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Autore: Gloom    04/10/2010    3 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai precedendo di un paio di minuti il suono della sveglia: era incredibile come il tempo passasse più in fretta quando eri sotto le coperte, al caldo e al sicuro. Fuori il sole era appena sorto, e gli usignoli cantavano allegramente. Era la prima volta che li sentivo.

Bloccai la sveglia prima che potesse scampanellare, come se mi volesse sgridare per essere ancora a letto.

Mi coprii per un istante sparendo sotto le coperte, poi con un gridolino balzai giù dal letto: ero felice. Piroettai fino alla finestra spalancandola, e l'aria gelata scosse la stanza svegliandola del tutto. In bagno mi lavai spruzzando getti d'acqua sullo specchio e poi volteggiando nell'asciugamano.

Forse non era giusto sentirsi così elettrizzati, ma pensai che fosse un premio per essere sopravvissuta alla giornata precedente, un contrappasso per il ruzzolone sulle biglie.

E poi quel giorno avevo una missione da compiere: un migliore amico da ritrovare.

Ero stata ingiusta con Corrado, dopo tutto lui doveva aver sofferto non poco. Avevo succhiato l'orgoglio dal biberon, ma era tempo di cospargermi il capo di cenere e chiedere scusa.


 Entrai in classe un'ora dopo trattenendo il respiro. Salutai i miei compagni e vidi che Corrado non era ancora arrivato. Molto bene.
 -Silvana?- chiamai. Lei si girò verso di me:
 -Dimmi-.
 -Credo che tu possa tornare vicino a Maddalena se ti va. Grazie per essere stata d'accordo ad essere mia vicina di banco- le sorrisi.
 -Vuoi dire che tu e Corrado avete fatto pace?- domandò aprendosi in un sorriso.

Io mi strinsi nelle spalle:
 -Non ancora, ma volevo parlargli...-
 -D'accordo. Sono contenta...sembravi stare proprio male. Ma...con Raffaele?- chiese esitante.
 -E' tutto ok. Mi ha detto come sono andate le cose...- A quel punto anche Maddalena prese parte alla conversazione:
 -Siete tornati insieme?- sorrise speranzosa.

Io annuii.
 -E' meraviglioso!- mi abbracciò, sinceramente. Apprezzai fino in fondo quel gesto.
 -In realtà mi ha anche proposto di leggere i messaggi, per convincermi che la sua sia la verità, ma io ho rifiutato. Voglio fidarmi...-.

Ripensai a quando ci eravamo sentiti la sera prima. Ero contenta.
 -Senti Angela, mi dispiace di essere stata io la portatrice di tutte quelle brutte notizie...- Maddalena abbassò lo sguardo.
 -Stai tranquilla, non sono mai stata arrabbiata anche con te- la rassicurai.
 -Oh...
 Corrado era entrato in classe e aveva visto la mia tracolla al banco vicino al suo.

Lasciai le mie amiche e lo raggiunsi. Ci fu un attimo di silenzio, poi parlai:
 -Senti... mi dispiace, sono stata ingiusta con te. Non avevo nessun motivo per prendermela a quel modo in queste settimane- dissi tutto d'un fiato.

Lui sorrise mesto:
 -No, avevi anche ragione. Non mi sono comportato poi così bene...-.

Altro silenzio.
 -Raffaele mi ha detto cosa ti è successo ieri. Ha detto che sei stata poco bene...no, in realtà ha detto che eri uno straccio. Mi è dispiaciuto un sacco. Però...in ogni caso puoi contare su di me, ok?-

Altro silenzio.

Sentii una tortura che finiva, come se fino ad allora avessi respirato limatura di ferro e solo ora che era finita me ne stessi rendendo conto.
 -Ok. Grazie- sorrisi.

Lui fece per girarsi, quasi imbarazzato per quello scambio di battute sdolcinate. Ghignai e pensai di lasciarlo fare, poi però non mi trattenni:
 -Ooohhh broccolò!- gridai cercando di sembrare il più cafona possibile.

Lui si girò.
 -Eh?-

Non ebbe il tempo di dire altro: gli gettai le braccia al collo e lo strinsi a me, felice di sentirlo ancora così vicino.

Lui mi stritolò le costole, sollevato. Se non fosse entrata la professoressa sarei tornata a casa con le ossa a pezzi. Ma il morale sarebbe rimasto sopra le stelle.
 Per tutta l'ora chiacchierammo, in barba alla prof che ci richiamò più volte. Lui mi disse che Raffaele gli aveva raccontato la storia di mio padre e mi chiese se mi avesse dato fastidio; io risposi che al contrario ne ero sollevata, perché mi evitava di dover rivivere tutto.

