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Autore: Dira_    02/10/2010    22 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma la real life mi ha uccisa, e sepolta. Per farmi perdonare un bel capitolone farcito!
@MissBlackSpots: Eheehe, beh, l’intenzione di convivenza sarebbe quella in effetti, poi, si vedrà! :D
@ElseW: Beh, credimi, è un vanto veramente! So quando nel fandom sia generalmente poco apprezzata. :P Teddy passerà dei brutti momenti XD E chi non vorrebbe un cactus da uno come Sy. XD Ti sei riletta DP?! Ode a te!
@Agathe: e chi lo dice? Dopotutto è un grifondoro al Settimo anno? ;D Ahaaha, essì, Tom è un antipaticone, ma sperò saprà farsi perdonare! ^^ E’ bello sapere che se anche non sopporti il personaggi in sé… lo apprezzi, anche. Quindi grazie. Non deve per forza stare simpatico. Probabilmente anche io nella vita reale non lo reggerei. XD
@Nicky_Iron: Crepi! Mi spiace non esser riuscita a fare prima, ma purtroppo la RL è una vera puttana. :/ Beh, tutte le tue supposizioni… non posso dire niente! Ma Lily, del resto, non è che non sia sveglia, è che l’hanno tenuta fuori, e poi considera che lei non sa nulla dei Doni né tantomeno del tentato omicidio a Al e poi a Harry. Per la storia dei nomi del torneo… mea culpa, ho provveduto a correggere. E comuqnue, c’è da dire, Harry non è famoso per essere il campione di un torneo praticamente fallimentare, ma più per altre cose. XD Grazie per le segnalazioni!
@Silver92: Ahaahah, Harry dovrà farsene una regione, suppongo, prima o poi! XD Sai, le coppie sono tante, e faccio del mio meglio per dar spazio a tutte, anche se certo, la coppia Tom/Al rimane la principale! ^^
@Lovermusic: e chi non vorrebbe un ragazzo come Sy… XD Essì, Tommy merita un bel pugno sul muso, ma non ti preoccupare che ci pensa Al!XD
@Simomart: Sì, lo so, in effetti volevo metterci più Lily, ma per forza di cose ho prima dovuto concentrarmi su Tom. Che ci vuoi fare, aveva ancora un sacco di strascichi da DP. Dal prossimo capitolo credo di tirarle più in ballo. E per quanto riguarda il confundus… una stellina a te! Non è proprio quello l’incantesimo, è più un… aaah, non te lo dico, ma sappi solo che la sensazione l’hai indovinata! E per quanto riguarda i complimenti a Ren e Tom… grazie mille. Non sai quanto mi fa felice sapere che senti più, come dire, ‘completi’ i miei personaggi originali. Credo sia normale, dopotutto sono usciti dalla mia testa, anche se alla fine mi sono affezionata anche a quelli condivisi XD Che dire, le tue recensioni sono sempre un balsamo! Grazie!
@Hale_y: siete state ben in due a capire la cosa della lettera, quindi chapeau! ^^ Ahahaah, viaggio mentale alla JD, perfetto! XD E’ proprio quello! Beh, più che vivere assieme sarebbe essere inquilini. Non progettano nessun matrimonio (ehm, forse Teddy xD) … e poi vedremo come si svilupperà. So che la convivenza non è un passo semplice e non voglio certo trattarla con superficialità. ;) Tom non è interessato al Torneo perché non lo considera degno delle sue ambizioni. E anche perché rischierebbe la vita dalle cinque alle ottante volte, ed ha un bel senso di auto-conservazione (serpeverde) … Al invece è il classico secchioncello, quindi tutto quello che è sponsorizzato dal Ministero lo esalta tantissimo. XD La rivelazione di Rose/Sy… si vedrà, sto lavorando anche su quella. Argh, troppe trame, troppo poco tempo!
@Altovoltaggio: chiedilo ai miei voti! XD A parte gli scherzi, mi ritaglio parti di tempo, semplice. Scrivo due-tre ore ogni due giorni, e riesco a scrivere un capitolo in circa due settimane, nel periodo esami, una in periodo normale. Ottimizzazione! XD E poi… Nah, Lily è una presenza che ci sarà, ma non soppianterà nessuno. Si inserirà, ecco. Non sarà una protagonista, ma sarà una voce fuori-campo. Una specie di narratrice onniscente. Ho dei progetti, vedremo se mi riuscirà a renderli tali. E no, comunque si terrà alla larga da Sy. Dice che sono troppo simili. E che non le piacciono gli slavati. xD Albie il tuo alter-ego? Aahah, da quanto ho capito studi medicina, quindi ci starebbe benissimo! E per quanto riguarda l’udienza… che dire, enjoy, troverai delle sorprese! E per quanto riguarda J e Teddy… eheeh, James è un cretino di diciannove anni, penso proprio dovrà sciacquarsi il cervello e crescere un po’… ma per ora, dai, lasciamogli passare le belle trovate! Senza di lui, del resto, Teddy sarebbe ancora solo e ramingo a piagnucolare sulla sua identità sessuale! XD E per quanto riguarda il panico da esame… ho una laurea alle spalle e ventidue esami e una specialistica tutta da gustarmi. So bene cosa si prova, credimi! XD Beh, io la serie la farei anche, ma avrebbe senso? Mi spiego: sono tutte storie che parlano della stessa cosa, farne una serie mi sembrerebbe una specie di duplicazione. Non so. L Ci penso…
@Andriw9214: Ciao And! XD E’ bello rivederti su questi schermi! :D E credimi, non sei l’unico con problemi di pc in questi mesi… e quasi inquietante ‘sta ecatombe. :/ *incrocia le dita* Anche tu fan di Lils? Ma grazie! XD Grazie per essere tornato a fare un salutino e per i complimenti!
E ora quelli che ho dimenticato la scorsa volta…
@Herys: Grazie per i complimenti sulle mie coppie!
@MadWorld: Allora li abbiamo anche io e te! XD Lui ha parte dei miei gusti musicali… ad averlo, un ragazzo così! Ed hai indovinato, c’è un Dud-moment qui dentro, enjoy!
@Trixina: Ciao! Sì, Dromeda in realtà credo sia contenta… dopotutto la guerra ha portato loro lutti e dolore, e credo che questo le abbia riavvicinate. Magari è una mia speranza, ma ho letto delle fic in cui l’argomento era tratta così bene che per me è diventato quasi canon. Dromeda è un po’ modellata sulle mie nonne, e so bene quanto per loro sia difficile la solitudine. È un po’ un tributo insomma. Yep, secondo la mia scaletta genealogica sono cugini, in quanto Ren è figlio del fratello minore di Eileen Piton. ^^
@LauraStark: Grazie mille, i momenti ricongiungimento piacciono anche a me! (e si vede :P) Essì, Ren è una persona un po’ sola… ma vedremo se verrà trascinato anche lui nel gorgo del Clan Potter-Weasley.
@Ombra: non è detto che Cordula e Meike (soprattutto lei) non ritornino. ;) Essì, la famiglia è famiglia, anche se adottiva. E Tom o si odia o si ama, quant’è vero (Al assentisce)
@Lu_Pin: Se ci crediamo, Tom prima o poi diventerà un bambino vero XD (sì, è praticamente un Pinocchio)
@ZetaSev: Eeheeh, io e te ci capiamo su Soren e Lils, eh? XD
@GiuVio: Grazie, grazie mille! No, non è affatto una tua fantasia. Tom e Voldemort in potenza, sono la stessa persona. Condividono la stessa anima, quella primigenia, diciamo il nucleo, il bambino morente del sogno di Harry. Però Tom ha avuto quello che non ha avuto Voldemort, amore, amicizia e affatto. Li ha imparati e li ha fatti suoi. Questo non significa che per lui sia facile quanto è facile per un bambino dall’anima, come dire, nuova. Ha degli strascichi del passato e questo significa che come persona maturerà più lentamente. Ma ci sta riuscendo XD Ed ehi, sull’albero genealogico … la storia è semplice. XD Soren e Piton sono cugini di primo grado. Vediamo se capisci. ;D
 
 
****
 
Capitolo IX
 
 
 

It's from this loneliness and the fear it brings

That new doors can open up and be a saviour to me
So I'll open my mind, open my heart
It's the only way to breathe…¹
(Break, The Cinematics)
 
 
9 Agosto 2023
Little Whinging, Privet Drive.
Mattina.
 
Il castello aveva molte stanze. Molti corridoi. Come un labirinto infinito, pieno di quadri e segni che un tempo quel posto doveva essere appartenuto alla famiglia magica più ricca della zona.
C’era ancora magia lì dentro. La poteva sentire.
E poi vide quel ragazzo. Un ragazzo vestito di nero come un corvo.
 
