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Autore: becky    17/10/2010    9 recensioni
Quel letto doveva avere davvero qualcosa di speciale se era riuscito a tenerli legati per così tanto tempo. Aveva assistito, silenzioso e malleabile, ad ogni loro incontro, e aveva seguito con attenzione l’evolversi della loro storia. Tra le sue lenzuola c’erano state sfuriate memorabili, notti piene di giochi e passioni, e anche qualche pianto.
Ma lui non si era mosso. Era rimasto lì, perfettamente immobile, come unico e indissolubile centro del loro piccolo mondo.
- Legata a "L'appartamento Spagnolo" -
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'appartamento spagnolo'
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In questo capitolo (piuttosto lungo) ci sono numerose parolacce. Me ne scuso, ma erano necessarie per il realismo. Avanti, non pretenderete mica che uno come Romano possa dire “acciderbolina” o “perdindirindina!”, no? comunque io ho avvisato!

Ovviamente un grazie particolare a Lunatica91 e Moniko-chan!

 

Capitolo 3

 

Quel letto doveva avere davvero qualcosa di speciale se era riuscito a tenerli legati per così tanto tempo. Aveva assistito, silenzioso e malleabile, ad ogni loro incontro, e aveva seguito con attenzione l’evolversi della loro storia. Tra le sue lenzuola c’erano state sfuriate memorabili, notti piene di giochi e passioni, e anche qualche pianto.

Ma lui non si era mosso. Era rimasto lì, perfettamente immobile, come unico e indissolubile centro del loro piccolo mondo.

 

Antonio osservò Romano rigirarsi tra le coperte, scalciarle via e infine raggomitolarsi attorno al cuscino. Si sorprese nel constatare che erano già passati tre giorni dal suo arrivo, e ancora non aveva voluto spiegargli il motivo di quella visita inaspettata e quantomeno misteriosa.

Sembrava essere tornato tutto a posto tra lui e Feliciano, eppure non voleva far sapere al minore che si trovava in città. Non lo voleva vedere, non lo voleva sentire, non voleva neppure parlare di lui. E Antonio non era del tutto sicuro che fosse tutta colpa dell’ingombrante presenza di Ludwig, il nuovo ragazzo di Feliciano. Il tedesco poteva anche non piacere al maggiore degli italiani, ma di certo non era sufficiente per giustificare quell’atteggiamento schivo e più scontroso del solito.

Lo spagnolo sbadigliò sonoramente, passandosi una mano tra i capelli scuri e cercando di non pensare troppo a tutta quella faccenda. Avrebbe ottenuto solo un gran mal di testa.

Sorrise, pensando che Romano aveva sempre avuto la straordinaria capacità di fargli perdere la pazienza e stancarlo semplicemente eludendo le sue domane. Tuttavia, poteva dirlo con certezza, Antonio riusciva comunque ad ottenere quello che voleva. Sempre.

 

* * *

 

C’erano giorni in cui camminare da soli, per le vie affollate di Barcellona, mani in tasca e viso sepolto nella sciarpa di lana, magari con un bicchiere di cappuccino in mano, era davvero piacevole. Era questo a cui stava pensando Antonio quella mattina grigia ma non opprimente di dicembre. A questo, e a Romano, ovviamente. A Romano, quell’arrogante ragazzino con la puzza sotto il naso e un complesso di inferiorità grande quanto lui, che aveva conosciuto esattamente un anno prima.

Tirò su il viso, osservando i cornicioni lavorati dei grandi palazzi gotici della città. L’aria pungente del primo mattino era un piccolo fastidio tollerabile, dato il suo buon umore.

La sera precedente aveva chiamato Romano, cosa che faceva raramente, e solo in occasioni speciali. E quella era davvero un’occasione speciale: il loro primo anno “assieme”. Forse “assieme” non era il termine più adatto, non erano una coppia, non si sentivano o vedevano spesso, non vivevano neppure nella stessa città. Ma per Antonio era comunque un’occasione speciale, e aveva sentito l’esigenza di condividerla con l’italiano.

Era stato bello sentire la sua voce al telefono. Il ragazzino aveva sbraitato, lo aveva insultato e aveva cercato di sviare il discorso, ma alla fine erano stati al telefono per un paio d’ore.

Antonio ridacchiò da solo, ripensando a quello che si erano detti prima di riattaccare.

 

- Hai finito di dire stronzate, bastardo?Avrei anche altre cose da fare!-.

- Va bene, piccolo, ti lascio. Sta notte penserò a te, mentre dormi teneramente sotto le coperte e...-.

