vedere cosa ci fosse di tanto segreto da essere nascosto dietro la libreria e, alla fine, optò per addentrarsi nell’oscurità e soddisfare quella dannata consigliera di nome Curiosità.

Non vedeva assolutamente nulla. Procedeva a tentoni, appoggiando una mano al muro sporco di umidità e stingendo convulsamente l’atlante, motivo per cui si trovava in quel corridoio umido e puzzolente. Alla fine, vide un piccolo spiraglio di luce che indicava uno schermo di un computer attivo. L’unica cosa che riluceva era proprio quel monitor di medie dimensioni, che riluceva di un colore più o meno verdognolo, pieno di numeri che scorrevano da destra a sinistra.

Il primo impulso che Riku ebbe fu quello di toccare lo schermo, ma da tempo aveva imparato a non affidarsi al primo istinto, quindi rimase per un po’ ad osservare il movimento meccanico delle cifre, per poi cominciare a esplorare con il tatto tutto quello che stava intorno allo schermo. Tastava pulsanti, leve, altri monitor più piccoli, metallo e bottoni vari, finché la sua attenzione non tornò sull’unica fonte di luce. E, alla fine, si decise.

Posò, come al rallentatore, un dito nel centro dello schermo, come se fosse un punto premeditato e il verdognolo mutò in azzurro. Riku rimase sorpreso per il fatto che quell’azzurro sembrava il più bell’azzurro che avesse mai visto, perché era il medesimo colore del mare a casa sua, le Destiny Islands, e si stupì di quanto gli mancasse la sua dimora.

L’azzurro cominciò a mutare, e l’immagine tornò indietro, come se fosse uno zoom che torna sui suoi passi, e l’albino, effettivamente, vide le Destiny Islands dall’alto. L’unica cosa che distingueva da quell’altezza era il grande albero dove spesso lui e Sora giocavano con le spadine di legno fatte in casa quando ancora erano marmocchi. Rimase ipnotizzato a guardare delle lettere che cominciavano ad apparire, come scritte sul momento.

Anno 15°

Progetto Nessuno = terminato

Progetto Bottiglia = terminato

Progetto Conquista = terminato

Progetto Distruzione = in Atto (fine tra 02.24.21,20,19…)

Incuriosito ancor di più dai titoli cominciò a ispezionare ogni progetto, toccando sopra il titolo per avere ulteriori informazioni.

Così scoprì che il progetto Nessuno era per eliminare l’Organizzazione XIII e per assumere il controllo su quelli minori, che il progetto Bottiglia consisteva nel mandare una bottiglia agli Eroi del Keyblade e invitarli a palazzo una volta ucciso Xemnas, e che il progetto Conquista era per la conquista dei mondi. Mancava l’ultimo.

Progetto Distruzione.

Stato: In Atto

Descrizione: Distruzione Definitiva e Irreversibile delle Destiny Islands e relativa popolazione.

Scopo: Evitare distrazioni da parte degli EdK.

Tempo Rimanente alla Distruzione: 02 ore 10 minuti 03, 02, 01… secondi

Particolari: Schianto di Gummiship carica di esplosivo, Heartless e Nessuno.

Riku rimase di sale. Nulla più sembrava aver un senso, nella sua testa, dove giravano immagini confuse di ricordi passati e nostalgici. Solo due parole si stagliavano, lampeggianti come due insegne al neon, nella sua mente stravolta: Distruzione e Destiny Islands. Due cose che non sarebbero dovute mai essere vicine.

Con uno scatto impaurito e rabbioso, il ragazzo di uscire: doveva correre, doveva scappare, impedire tutto ciò, doveva salvare, ancora una volta, casa sua.

Dopo quell’attimo di follia si ricompose, cercando di analizzare la situazione a mente lucida: era in uno sgabuzzino segreto che in teoria non avrebbe dovuto trovare, quindi non doveva sapere dei Progetti, ma aveva scoperto che uno di questi era indirizzato alla distruzione di casa sua, dei suoi genitori e dei suoi amici, e aveva due ore per salvare tutto. Ma rimase immobilizzato nella dura e cruda consapevolezza di non poter fare assolutamente nulla. Se fosse uscito se ne sarebbero accorti, e due ore erano troppo poche per raggiungere le Destiny Islands con la gummiship e, inoltre, tirandola fuori dal gummihangar avrebbe scatenato la curiosità del Re. Rimpiangeva in quel momento di non essere un Nessuno, perché se lo fosse stato avrebbe aperto un varco oscuro e se ne sarebbe andato via. Ma non lo era.