Tom si svegliò alle sei in punto del mattino. Aveva dormito sì e no una manciata esigua di ore, facendo sogni confusi che sfociavano il più delle volte in lui che veniva sbattuto ad Azkaban oppure…
Di nuovo quel castello e quell’uomo. Quel ragazzo. Quello che ha aperto il cancello.
Forse dovrei scrivere a Meike. Chiederle se ci sono novità…
Inspirò bruscamente quando si rese conto che giorno era.
Tom Dursley quel giorno sarebbe andato incontro al proprio Destino, e non sapeva se ci avrebbe sbattuto a muso duro o meno.
Alzandosi a sedere sul letto sentì le dita della mano con cui usava la bacchetta formicolare in un invito. Peccato non avesse nulla da stringere.
Né la bacchetta, né una mano.
Fissò la parete di fronte al letto senza vederla realmente.
Il letto era vuoto e, doveva ammetterlo, freddo.
Al la sera prima non era rimasto a dormire con lui. Era stata una decisione presa di comune accordo. Era sì rimasto fino a tardi, ma poi, quasi cascando dal sonno, era tornato a casa.

Sarebbe stato difficile spiegare a suo padre, che probabilmente sarebbe venuto a svegliarlo tra un’oretta, Al o lui, se ancora addormentati.
Non era certo il giorno più adatto per complicarsi la vita.
Più che altro, sentiva che era una cosa che doveva affrontare da solo. Non era solipsismo, era bisogno di mettere le cose al loro posto. Tornare ad essere per sé stesso, per gli altri, per Albus, ad essere di nuovo Tom Oltre Ogni Previsione.
Gli mancava Hogwarts. Era quello il mondo a cui apparteneva, e non si sarebbe fatto buttare fuori.
Costi quel che costi…
Si passò una mano sul viso e andò alla finestra, tirando su le tapparelle per contemplare l’alba che sorgeva brumosa dai tetti di Privet Drive.
Se le cose non fossero andate per il verso giusto sarebbe stato un panorama che avrebbe visto a lungo.
Cercò di scacciare la sensazione di rabbia e paura dalla bocca dello stomaco.
Una doccia. Subito.
Se le fece gelida, impietosa. Anche se il resto della casa dormiva, non riusciva a rimanere tra le coperte a poltrire. Forse era un suo problema. Forse era semplicemente terrorizzato.
Si vestì, e quella fu l’unica parte davvero rilassante della sua sveglia: sua madre aveva una vera e propria passione per i capi da vestiario classico, cosa che condividevano. Per distrarlo, o forse per avere una scusa e poterlo vestire come una bambola in scala, l’aveva portato fino a Londra per acquistare L’Abito delle Grandi Occasioni – del resto il suo vecchio completo gli andava ormai corto.
Era entrato in uno di quei negozi, in cui scuro legno lucido faceva da padrone, con sua madre appesa al braccio che cinguettava estasiata. Il commesso, un ventenne di nome Lloyd, aveva passato mezz’ora a prendergli le misure e a convenire con sua madre del fatto che avesse una figura slanciata e l’altra metà a provarci con lui.
Quanto l’avrei schiantato volentieri.
Ma non posso… perché oh! Non ho la bacchetta.
… Forse dovrei dirlo ad Al. È piuttosto territoriale.
Comunque Robin era tornata a casa felice e orgogliosa, neanche avesse conseguito una laurea ad Oxford, e il vestito era valso la pena. Andava bene così.
Si allacciò il polsino e si guardò allo specchio del bagno. Con i capelli tagliati di fresco e con quell’abito poteva passare senza problemi per un elegante ragazzo babbano.
Proprio convincente. E forse dovrai abituartici…
Serrò appena le labbra, uscendo dal bagno per cercare una delle sue vecchie cravatte. 
Dopo lungo cercare si ricordò che ne aveva solo una, persa in un deplorevole incidente che coinvolgeva Vern e una tazza di punch.
Questo lo mise quietamente di cattivo umore.
Scese le scale e fu sorpreso di trovare suo padre in cucina. Dudley Dursley era seduto al tavolo, mentre guardava il primo telegiornale della mattina con una tazza di caffè caldo.
“Papà.” Fece un cenno che fu ricambiato dopo una breve occhiata complessiva. Anche suo padre era già vestito, con un vecchio completo di velluto a coste beige. Lo trovava tremendo, ma doveva ammettere che faceva parte di lui, come la boxe ogni domenica mattina, le scommesse al pub che perdeva regolarmente o la teledipendenza.
“Dov’è la tua cravatta, ragazzo?” Fu la prima cosa che gli disse, quando si fu servito di caffè e accomodato davanti a lui.
“Non ce l’ho. Ti ricordi? Vernon, il punch, la festa di zia Marge…”
“Ah, già.” Scosse la testa. “Ma non puoi andare ad un processo senza cravatta. Certo, non so come funzionino i processi…” Esitò, non riuscendo a pronunciare quella parola. Tom sospirò.

“Più o meno allo stesso modo.”
“Allora non devi dargli un messaggio sbagliato. Senza cravatta sembreresti sciatto.”
“Già.” Convenne. “Ma non posso usare quella dell’uniforme scolastica. Credo darebbe un messaggio anche peggiore.”
Specie perché ha i colori di Serpeverde, che non contempla ideali adatti ad un tribunale.

Suo padre si alzò dalla sedia. “Tua madre si è scordata del dettaglio più importante quando ti ha portato in giro come un modellino.” Fece un’ombra di sorriso, che un tempo doveva averlo qualificato piuttosto bene come un bullo. “Senza cravatta… Roba da hippie.”
“Sono piuttosto sicuro che mamma da giovane fosse una di loro.” Suggerì, non riuscendo a non farlo. Represse un sorriso al borbottio scornato di suo padre, mentre si dirigeva fuori dalla cucina.

“Resta qua. Torno subito. Non pensavo ti svegliassi così presto…”
Neanche io pensavo che ti avrei trovato già sveglio… – Pensò di rimando.

Si alzò, andando verso il gazebo che occupava una buona parte del giardino. I vetri riflettevano incandescenti il pallido sole mattutino. Sarebbe stata una bella giornata.
È un buon giorno per morire… - Citò senza ricordarsi che film fosse, mentre sorseggiava ciò che restava del caffè. Guardò la tazza: era tagliata a metà da una crepa sottile, segno che era stata incollata con cura e attenzione.  
Ricordava un aneddoto su quella tazza. Quella era stata la sua prima tazza da grande, non di plastica, ed era stata un regalo di suo padre. Dudley gli aveva raccomandato di fare assoluta attenzione. Lui, che aveva cinque anni, aveva provato finché inevitabilmente, nell’atto di prenderla dalla credenza, l’aveva fatta cadere.
A posteriori cercare di prenderla senza mani, ma con la magia, non era stata probabilmente una grande idea.
Si era spaventato; uno di quei terrori infantili, infiniti, come se il mondo intero rischiasse di collassare per il crimine commesso. Inoltre, se suo padre avesse saputo che aveva usato quella cosa
Era scappato, approfittando che sua madre fosse andata a fare la spesa con la piccola Alicia, come il migliore e tattico dei codardi. Aveva poi corso fino ad arrivare ai confini della città, in mezzo alle sterpaglie incolte tagliate dalla statale, dove sfrecciavano macchine ignare e pericolose. Ricordava, ma non con certezza, di essere caduto e di essersi fatto male. Una caviglia storta, o forse addirittura rotta. Quello che non avrebbe mai dimenticato però era la paura; l’aver fatto la cosa sbagliata e la matematica certezza che sarebbe rimasto lì, in mezzo al bosco, perché nessuno sarebbe venuto a cercarlo.  
Suo padre però, al di là delle sue fosche previsioni, era riuscito a trovarlo. Parecchie ore dopo, quando il sole stava già tramontando. Non aveva la magia di zio Harry, si era detto. Era normale.   
Non ricordava cosa si fossero detti. Suo padre, rendendosi conto che non riusciva a camminare, l’aveva preso in braccio e poi stretto forte. Ricordava l’odore della sua colonia ancora a distanza di anni. Era stata la prima volta in cui si era sentito a posto.
Sentì un rumore alle sue spalle e si voltò.
“Ti ho preso una delle mie. Penso ti andrà bene.” Esordì l’uomo, porgendogli una cravatta color beige a rombi blu. Alla sua faccia, sbuffò. “Ehi, senti un po’, so che non è un colore fantastico, ma ci sono degli… studi, credo… che dicono che i colori neutri hanno un effetto calmante sulla giuria. Dà l’impressione che tu sia un tipo serio. Così dicono.”
Tom la prese: era comunque di buona fattura e non faceva a pugni con il suo completo. Suo padre non sapeva vestirsi, ma sapeva accostare i colori in maniera insospettabilmente brillante.

