DISCLAIMER:
Capitan
Tsubasa, Tsubasa, Wakabayashi, Hiyuga e gli altri personaggi, sono
proprietà di Yoichi Takahashi e della Shueisha Inc. Tokyo e
per la versione italiana Edizioni Star Comics. Questa fanfiction
è
stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per
quanti vorranno leggerla. Nessuna violazione del
copyright si
ritiene, pertanto, intesa….
THE
BEST GOALKEEPER
By Aresian
EPILOGO
La
folla, tra gli
spalti, rumoreggiava impaziente. Non vedeva l’ora di gustarsi
quella partita. Benchè i tedeschi partissero con i favori
del
pronostico, alla vigilia, nessuno avrebbe pagato un soldo bucato per
la squadra giapponese, eppure i nipponici erano riusciti a
raggiungere la finale. Buona parte del pubblico, li aveva un
po’
adottati come beniamini ed ora inneggiava cori
d’incoraggiamento,
che a dire il vero non tutti i calciatori del sol levante
apprezzarono.
“Ma sentiteli. Ci hanno preso per la squadra
cenerentola della finale” bofonchiò irritato
Lenders,
lanciando uno sguardo bieco alle tribune.
Benji, seduto in
panchina, intento ad allacciarsi accuratamente i guanti, gli
lanciò
un’occhiata divertita.
“Forse all’inizio del
campionato, ora ci vedono come la “piacevole”
rivelazione. Sarebbe un vero smacco per i campioni uscenti della
Germania perdere con noi. Per questo parte del pubblico, che ha il
dente avvelenato per la finale di due anni fa, tifa per noi”
spiegò tranquillo.
“Sarà”.
Lenders
comunque non sembrava convinto.
“Oh. Insomma ragazzi. Che vi
importa del perché tifano per noi? Quello che conta e che
oggi
possiamo raggiungere un risultato storico per la nostra nazionale e
per il nostro paese. Noi possiamo e dobbiamo vincere questa finale.
Capito?” esclamò con un entusiasmo contagioso
Holly,
balzando in piedi all’istante, caricato a mille per quella
partita che sentiva forse più degli altri.
“Ben
detto. Adesso scendiamo in campo e demoliamo i panzer
tedeschi”
lo seguì a ruota Bruce, che quando si trattava di
“banfare”
non era secondo a nessuno. Una salutare risata, coinvolse a quel
punto tutta la squadra…
“Sembrano
rilassati. Forse sono già rassegnati alla
sconfitta”
disse Strauss, osservando gli avversari, dai volti sorridenti, a
pochi metri da
loro.
Karl Heinz Schneider si alzò in
piedi con felina grazia.
“Stai sbagliando ancora una volta,
Hermann. Loro sono convinti di vincere” disse perentorio.
“Cosa
te lo fa credere, Karl?” chiese a quel punto Margass,
perplesso.
“”Quardate chi si sta avviando verso la
porta nipponica” fu la laconica risposta.
“Merda….
Price” esclamarono all’unisono Kalz e
Strauss.
“Già”.
^Bravo, Benji. Sono felice
che tu sia riuscito a scendere in campo oggi. E’ da due anni
che aspetto di misurarmi con te. Non per uno stupido allenamento, ma
in una partita vera. Andiamo, amico. Mostriamo al mondo intero come
si gioca a calcio^.
Schneider
e Hutton
si ritrovarono a centro campo, accanto all’arbitro, per il
lancio della monetina.
I due giovani si fissarono silenziosamente,
occhi nocciola calmi e derminati contro occhi azzurri gelidi come il
ghiaccio. Un istante, poi Shnider cercò lo sguardo di Price.
Anche a quella distanza il giapponese potè leggere la ferrea
determinazione dell’amico. Lui, il Kaiser, avrebbe portato
alla
Germania la coppa, per il Giappone non c’era scampo.
^Ti
sbagli, Karl. Finchè io sarò in porta, voi non
vincerete questa finale^.
Il
fischio
dell’arbitro e non ci fu più il tempo per le
considerazioni. La partita era durissima. I tedeschi, avversari
formidabili. Il loro portiere Bauer una montagna invalicabile. Ne le
cannonate di Mark, ne i tiri ad effetto di Holly parevano funzionare
con lui…. E poi Schneider…. I suoi tiri
“bruciavano”
le mani. Era diventato ancora più potente in quei mesi. Ma
Benji non aveva intenzione di farsi battere da lui. La stima
reciproca svaniva, sul campo di calcio, per diventare agonismo allo
stato puro. Nessuno dei due voleva perdere….
Ancora
Schneider a scendere lungo la linea laterale, con la sua proverbiale
progressione, nemmeno Mark era riuscito a fermarlo.
“Para
questo, se ci riesci” la sfida nella sua voce mentre carica
il
suo tiro micidiale.