E poi, perché Re Topolino aveva deciso di distruggere proprio in quel momento le Destiny Islands? Avrebbe potuto farlo anni prima… o forse pensava che non fosse necessario, che i suoi servi fossero fedeli… allora aveva cominciato a pensare che la fedeltà non era ovvia e che doveva costringerli all’obbedienza. Distruggendo Destiny Islands avrebbe comunque e indirettamente costretto i tre Eroi a rimanere, perché non avevano più una casa. Doveva vendicarsi. Questa era la goccia che faceva traboccare il vaso.

Uscì in fretta e furia, richiudendo il meccanismo della libreria e precipitandosi in camera sua.

 

Camera di Riku, ore 20.45.

 

Kairi e Naminé si trovavano nella stanza di Riku da circa un’ora e stavano aspettando che l’amico tornasse per prendersi la mappa che lui aveva promesso loro, poiché ancora non riuscivano ad ambientarsi, e intanto il Nessuno disegnava. Eh sì, disegnare era ancora la sua passione e lo sarebbe stata per sempre, poiché era l’unico modo di esprimere dei sentimenti che non aveva. Il rosso era la passione, l’amore, il giallo l’allegria, l’arancione l’emozione, l’azzurro la serenità e così via… l’unico modo per ricordare qualcosa che non aveva. Ma tra quei ricordi, grazie a quella passione, sbucavano anche le ombre oscure di un castello tutto bianco e di due cappotti neri. Non voleva pensare ai nomi di quegli esseri visto che li avrebbe volentieri eliminati dalla sua – seppur vuota – memoria da Nessuno. Anche senza un cuore, quei due la terrorizzavano.

Kairi guardava pensosa ora Naminé che disegnava, ora la porta che si doveva aprire con l’arrivo di Riku, ma più osservava più quella sembrava immobile. Era indecisa se andare a dormire in camera sua per il fatto che il giorno dopo si sarebbe dovuta alzare presto per la missione o se aspettare l’amico fino a quando non sarebbe venuto.

“Che bello, cos’è?” chiese al suo Nessuno quando ella finì il disegno al quale stava lavorando da un giorno. “Come, non le riconosci? È casa tua, le Destiny Islands!” esclamò lei, indicando con un dito la macchia verde dell’albero gigante. Kairi sorrise: “L’hai vista nei miei ricordi, vero?” annuì: “Mi piacerebbe andarci, per vedere com’è la spiaggia.” Continuò il Nessuno.

“Oh, è bellissima, è bianca e la sabbia è fine, poi dal grande albero si vede il mare, e c’è un’isoletta con un ponte che…” ma poi fu interrotta dal rumore della porta che si apriva e dall’entrata di Riku. L’albino sembrò sorpreso di vederle nella sua camera, ma poi si ricompose e fissò lo sguardo sulle due ragazze: “Beh, che ci fate qui?” chiese, incuriosito.

“Ti stavamo aspettando, ma non importa… che hai fatto? Sembri piuttosto scosso.” Chiese Naminé, distogliendo l’attenzione dal ritoccare gli ultimi particolari del disegno e rivolgendosi a Riku.

“Come…?” cominciò, ma fu interrotto: “Sono un Nessuno, Riku, e mi accorgo più facilmente delle emozioni degli altri, anche se magari chi ha un cuore non se ne accorge del tutto. Ormai mi sono allenata a capire voi due, ma non pensiamo a me. Dimmi, cosa ti turba?”

Riku si morse un labbro: quella ragazzina a volte era irritante. Ok, non aveva sentimenti, e questo la giustificava, ma la mancanza di un cuore era anche la mancanza totale di tatto, o no?

Anche se in difficoltà, Riku oltrepassò il Nessuno e si sedette sul letto con la testa fra le mani.

