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Autore: Lucenera88    04/10/2010    2 recensioni
Questa fanfiction è stata scritta anni fa, per cui ad affiancare Ash saranno Misty e Brock.
Anche in merito ai Pokémon, stesso discorso: non seguo l'anime dell'ultima serie, per cui vi prego di essere clementi.
Tratta di una strana disavventura accaduta a Fire City, quando Ash e i suoi amici sono coinvolti negli oscuri accadimenti che si celano dietro un combattimento con il capo-palestra della città.
La storia comprende tutti i personaggi, ma in particolare si incentra su Jessie e James.
Spero che vi piaccia, sebbene la storia sia un po' datata.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brock, James, Jessie | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - rotta per Fire city

“ Ash …”
“ Sì, Misty?”
“ La sai una novità?…”
“ Non fiata…”
“Ci siamo persi!! Possibile che non ne combini una buona, tu!”
Pikachu sospirò stanco.
“ Dovete sempre litigare!” s’intromise Brock esasperato, facendosi ricadere le braccia lungo i fianchi. Da qualche giorno, Ash e Misty si beccavano come due polli senza tregua!
“ Non t’impicciare! ” gli intimarono i due all’unisono, e Misty poggiò Togepi accanto a Pikachu solo per avere la libertà di ribattere con più foga.

“Idiota che non sei altro, avremmo dovuto prendere l’autobus!”

“L’idiota sei tu, avremmo dovuto aspettare un’ora! Ma ti rendi conto, Brock? Un’ora quando ci troviamo così vicini, è un’assurdità!”

“Avete detto che non devo impicciarmi” replicò seccato, guardando distrattamente lo stradario.
E continuarono a strillare, litigando in modo furioso nella foresta.

“Stupido!”

“Stupida!”

“Adesso dove andiamo, a cogliere le bacche?”

“Quando arriviamo sulla strada ti faccio vedere io!”
“Va bene”, concluse Brock tranquillamente sedendosi su una roccia, “ io me ne starò qui ad aspettare che abbiate finito”. Dallo zaino tirò fuori una merendina, e la sbriciolò per la gioia di Pikachu e del piccolo Togepi. Intanto, i loro padroni alzavano di più la voce.
 “Io so quello che faccio!!”
“Ma davvero?”
“Pika…”

Un elicottero sopra di loro volava percorrendo lunghi giri sul bosco. Anche se avessero voluto guardare in alto, i ragazzi, coperti dalle fronde degli alberi e invasi da un rumore sordo persistente, non sarebbero riusciti ad accorgersi del veicolo che li scrutava. Il computer di bordo li ingrandì tutti: Ash e Misty si erano seduti per terra accanto alla roccia dov’era Brock, e consumavano la colazione al sacco discutendo ancora animatamente.

“Oramai la frittata è fatta” cercò di incoraggiare Brock camminando tra gli alberi, “non potete tenervi il broncio per tutta la vita!”

Ash si faceva largo tra gli alberi, guidato dal fido Noctowl che sovrastava il cielo e ritornava direzionandoli. Sia lui che Misty avevano una faccia di pietra, e guardavano avanti a sé con profonda testardaggine. Il verso gli Noctowl attirò la loro attenzione.

“Guarda, Brock! Ecco l’uscita!” una luce proveniva a poco meno di tre metri, ed il gruppo avanzò più velocemente. “Sì!” gridò Ash correndo in avanti, ma fu preso in tempo dall’amico per la giacca e ributtato indietro, quando un’auto gli sfrecciò velocissimo accanto, frenò bruscamente, fece mezzo giro su sé stessa e si fermò. Un uomo grassoccio e calvo sulla cinquantina fece capolino dalla vettura imprecando. “Ma che diavolo fai, coglione? Vuoi suicidarti?”

Ash era diventato bianco per lo spavento: “Suicidarmi?…”

Non aveva avuto il tempo di realizzare lo stato delle cose che una seconda ed una terza auto frenarono di botto quasi allo stesso modo della prima, sbattendo anche se di poco l’una contro l’altra. “Ehi, muovi il culo dalla strada!” gridò una donna giovane all’uomo. Un ragazzo di non più di vent’anni uscì dalla terza auto come intontito, si guardò l’ammaccatura sul fianco ed esplose in un sonoro “no!” prima di irrompere in lacrime. Intanto altre vetture arrivavano, e dovettero spostare le tre per permettere il passaggio, litigando ancora. Misty si avvicinò ad Ash, e gli sussurrò nell’orecchio compiaciuta:

“Hai visto che hai combinato?…”

Ash era diventato adesso porpora. “Non ti ci mettere anche tu!” Rimbeccò prontamente, mentre lei se la rideva sotto i baffi.

