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Autore: aresian    04/10/2010    2 recensioni
Non è facile per un portiere del Sol Levante "sfondare" in Europa. Lo sa bene Benji, ma quest'occasione non vuole proprio lasciersela scappare. Amburgo, l'ultima chance prima di dover dire addio ai sogni di gloria...
Finalmente l'ho portata a termine. Inseriti il cap. 8 e 9 più l'epilogo.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER:
Capitan Tsubasa, Tsubasa, Wakabayashi, Hiyuga e gli altri personaggi, sono proprietà di Yoichi Takahashi e della Shueisha Inc. Tokyo e per la versione italiana Edizioni Star Comics. Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla. Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

THE BEST GOALKEEPER
By Aresian

EPILOGO

La folla, tra gli spalti, rumoreggiava impaziente. Non vedeva l’ora di gustarsi quella partita. Benchè i tedeschi partissero con i favori del pronostico, alla vigilia, nessuno avrebbe pagato un soldo bucato per la squadra giapponese, eppure i nipponici erano riusciti a raggiungere la finale. Buona parte del pubblico, li aveva un po’ adottati come beniamini ed ora inneggiava cori d’incoraggiamento, che a dire il vero non tutti i calciatori del sol levante apprezzarono.
“Ma sentiteli. Ci hanno preso per la squadra cenerentola della finale” bofonchiò irritato Lenders, lanciando uno sguardo bieco alle tribune.
Benji, seduto in panchina, intento ad allacciarsi accuratamente i guanti, gli lanciò un’occhiata divertita.
“Forse all’inizio del campionato, ora ci vedono come la “piacevole” rivelazione. Sarebbe un vero smacco per i campioni uscenti della Germania perdere con noi. Per questo parte del pubblico, che ha il dente avvelenato per la finale di due anni fa, tifa per noi” spiegò tranquillo.
“Sarà”.
Lenders comunque non sembrava convinto.
“Oh. Insomma ragazzi. Che vi importa del perché tifano per noi? Quello che conta e che oggi possiamo raggiungere un risultato storico per la nostra nazionale e per il nostro paese. Noi possiamo e dobbiamo vincere questa finale. Capito?” esclamò con un entusiasmo contagioso Holly, balzando in piedi all’istante, caricato a mille per quella partita che sentiva forse più degli altri.
“Ben detto. Adesso scendiamo in campo e demoliamo i panzer tedeschi” lo seguì a ruota Bruce, che quando si trattava di “banfare” non era secondo a nessuno. Una salutare risata, coinvolse a quel punto tutta la squadra…

Sembrano rilassati. Forse sono già rassegnati alla sconfitta” disse Strauss, osservando gli avversari, dai volti sorridenti, a pochi metri da
loro.
Karl Heinz Schneider si alzò in piedi con felina grazia.
“Stai sbagliando ancora una volta, Hermann. Loro sono convinti di vincere” disse perentorio.
“Cosa te lo fa credere, Karl?” chiese a quel punto Margass, perplesso.
“”Quardate chi si sta avviando verso la porta nipponica” fu la laconica risposta.
“Merda…. Price” esclamarono all’unisono Kalz e Strauss.
“Già”.
^Bravo, Benji. Sono felice che tu sia riuscito a scendere in campo oggi. E’ da due anni che aspetto di misurarmi con te. Non per uno stupido allenamento, ma in una partita vera. Andiamo, amico. Mostriamo al mondo intero come si gioca a calcio^.

Schneider e Hutton si ritrovarono a centro campo, accanto all’arbitro, per il lancio della monetina.
I due giovani si fissarono silenziosamente, occhi nocciola calmi e derminati contro occhi azzurri gelidi come il ghiaccio. Un istante, poi Shnider cercò lo sguardo di Price. Anche a quella distanza il giapponese potè leggere la ferrea determinazione dell’amico. Lui, il Kaiser, avrebbe portato alla Germania la coppa, per il Giappone non c’era scampo.
^Ti sbagli, Karl. Finchè io sarò in porta, voi non vincerete questa finale^.