- Ho detto basta! Vuoi che riattacchi?-.

- Ok, ok, scusa!-.

- ... -

- Ehi, piccolo? Sai cosa vorrei per Natale? Vorrei averti qui ... ci verresti?-.

- Cosa ?! -.

- Dai, passa qui le vacanze! Per favore!-.

- Ma ... sei serio?Antonio?-.

- Perfetto! Lo prendo per un sì! Allora ti prenoto il volo!-.

- No, aspetta, non ho detto che...-.

- Ti aspetto! Ah...ti amo, piccolo-.  

 

Non era poi così difficile ottenere qualcosa da Romano. Bastava prenderlo in contropiede e il gioco era fatto, pensò ridendo tra se e se lo spagnolo.

 

* * *

Romano era una di quelle persone davvero difficili da gestire. Aveva continui sbalzi d’umore e tendeva a trincerarsi dietro maschere di arroganza e freddezza, difficilmente scalfibili.

Antonio era uno dei pochi a potersi vantare di conoscere anche altri aspetti del ragazzo, oltre alla sua perenne maleducazione, la sua lingua tagliente e l’apparente indifferenza verso il resto del mondo. Di lui conosceva anche l’insicurezza, l’imbarazzo, il peso dell’orgoglio che si portava costantemente sulle spalle.

Ma questo, ovviamente, non lo esonerava dal sorbirsi la sua buona dose di insulti e occhiate gelide.

Appena arrivato in città Romano gliene aveva riversate addosso a dismisura, accusandolo di essere un egoista perditempo, di averlo praticamente costretto ad andare da lui per Natale e molte altre cose di cui presto perse il conto.

L’italiano mise subito in chiaro che non sarebbe rimasto a casa sua, non quella volta almeno. Si sarebbe sistemato per qualche giorno a casa dei ragazzi, dove Francis si era premurosamente occupato di lasciargli libera la stanza. E, almeno inizialmente, Romano ne era stato felice. In fondo gli piaceva trascorrere un po’ di tempo con suo fratello, gli ricordava l’infanzia a casa del nonno, fino a quando il vecchio bastardo non li aveva mandati in qualche collegio austriaco o spagnolo.

Ben presto il ragazzo aveva però scoperto che vivere in quell’appartamento non faceva per lui. Suo fratello passava tutto il tempo a rimpinzarsi di panettone e pasta al forno, Alfred, lo stupido americano senza cervello, teneva la musica troppo alta, e soprattutto c’era da considerare i continui attacchi di Francis. Il biondo sembrava fuori di se dalla gioia per avere il maggiore degli italiani a sua completa disposizione. Non c’era cena in cui il francese non gli facesse piedino, e non c’era mattina in cui non se lo ritrovasse ai piedi del letto, pronto a saltargli addosso. Era stressante, ma nemmeno troppo pericolosa come situazione. Era evidente che per Francis lui era poco più che un passatempo, un gioco con cui intrattenersi. O almeno fu così fino alla vigilia di Natale.

 

Romano si sciacquò con cura i denti e si guardò allo specchio sopra il lavabo, controllando di essere perfettamente in ordine. Si era appena fatto la barba, spuntato i ciuffi ribelli dei capelli e ora controllava di non avere brufoli. Ovviamente non lo faceva perché Antonio stava per arrivare, no di certo. Semplicemente voleva essere in ordine, si diceva illudendosi da solo.

Improvvisamente la sagoma alta e slanciata del francese gli si parò alle spalle, avvolgendogli un braccio attorno alla vita.

- Splendido!- affermò col suo accento morbido e femminile. Romano gli scoccò un’occhiataccia, spostandosi di lato.

- Non ho ancora finito- sibilò ma il francese scrollò amabilmente le spalle sottili.

- Io non ho neppure cominciato!-.

- Oh, avanti, Francis! Lasciami stare, almeno oggi!-.

Francis sorrise predatore. – Non ci penso neppure! In amore e in guerra non ci sono regole, e nemmeno pause!-.

L’italiano ridacchiò – Seriamente, ti conviene smetterla perché mi sto infastidendo! E poi oggi non ho tempo per te!-.

- Ah ah – sussurrò Francis facendosi sempre più vicino – Dimenticavo che oggi sei occupato col tuo bello! Emozionato?-.

Romano si sentì avvampare e si dimenticò perfino di allontanarsi dalle braccia tentacolari del francese.

- Non dire idiozie! Perché dovrei essere emozionato? Non sono certo una ragazzina!-.