“Non è mica colpa sua se Noctowl gli ha indicato l’uscita proprio sull’autostrada!” volle difenderlo Brock.

“Allora è tutta colpa del Pokémon di Ash, e sottolineo Pokémon di Ash” replicò lei.

“Quella cretina di Misty, e sottolineo Quella Cretina di Misty!” rispose infuriato il ragazzo.

“Oh no… litigano ancora!”
Si udì da lontano la sirena della polizia, e accanto alle tre macchine accostò un agente su una motocicletta di grande cilindrata bianca con strisce azzurre e lo stemma della polizia locale ai lati. Si leggeva chiaramente a lettere dorate bordate di rosso inglese “Fire’s Army Force”, con due lingue di fuoco intrecciate sotto.
“Ehi, voi, che diamine è successo qui?!” la voce femminile del poliziotto rimbombò dentro al casco. Scese dalla moto e rimosse l’elmetto, rivelando il volto accigliato dagli occhi indagatori dell’agente Jenny. Chiese spiegazioni della vicenda ai tre autisti, che per poco non si erano azzuffati perché il ragazzo aveva segnato il numero di targa degli altri due veicoli. “ Scusate tanto, ma la colpa non è mia, l’ho detto, stavo guidando, e quello mi spunta davanti all’improvviso!” l’uomo grassoccio puntò il dito verso Ash, facendogli venire i brividi.

“Potevi accostare la macchina, invece di restare lì in mezzo alla strada!” lo rimbeccò la donna; Brock poggiò amichevolmente le braccia sulle spalle dei compagni, sorridendo divertito.

“A quanto pare le vostre brighe sono contagiose!” ridacchiò.

“Non sei spiritoso, ” fece Misty leggermente preoccupata, “ e se poi dobbiamo pagare qualcosa, come ce la caviamo?”

L’agente congedò i tre autisti rimandandoli al giudice di pace. Imbestialiti, si misero in moto e ripartirono. A questo punto, Jenny si avvicinò al trio.

“In nome del cielo, siete in grado di spiegarmi perché mai tre ragazzini finiscono in mezzo ad una strada del genere?”

“Sarei proprio lieta di spiegarvelo” rispose Misty, pungente.

“La prego, Agente Jenny” disse immediatamente Ash, “Non potrebbe scortarci fino a Fire City?”

“Perché la chiami Jenny?” disse Brock come da un altro mondo. Gli altri due rimasero sconcertati.

“Perché si chiama così, ” ridacchiò Ash, “non te lo ricordi più?”

“Ma non è che c’è un’altra Jenny, per caso?” domandò lui speranzoso.

“Perché, una non ti basta più?” Misty rise a sua volta. L’agente Jenny non sembrava troppo divertita, alla vista dell’espressione di Brock.

“Non prendermi in giro, ragazzo. Sono io l'unica forza dell'ordine di Fire City che porta questo nome!”
Brock sembrava morto e seppellito. “Come… ? Non può essere, no, ditemi che non ci credo, no, ma che mi viene, no…”
“Brock, ma che hai?” chiese Ash, guardando le reazioni del suo compagno.

“Ti senti bene?” domandò Misty, intuendo che il ragazzo doveva avere qualche problema riguardo quel fatterello già conosciuto che si chiama Agente Jenny e Infermiera Joy.
“Saltate su, svelti! Non ho tempo da perdere, perciò muovetevi!” ordinò ad alta voce mentre tornava a sedersi sulla moto, e così salirono prima Ash con Pikachu stretto nella giacca, poi Brock ed infine Misty. La poliziotta, per poterli far salire tutti evitando il peggio, era a malapena seduta sul sedile.
“Agganciatevi forte, non vorrei che volaste via” sembrò ironizzare la donna. L’aria sferzava i visi dei ragazzi, e Pikachu sbucò più in fuori dalla giacca coprendo la visuale del ragazzo. Appena arrivati al centro, l’agente diminuì molto la velocità, serpeggiando tra il traffico come nessun’altra Jenny avrebbe fatto, e le braccia di Brock, che si aggrappavano ad Ash, sembravano rigide più che mai.
Dopo altri cinque minuti di traffico cittadino, arrivarono ad un edificio piccolo con un tetto concavo che portava la scritta in grande di "Commissariato". A rinchiuderlo c’era una cancellata di un colore blu. L’agente entrò aprendo la cancellata con un telecomando, e poi fermò definitivamente il suo motorino nel parcheggio. Quando smontarono tutti, la donna mise una catena al proprio veicolo. “Non stupitevi se vi ho fatto salire tutti e quattro sul motorino nonostante sia vietato, ”spiegò, “sono delle forze dell’ordine e voi non potevate raggiungere la città a piedi. Ho ritenuto che sarebbe stato meglio così, senza attirare altri poliziotti”.  Scesero tutti dalla moto. “Vi rendete conto che ho evitato un putiferio con la faccenda sulla superstrada, spero” disse l’agente.