“È di seta.” Disse per dire qualcosa.
“Sicuro che lo è, è quella che uso per i grandi processi. Sai, per i pezzi grossi.” Spiegò compiaciuto. “È un po’ un portafortuna. Vedi di tenermela come si deve. La rivoglio tutta intera.”
Tom posò la tazza, e si passò la cravatta attorno al collo, approfittando del riflesso di uno dei vetri del gazebo per specchiarsi e allacciarsela. L’effetto complessivo non era male, bisognava ammetterlo. Alle sue spalle vide il padre sbirciarlo, assorto.
“Come mi sta?” Chiese voltandosi. “Sembro una persona seria?”
“Lo sembri sempre.” Borbottò scuotendo la testa, ma fece un mezzo sorriso. “Oh, beh… hai preso da me.”
Tom sentì che avrebbe dovuto dire qualcosa. Che i rapporti con suo padre dovevano cambiare e che avrebbe dovuto fare qualcosa di significativo in merito. Un gesto di distensione, un discorso a cuore aperto. Qualcosa di simile. Era suo padre, e l’aveva cresciuto e capito quando probabilmente andava contro tutto quello in cui gli avevano insegnato i suoi genitori.

Suo padre odiava la magia, ma non odiava lui.
“Ho rotto io quella tazza.”
Complimenti Tom. Davvero.

Non avrebbe mai imparato e Albus l’avrebbe preso in giro fino alla morte.
Dudley inarcò le sopracciglia, con un’evidente espressione di stupore. “Ah.” Disse. “Sì?”
“Già. Quando avevo cinque anni. La volevo prendere dalla credenza, ma era troppo in alto. Così… l’ho fatta cadere.”

“È per questo che quella volta eri scappato quindi.”
“Già.”

Rimasero in silenzio e Tom capì che per quanto non li legasse il sangue, sua madre aveva ragione: la capacità di non saper esternare l’aveva ereditata da Dudley Dursley.
Dudley contemplò la tazza sbeccata. “Beh.” Disse molto lentamente, come faceva sempre quando stava riflettendo più del solito. In tribunale era una carta vincente, diceva sempre: sfiancava l’accusa. “… È stata incollata però. Fa’ comunque il suo lavoro.” Fece una pausa e lo guardò. “Le cose si possono rimettere a posto, Tom.”
Sentì di doverglielo chiedere a quel punto. “… Anche le persone?”
“Che sciocchezza ragazzo!” Scrollò le spalle. “Non siamo mica tazze.”
Tom fece una mezza risata: quella era la risposta che si aspettava ed era quella giusta.

 
 
****
 
 
Londra, Ministero della Magia.
Nove del mattino.
 
Tom sobbalzò quando sentì il contraccolpo dell’ascensore che lasciò lui e Harry nella piazza centrale del Ministero. Avevano usato l’entrata per visitatori, visto che era annoverabile tra uno di loro. Sulla sua giacca era infatti appuntato l’apposito cartellino.
Tralasciando particolari ininfluenti, si sentiva lo stomaco discretamente annodato in una morsa, mentre il padrino gli posava una mano sulla spalla e gli indicava la strada con un cenno.
“Gli ascensori sono di là.”
Non si sarebbe mai abituato al bagno di folla magica che era il cuore della società magica: centinaia di maghi, in vesti colorate, gli passavano affianco presi dai loro affari. Oltre a loro, folletti intralciavano quasi con piacere i malcapitati che si mettevano nella loro traiettoria, parlando di quotazioni di borsa nella loro lingua gutturale e incomprensibile.
Era stato un viaggio silenzioso, quello dal Surrey a Londra.  Non erano riusciti a dirsi molto, e Harry aveva passato più tempo ad assicurarsi che la macchina sorvolasse invisibile il cielo inglese che a parlargli.
Forse era meglio così, non sarebbe comunque stato molto comunicativo.
Harry gli rivolse un sorriso gentile. “Allora, come ti senti?”
Quello era la quinta volta che glielo domandava però.

Tom cercò di comunicarglielo con lo sguardo e l’altro capì, perché assunse un’aria mortificata.
“Scusa, hai ragione. È che sono un po’ nervoso anch’io. Non ho bei ricordi del Wizengamot.”
“Harry…” Tentò mentre la presa sul suo stomaco si faceva dolorosa. “Non mi stai aiutando.”
“… Già. Scusa.” Convenne aggiustandosi gli occhiali. “… comunque è una fortuna che non sia io a difenderti. Non è il genere di cosa in cui sono bravo. Sai, riesco meglio nei discorsi improvvisati.”
Tom batté le palpebre confuso. “Scusa?”
“Ah, giusto, non te l’ho detto. Ho chiesto a Hermione di difenderti. È nel settore legale, ed ha tutte le qualifiche necessarie. La incontreremo di sotto.” Harry ridacchiò della sua espressione palesemente sollevata, mentre sorpassavano la grossa fontana centrale.  

“Non posso dire di non essere contento…” Ammise. “Senza offesa.” Aggiunse per buona misura.
“Nessuna percepita. Hermione sa fare il suo lavoro. E a dire il vero, per lei è una vocazione, quella di difendere gli altri. Persino le cause perse come me, sai.” Gli strizzò l’occhio complice.
Tom si sforzò di sorridergli e sperò di aver fatto un’imitazione passabile. “Come si svolgerà la seduta? Sarà plenaria?” Chiese.  
“No, sarà una commissione di dieci giudici, con a capo il Direttore del DALM. I processi a seduta plenaria, con tutti i membri del Wizengamot, riguardano solo casi particolari, come dover giudicare un mago oscuro o… me.” Aggiunse meditabondo.  “Beh, quella volta fu particolare…”
“Lo sanno? Sanno cos’ho fatto?”
Harry esitò, rallentando mentre aspettavano che l’ascensore arrivasse. “Sì. Perlomeno il Direttore… il mio capo, sa tutto. Comunque, formalmente, sei stato accusato per aver usato magia…”
“… non regolamentare, lo so. Intendono in Germania? Perché pensavo che la Traccia si esaurisse varcati i confini del paese d’origine.”

Tanto l’avrei usata comunque. Non sono davvero nato a Gennaio. Ho svariati mesi in più.
Probabilmente sono maggiorenne da mesi.
Harry tirò un mezzo sospiro, guardandolo. A quel punto Tom capì e si sentì lo stomaco di ghiaccio.
“Si tratta delle Maledizioni, vero?” Sussurrò. “Di quelle che ti ho lanciato sotto l’imperio di John Doe.”
“… È complicato. Teoricamente non puoi essere incriminato, perché eri appunto sotto imperius. Il fatto è che non sanno quando sei stato messo sotto imperio e…”
“E?”
“… E non è mai stato chiarito chi abbia ucciso Ainsel Prynn… cioè, Selina Hardcastle.” Concluse.
Tom inspirò bruscamente. Cercò di dominarsi, perché sapeva cosa stava succedendo. Sentiva il cuore battergli nella cassa toracica e il sangue rombargli nelle orecchie.