- Peccato, credo che mi piacerebbe vederti in versione femminile...- sussurrò suadente Francis bloccandolo contro le piastrelle.

Romano sbuffò sonoramente e lo tenne a debita distanza poggiandogli le mani sul petto.

- Francis- lo rimproverò aspramente – Prova ancora una volta a immaginarmi con la gonna e ti ritrovi un ginocchio tra la palle, claro?-.

- Claro que sì - ridacchiò il biondo facendogli l’occhiolino. In quel preciso momento si udirono dei passi pesanti e qualcuno fermarsi oltre la porta.

 

Antonio aprì di colpo la porta del bagno e fece qualche passo prima di accorgersi che era già occupato.

- Scusate!- mormorò intravedendo i lunghi capelli di Francis, e fece per andarsene, ma poi notò l’altra persona nel bagno, quella che il francese teneva pigiata tra il lavandino e la doccia.

Antonio si impietrì all’istante, incapace di muovere un singolo muscolo. Il suo cervello faceva fatica a connettere le informazione, sembrava quasi che si rifiutasse di fornirgli la soluzione più ovvia.

Romano voltò il capo verso di lui e sbarrò gli occhi. Francis, al contrario, sembrava del tutto rilassato. Gli rivolse un sorriso smagliante – Buongiorno, caro. Ti vuoi unire a noi?-. Ma lo spagnolo non era ancora in grado di rispondere. Spostava lo sguardo dal suo migliore amico all’italiano, che posto accanto al francese sembrava ancora più piccolo e indifeso.

Deglutì e prese un profondo respiro. Non sapeva davvero con chi essere più furioso. Col suo migliore amico che ci stava spudoratamente provando con il ragazzo che amava, o col suddetto ragazzo che si era lasciato circuire da Francis? Ma in fondo il colpevole non è mai uno solo.

Scosse il capo e indurì i tratti del volto, tanto che il francese ritrasse immediatamente le mani dalla presa su Romano.

Francis era una delle poche persone ad aver visto Antonio davvero arrabbiato, e ne aveva seriamente paura. A differenza sua, quando Antonio si infuriava, perdeva davvero il controllo di se. Sembrava bruciare da dentro.

Solo vedendo lo sguardo ardente dell’amico, Francis comprese che aveva giocato un po’ troppo col fuoco. Forse avrebbe dovuto ascoltarlo fin dal principio e lasciar perdere del tutto l’italiano.

- Io...ascolta, Tonio, non...- provò a giustificarsi ma lo spagnolo indicò con un gesto secco la porta.

- Fuori!- scandì Antonio e Francis non osò replicare. Teneva molto di più alla sua incolumità fisica che all’amor proprio.

Lentamente si staccò da Romano e si diresse alla porta, passando accanto allo spagnolo. Per un attimo temette che gli avrebbe tirato un pugno, o gli avrebbe sbattuto la testa contro lo specchio, ma Antonio non si mosse. Si limitò a rivolgergli un’occhiata ferita e rammaricata.

Il francese sospirò e si richiuse la porta alle spalle, sperando con tutto il cuore che Antonio non perdesse del tutto il controllo di se. Gli sarebbe dispiaciuto ritrovare Romano senza qualche arto. Sarebbe stato un vero spreco.

Antonio e Romano si guardarono nervosamente per qualche secondo.

- Lasciami spiegare...- proruppe l’italiano ma lo spagnolo lo fermò freddamente.

- Non credo di voler ascoltare delle scuse-.

- Non sono scuse! È la verità!-.

- Ho detto che non mi interessa!- sbraitò forte Antonio e tutto il bagno sembrò tremare. Romano si fece piccolo piccolo e si accucciò contro la parete. Non gli piaceva affatto quel lato di Antonio. Aveva qualcosa di violento, di insensato, che gli faceva venire i brividi. E non erano brividi piacevoli questa volta.

- Avrei capito tutti, tutti, ma non Francis. Non il mio migliore amico- mormorò improvvisamente affaticato Antonio, prendendo un profondo respiro.

L’italiano chiuse gli occhi, turbato. Sussurrò – Non è successo niente, davvero. Dovresti conoscere Francis, fa il brillante ma alla fine non conclude...-. Non riuscì a finire la frase, Antonio sbottò  secco – So come è fatto, Francis, grazie! É te che non conosco!-.

Fu come una sferzata per il minore. Chinò il capo, addolorato. Come poteva pensare che si sarebbe davvero fatto abbindolare dal sorriso di Francis? Lo conosceva davvero così poco?

Dio, se lo faceva incazzare! Il suo orgoglio ruggì indignato e, digrignando i denti, esplose.