Kairi, che si era accorta che qualcosa non andava da quando l’amico si era morso il labbro e non aveva risposto, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla: “Riku, tutto bene?” gli chiese il più dolce possibile.

Lui per un po’ ignorò la sua mano calda sulla spalla, poi sussurrò: “Le distruggerà.”

La rossa inclinò leggermente il capo in segno che non aveva capito, ma non lo costrinse a parlare se lui non voleva.

“Le distruggerà. Destiny Islands.”

Si sentiva uno stupido. Stupido perché non aveva capito che non doveva fidarsi del Topo, stupido perché i suoi genitori erano stati tanto in ansia per lui e li aveva fatti soffrire, stupido perché l’ultima volta che aveva visto la sua adorata casa era stato quindici anni prima, stupido perché non era mai andato a trovare i suoi genitori e non li avrebbe più rivisti, stupido perché non aveva capito le intenzioni del Re e ora non poteva farci nulla.

“Riku, cosa stai dicendo!?” esclamò all’improvviso Kairi, impaurita dal suo tono atono e terribilmente atterrita da quello che aveva capito. Lui posò lo sguardo sulle due ragazze per poi comunicare: “Re Topolino vuole distruggere Destiny Islands per evitare che qualsiasi attaccamento che noi abbiamo verso la nostra casa gli impedisca di usarci al meglio. E tutto accadrà tra due ore e senza che noi possiamo fare nulla.” Spiattellò tutto con il suo tono atono, tipico di quando ha capito che la speranza è persa.

“No, dobbiamo andarcene, dobbiamo salvarli!” protestò Kairi, mentre i suoi occhi già si riempivano di lacrime, di nuovo. In quel mondo c’erano le sue amiche, i suoi genitori, la sua famiglia, come poteva lasciarli uccidere così?

“Non possiamo, con una gummiship non faremmo in tempo ad arrivarci e poi si accorgerebbero della nostra assenza. E ora per favore uscite dalla mia camera.” Disse Riku, con lo stesso tono atono di prima. A testa bassa le due uscirono, anche se erano desiderose di parlare ancora con lui.

Non fece in tempo a disperarsi abbastanza che cadde addormentato, vestito, sul suo letto, accanto al disegno che Naminé aveva finito pochi minuti prima.

Camera di Riku, ore 02.30.

Progetto distruzione = terminato

Si svegliò di soprassalto, coperto di sudore e sconvolto. Il suo mondo era stato già distrutto. Si sentiva sempre più stupido. Non aveva potuto fare niente e quell’impotenza lo sconvolgeva e lo annientava più di qualsiasi altra cosa. Era sempre stata una persona che sapeva tenere in pugno la situazione e la sua forza interiore non era mai venuta meno, ma in quel momento si sentiva così inutile che non sapeva cosa gli dava la forza per resistere dal buttarsi dalla finestra.

Non poteva rimanere in quello stato per sempre, e il suicidio non avrebbe risolto la situazione e il Re avrebbe continuato a marciare per i mondi anche senza di lui. Bisognava reagire. Doveva reagire. Per sé stesso, per Kairi e Naminé, per chi era morto quella notte.

Già… reagire. Erano in tre, di cui una, Naminé, non sapeva combattere, e un’altra era pur sempre una ragazza, quindi era l’unico in grado di fronteggiare un nemico degno di questo nome. Anche se non avrebbe di certo potuto rivaleggiare contro Sora, Yen Sid, Merlino, Topolino, Léon, Sephiroth e altri da solo… bisognava avere alleati. E automaticamente pensò a chi, tra le persone ancora libere, poteva essere un alleato utile e potente. Rimaneva Yuffie, ma era latitante e praticamente impossibile da contattare, poi rimaneva quel ragazzo grassoccio che si chiamava Pance, Pence… qualcosa del genere, ma dubitava fosse abile come combattente quanto come divoratore di ghiaccioli… forse Pietro Gambadilegno, ma se non era stato comodo a Malefica figuriamoci a lui.

Riku scandagliò mentalmente mondo su mondo, ma, a quanto pareva, Re Topolino aveva pensato prima di lui ad accaparrarsi tutti gli elementi validi, e quelli potenzialmente pericolosi le aveva sbattuti nelle grandi prigioni del Castello Disney. Riku sbuffò. Da quelle prigioni era impossibile evadere perché i detenuti erano stati marchiati con un simbolo che impediva loro di attraversare la soglia della cella di loro spontanea volontà. Dovevano essere presi in braccio e trasportati fuori. No, non poteva far evadere nessuno.