Non l’ho uccisa io! Non voglio essere incastrato!
Una crisi in piena regola.
 “Io non ho ucciso quella donna. È stato Doe!” Sibilò sottovoce, mentre controllava febbrilmente che nessuno li sentisse. “So che ha usato la mia bacchetta, ma…”
“Tom.” Harry fu veloce ad afferrarlo per un braccio, con ferma gentilezza, quasi indovinasse il suo stato d’animo. “Calmati.” Soggiunse, mentre l’ascensore apriva le sue mascelle metalliche e una piccola folla di funzionari li investiva. Aspettò che l’ultimo si fosse allontanato per infilarsi con lui nel cubicolo e continuare. “Lo so, e lo sa anche l’agente dei Tiratori che si è occupato dell’indagine e che verrà interrogato. Sta’ tranquillo.”

“Come posso stare tranquillo?” Serrò le labbra, imponendosi di calmarsi. Si ricordò le parole di Cordula.
Respira. Visualizza un posto tranquillo. La magia è legata a doppio filo con il tuo stato mentale. Puoi dominarla.
Sentì l’incendio che gli correva nelle vene affievolirsi gradualmente. Fu contento di non vedere il contatore luminoso dei piani beccheggiare.
Grazie Cordula.
Harry gli lanciò un’occhiata. Forse aveva capito, forse aveva sentito, ma decise di glissare. “So come ti senti…” Abbozzò un sorriso. “Ma c’è bisogno di un processo in piena regola. Le regole devono essere uguali per tutti, non credi?”
Dipende.
“… Sì, suppongo di sì.”
“Non c’è molta gente che sa la verità su di te, ma chi la sa, non dovrà avere materiale per sparlare. Capisci che intendo?”
“All’incirca. Di cosa potrei essere accusato quindi? Dell’omicidio della Prynn?”
“Di aver collaborato con John Doe.” Tagliò corto, e gliene fu davvero grato. “Collaborare con un mago oscuro è un reato piuttosto grave.”
“Quanti anni?”
Harry esitò.
“Quanti anni, Harry? Senza contare che fuori di lì dovrò vivere nel mondo babbano…” Realizzò.

Niente Hogwarts, niente bacchetta, niente magia. Niente Albus.
Si sarebbe ammazzato.
“Una quindicina, per complicità, ma Tom… Ascolta.” Si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi. Era davvero imbarazzante notare come avesse gli stessi occhi del ragazzo con cui faceva l’amore quasi ogni notte. Quasi gli fece dimenticare gli anni di probabile prigionia. Albus aveva ragione, come cattivo era troppo scemo. “… Non sarai accusato. Hermione è davvero in gamba, seppellirà la corte di prove a tuo favore. La giuria è composta da persone oneste, che sanno riconoscere un innocente quando ne vedono uno.”
“Proprio tutti?” Inquisì. Harry scrollò le spalle, incapace di mentirgli.
“Beh… non conosco tutti, e poi c’è Draco Malfoy.”
“Ti deve un favore, se ben ricordo.” Ignorò la sua aria sbalordita. “Avrò gli onesti più uno dalla mia parte. Bene. Per fortuna non si vota all’unanimità.”
Harry sospirò, guardandolo come se fosse un monello indisciplinato. Forse, dal suo punto di vista lo era davvero. “Certo che sei proprio un serpeverde, Tom…”
Tom si strinse nelle spalle, sentendo che un ghigno almeno poteva concederglielo.


 
****
 
 
“Signor Dursley? La prego di seguirmi.”
I corridoi del Ministero, all’ultimo piano, erano di pietra fredda, lucida e nera.

Tom avrebbe preferito trovarsi ovunque tranne che lì.
Harry gli posò una mano sulla spalla, facendogli cenno di seguire la piccola ed efficiente funzionaria che l’aveva chiamato. Sostava impettita sulla porta a cui erano di fronte. Era quella dell’aula.
Hermione, seduta accanto a loro e immersa in un fascicolo grosso quanto un tomo di Pozioni, si sbrigò ad alzarsi e radunare il tutto.
“È una fortuna che si tenga in una delle aule più piccole. Meno imponenti, l’impatto psicologico sulla giuria è smorzato…” Gli spiegò in quello strano modo febbrile che precedeva, gli aveva detto suo zio, un suo exploit lavorativo.
“Hermione…” Disse. Non la vedeva da mesi, e adesso si preparava a difenderlo dalla accuse.
Cosa si diceva in quei casi?
La donna gli sorrise. “Andrà tutto bene.” Lo rassicurò interrompendolo. Aveva l’aria efficiente e aggressiva, con il tailleur dalla foggia ibrida magico-babbana, di un rosso cupo e il trucco leggero.
Fu felice di averla come suo magi-avvocato. Davvero.
Entrarono.
L’aula era piccola e a Tom diede l’impressione di un pozzo profondissimo; poco illuminata da torce che la circondavano a semicerchio, lasciava ampie zone d’ombra.
Probabilmente l’effetto era voluto.
Sentiva la mano di Harry, sulla sua spalla. Questo gli permise di non tentare, probabilmente senza successo, di smaterializzarsi e darsi alla macchia.
Potrei sempre rapire Al e mandare una lettera ai miei stavolta…
“Sarò dietro di te Tom.” Gli disse all’orecchio. Lo vide poi sedersi nei banchi di fondo.
Tom si sedette sulla sedia centrale, scortato da Hermione. Notò che la sedia portava ancora i segni di…
… Catene.
“Servivano una volta, ma adesso non si usano più.” Gli chiarificò la donna, cercando di suonare incoraggiante.
Gli venne da vomitare.
Essere trattato alla stregua di un mangiamorte… È ridicolo. Non ho fatto niente. Non ho ucciso nessuno.
Continuare a ripeterselo come un mantra e aiutava, anche se poco.
Ripassò mentalmente quello che sapeva sui processi magici: decisioni prese a maggioranza assoluta, possibilità di avere un difensore, ma non il diritto ad averne uno. Poche domande, una sostanziale giustizia sommaria con a capo il Ministro della Magia o in alternativa il sottosegretario o un Direttore di Dipartimento.
In quel momento avrebbe preferito essere in seno alla giustizia democratica babbana.
Uno ad uno entrarono e gli sfilarono davanti i membri di quel consiglio ristretto, con lunghe e severe tonache color violetto, con una W dorata al centro del petto.
Riconobbe solo il padre di Malfoy: lo vide guardare alle sue spalle, e scoccare una lunga occhiata al suo padrino. Se avesse potuto leggere gli sguardi, ne era certo, vi avrebbe letto un lungo discorso.
Sperava in suo favore.
Il presidente della commissione, nonché direttore del DALM, si sedette sullo scranno principale, lanciandogli un’occhiata penetrante. Era una donna dai corti capelli di un argento vivissimo e dai movimenti energici. Sembrava una professoressa, di quelle che non puoi ammansire con complimenti mirati.
Tom istintivamente tese le dita sul legno duro dei braccioli.
Calmo e sicuro di te.
“Dichiaro aperta la seduta. Procedimento disciplinare del 9 Agosto 2023 per violazioni commesse da Thomas Dursley, residente al numero quattro di Privet Drive a Little Whinging, nel Surrey. Inquisitori, Hestia Jones, Direttrice del Dipartimento Applicazione della Legge sulla magia e…” Disse altri nomi, ma Tom era più interessato al fascicolo sul banco della donna. Era su di lui.
“Difensori?” Chiese poi, riscuotendolo.
Hermione fu così veloce che sembrò dover rispondere ad un quiz a premi. “Hermione Jean Weasley-Granger alla difesa. Le accuse?”
L’inquisitrice inforcò gli occhiali, aprendo il fascicolo e leggendo. “Le accuse a carico dell’imputato sono le seguenti. Il signor Dursley è sospettato di aver prodotto Maledizioni Senza Perdono e di aver collaborato con John Doe, noto mago oscuro ricercato internazionalmente.”
Tom sentì la bocca farsi secca, come se avesse ingoiato una manciata di sabbia.  
Dannazione. Lette così…
… lo facevano sembrare un maledetto criminale.
“Lei nega di aver prodotto magia oscura all’interno di Hogwarts?” Venne riscosso dalla domanda.
Tom voleva voltarsi per guardare Harry, ma non poteva farlo. Non voleva. Non doveva.