Il fischio dell’arbitro e non ci fu più il tempo per le considerazioni. La partita era durissima. I tedeschi, avversari formidabili. Il loro portiere Bauer una montagna invalicabile. Ne le cannonate di Mark, ne i tiri ad effetto di Holly parevano funzionare con lui…. E poi Schneider…. I suoi tiri “bruciavano” le mani. Era diventato ancora più potente in quei mesi. Ma Benji non aveva intenzione di farsi battere da lui. La stima reciproca svaniva, sul campo di calcio, per diventare agonismo allo stato puro. Nessuno dei due voleva perdere….
Ancora Schneider a scendere lungo la linea laterale, con la sua proverbiale progressione, nemmeno Mark era riuscito a fermarlo.
“Para questo, se ci riesci” la sfida nella sua voce mentre carica il suo tiro micidiale.
“Non passerai” l’urlo rabbioso di Price mentre si fionda fuori dai pali a fronteggiarlo…
Buttarsi avanti, a testa bassa, a chiudergli lo specchio della porta, per salvare quel risultato che vale oro. Prendere un goal adesso, taglierebbe le gambe ai compagni. Poi l’impatto, violento oltre l’inverosimile, tanto da mandare in frantumi il cappello e lacerargli la cute della fronte, procurandogli un taglio profondo che inzia a sanguinare copioso, ma la palla non è in rete… dopo aver impattato contro la traversa, schizza impazzita oltre il fallo  di fondo.
“Benjiiii”…..
Non sente neanche l’accorato appello dei compagni. Non si rende neanche conto che il suo viso è macchiato da una scia viscosa di liquido vermiglio.
“Se vuoi segnare, devi fare di meglio”.
Eccola la sfida. L’aveva subita impassibile due giorni prima e ora, pronto, felino, deciso, l’aveva restituita.
Un balenio ad attraversare lo sguardo di ghiaccio del tedesco.
“Segnerò, Price. E porterò la coppa in Germania” la secca risposta, prima di voltarsi e avviarsi verso gli spogliatoi al doppio fischio dell’arbitro.
Ecco i flash di una partita memorabile al termine della quale, non fu la Germania a sollevare la coppa della vittoria ma il Giappone. 3-2 il risultato finale. Per la Germania, doppietta di Shnider, l’unico a violare la rete di Price. Marcatori per il Giappone, Hutton con una doppietta e Mark Lenders.
I tedeschi, afflitti, intorno al cerchio di centro campo, mentre il loro capitano, con dignità, a congratularsi con i vincitori.
“Sei un grande giocatore, Hutton. E anche i tuoi compagni non sono da meno”. Un tono di sincera ammirazione, traspare dalle parole del tedesco e Benji, che lo conosce bene, sa che non si tratta di sola retorica. Poi quegli occhi azzurri incrociano i suoi. Un lieve sorriso a increspargli le labbra, mentre l’azzurro di quelle iridi si fa più intenso e caloroso.
“Sei stato grande, Benji”.
“Forse… Ma sei riuscito a segnare due volte” la pronta risposta del nipponico.
Una risata spontanea e genuina. Una pacca amichevole sulla spalla, a consolidare quell’amicizia che ha prevaricato le differenze culturali e di lingua.
“C’è una Coppa che vi aspetta” disse infine il tedesco, facendo cenno ai giapponesi che era giunto im momento di godersi il meritato trionfo.