“E di questo le siamo profondamente grati” sorrise Brock con un mezzo inchino.

“Ma non fatevi più vedere nei guai” li ammonì. “ A Fire City non piacciono gli stranieri, soprattutto se si mettono in mostra con bravate di questo tipo. A parte che la foresta è una riserva”.

“La prossima volta prenderemo un autobus” le assicurò Misty, con un tono che voleva richiamare Ash.

“Siete allenatori, vero?” chiese la poliziotta, prendendo in braccio il piccolo Togepi sorridente.

“Esatto, e stiamo cercando la palestra di Fire City”.

“Beh, ce ne sono tre attualmente” Jenny restituì il Pokémon in braccio alla sua padrona. “Fire City è una città grande ed antica, e benché non sia una tappa obbligata nel percorso ordinario per la collezione di medaglie, vi sono diversi turisti che passano da queste parti”.

“Capisco” Ash appariva molto interessato. “ E saprebbe anche indicarci la palestra più adatta per un incontro?”

“Sicuramente la Firesport è la migliore” li informò Jenny. “Si trova qui vicino, una sola fermata a  Kitayama con la metro; si trova lì in fondo, vedete la M grande?”

“Sì, grazie tante!” tutti e tre fecero un profondo inchino, e passarono attraverso il cancelletto.

“State attenti” gridò loro dietro l’agente.

 

Misty era molto sollevata di essere finalmente arrivata a destinazione, ma era ancora in collera con Ash.

“Sulla superstrada per Meridian City!” gli rammentò la centesima volta. “Non si può essere così idioti! Ci hai spedito fuori strada di chilometri, tu e il tuo senso innato dell’orientamento! Te ne rendi conto?”
“Me ne rendo conto” cantilenò Ash, mentre lui ed i suoi compagni uscivano dalla metropolitana di Kitayama. Pikachu gli era accovacciato sul berretto, mugolando leggermente per il caldo.
Brock fermò un passante, lo stradario in mano. “Mi scusi, sa indicarmi la Palestra di Pokémon?”

“La prossima volta si fa come dico io, non è vero Togepi?” alzò in aria il suo cuccioletto facendolo ridere.

“Ragazzi, seguitemi” li richiamò Brock girando a destra, “E’ proprio qua vicino”.

La palestra era gigantesca. Di colore grigio, con ai lati un paio di grandi strisce rosse dipinte, e sopra la porta di vetro automatica vi era un’insegna rossa che portava scritto  FIRESPORT POKéMON .

“Non può essere che quella” fece Misty.
“Finalmente! Capo–palestra di Fire City, arrivo!” gridò Ash correndo sulla stradina verso la gran costruzione con Pikachu al suo fianco, si fermò e fece un salto in aria tirando un calcio tra le acclamazioni del suo Pokémon giallo.
“E’ ancora un bambino” commentò Misty rivolta a Brock, che approvò in pieno.
 Entrarono in palestra. Senza badare troppo ai particolari, Ash corse come un razzo da una donna che sembrava essere la segretaria. “Buongiorno, signorina, mi saprebbe dire per…”
“Le lezioni per i Pokémon da combattimento sono momentaneamente sospese a causa dell’assenza del maestro” interruppe la donna con fare stanco. “Se vuoi aspettare…”
“No, ” fece Ash già un pochino seccato, “io volevo sfidarlo, il maestro, non ricevere da lui delle lezio…”
“Anche le proposte di incontri ufficiali e non sono sospese” continuò la donna, col tono di una segreteria telefonica.
“Pi?” fece curioso Pikachu sulla testa di Ash.

“E quando sarà possibile trovare il capo-palestra?” intervenne Misty.
“Francamente, nessuno sa con precisione il suo arrivo” rispose con un tono senza sentimento. “puoi provare tra mezz’oretta, dovrebbe essere già qui a quell’ora”.
“Allora, noi torniamo più tardi” disse Brock. “Dài, Ash, andiamo!” chiamò Misty, e il ragazzo mugolò un po’ triste. “Sì, arrivederci, ” rispose mogio.

Una baracca buia. Le finestre erano state sbarrate da assi di legno, e la porta era scardinata alla parte superiore.