- Non vuoi starmi nemmeno ad ascoltare? Perfetto, fatti tuoi! Ma sappi che ti stai sbagliando, bastardo!-.

- Io credo ai miei occhi- rispose brutale l’altro – Sono entrato e so quello che ho visto!-.

- Cos’hai visto? Io e Francis stavamo facendo qualcosa di male? Mi stava baciando? Mi stava toccando? No!-.

- Ma so quello che avreste potuto fare! Dio, è il mio migliore amico! Non potevi cercare qualcun altro? La città è piena di persone, dovevi per forza provarci con qualcuno che abita in casa mia?-.

Romano alzò il mento e gli lanciò uno sguardo di sfida che celava profonda frustrazione. Si sentì offeso per essere tenuto in così bassa considerazione dallo spagnolo.

- A volte mi sembri davvero idiota, Antonio - disse ritrovando un tono di voce umano – Come puoi anche solo pensare che farei qualcosa con Francis?-.

Lo spagnolo tacque e si cacciò le mani nelle tasche dei jeans sgualciti.

- Io...non so cosa pensare, al momento- confessò dopo qualche secondo di teso silenzio.

- Grandioso!- esclamò piccato Romano – Allora dovresti pensare prima di reagire in quel modo!-.

- Quello che so è che ti ho invitato io qui, e che poi ti ritrovo a fare chissà cosa in bagno col mio migliore amico. Ecco cosa so!-.

Romano sentì nuovamente la rabbia rimontare. – E secondo te io ho fatto un viaggio di 800 chilometri per farmi molestare in un bagno da Francis? Io sono venuto qui per te! Per te e basta! E come ricompensa mi devo prendere i tuoi insulti? Le tue scenate? Grazie tante, davvero, la prossima volta resterò in Italia!-.

Antonio rimase letteralmente senza parole. In fondo doveva ammettere che avevano senso le parole di Romano. Molto più senso delle sue, per lo meno. Era più probabile che Francis stesse solo giocando, piuttosto che il contrario, e che Romano fosse davvero lì solo e unicamente per lui.

Improvvisamente tutta la rabbia che aveva provato un attimo prima si dissolse nel nulla, soppiantata da un leggero senso di colpa e dalla speranza che una parte di Romano ricambiasse i suoi sentimenti.

- Mi dispiace- mormorò a bassa voce, cercando lo sguardo del ragazzo. Romano però voltò il capo e incrociò le braccia al petto.

- Sei uno stronzo. Uno stronzo che mi considera una specie di puttana-.

- Non è vero!-.

- Beh, questo è quello che ho capito io- ribatté l’italiano, sapendo però che non era vero. Antonio con lui era sempre stato perfetto, gli aveva mostrato il suo amore a parole e a gesti. Eppure al momento sentiva la profonda esigenza di fargli del male, di ferirlo e di vederlo piegato in due. E se non poteva farlo con i pugni, lo avrebbe fatto con le parole. Parole che erano uscite dalla bocca dello spagnolo e che ora gli si rivoltavano contro, come serpi.

- Io non stavo facendo nulla di male, stavo cercando di allontanarmi da Francis, e tu mi hai accusato di andare con chiunque! Non so te, ma a me suona tanto come “puttana”!-.

Antonio scattò indietro, ferito. – Romano, aspetta un attimo, non travisare! Ero fuori di me, non puoi pretendere che...-.

- Va al diavolo, bastardo!- sbottò l’italiano – Ti detesto!-. Uscì velocemente dal bagno, andandosi a chiudere nella stanza del fratello.

Qualche minuto dopo Antonio bussò ripetutamente, ma lui non si degnò neppure di rispondergli.

- Romano, dobbiamo parlare!-.

Ancora silenzio, duro e pesante. E poi un sospiro.

- Romano! Mi dispiace, veramente! Possiamo parlarne un attimo?-.

- No! Non credo di voler ascoltare delle scuse!- lo scimmiottò amaramente il ragazzino.

Dopo un minuto, Antonio tornò alla carica.

- Va bene, come vuoi. Ma sta sera io e te andiamo fuori a cena, e non accetto scuse, chiaro?-. E dal suo tono, Romano comprese che sarebbe stato anche capace di trascinarlo fuori a forza, se necessario.