“Non ho fatto del male.” Rispose, fissando un punto qualsiasi in mezzo alla giuria.
Guarda tutti e non guardare nessuno.
“Quindi non è stato lei ad usare l’Anatema che Uccide su Selina Hardcastle, da lei conosciuta come Ainsel Prynn, causandone la morte.”
“No.”
“Portate il reperto numero uno.” Ad un suo cenno entrò un funzionario, tenendo in mano una teca di vetro: dentro c’era la sua bacchetta. “Agrifoglio, piuma di fenice, quattordici pollici, rigida.” Elencò. “Può dirci se la riconosce?”

Tom non rispose subito, troppo occupato a tacitare il desiderio violento di riprendersela.
Ridatemela. È la mia bacchetta.
“Signor Dursley, la riconosce?”  
“Sì.” Si scollò dal palato. “È la mia.”
“È a conoscenza del fatto che questa bacchetta ha scagliato l’Avada Kedavra che ha ucciso l’agente Selina Hardcastle?”
“… Mi è stato detto. Ma non sono stato io. È stato John Doe.” Ripeté, sforzandosi di fissare negli occhi la donna. Avrebbe voluto convincerla che no, non era un assassino.

Che aveva fatto degli errori, ma poteva rimediare. Poteva migliorare. Voleva.
“Quindi nega di aver scagliato Maledizioni Senza Perdono.”
“Non ho detto questo. Non l’ho fatto sulla professoressa… e non con la mia bacchetta, ma…” Esitò. Lanciò uno sguardo ad Hermione, che gli fece cenno di andare avanti.  Sentiva i palmi delle mani sudare e la gola riarsa, come se fosse nel bel mezzo di un deserto. E si gelava in quell’aula. “… ma le ho scagliate sul mio padrino, Harry Potter.”

Si levò un mormorio:  Tom cercò di pensare a qualcosa di bello, perché al momento si sentiva come se centinaia di dissennatori gli stesse volteggiando sopra la testa.
“Quindi ha effettivamente prodotto delle Maledizioni Senza Perdono…” Hestia Jones sembrava divertirsi a fargli ripetere sempre le stesse cose. Sarebbe stato un fantastico avvocato babbano.
Come Direttore del DALM è sprecata.
“Sì. Ma ero sotto imperio.”  
“Può provarlo in qualche modo?” Intervenne il padre di Malfoy, riscuotendosi dalla contemplazione delle proprie unghie. Aveva un’espressione remota, indecifrabile. A Tom ricordò una statua gotica: inespressiva, allampanata e cupa.  
Si era sbagliato: non assomigliava affatto a quello spensierato cretino di suo figlio.
“No, non posso.” Dovette rispondere.
Altri mormorii. Sempre più ostili, o almeno così gli sembrò; avrebbe voluto gridare che non capivano. Che nessuno di loro poteva. Ma non sarebbe servito a niente.  
Già. Perché dovrebbero credermi poi?
Doe ha ucciso un agente del governo americano e l’ha ucciso con la mia bacchetta. Subito dopo io sono scomparso. Per otto mesi.
Se fossi in loro, mi reputerei un assassino, o alla minima, un complice.
“Il mio assistito non può provare di essere stato maledetto, è vero.” Intervenne a quel punto Hermione, scoccando una palese occhiataccia a Malfoy. “Ma come è difficile dimostrare di essere stati messi sotto imperius, è altrettanto difficile dimostrare il contrario. Non è il primo caso simile che viene discusso in queste aule, e fino a prova contraria il Signor Dursley è innocente.” Concluse con disinvolta fermezza.
Tom sentì che, se non fosse stato gay, avrebbe nutrito per lei un’imperitura passione.
L’uomo sembrò preso in contropiede, e quando fece per rispondere, Hermione lo precedette. “Un momento solo.” Fece una pausa opportuna. “Inquisitore Supremo, vorrei chiamare a testimoniare Harry James Potter.”
“Permesso accordato.” Rispose la direttrice. “Signor Dursley, ceda il posto al Signor Potter per favore.”
Tom obbedì; il padrino, passandogli affianco, si premurò di strizzargli l’occhio solidale.
Come diavolo fa ad essere così tranquillo?
Forse per un auror era del tutto normale testimoniare a quel genere di processi.
Si sedette sui banchi vuoti. Quando intrecciò le mani sulle ginocchia le sentì fredde come ghiaccio.
Solitamente non era tipo soffrire il freddo, ma stava letteralmente congelando.
L’interrogatorio di Harry fu veloce e articolato. Hermione sembrava perfettamente padrona della situazione, come se non avesse fatto nella vita che volteggiare come un’equilibrista su incongruenze e punti poco chiari.
… e nella sua storia ce n’erano tanti. Vennero infatti omessi i suoi collegamenti con Voldemort e la storia dei Tre Doni trafugati. Sembrava che quei fatti dovessero rimanere a discrezione di poche persone.
Era meglio così. Del resto, il Mondo Magico stesso viveva sotto l’enorme cupola protettiva che era lo Stato di Segretezza.
Sono tutti avvezzi ai segreti…
Quello che non si poté evitare di dire fu che era il figlio del capo di una delle organizzazioni criminali magiche più pericolose dell’intero planisfero, Alberich Von Hohenheim.
Sentì gli sguardi dei giudici scivolargli addosso, scandagliarlo, come a cercare tratti che potessero qualificarlo come un nuovo mago oscuro.
Potrei. Ma non ho intenzione di finire i miei giorni in una prigione putrida o a ammazzare innocenti in nome di qualche ideale delirante.
Ho piani migliori per il mio futuro.
Fissò lo sguardo in un punto, e non lo distolse neanche quando entrarono gli altri testimoni: un certo agente Smith e dei giovani auror dall’aria nervosa che testimoniarono come le protezioni attorno alla grotta dove era stato trovato – apprezzò la diversione elegante di Hermione – erano di alto livello, del tutto compatibili con il profilo di un mago capace di piegare la volontà di un adolescente con una Maledizione.
Poi lo notò. Seduto a qualche fila dietro di lui stava un uomo. Si voltò, lentamente per non farsi scoprire a guardarlo: era giovane, una trentina d’anni forse, con corti capelli ricci castani e viso squadrato, ma piacevole. Era straniero a giudicare dai vestiti ufficiali che non ricordava di aver visto in giro per il Mondo Magico. Il mantello infatti, accuratamente allacciato da alamari d’argento, era blu navy con doppia bordatura rossa e bianca.
Mai visto da nessuna parte…
Si chiese cosa ci facesse lì, anche era evidente fosse lì per lui: quella era o non era la sua festa?
L’uomo parve improvvisamente accorgersi di essere oggetto del suo interesse. Gli sorrise.
A quel punto Tom non riuscì a vincere la curiosità e si sporse verso il padrino, seduto esattamente davanti a lui.
“Harry…” Gli toccò la spalla. “Chi è quell’uomo, quello là in fondo? Lo conosci?”
L’altro si voltò brevemente, e Tom lo vide rabbuiarsi di colpo e serrare la mascella.