“Non passerai” l’urlo
rabbioso di Price mentre si fionda fuori dai pali a
fronteggiarlo…
Buttarsi avanti, a testa bassa, a chiudergli
lo specchio della porta, per salvare quel risultato che vale oro.
Prendere un goal adesso, taglierebbe le gambe ai compagni. Poi
l’impatto, violento oltre l’inverosimile, tanto da
mandare in frantumi il cappello e lacerargli la cute della fronte,
procurandogli un taglio profondo che inzia a sanguinare copioso, ma
la palla non è in rete… dopo aver impattato
contro la
traversa, schizza impazzita oltre il fallo di
fondo.
“Benjiiii”…..
Non sente neanche
l’accorato appello dei compagni. Non si rende neanche conto
che
il suo viso è macchiato da una scia viscosa di liquido
vermiglio.
“Se vuoi segnare, devi fare di meglio”.
Eccola
la sfida. L’aveva subita impassibile due giorni prima e ora,
pronto, felino, deciso, l’aveva restituita.
Un balenio ad
attraversare lo sguardo di ghiaccio del tedesco.
“Segnerò,
Price. E porterò la coppa in Germania” la secca
risposta, prima di voltarsi e avviarsi verso gli spogliatoi al doppio
fischio dell’arbitro.
Ecco i flash di una partita memorabile
al termine della quale, non fu la Germania a sollevare la coppa della
vittoria ma il Giappone. 3-2 il risultato finale. Per la Germania,
doppietta di Shnider, l’unico a violare la rete di Price.
Marcatori per il Giappone, Hutton con una doppietta e Mark Lenders.
I
tedeschi, afflitti, intorno al cerchio di centro campo, mentre il
loro capitano, con dignità, a congratularsi con i
vincitori.
“Sei un grande giocatore, Hutton. E anche i tuoi
compagni non sono da meno”. Un tono di sincera ammirazione,
traspare dalle parole del tedesco e Benji, che lo conosce bene, sa
che non si tratta di sola retorica. Poi quegli occhi azzurri
incrociano i suoi. Un lieve sorriso a increspargli le labbra, mentre
l’azzurro di quelle iridi si fa più intenso e
caloroso.
“Sei stato grande, Benji”.
“Forse…
Ma sei riuscito a segnare due volte” la pronta risposta del
nipponico.
Una risata spontanea e genuina. Una pacca amichevole
sulla spalla, a consolidare quell’amicizia che ha prevaricato
le differenze culturali e di lingua.
“C’è una
Coppa che vi aspetta” disse infine il tedesco, facendo cenno
ai
giapponesi che era giunto im momento di godersi il meritato trionfo.
Alla
fine, stanchi
ma incredibilmente felici, dopo l’annuncio a sorpresa della
partenza di Holly per il Brasile, dove lo aspettava
l’ingaggio
per il San Paolo allenato da Roberto Sedinho, i nostri amici fecero
ritorno negli spogliatoi.
“Benji, come va la testa?”
chiese Freddy, avvicinandosi al ragazzo, avendolo sorpreso a sfiorare
la benda sulla fronte.
“Umh!!??? Oh, non è niente.
Anche se temo che domani avrò un tremendo mal di
testa”
rispose sorridendo il giovane portiere.
“Sei stato bravo
oggi. Sapevo che potevo contare su di te” proseguì
il
Mister, che aveva sempre avuto una particolare predilezione per quel
ragazzino che aveva visto crescere dalle scuole elementari e
diventare un campione di livello internazionale.
“Grazie”.
Un
sorrisetto ironico dipinto sulle labbra, così Price
accettava
i complimenti di Freddy e compagni perché a lui non bastava
essere stato “bravo” lui doveva essere
“perfetto”.
Questa era la logica ferrea e, in un certo senso, implacabile che lo
contraddistingueva. Lui doveva essere il
“migliore”, e
prendere due goal da Schneider non era contemplato in quel progetto.
Era comunque soddisfatto per la vittoria della squadra.
“Ok
ragazzi. Basta lanciare gavettoni d’acqua, abbiamo ridotto
questo spogliatoio in modo pietoso. Forza, raccogliete le vostre cose
e torniamo in albergo. Ci sono due “vittorie” da
festeggiare, quella del Mondiale e il debutto di Holly nel campionato
brasiliano” disse Marshall tornando a guardare i
suoi
ragazzi.
“Sììì” fu il grido
all’unisono mentre tutti si affrettavano ad obbedire.
“Mark,
Benji, voi due fate un salto all’ospedale. Voglio che vi
facciate dare un’occhiata” disse poi rivolto ai due
ragazzi.
“Ma… Mister, io sto benissimo”
obiettò
prontamente Lenders, che non ci teneva proprio a perdersi la festa
per uno stupido taglio allo stinco destro.
“Fate come ho
detto. Forza” ribattè deciso Marshall con un tono
che
non ammetteva repliche.