Mi disse che avrebbe picchiato volentieri mio padre, anche se alla fine considerò che proprio a causa sua io ero finita a Polverano e quindi ci eravamo conosciuti. Mi chiese come mi sentissi, e io risposi che ero felice. Del malore del giorno prima non era rimasta traccia.
 Fu bello tornare come un tempo: a ricreazione io e lui raggiungemmo Raffaele, come se l'ultimo periodo non fosse mai esistito.

Fu bello notare che erano ancora amici: vederli che si picchiavano quel giorno era stato orribile, come se il mondo si fosse rovesciato.
Prima di tornare in classe, mi fermai a chiacchierare con Silvana, Maddalena e Gemma.

Quest'ultima sembrò addirittura più silenziosa del solito, come se qualcosa le impedisse di parlare. Spiccicò solo un "ciao" strozzato e, quando la campanella suonò, schizzò via su per le scale, quasi aspettasse con ansia la prossima lezione.
 -Ma quella non parla?- ghignò Corrado guardandola salire i gradini quasi volando.
 -E' solo spaventosamente timida- dissi.
 -Credevo che a una certa età si smettesse di essere timidi-.
 -Che dire? Se non altro quando parla non è per dire stupidaggini. E poi secondo me è tutta da scoprire-.
 Corrado la guardò come se volesse mangiarla, prima che lei sparisse dopo il pianerottolo.
 -Se solo si vestisse un po' più...femminile, sono d'accordo che qualcosina ci uscirebbe- sentenziò.

Io sbuffai:
 -Non in quel senso! Intendevo dire che secondo me c'è del buono, sicuramente di più che in molte delle persone che conosciamo, solo che non lo tira fuori-.
 -Oh. Bé, abbastanza stupido, non trovi?-
 -Forse...- mi strinsi nelle spalle e tornammo in classe.

In tutto il casino che era successo, Gemma era quella che alla fine ne era uscita peggio: aveva litigato furiosamente con la sua migliore amica, ed ora a parte la nostra compagnia era rimasta completamente sola. Non sapevo neanche se avesse un ragazzo, o altri amici al di fuori della scuola.
 Manco a farlo apposta, dopo le lezioni fece un pezzo di strada insieme a me, Maddalena, Silvana e Corrado, ma solo su richiesta di Silvana.

Quando però lei e Maddalena si allontanarono verso la fermata del loro autobus, tornò ad essere taciturna, in un modo che mi faceva sentire in imbarazzo. Ma dalla sua espressione capivo che la prima a vergognarsi di quell'assenza di parole era proprio lei.
 -Oggi Raffaele esce un'ora dopo di noi, vero?- chiese Corrado.
 -Non ricordi neanche gli orari di tuo fratello?- esclamai ridendo -e comunque se fosse uscito alla nostra ora l'avrei aspettato-.
 -Ci sei tu che li ricordi, perché devo faticare io?- rispose lui -guarda che avere un fratello è proprio una faticaccia- disse sarcastico.
 -Se vuoi puoi regalarmelo- sorrisi.

Corrado scosse la testa:
 -Non voglio diventare zio così giovane- ghignò.

Cercai di tirargli un calcio nello stinco, ma lo mancai. Lui scoppiò a ridere:
 -Ah ah! Si vede che sei figlia unica!-
 -Cosa c'entra?-
 -Che se avessi avuto un fratello o una sorella sapresti tirare calci agli stinchi divinamente. Non sai quante ce ne davamo io e Raffaele da piccoli!-
 -Povero! Magari sarebbe stato meglio che uno di voi due fosse uscito femmina. Tu saresti dovuto essere femmina. Le sorelle sono migliori- dissi.
 -Non ci contare...- il borbottio fu così basso che ce ne accorgemmo a malapena, eppure era finalmente uscito.

Gemma sembrò pentirsene.
 -Davvero? Hai una sorella?- chiesi sollevata. Che bello avere un argomento di cui parlare.
-Magari una...- Lei sbuffò. Poi incrociò i nostri sguardi interrogativi e si decise a rispondere per bene:
 -Due sorelle e un fratello maggiori e un fratello minore. Lo so... sembriamo una famiglia tipo quelle dell'ottocento, ma me la devo tenere...- sorrise rassegnata.

Io e Corrado restammo basiti:
 -Mi stai dicendo che siete in cinque??- esclamò lui.

Gemma arrossì e chinò la testa, in modo che un ciuffo di capelli le nascondesse il viso.
 -Già...-
 -Ma è fantastico!- esclamai.