“Quel bastardo… Cosa diavolo ci fa qui?”
“Harry, cosa…?”
La voce stentorea di Hermione, impostata per l’arringa finale, li costrinse a tacere.
“… e quindi, onorevoli membri del Wizengamot, avete ascoltato i testimoni, avete ascoltato il signor Dursley. È più che evidente che il ragazzo sia stato raggirato e messo sotto una potente maledizione della volontà.” Se non fosse stata l’udienza per la sua condanna, Tom si sarebbe goduto lo spettacolo. Quella donna era nata per farsi ascoltare.
Un vero peccato che i figli non abbiano preso il suo stampo…
“Thomas Dursley aveva sedici anni all’epoca dei fatti, e adesso ne ha a malapena diciassette… quindi è da poco passato alla maggiore età.” Fece una pausa, voltandosi verso di lui, quasi a mostrarlo alla giuria. “Thomas Dursley è un ragazzo perbene, un studente rispettoso delle regole, ma ha sempre cercato risposte sul suo passato, come orfano e come mago. Chi, nelle sue condizioni, non sarebbe stato vulnerabile alle lusinghe di un mago più adulto, esperto nei raggiri, che gli ha promesso, membri del Wizengamot, la verità?”
Tom guardò i membri della giuria uno ad uno. Pendevano tutti dalle labbra di Hermione, ad eccezione di Malfoy e della Direttrice del DALM: l’assoluzione passava a maggioranza. Erano dodici. Ne sarebbero bastati sette.
Troppi…
“Potete condannarlo, potete privarlo della magia … Ma questo sarebbe una vera correzione? Siamo qui, siete qui, per correggere degli sbagli. Non solo per condannare. Thomas Dursley è un ragazzo. Ha imparato dai suoi errori, ha pagato con la lontananza e la malattia per essi.” Gli mise una mano sul braccio, e sentì che era calda e vibrante giustizia.
Che donna…

Vide Harry guardarlo e fare un sorrisetto divertito.
Beh, e allora? Una cotta intellettuale non fa di me un traditore.
… meglio che Al non lo sappia, ad ogni buon conto. O neanche Azkaban mi salverà.
“Si può condannare solo quando c’è volontà di causare dolore con la magia. Ricordate quello che vi ha detto il Signor Potter. Le Maledizioni non erano in grado di uccidere. Thomas non voleva uccidere, Thomas non era in sé. È questo che dovete ricordare mentre prendete la vostra decisione.” Tirò un respiro, perché aveva parlato praticamente tutto di un fiato. “Ho finito, Inquisitore Supremo.”    
Tom rimase in silenzio, mentre guardava la giuria consultarsi tra di sé.  

La verità era che avrebbe presto quella scelta comunque. Sbagliata che fosse, in quel momento lui aveva deciso di tradire la sua famiglia, i suoi amici, per seguire John Doe. Che avesse il medaglione e ne fosse influenzato… era solo una supposizione. E l’imperio era arrivato solo alla fine.
Non avrei dovuto farmi raggirare. E l’ho fatto.
Ma datemi un’altra possibilità. Non datemi Azkaban. Non portatemi via la bacchetta.
Sono tornato. Questo dovrà pur valere qualcosa…
Guardandosi le mani vide che aveva conficcato le unghie nella pelle fino a sentire dolore. Avrebbe dovuto sentirlo perlomeno. Era troppo teso però.
“Quanti a favore della condanna?” Poteva una voce essere l’incarnazione stessa del destino?
Si alzarono ben quattro mani. Quattro mani, che gli avrebbero spezzata la bacchetta per spedirlo a marcire quindici anni in mezzo al Mare del Nord.
Si appuntò a fuoco le facce dei quattro giudici.
Se verrò condannato voi sarete i primi a …
Si sforzò di tagliare via il pensiero come la parte rancida di un frutto.
Harry gli prese un braccio, stringendolo saldo e gentile.
“Quanti a favore dell’assoluzione?”
E le mani furono sei, compresa quella della Direttrice e ultima e volutamente lenta, quella di Malfoy.  
La donna batté il martelletto.
“L’imputato è prosciolto da tutte le accuse.”
Hermione si voltò. Sorrideva e avrebbe voluto sorriderle anche lui, ma credeva di essere congelato sul posto al momento.
Ho vinto. Non dovrò finire in prigione. Riavrò la mia bacchetta. Riavrò la mia vita.
“Abbiamo vinto, Tom!” Si sentì in dovere di dirgli. Sì, in effetti serviva.   
“Grazie …” Si odiò per il tono flebile che gli uscì.  
Si rese conto della situazione solo quando la funzionaria che lo aveva scortato gli portò la bacchetta, estraendola dalla teca e porgendogliela. “La sua bacchetta Mister Dursley.”
La corrente calda che salì lungo il braccio, la sensazione inebriante di completezza che provò quando la prese di nuovo in mano, ne era certo, se la sarebbe ricordata per anni.
“È una bella sensazione eh?” Continuò a sorridergli Hermione. “Ricordo quando per un periodo, durante la guerra, dovetti usarne un'altra. Tremendo.” Si guardò attorno. “Ma dov’è finito Harry?”
Tom si voltò e si rese conto che il padrino non c’era più. 

“Non ne ho idea…” Anche se in realtà forse ce l’aveva. Il tipo straniero non c’era più. “Forse è uscito.”
“Per Morgana, è sempre il solito…” Sbuffò la donna. “Va bene, usciamo anche noi.”

Tom annuì, aiutandola a raccogliere qualcosa come mezzo chilo di fogli e fascicoli. Non le chiese se fossero tutti su di lui. Non era certo di volerlo sapere.
Lanciò un’occhiata alla Sala. Era rimasta deserta, tutti i membri erano usciti; si chiese come mai Malfoy, che non era sembrato convinto neppure per un istante dalle parole di Hermione, avesse votato in suo favore.
Probabilmente sono fatti più vecchi di me.
Uscirono nello scuro e lucido corridoio e la prima cosa che sentirono fu la voce di Harry. Stava parlando con lo straniero e a giudicare dal mondo in cui si fronteggiavano, non era una conversazione civile.
Hermione gli mise una mano sulla spalla, quasi a volerlo trattenere. Aveva un cipiglio interrogativo, confuso.
Neppure lei lo conosce.
Erano abbastanza vicini da poter sentire frammenti di conversazione, anche se sussurrata a bassa voce.
 
“Lei non aveva il diritto…”
“Se sono qui, è evidente il contrario, Signor Potter.”
“…Cosa vuole?”
“Non è finita qui.”

 
Una pausa in cui non Tom non vide il volto di Harry, dato che gli dava le spalle, ma poté indovinare l’espressione dall’aria cauta che assunse l’altro. “Il ragazzo non è al sicuro in Inghilterra.”
“John Doe è morto.”

“Ma era solo una pedina. È il Re che comanda. Ha fatto una guerra, Signor Potter, sa meglio di me come funzionano queste cose…”
“Tom è sotto la giurisdizione del governo Magico Britannico, questo è tutto.” La voce del padrino era dura, venata dalla rabbia. “Il vostro governo con quale coraggio la manda qui?”
Vostro governo… è straniero allora. Americano, a giudicare dall’accento.

Lanciò uno sguardo ad Hermione. Un guizzo di comprensione le aveva illuminato il viso.
Non lo ha riconosciuto, ma adesso sa chi è.
“Avete avuto le nostre scuse ufficiali, quindi…”
“Me ne fotto delle scuse ufficiali.” Era la prima volta che sentiva Harry imprecare. Hermione, accanto a lui, soffocò un’espressione indignata. “Ci avete taciuto delle informazioni importanti. Non saremo arrivati ad un processo, se il vostro governo avesse collaborato con noi.”
“Le ho già detto, tempo fa mi sembra, che non è così semplice.”
“Beh, dovrebbe esserlo.”

“Si ricordi che stiamo parlando del figlio…” L’uomo si bloccò di colpo, notandolo. Fino a quel momento era stato più impegnato a non staccare lo sguardo da Harry, quasi temesse risvolti spiacevoli: il volto teso gli si aprì in un sorriso. “Signor Dursley!”
Harry si voltò di scatto. “Tom, sali su con Hermione.” Gli ordinò seccamente.
“Harry…” Tentò a quel punto la donna. “Cosa sta succedendo?”
Ma l’americano fu più svelto di entrambi. Si avvicinò con due falcate decise verso di lui e gli tese la mano. “Mi chiamo Ethan Scott, Thomas. Sono un agente del Dipartimento di Giustizia Magica Americano. A nome del mio governo, è un vero piacere poterti conoscere…” Aveva i denti dritti e luccicanti, come un attore di soap-opera. Aveva anche quel genere di bellezza televisiva.