“Vengo con te capitano” si
affrettò a proporre Danny, notando l’espressione
contrariata dipinta sul volto di Mark.
“No, Danny. Ci
andremo tutti. Mister, la festa dobbiamo iniziarla tutti insieme.
Prima accompagnamo i nostri compagni all’Ospedale e poi
festeggiamo” obiettò tuttavia Holly, certo di
parlare a
nome dei compagni, che subito si strinsero a cerchio intorno a
Lenders e Price, come a suffragare le sue parole.
Freddy Marshall
levò gli occhi al cielo. Mai una volta che lo ascoltassero.
“E
va bene. Tanto sospetto che non mi dareste retta anche se vi
ordinassi il contrario. Oggi è la vostra
giornata….
Fate pure. Sul pullman” si arrese.
“Sì, Mister”
urlarono ridendo, in coro, i giovani campioni. Sorridendo a loro
volta, Mark e Benji si avviarono verso il pullman.
Appena giunti
nel corridoio si imbatterono nella nazionale tedesca che stava
allontanandosi dallo stadio a sua volta.
Benji cercò con lo
sguardo Karl. Sapeva che quella sconfitta gli bruciava terribilmente.
Lui, il Kaiser del calcio tedesco, il talento dell’Amburgo,
aveva perso e tornava in Germania senza la coppa. Di quella
sconfitta, i giornali, ne avrebbero discusso per tutta
l’estate,
come un tormentone. In fondo gli spiaceva, ma ci poteva essere un
solo vincitore e sarebbe stato ipocrita se avesse detto che era
dispiaciuto per aver vinto la Coppa.
Proprio in quel momento
Schneider si voltò e i loro sguardi si incrociarono. Karl
notò
immediatamente la benda bianca che cingeva la fronte del portiere.
Fermandosi, in mezzo al corridoio, attese che il giapponese gli
passasse accanto, sotto lo sguardo perplesso dei presenti.
“Spero
non sia niente di serio, Price” gli disse deciso, studiando
la
sua espressione. In campo non si era interessato molto per
l’incidente, ma adesso, a riflettori spenti, si preoccupava
per
la salute dell’amico.
Benji si lasciò sfuggire un
sorriso.
“Ci sono abituato con te, Karl. E’ solo un
graffio” rispose tranquillo.
“Meglio così. Ah.
Volevo informarti di una cosa. Me l’ha appena confermato il
Presidente dell’Amburgo” disse il tedesco,
incamminandosi
al suo fianco.
“Sarebbe?” chiese Benji, facendosi
attento.
“E’ ufficiale. Ho accettato l’ingaggio
del Bayern di Monaco. Passo in Bundesliga” disse Karl,
scatendando la reazione entusiasta dei compagni di squadra e un moto
di sorpresa nel gruppo giapponese, che non aveva afferrato lo scambio
di battute tra i due.
Lo sguardo di Price si incupì per un
istante. Gli spiaceva perdere un compagno di squadra come Karl, no,
un amico, ma sapeva che per Karl quella era un’occasione
d’oro.
“Congratulazioni” gli rispose pertanto,
dandogli una pacca sulla spalla.
Gli occhi azzurri del tedesco
brillarono per un istante, prima che rispondesse.
“Che
sbadato. Mi ero scordato di dirti che il Mister della I^ squadra
dell’Amburgo ha richiesto il tuo trasferimento. Lasci la
Primavera Benji. Ci ritroveremo a settembre in Bundesliga”.
“Cosa?”
esclamò totalmente spiazzato Price. Prima di ricevere una
sonora pacca sulla spalla da parte del tedesco che, prima di
andarsene, concluse tranquillo.
“La sfida, tra noi, è
appena iniziata. Ti aspetto in campionato, amico”.
Ripresosi
dalla notizia, Price rispose con entusiasmo.
“Puoi contarci,
Karl” stringendo la mano all’amico-rivale, sotto lo
sguardo perplesso dei compagni di squadra che ancora ignoravano la
notivà. Già. Quella sera avrebbero dovuto
festeggiare
due esordi a livello professionistico, quello di Holly e il suo.
Finalmente c’era riuscito. Dopo cinque anni di gavetta, il
suo
sogno si era realizzato. La Bundesliga tedesca gli apriva le porte. A
lui e a Karl. La loro carriera era appena iniziata… Ci
sarebbero stati momenti difficili, ma il SGGK nipponico non si
sarebbe arreso e neanche il Kaiser di Germania.
- FINE -
N.d.A.:
Al solito, anche in questo capitolo ci sono dei riferimenti espliciti alle puntate dell’anime, con l’influsso di alcune notizie estrapolate dal manga e mai viste in TV. Il finale del capitolo è comunque inedito, nel senso che è la mia versione di come i due ragazzi si siano ritrovati a realizzare, insieme, i loro sogni, pur conservando e consolidando uno splendido rapporto di amicizia oltre i confini e le barriere culturali.