 

Il ristorante che Antonio aveva scelto era elegante e raffinato, di quel genere che Romano apprezzava profondamente. Antonio sembrava vagamente a disagio in giacca e cravatta, ma il sorrisino che gli solcava il volto era sempre lo stesso. Probabilmente, rifletté Romano, Antonio era più un tipo da taverna, da ristorante informale con tovaglie a quadretti e bicchieri di plastica. Se aveva scelto un ristorante così elegante e costoso lo aveva fatto unicamente per impressionarlo, e di questo non poteva che esserne felice. Gli piaceva l’ascendente che aveva sullo spagnolo, lo faceva sentire un po’ meno perso di lui. Intimamente sapeva che tra i due, nonostante le mille sdolcinatezze dello spagnolo, era Romano quello più infatuato. Il potere che sembrava avere su di lui però gli dava una notevole forza, e lo faceva anche sentire leggermente colpevole per il trattamento che gli aveva riversato quel pomeriggio. Lo aveva volutamente ferito e offeso solo per prendersi una rivincita, mentre Antonio era stato disposto a perdonargli qualsiasi cosa.

La cena procedette piuttosto serenamente (almeno per i loro canoni) fino alla conclusione. Al momento dei dolci Antonio sfoderò un sorriso intrigante e si schiarì leggermente la voce.

- Lo so, è in ritardo, ma accettalo ugualmente- esclamò radioso Antonio porgendogli un pacchetto dorato. Romano lo scrutò con vivida attenzione dall’altra parte del tavolo, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Un regalo. Era banale e scontato che Antonio avesse un regalo per lui, eppure lui non ci aveva pensato. Forse era perché loro non erano una coppia normale, o forse perché lo spagnolo faceva sempre il contrario di quello che uno si aspetterebbe, ma Romano non aveva proprio considerato l’idea di ricevere un regalo da lui, soprattutto considerata la litigata appena avvenuta.

Accigliato afferrò il pacchetto e lo scartò lentamente, sperando con tutto il cuore che dentro ci fosse qualche stupidaggine. Sarebbe stato sicuramente più semplice insultarlo e sbattergli in faccia la mediocrità del suo regalo piuttosto che ringraziarlo e non aver nulla con cui contraccambiare.

Ma, come volevasi dimostrare, Antonio non faceva mai qualcosa di aspettato o scontato.

Una volta tolta la carta dorata, Romano trattenne rumorosamente il fiato e il ghigno di Antonio raggiunse livelli spropositati.

- Non...non ci posso credere!- sbottò l’italiano aprendo in fretta la scatola e rigirandosi tra le mani l’antica, ma in perfette condizioni, macchina fotografica.

- Questa è una Reflex del ’40! Dio...è stupenda!-.

- Sapevo che ti sarebbe piaciuta!- ridacchiò smagliante lo spagnolo, scostandogli distrattamente un ciuffo di capelli – Non hai idea della fatica che ho fatto per trovarla! Ma ne valeva la pena...la tua espressione è impagabile!-.

Romano alzò di scatto la testa, arrossendo completamente. Una parte di lui, quella che adorava Antonio e avrebbe fatto qualsiasi cosa per i suoi occhi verdi, gli sarebbe saltata al collo all’istante, urlando – Grazie! Grazie! Grazie!-. Ma il suo orgoglio lo lasciava inchiodato alla sedia e gli riversava addosso un profondo senso di vergogna e imbarazzo.

Antonio si occupava sempre di lui in maniera impeccabile, e lui lo ripagava spesso e volentieri con insulti gratuiti, scenate e cattiverie. 

Si sentì male, malissimo, al pensiero di quello che gli aveva detto nel bagno, e desiderò con tutto se stesso sprofondare nella terra. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di affrontare lo sguardo allegro e speranzoso dello spagnolo.

 

 

Antonio si appoggiò allo specchio dell’ascensore e premette distrattamente l’ultimo pulsante. Romano, davanti a lui, giocherellava nervosamente con uno dei bottoni del cappotto e teneva lo sguardo malinconico ben piantato a terra.

Odiava sentirsi in quel modo, colpevole e rammaricato, e la colpa era come sempre dello spagnolo, dei suoi modi gentili e pieni di attenzioni anche quando non era necessario.

Lo detestava, davvero, perché nessuno oltre a lui era in grado di lasciarlo così, senza parole, e con un profondo turbamento nel cuore. E fu per questo che quando lo spagnolo provò ad abbracciarlo da dietro, si scostò bruscamente.

Antonio, per fortuna, non era il tipo da lasciar perdere facilmente. Si passò la lingua sulle labbra e ritornò all’attacco, avvolgendolo tra le proprie braccia e accarezzandogli con la bocca il collo profumato. L’italiano provò a divincolarsi ma nemmeno con tutta la convinzione del mondo ci sarebbe riuscito.