A pelle, non gli piacque per niente. 
Tom guardò la mano tesa, e poi il padrino. Harry aveva la fronte solcata da una ruga di rabbia maltrattenuta. Era furioso. “E perché?” Chiese, ignorando la mano.
L’uomo la abbassò con disinvoltura, quasi gliela avesse stretta vigorosamente. “Il nostro governo è molto interessato alle tue doti, Thomas. A chi sei…” E qui lo sguardo indugiò sulla sua intera figura, con particolare attenzione per lo stomaco.
Sa chi sono. Sa come sono nato.
Sentì una spiacevole sensazione di allarme, quasi lo avesse gridato ai quattro venti.
Thomas Dursley so che non sei un essere umano completo.
“Basta così.” Ringhiò Harry, frapponendosi tra di loro. “Tom va’ su, ci penserà Hermione ad accompagnarti a casa.”
“Oh, sì… naturalmente.” Annuì quella, ma con l’aria di chi avrebbe voluto delle risposte. “Vieni Thomas.”

A Tom non piacque essere maneggiato come un decenne con nessuna capacità decisionale, ma non fece rimostranze. Non era quello il momento.
“Non è il caso di essere così scortesi, Signor Potter.” Fece una smorfia Scott. “Stavo solo presentandomi al ragazzo.”
“Non è questa l’impressione che sto avendo.” Replicò l’altro beffardo. “Vorrei sapere se il mio Dipartimento è stata informato della sua presenza. Scommetto di no.”
L’uomo tradì a quel punto un’espressione guardinga. “Sono un agente di collegamento, Signor Potter. E il caso del ragazzo…” Si bloccò, vedendo qualcosa alle loro spalle. “Capisco quando non sono desiderato. Buona giornata. Thomas…” Fece un cenno di commiato soltanto a lui, e si dileguò velocemente in direzione degli ascensori.

Ma che diavolo…?
Si voltarono e si trovarono di fronte la figura elegante di Lord Malfoy che lanciò loro un’occhiata di sufficienza. “Potter.” Esordì. “A quanto sembra ti sei allargato alle rogne internazionali…”
“Ti conosceva, Draco?” Replicò l’altro attento. “Perché è sembrato piuttosto spaventato dalla tua apparizione.”
“Ethan Scott.” Fece un rigido cenno di assenso. “Quando lavori per l’ufficio di cooperazione magica internazionale diventi automaticamente una spina nel fianco di quel tipo di agente.” Piegò le labbra in un sorrisetto di scherno. “È strano che non andiate d’accordo. Siete entrambi due palloni gonfiati.”

Hermione sembrò pronta a ribattere, ma Harry la fermò con un’occhiata. “Chi l’ha autorizzato a stare qua?”
“Il mio ufficio.” Rispose scrollando le spalle. “Come ha detto, è un agente di collegamento, e si è occupato del caso.”
“Si è occupato…”
“Calma il tuo indomito spirito grifondoro, Potter.” Alzò le sopracciglia esasperato. “È incredibile che tu sia un capo-ufficio quando è chiaro che di giochi di potere non ne capisci assolutamente nulla.”

Tom aveva sempre pensato che il padrino e Lord Malfoy avessero avuto dei trascorsi. Sembravano, in quel momento, sul filo di un rasoio sottilissimo, indecisi se sputarsi addosso o collaborare.
Curioso…
Harry ad ogni buon conto tradì irritazione. “Parla chiaro, Draco.”
“Non mi è concesso.” Soffiò l’altro quasi con piacere. “Quello che posso dirti è che il governo americano è interessato al tuo protetto.” E qui gli lanciò un’occhiata, un’esatta copia dell’impenetrabile sguardo che l’aveva trafitto per tutta la durata del processo. “E da quel che ho saputo, ne ha ben donde.” Detto questo, fece un secondo cenno rigido della testa e si allontanò senza aggiungere altro.

“Draco Malfoy…” Disse Hermione dopo un lungo attimo di silenzio. “Non riesco a capire da che parte stia.”
“Non è la prima volta, no?” Ironizzò Harry, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi la sella del naso. Sembrava stanco. “Però ha votato a favore di Thomas.”
“Lo ha fatto per ricambiare quel vecchio favore, Harry. So riconoscere quando un giurato non è convinto, e lui non lo era.”
“Non ha importanza.” A quel punto si voltò verso di lui e gli sorrise. “Allora, come ti senti?”
Tom, che fino a quel momento si era quasi sentito uno spettatore, azzardò un sorriso. Il più sincero che gli riuscì. Perché aveva la sua bacchetta tra le dita e quella sera avrebbe detto ad Albus che avrebbero presto l’espresso per Hogwarts assieme.

Tutto il resto non contava.
Per il momento.
“Maledettamente bene.” Gli tese la mano e quando Harry gliela strinse lo abbracciò. Sentì la sorpresa del padrino e poi si sentì anche ricambiarlo con forza.
“Non succederà più, Harry.” Gli sussurrò, anche se fu certo che Hermione fingesse soltanto di non sentire. “Te lo prometto.”
L’altro gli accarezzò i capelli. Si sentì un decenne, ma non era una brutta sensazione.

“Lo so, Tom. Mi fido di te.”
Quella era la vera assoluzione.

 
 
****
 
Devonshire, Casa Potter.
Sera.
 
Albus si smaterializzò davanti alla porta di casa, quasi centrando con precisione chirurgica il battente sulla porta.
Avrebbe dovuto allenarsi a non finire sempre in collisione con un oggetto contundente.
Si infilò la bacchetta nella tasca apposita del mantello, mentre spirava un venticello che già annunciava l’arrivo dell’autunno.

Un po’ in anticipo, ma comunque…
Quando varcò la porta di casa fu accolto come sempre dalla mancanza quasi totale di suoni. Suo padre stava ascoltando la radio, ridacchiando di un popolare programma radiofonico serale, mentre sua madre era occupata a correggere le bozze per il menabò della Gazzetta.
 “Tom?” Chiese immediatamente; era stata una giornata pazzesca al San Mungo. C’era stata un epidemia di scofolofungus dovuta ad una partita andata a male di carne di maiale in un noto ristorante di Diagon Alley. Qualcosa come una cinquantina di intossicati. Aveva dovuto preparare litri e litri di pozioni.
Era distrutto ed era senza uno straccio di notizie, avendo passato tutto il giorno, senza interruzioni di sorta, nei laboratori.
Suo padre gli sorrise. “Va’ su. È con Lily in camera tua.”
“Sì, ma…”
“Credo voglia dirtelo lui.” E ridacchiò di una battuta dello speaker.

Grazie, suspense, proprio quella ci voleva…
Ma tanto male non doveva essere andato, se i suoi genitori sorridevano incoraggianti.
No?
Salì a due a due le scale strette e aprì di scatto la porta della sua camera.
“Lily, no.”
“Ma perché? Te li hanno tagliati male, sono tutti piatti dietro!”
“È perché ho i capelli lisci.”

“Li ho lisci anche io, cosa… Oh!” Lily si accorse di lui, impalato di fronte alla porta e con il fiato corto come uno scemo. Tolse la bacchetta dalla nuca dell’altro ragazzo, che cercava senza troppa convinzione di scacciarla.“Al! Finalmente!”
Tom era in maniche di camicia, arrotolate sugli avambracci, mentre la giacca di un completo che non gli aveva mai visto addosso era abbandonata sulla sua sedia. Aveva i capelli davvero corti e l’aria, come sempre quando riguardava Lily, scocciata.
Sembrava stare bene.
“Sei in ritardo.” Lo accusò apertamente. “Ero a cena qui.”
“Mi dispiace… Un’epidemia… pozioni…” Mormorò vago, slacciandosi gli alamari del mantello, mentre Lily si alzava, sempre lanciando occhiate critiche all’altro. “Com’è… com’è andata?”
“Bene.” Concesse. Lanciò uno sguardo alla ragazza. “Lily, puoi lasciarci soli?”
“Come no, Tommy.” Ghignò quella, con un luccichio negli occhi che Al aveva sempre ritenuto piuttosto malandrino. Nel senso storico del termine. “Vi lascio soli.
Lily!” Quasi ridacchiò quando sentì la sua stessa indignazione nella voce di Tom.