Riassumendo la situazione, erano soli, nessun alleato dentro o fuori dal castello, e qualcuno da detronizzare e qualcun altro da uccidere. Proprio così, Riku aveva deciso di uccidere Sora e detronizzare Re Topolino. Ma, come detto prima, non c’era nessuno che potesse aiutarli. Forse, in una remota possibilità sarebbe accorsa Yuffie… se fosse stata ancora in vita.

Dopo un momento che parve lungo giorni a causa dei pensieri confusi che gli giravano per la testa un’idea folgorante lo illuminò con la potenza del sole. Perché si accontentava di un’alleata quando ne poteva avere tredici?

Si alzò di scatto e irruppe nella camera di Kairi e Naminé con la forza di un silenzioso uragano. Il Nessuno scattò a sedere, stupida da quell’intrusione notturna, mentre Kairi si svegliò dopo ripetuti richiami della compagna di stanza.

“Che c’è, Riku?” chiese quest’ultima, stropicciandosi gli occhi.

“Reagiamo!” disse lui, incurante che le due cominciassero a pensare che era uscito di senno.

“Ehm…?” provò a cominciare Kairi, cercando le parole più gentili per dire che doveva tornare a dormire e lasciarle in pace.

Riku, dopo quel momento di esaltazione, ritornò serio: “Stavo pensando che ci dovremmo vendicare, visto che hanno distrutto casa nostra.” Non servì spiegare oltre, poiché vide gli occhi di Kairi farsi lucidi. Evidentemente aveva pianto per i genitori e gli amici, e a lungo anche, poiché egli poteva vedere nei suoi occhi la disperazione di chi ha perso tutto, anche nella penombra della stanza illuminata dalla luna.

“L’ho pensato anch’io.” Disse la rossa, distogliendo lo sguardo dal ragazzo per lasciarlo vagare fuori dalla finestra socchiusa.

Naminé si sentiva estraniata dal dolore dei due, sia perché non aveva un cuore e il dolore non poteva provarlo, sia perché Destiny Islands non era mai stata casa sua e non sapeva cosa significava perderla. A pensarci bene, non aveva mai avuto una dimora degna di questo nome. Nemmeno il Castello che-non-voleva-ricordare-come-si-chiamasse, quella era stata una prigione, non il luogo dove le sarebbe piaciuto tornare canticchiando ‘casa dolce casa’.

Addolorata o meno per i suoi amici, manteneva una certa lucidità, la stessa cruda lucidità che la costrinse a dire: “Riku, siamo in tre, cosa possiamo fare contro un esercito, un impero e un guerriero praticamente invincibile?” già. Invincibile. Perché Sora, grazie ad alcuni, mirati incantesimi di Yen Sid, era diventato terribilmente potente, e quelle formule erano le stesse che impedivano a Kairi e a Riku di non potersi potenziare più di un certo livello per evitare di eguagliare l’Eroe del Keyblade. Per questo nessuno dei due era in grado di reggere un confronto con lui. Su di lei non era stato fatto nessun sortilegio, forse perché già ritenuta inoffensiva. “A meno che non abbiamo uno o molti alleati potenti non potremmo fare assolutamente nulla.” Continuò.

Riku fissò lo sguardo su Naminé, pensieroso: “Roxas, quando è stato tirato fuori da Sora, ti ha detto che i Nessuno, se muoiono, possono essere riportati in vita con un rituale, vero?” chiese, indagatore.

Lei annuì, anche se era insospettita dalla domanda: “Sì, ma non vedo cosa c’entri questa cosa con…”

“Scommetto che Malefica sa come svolgere questo rituale.” Dichiarò il ragazzo sicuro di sé.

“Cosa vuoi fare, Riku?” chiese Kairi, un tantino dubbiosa: “Non vorrai mica…?” chiese, con un filo di voce, ma fu subito interrotta: “Voglio far rinascere l’Organizzazione XIII per vendicarmi e combattere il Nemico.”

  
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