L’ascensore continuò a salire lentamente, senza rumore o scossoni, e Antonio gli sussurrò all’orecchio – Ehi, che c’è? Non hai voglia?-. Le mani scesero abilmente e sinuosamente per il petto magro dell’italiano, arrivando alla chiusura dei costosi pantaloni. Romano si lasciò sfuggire un minuscolo gemito e scosse il capo.

Non era che non ne avesse voglia. Dannazione, Antonio avrebbe scaldato perfino un pezzo di ghiaccio! Aveva un respiro così caldo e speziato, una voce roca e bassa, un tocco delicato ma leggermente possessivo...

No, non era che non volesse. Era l’imbarazzo a frenarlo, la vergogna per non aver potuto contraccambiare il regalo con niente altro che un misero “grazie” e soprattutto per essersi comportato in modo così assurdamente vendicativo e puerile. Probabilmente chiunque altro al suo posto avrebbe scrollato le spalle e avrebbe fatto faville in quell’ascensore, in fondo un regalo mancato non era niente di grave, e poi Antonio sembrava aver dimenticato l’incidente del bagno, o per lo meno ci era passato sopra come suo solito. Ma lui era diverso, lo era sempre stato, non era come tutti gli altri, ed era per questo che si rodeva l’anima.

Antonio lasciò che si adagiasse contro la sua schiena e gli baciò la pelle dietro l’orecchio, causandogli una miriade di piccoli brividi caldi.

- Ancora con questo stupido orgoglio, vero? Lascia perdere, Romano. Ti distruggerà. Dimentica quello che è successo con Francis, e non ti preoccupare per nient’altro, non oggi. Non ti ho regalato quella macchina fotografica per avere qualcosa in cambio, o per metterti in imbarazzo. L’ho fatto solo per vederti felice. Non voglio nessun regalo, nessuna scatola impacchettata e agghindata. Voglio solo dimenticare tutto il resto e stare qualche ora da solo con te-.

Ecco. Ecco perché una parte di Romano, ben nascosta sotto chili di paura e fierezza, si era innamorata di Antonio. Antonio riusciva sempre a leggergli nella mente, a capire da un singolo gesto o da una sola parola, cosa stesse provando a nascondere. E, ovviamente, sapeva sempre come risollevarlo.

Lo spagnolo lo fece voltare e lo appoggiò con la schiena alla parete dell’ascensore. Lo guardò negli occhi, più castani del solito, e sussurrò – Mi basta che tu sia qui, credimi. Ci riesci?-. L’ascensore si fermò e dopo un sibilo sinistro le porte si aprirono, ma loro due non si mossero.

Infine, dopo qualche tentennamento, Romano annuì e tentò anche un piccolo sorriso. Se Antonio era riuscito a perdonarlo, a metterci una pietra sola e a non dare troppo peso alle sue parole, o al suo comportamento stupido, poteva farlo tranquillamente anche lui.

Uscirono esattamente un secondo prima che le porte si richiudessero e, ancora mano nella mano, Antonio aprì la porta di casa.  Sembravano due sciocchi fidanzatini al loro primo appuntamento, ma forse per loro lo era davvero.

C’era profumo di cioccolata nell’appartamento di Antonio. Non c’erano molti arredi natalizi, a parte un piccolo ma curato presepe sopra il davanzale della finestra. Al di là del vetro si scorgevano i tetti di Barcellona e le stelle nel cielo scuro.

Romano si guardò attorno curioso, cercando i tanti piccoli segni della presenza dello spagnolo. Sorrise nel vedere una maglia abbandonata scompostamente sul divano, un paio di scarpe spaiate sotto il tavolo, una tazza vuota sulle scale. Come sempre quella casa parlava di lui, del suo modo di vivere caotico e distratto, ma comunque caloroso e passionale.

-Dobbiamo festeggiare!- esclamò Antonio sparendo oltre la parete della cucina – E brindare! Tra qualche ora sarà Natale, giusto?-.

Romano alzò gli occhi al cielo ma sorrise sentendo la confusione proveniente dalla cucina. Dato che il ragazzo non si decideva a venirne fuori, si affacciò e sbirciò dentro. Lo spagnolo stava aprendo all’incirca tutti gli sportelli presenti, compreso quello del forno.

- Ehi, bastardo, che stai facendo?-.

- Pensavo di avere del vino qui in casa, ma non lo trovo- sospirò Antonio grattandosi la nuca. Poi i suoi occhi si illuminarono – Aspettami solo un secondo, ok? Corro a prenderlo in cantina!-. Gli prese il viso confuso tra le mani e gli baciò teneramente la fronte – Ci metto solo un attimo, promesso! Tu non ti muovere!-.