Alla fine, stanchi ma incredibilmente felici, dopo l’annuncio a sorpresa della partenza di Holly per il Brasile, dove lo aspettava l’ingaggio per il San Paolo allenato da Roberto Sedinho, i nostri amici fecero ritorno negli spogliatoi.
“Benji, come va la testa?” chiese Freddy, avvicinandosi al ragazzo, avendolo sorpreso a sfiorare la benda sulla fronte.
“Umh!!??? Oh, non è niente. Anche se temo che domani avrò un tremendo mal di testa” rispose sorridendo il giovane portiere.
“Sei stato bravo oggi. Sapevo che potevo contare su di te” proseguì il Mister, che aveva sempre avuto una particolare predilezione per quel ragazzino che aveva visto crescere dalle scuole elementari e diventare un campione di livello internazionale.
“Grazie”.
Un sorrisetto ironico dipinto sulle labbra, così Price accettava i complimenti di Freddy e compagni perché a lui non bastava essere stato “bravo” lui doveva essere “perfetto”. Questa era la logica ferrea e, in un certo senso, implacabile che lo contraddistingueva. Lui doveva essere il “migliore”, e prendere due goal da Schneider non era contemplato in quel progetto. Era comunque soddisfatto per la vittoria della squadra.
“Ok ragazzi. Basta lanciare gavettoni d’acqua, abbiamo ridotto questo spogliatoio in modo pietoso. Forza, raccogliete le vostre cose e torniamo in albergo. Ci sono due “vittorie” da festeggiare, quella del Mondiale e il debutto di Holly nel campionato brasiliano” disse Marshall tornando a guardare i suoi  ragazzi.
“Sììì” fu il grido all’unisono mentre tutti si affrettavano ad obbedire.
“Mark, Benji, voi due fate un salto all’ospedale. Voglio che vi facciate dare un’occhiata” disse poi rivolto ai due ragazzi.
“Ma… Mister, io sto benissimo” obiettò prontamente Lenders, che non ci teneva proprio a perdersi la festa per uno stupido taglio allo stinco destro.
“Fate come ho detto. Forza” ribattè deciso Marshall con un tono che non ammetteva repliche.
“Vengo con te capitano” si affrettò a proporre Danny, notando l’espressione contrariata dipinta sul volto di Mark.
“No, Danny. Ci andremo tutti. Mister, la festa dobbiamo iniziarla tutti insieme. Prima accompagnamo i nostri compagni all’Ospedale e poi festeggiamo” obiettò tuttavia Holly, certo di parlare a nome dei compagni, che subito si strinsero a cerchio intorno a Lenders e Price, come a suffragare le sue parole.
Freddy Marshall levò gli occhi al cielo. Mai una volta che lo ascoltassero.
“E va bene. Tanto sospetto che non mi dareste retta anche se vi ordinassi il contrario. Oggi è la vostra giornata…. Fate pure. Sul pullman” si arrese.
“Sì, Mister” urlarono ridendo, in coro, i giovani campioni. Sorridendo a loro volta, Mark e Benji si avviarono verso il pullman.
Appena giunti nel corridoio si imbatterono nella nazionale tedesca che stava allontanandosi dallo stadio a sua volta.
Benji cercò con lo sguardo Karl. Sapeva che quella sconfitta gli bruciava terribilmente. Lui, il Kaiser del calcio tedesco, il talento dell’Amburgo, aveva perso e tornava in Germania senza la coppa. Di quella sconfitta, i giornali, ne avrebbero discusso per tutta l’estate, come un tormentone. In fondo gli spiaceva, ma ci poteva essere un solo vincitore e sarebbe stato ipocrita se avesse detto che era dispiaciuto per aver vinto la Coppa.
Proprio in quel momento Schneider si voltò e i loro sguardi si incrociarono. Karl notò immediatamente la benda bianca che cingeva la fronte del portiere. Fermandosi, in mezzo al corridoio, attese che il giapponese gli passasse accanto, sotto lo sguardo perplesso dei presenti.
“Spero non sia niente di serio, Price” gli disse deciso, studiando la sua espressione. In campo non si era interessato molto per l’incidente, ma adesso, a riflettori spenti, si preoccupava per la salute dell’amico.
Benji si lasciò sfuggire un sorriso.
“Ci sono abituato con te, Karl. E’ solo un graffio” rispose tranquillo.
“Meglio così. Ah. Volevo informarti di una cosa. Me l’ha appena confermato il Presidente dell’Amburgo” disse il tedesco, incamminandosi al suo fianco.
“Sarebbe?” chiese Benji, facendosi attento.
“E’ ufficiale. Ho accettato l’ingaggio del Bayern di Monaco. Passo in Bundesliga” disse Karl, scatendando la reazione entusiasta dei compagni di squadra e un moto di sorpresa nel gruppo giapponese, che non aveva afferrato lo scambio di battute tra i due.
Lo sguardo di Price si incupì per un istante. Gli spiaceva perdere un compagno di squadra come Karl, no, un amico, ma sapeva che per Karl quella era un’occasione d’oro.
“Congratulazioni” gli rispose pertanto, dandogli una pacca sulla spalla.
Gli occhi azzurri del tedesco brillarono per un istante, prima che rispondesse.
“Che sbadato. Mi ero scordato di dirti che il Mister della I^ squadra dell’Amburgo ha richiesto il tuo trasferimento. Lasci la Primavera Benji. Ci ritroveremo a settembre in Bundesliga”.
“Cosa?” esclamò totalmente spiazzato Price. Prima di ricevere una sonora pacca sulla spalla da parte del tedesco che, prima di andarsene, concluse tranquillo.
“La sfida, tra noi, è appena iniziata. Ti aspetto in campionato, amico”.
Ripresosi dalla notizia, Price rispose con entusiasmo.
“Puoi contarci, Karl” stringendo la mano all’amico-rivale, sotto lo sguardo perplesso dei compagni di squadra che ancora ignoravano la notivà. Già. Quella sera avrebbero dovuto festeggiare due esordi a livello professionistico, quello di Holly e il suo. Finalmente c’era riuscito. Dopo cinque anni di gavetta, il suo sogno si era realizzato. La Bundesliga tedesca gli apriva le porte. A lui e a Karl. La loro carriera era appena iniziata… Ci sarebbero stati momenti difficili, ma il SGGK nipponico non si sarebbe arreso e neanche il Kaiser di Germania.

- FINE -

N.d.A.:

Al solito, anche in questo capitolo ci sono dei riferimenti espliciti alle puntate dell’anime, con l’influsso di alcune notizie estrapolate dal manga e mai viste in TV. Il finale del capitolo è comunque inedito, nel senso che è la mia versione di come i due ragazzi si siano ritrovati a realizzare, insieme, i loro sogni, pur conservando e consolidando uno splendido rapporto di amicizia oltre i confini e le barriere culturali.

  
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