È andata bene. Ma quanto bene? Molto bene, o non sarebbe così tranquillo.
Deve essere così.
“Sì, sì… E comunque, per quei capelli, non finisce qui.” Minacciò, sfilandoglo accanto e strizzandogli l’occhio. “Notte notte.”
Si chiuse la porta alle spalle.
“Allora…” Iniziò, senza riuscire a non pensare alle cose più terribili. Era più facile essere pessimisti.
Tom a quel punto sorrise. E tirò fuori dalla tasca la sua bacchetta. “La riconosci?”
Albus aveva pianificato di reagire, in caso di vittoria, come si conveniva ad un ragazzo della sua età, con dignità mascolina e matura.
Si era scordato che la genetica era una stronza, e avere tutti quei grifondoro in casa non era una mera coincidenza.
 
Albus gli saltò praticamente addosso, facendo crollare entrambi sul letto.
“Te l’hanno ridata! Hai la tua bacchetta! Prosciolto da ogni accusa, vero? Oh, certo che sì!” Gli urlò nelle orecchie a volume da stadio.
Tom lo amò anche quando gli tirò quasi un gancio alla mascella nel tentativo di baciarlo.
Sì, lo amo davvero molto.
“Tu e James avete molto in comune…” Sbuffò, tendendolo a distanza con una mano. “La capacità di non controllarvi.”
“Oh, sta’ zitto!” Sbottò l’altro con un sorriso radioso, di quelli che avrebbero illuminato una cattedrale meglio di un lumus maxima. “È così, vero? Sei stato assolto!”
“Sì.” Confermò passandogli una mano sulla schiena e spostandosi per rendere più comodo quell’assalto. Avercelo a cavalcioni non era male, come posizione.

È stata sperimentata più volte, del resto…
“Quindi … Hogwarts!”
“Devo ancora scrivere una lettera al preside, ma Harry mi ha promesso che metterà una buona parola. Non credo sarà difficile. Con un assoluzione del Wizengamot dovrei avere le spalle coperte…” Gli spiegò, beandosi della sua aria attenta. E anche delle dita che gli avevano artigliato la camicia. Sentiva il calore di Al irradiarglisi lungo il petto. Era stata una giornata fredda.

Ho bisogno di scaldarmi…
“Sei contento?” Gli chiese e vide Al arrossire.
“No, sono in lutto.” Ironizzò. Poi si chinò su di lui. “Oh, smettila di fare il duro… stai sorridendo da mezz’ora, sai?”
“Sì? Forse solo da quando sei arrivato tu.” Si sentì dire. Era strano aprirsi così facilmente. Ma per quella sera avrebbe mandato al diavolo il suo orgoglio. Al se lo meritava.

Se non altro per quanto mi ha sopportato. Sono consapevole di poter essere odioso.
Di esserlo, in realtà.
Al sgranò gli occhi, mentre diventò dello stesso colore delle sue coperte – perché le aveva rosso fuoco per lui rimaneva un mistero. “Non dirmi che non hai neanche sorriso a zia Hermione… Hai una cotta per lei.”
“Non ho una cotta per lei.” Replicò imbarazzato. Si scordava sempre che Al, prima di essere promosso a suo ragazzo, era stato il suo migliore amico. Lo era ancora.

“Ce l’hai da secoli…” Sbuffò. “Ma non sono geloso. Non di lei almeno.”
“E di chi dovresti esserlo? Io odio le persone, non fai che ripetermelo da anni…”
“Beh, cosa pensi che diventerai quest’anno?” Gli prese la cravatta tra le dita, lasciandosela scivolare sui polpastrelli. Tom per un attimo si scordò di ascoltare il discorso. Del tutto. “Sarai l’idolo tormentato di tutte le ragazze. E ora sanno tutti che sei un purosangue, diventerai lo scapolo d’oro di Hogwarts.”
“Non voglio essere uno scapolo d’oro…” Rifletté, ascoltando vagamente. Era più interessato, del resto, a cosa stava accadendo ai piani bassi, e ai subdoli assestamenti di Al sul suo inguine. “E poi, a quanto mi risulta, non sono scapolo.”

“Risposta esatta…” Il tono di voce di Al si abbassò ad un mormorio. La conseguenza diretta fu poi una serie di baci bollenti sul collo. Tom inspirò, lasciandosi cadere sul letto.
Ci voleva…
Chiuse gli occhi mentre Al gli sbottonava la camicia e gli lasciava scivolare via la cravatta, disfacendo abilmente il nodo.
“Strano… sei bravo a toglierle e non a mettertele.”
“Vuoi che ti ci strozzi? È seta. Per una morte elegante…” Borbottò, ma lo sentì sorridere contro il suo petto, per poi continuare in una lenta scia di baci leggeri.

Tom si chiese se quello fosse essere definitivamente gay. Volere così disperatamente un altro ragazzo.
In effetti, da che ricordava, voleva solo Al.
Sarà che sono più occupato a capire che orientamento ho per quanto riguarda l’essere umano o meno.
L’orientamento sessuale nella mia storia personale passa un po’ in secondo piano.
Guardò la testa mora di Al scivolare sempre più in basso, e sentì una contrazione piacevolissima all’inguine.
Ma penso non ci sia bisogno di interrogarsi granché qui…
Si irrigidì però quando arrivò al suo stomaco. Lì avrebbe sempre dovuto esserci qualcosa. E non ci sarebbe mai stata.
Al sembrò capirlo, perché alzò la testa. “Che c’è?”
“Non… lì.” Era come se gli stesse baciando una cicatrice slabbrata, o qualcosa del genere. Era come se gli baciasse una brutta parte di sé.

Al sorrise appena. “Questo sei tu.” Disse semplicemente. “E mi piaci tutto.” Gli accarezzò la pelle liscia con la punta delle dita.
Tom sentì qualcosa nel petto scaldarsi, diventare bollente, mentre sentiva, con orrore, gli occhi inumidirsi.
È solo stanchezza.
Afferrò Al per le braccia, tirandoselo contro in modo che fosse alla sua altezza. Lo baciò, profondamente, per tutte le cose che non sarebbe mai riuscito a dirgli.
Non che non ci possa provare, no?
Al quando si staccarono aveva il fiato corto, sorpreso, e gli occhi lucidi.
Beh, almeno ha la lacrime più facile della mia…
“Non so… se me lo merito. Uno come te.” Si staccò le parole ad una ad una dal palato. E le pensava. Tutte.
Al gli passò le braccia attorno al collo. “Non credi sia un po’ tardi per chiederselo?” Lo spinse di nuovo steso. “Ormai siamo legati a filo doppio, Tom…”
 
Tempo dopo, quando l’intera casa era immersa nel silenzio, sentì Albus muoversi contro di sé, e sfiorargli il collo in una carezza che chiedeva attenzione.
“Tom, sei sveglio?”
“Non lo ero. Lo sono adesso.” Sospirò, facendolo ridacchiare. “Avanti, dimmi…”
“… È finita, vero?” La voce era poco più che un soffio, ma la domanda gli si ficcò nel petto.
Tom non rispose subito. Pensò alle parole di Lord Malfoy, pensò all’agente americano Scott.
A Cordula e a quel castello che continuava a vedere nei suoi sogni.
Lo strinse a sé. “Sì, certo…”
Lo spero. E non lo so.


 
I see so little time
My eyes are crossed, my hands are tied
All I wanna do is that great thing…²
 
 
 
… e così Tom è stato scagionato da ogni accusa! Non che non me lo aspettassi, ma la giustizia manichea del nostro Ministero è piuttosto pericolosa, quando vuole.
In ogni caso, non sai quanto sono contenta!
Tom e Al si meritano un po’ di serenità. Sarà un grande anno, questo, Ren… e potremo finalmente vederci!
 
Dall’altra parte del continente, Sören Hohenheim posò la lettera sul suo scrittoio.
 
 
****
 
 
 
Note:
Prossimo capitolo: Goin’ to Hogwarts!

Okay, ammetto che a fini della trama da action-movie questo capitolo non dice un granché. Ma è ufficialmente l’ultimo strascico della storia precedente.
Dalla prossima, si entra nell’azione! *thumbs up*
1. Qui la canzone.
2. Qui la canzone.
  
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