La porta cigolò. Uno sprazzo di luce s’infilò prepotentemente nella fessura dell’entrata, e una testa curiosa fece capolino nella capanna.
“Ehi… c’è qualcuno?… Qualcuno che mi ha mandato a chiamare?” domandò un tantino scettico al vuoto oscuro. Poi, guardando con gli occhi a destra e a sinistra, fece una smorfia e spalancò la vecchia porta restando di un passo fuori. C’era un tremendo odore di chiuso, in quella catapecchia spersa nei campi inariditi dal sole fuori misura. La sua nuova Ford rifletteva la luce con ostinazione, cosicché nemmeno guardarla per un secondo era una cosa piacevole.
Il sole picchiava forte sugli arbusti secchi, ed i suoi occhi erano appena dischiusi nel cercare di discernere qualcosa in quello sgabuzzino abbandonato. La sua pazienza iniziò così ad esaurirsi. “Ben!!!” urlò verso l’interno. “Benjamin, vieni subito fuori! Lo sai che non devi giocarmi certi scherzi di cattivo gusto, tu e i tuoi amici. Andiamo, so che sei lì dentro!”
Fece un passo all’interno della casupola. “Sai, sei riuscito a farmi cadere nella tua trappol…”
Due omoni vestiti di nero gli piombarono addosso e lo bloccarono facilmente, nonostante l’uomo facesse tanti sforzi per liberarsi. Un terzo uomo chiuse la porta, facendo piombare nuovamente l’oscurità.

“Frederic, un po’ di luce per favore” una lampada portatile fu accesa da quella stessa persona che aveva serrato l’entrata, ed un cerchio di luce si frappose tra il rapito e l’interlocutore, che avanzò di qualche passo.
Il giovane rimase perplesso e spaventato. “Che cosa ho fatto, io? Lasciatemi in pace, perché mi volete?” gridò terrorizzato, sferrando calci a destra e a manca tanto che la persona dovette indietreggiare.
“Non si agiti in questo modo per una sciocchezza del genere, non abbiamo intenzione di farle del male, mi creda. Devo ammettere che il metodo utilizzato per parlarle a quattr’occhi può risultare quantomai eccessivo, tuttavia è una ragione di privacy e non avrei potuto fare altrimenti” gli assicurò. Ansimando, lui cercò nuovamente di liberarsi a strattoni, e finì con i polsi e i ginocchi sul terreno polveroso. Girandosi indietro, notò che i due gli stavano addosso e cercò di scappare, ma fu troppo tardi: uno di loro gli diede un pugno sull’occhio e lo riafferrò per l’avambraccio ancor più saldamente di prima.
“Non… non voglio avere a che fare con gente come voi, solo dei pazzi giocano di questi tiri” ansimò.
“Oh, io, invece, penso che lei avrà a che fare con gente come me” replicò la donna con voce tagliente. “Sa, non sono il tipo di persona che si lascia scoraggiare immediatamente, e non mi presento mai impreparata agli inconvenienti”. La sua voce suadente era in qualche maniera spaventosa.

“Non muoverò un solo dito per te! Innanzitutto, non so nemmeno chi sei!”
“Per le presentazioni avremo tempo debito”. Porse una mano all’indietro ed uno scagnozzo le diede una fotografia. “ Per la salute di questo bambino, invece, il tempo è solo questione di una tua decisione” Mostrò l’immagine al ragazzo, lui trasse un respiro di paura. “che gli avete fatto?” urlò.

 “Disarmatelo”.
Un uomo libero gli  svuotò le tasche, e porse le sfere Poké al capo.

“Non si preoccupi, al momento sta bene e gioca tranquillamente con i suoi amici. Tuttavia, sa quanto me come il presente sia instabile e tenda a modificarsi”.

Il ragazzo accennò un sorriso, “tipica minaccia di un’estorsione” disse. “Come farai a sapere davvero dov’è Ben, cosa farò io e a chi racconterò tutto? Bello, il tuo ricatto, ma non funziona!”
L’uomo che lo teneva gli sferrò un pugno nello stomaco che lo fece accasciare al suolo, anche se lo scagnozzo lo teneva per il braccio come un oggetto penzolante. “Zitto!” gli intimò l’assalitore con voce rabbiosa.
 “Mi sembra di averla già informata della mia abitudine a non prendere mai le cose alla sprovvista” fece, la voce tagliente gli provocava perfino i brividi. “ Mi sono appena stati ricevuti i dati di tutti i minuti della sua vita e di quella del suo giovane amico a partire da ieri mattina. Vuole un saggio?...”

Un piccolo lettore multimediale comparve dalla mano di uno dei suoi servi. Fu aperto, ed un filmino fu avviato.  “Ore 9 e 05, il soggetto A Philip Broudlee si è alzato da letto… ha detto “merda” perché non riesce a trovare i pantaloni che ha infilato la sera prima… sta frugando sotto la scrivania, si sta rialzando con i pantaloni in mano… si è seduto e li sta infilando… si è grattato la testa e sta uscendo”.
Interruppe la registrazione.

 “Qualche altro dubbio?”
Respirando affannosamente, il ragazzo guardò prima in avanti poi in basso, infine, rialzando lo sguardo, annunciò: “Cosa volete che faccia?”

 

   
 
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