Mi sembrava il massimo avere quattro fratelli in giro per la mia casa, sempre troppo solitaria. Certo, pensai che con i casini tra i miei sarebbe stato un po' scomodo, ma se una coppia era abbastanza affiatata da generare cotanta prole, allora doveva essere fin troppo solida.

Gemma però non la pensava così:
 -Magari fossimo uniti come voi- disse accennando a Corrado, sottintendendo Raffaele, -invece ormai la maggiore di noi ha finito la scuola e sta studiando all'università in città, quindi non la vediamo spesso; gli altri due non si sopportano e stanno sempre a litigare anche per le cose più futili... e il più piccolo è il principe di casa. E' seccante stare sempre in mezzo a loro...- sospirò; sembrò volesse aggiungere qualcosa, ma ci ripensò e rimase zitta.
 -Lo credo...ma sembra comunque fico. Insomma, non sei mai sola no?- Corrado sorrise incoraggiante.
 -E ti sembra bello? Convivo con loro, a casa, a scuola, sull'autobus...già se riuscivo a ritagliarmi un po' di tempo con i miei amici era tanto-.

Notai l'uso del passato. Che brutta cosa.
 -A scuola? Ma quanti anni hanno?-
 -La maggiore, Patrizia, ha ventitré anni. E' quella che abita in città, forse per questo con lei vado più d'accordo...non c'è mai- riuscì addirittura a ghignare prima di riprendere -Sabrina ne ha diciotto, fa l'ultimo anno nella nostra scuola. Renato ha un anno in meno di lei, ma va allo scientifico. Poi ci sono io e infine Lucio che ha tredici anni e va ancora alle medie. Lo chiamiamo ancora il piccolo, anche se ormai è quasi più alto di Patrizia. Oh, e poi c'è il gatto di Renato e il criceto di Lucio a completare il quadretto-.
 -Oh- Non riuscimmo ad aggiungere altro.
 -Secondo me deve essere divertente- sentenziò Corrado.

Gemma rispose solo con un "Eh!" da chi la s lunga e, poco dopo, ci salutò per girare verso la fermata del suo autobus.
 -Ecco, ovviamente c'è Sabrina ad aspettarlo. Che vi avevo detto?- sospirò sconsolata e raggiunse la sorella.

Noi continuammo a camminare, mentre Corrado allungava il giro pur di farmi compagnia fino a casa.
 -Bè, almeno adesso so che non è muta- disse riferendosi a Gemma.
 -Te l'ho detto. Ti immagini che figata avere tutti quei fratelli?-
 -Già... hai sempre qualcuno di diverso da far innervosire- ghignò.

Lo guardai scandalizzata:
 -Tu andrai al'inferno, nel girone di quelli che seminano zizzania. Non ricordo come si chiama. Comunque, pensavo che però può essere anche un po' stressante...insomma, secondo me Gemma fatica anche un bel po' per farsi notare lì in mezzo-.
 -Bah, allora è il caso che impari ad imporsi, se non vuole che le vengano messi i piedi in testa. Il mondo non è fatto per i deboli- rispose duramente lui.
 -Non credo che lei sia affatto debole. Non so perché, ma mi sembra tosta, anche se a suo modo-.
 -Davvero?-
 -Se vuoi sapere la mia, è molto più tosta lei di Morena, giusto per farti un esempio-.
 -E da cosa lo deduci?-

Mi strinsi nelle spalle, prima di dare la mia patetica risposta:
 -Non lo capiresti-.
 -Invece ho capito perfettamente. Però può essere anche più tosta di Morena, ma Morena è mooolto più bona. Almeno concedimi questo- sorrise.
 -Forse...o forse no. Gemma è carina-.
 -Sì, se solo si levasse i capelli da davanti agli occhi. Sembra così patetica-.
 Sospirai, poi girai l'angolo e sbucai davanti casa mia.
 -Ti fermi un po'? Tanto a casa dovrai aspettare Raffaele no?- chiesi.

Lui scosse la testa:
 -Grazie, ma preferisco tornare a casa. Può darsi che mia mamma mi stia aspettando- rispose.
 -Come vuoi... allora ci sentiamo oggi-.

Arrivata a casa, sentii il cuore leggero come non lo era da settimane: Corrado, il mio migiore amico, era ancora al mio fianco. Raffaele, il mio ragazzo, era ancora il tesoro di cui mi ero innamorata. Avevo trovato amiche che avevano dimostrato di tenere a me. Avevo forse trovato pace per quanto riguardava la questione di papà. 

E allora, si tornava a vivere... a vivere meglio di prima.

Perché il dolore mi aveva temprata, perché ero sollevata dall'averlo superato e perché ero ormai certa che per ogni cosa che va storta ce n'è una che ristabilizza la situazione.

  
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