Romano annuì sovrappensiero e si lasciò cadere sul divano. Si passò una mano sugli occhi stanchi e prese un profondo respiro.

Antonio era semplicemente troppo Antonio per lui. Non riusciva a capacitarsi di come potesse essere tanto dolce e premuroso con lui, e poi trasformarsi in una furia per delle sciocchezze, come quel pomeriggio in bagno. Era stato strano, vagamente inquietante, vederlo in quel modo. Ma quello che lo aveva turbato più di tutto era  stata la sensazione che regnava in quella piccola stanza: la paura. Era palpabile, intensa e distruttiva. Era la paura di Antonio di perdere Romano, di essere tradito dal suo stesso migliore amico, di non poter far nulla per evitarlo. E poi c’era la paura di Romano di essere frainteso, di essere considerato un ragazzino viziato e menefreghista, di vedere Antonio andarsene per sempre.

Eppure, nonostante tutta quella pressione, Antonio era riuscito a fare un passo avanti e rimediare a tutto quel disastro. Aveva salvato la situazione e ora era andato a prendere del vino per festeggiare. Ma festeggiare cosa? La stupidità dell’italiano? La troppa pazienza dello spagnolo?

A Romano venne quasi da singhiozzare. Come aveva potuto rischiare di lasciarsi sfuggire un ragazzo come Antonio? Per quanto stupido, disordinato, irritantemente sorridente potesse essere, era  comunque perfetto per lui. Non glielo aveva mai detto, ma Antonio era davvero l’ideale per lui, non voleva nessun altro.

Aprì gli occhi e capì che doveva farlo. Ci sono cose, nella vita, che uno non può rimandare per sempre, che prima o poi deve affrontare o dimostrare. Magari non a parole, ma devono essere comunque dimostrate.

 

- Avevo solo del rosso, spero che ti piaccia!- urlò Antonio richiudendo la porta con un piccolo calcio. Sollevò lo sguardo e per poco la bottiglia non gli cadde sul pavimento.

Appoggiato al divano Romano, quasi nudo, lo guardava senza ombra di imbarazzo. Indossava solo un paio di boxer scuri e ai polsi un nastro rosso, ricavato da chissà quale pacchetto o ghirlanda.

- Wow- soffiò lo spagnolo non riuscendo a staccare gli occhi dai polsi bendati di Romano.

Abbandonò la bottiglia di vino su un tavolino e si avvicinò, prendendo tra le mani il nastro che l’italiano gli stava offrendo.

Oh, il suo piccolo, adorabile e malizioso Romano. Come poteva non essere completamente pazzo di lui?

Lasciò scorrere tra le dita il nastro scarlatto e guardò negli occhi il ragazzo. Vi vide, finalmente, tutto il suo desiderio di essere amato, vezzeggiato, adorato, e perché no?, anche dominato. Era riuscito a mettere da parte, per quella sera, il suo orgoglio e ora si lasciava andare completamente, fiducioso che Antonio si sarebbe preso ottima cura di lui. E lui come avrebbe potuto rifiutarsi o deluderlo?

- Ti adoro- mormorò lo spagnolo vagando incredulo con gli occhi su ogni centimetro di pelle esposta.

Romano ghignò –Lo so. Ho pensato che anche tu meritassi un piccolo regalo...-.

Lo spagnolo alzò lo sguardo di scatto sui suoi occhi e colse la palla al balzo. – In effetti ci sarebbe un’altra cosa che vorrei da te. Solo un paio di parole...-.

Il ghigno dell’italiano vacillò per un istante, ma poi tornò più ampio di prima. Chinò la testa di lato e si umettò le labbra, catalizzando subito l’attenzione del moro.

- Non ho alcuna intenzione di dirtelo – mormorò deciso Romano, sebbene una strana scintilla maliziosa brillasse nei suoi occhi oscurati dalla penombra.

Antonio sogghignò, già pronto ad usare tutte le sue armi per strappargli dalle labbra quelle due paroline. Se in spagnolo o in italiano, poco importava, l’importante era il significato.

Ma Romano sembrò intuire i suoi pensieri e irrigidì la mascella.

- No, Antonio, non te lo voglio dire. È inutile girarci attorno-.

- Perché?- domandò accigliato lo spagnolo.

- Perché non voglio espormi così tanto. Perché dirtelo significherebbe rendere tutto più serio, più concreto, compreso questo sentimento. Ed io...io non penso di essere pronto a rischiare tanto. Se la posta è così alta, la perdita potrebbe essere semplicemente troppo per me-.

E mentre parlava gli accarezzò una guancia, andando poi a tuffare le lunghe dita sottili nei morbidi ricci castani di Antonio.

Lo spagnolo si morse il labbro inferiore ma attese in silenzio. Poteva vantarsi di conoscere abbastanza bene il ragazzino per poter aspettare.

E infatti un attimo dopo le sue iridi tornarono a brillare e le labbra a incurvarsi verso l’alto, in un piccolo sorriso strafottente.

- Non te lo dirò, Antonio. Però...- si avvicinò a un soffio dalla sua bocca già sorridente – però sono qui-.

Alle volte, i gesti valgono più di tutte le parole che potrebbero essere dette. Ed essere lì, in quel momento, per Romano era la miglior dichiarazione d’amore che potesse fare, Antonio lo sapeva bene.

 

* * *

 

Antonio pensò che quello doveva essere stato uno dei migliori Natali delle sua vita. Forse non aveva ottenuto le parole che desiderava, ma svegliarsi la mattina di Natale con Romano allacciato al petto era stato semplicemente incredibile, da togliere il fiato.

Sovrappensiero accarezzò la frangetta di Romano, ancora nel mondo dei sogni. Non si sarebbe mai stancato della sua espressione infantile e così terribilmente naive mentre era addormentato.

Intimamente sperò che non se ne andasse mai, che rimanesse con lui per sempre, e se davvero chiedeva troppo, pregò di svegliarsi tutti i 25 dicembre nel suo stesso letto.

Ma qualcosa, dentro di lui, lo mise in guardia. Romano ultimamente aveva un atteggiamento insolito, più scostante che mai. C’era qualcosa che non andava ma che presto sarebbe venuta a galla. Pregò, silenziosamente, che qualsiasi cosa fosse non lo allontanasse da quel letto.

 

 

 

 

 

 

NdB: So di essere in ritardo spropositato, ma come ben comprenderete il finale de “l’appartamento spagnolo” ha risucchiato ogni mia goccia di energia! Però ora che è terminato, posso dedicarmi a tempo pieno a questa!

Vi ringrazio per continuare a seguirla nonostante il clamoroso ritardo! E ovviamente un grazie ancora più grande a chi commenta! XD

PS: colgo l’occasione per ringraziare chi ha commentato l’ultimo capitolo dell’appartamento…mi sono commossa nel leggere ogni singola recensione! Thanks…

A presto!

 

 

Kurohime: eh, Antonio, Antonio, Antonio…ne dovrebbero fare di più di ragazzi come lui! Alla fine cosa avete deciso per la gita? Sia Londra che Barcellona sono così belle! Come ti invidio…

Anthy: ti ringrazio per il commento, mi ha fatto tantissimo piacere! Guarda, in effetti lo ammetto io stessa che Romano si è comportato in modo un po’ strano, ma la verità è che tutto il loro percorso deve portare più o meno al capitolo 12 de “l’appartamento spagnolo”. Il rapporto che di deve creare tra i due è all’incirca quello! Comunque grazie ancora e a presto!

Erichan: grazie! Sono felice che ti sia piaciuto e Antonio…beh, ormai non ho più parole da spendere su di lui! Spero solo che non risulti troppo “amabile”, in senso irrealistico intendo!

Miristar: eh sì, diciamo pure che il loro rapporto è quantomeno “complicato”. Nessuno dei due sa quello che vuole, e anche se lo sa non lo dice! Molto male! Meno male che però Antonio sa come addolcire la sua dolce metà! Grazie ancora per il commento, alla prossima!

Clod88: per come la vedo io, Romano è decisamente infatuato di Antonio, e probabilmente tra i due è quello più “preso”, anche se non lo dimostra come Spagna! Comunque, per quanto riguarda il biondino, ha capito che non c’era più storia (giustamente…) e se n’è andato via per conto suo. Poi…sì, la storia “al presente”, esclusi i flashback si svolge durante l’anno dell’appartamento spagnolo, diciamo verso Febbraio-Marzo! Spero solo che si capiscano i salti temporali!

Aerith1992: eh, Antonio ha questo fascino latino difficilmente ignorabile! A me, personalmente, piace pure quando è arrabbiato! A presto!

Light Vampire: ti ringrazio e ti do assolutamente ragione, Romano non è facile da gestire! Si ritrova davvero un caratterino che solo Antonio può sopportare! Santo ragazzo, meno male che c’è lui! Allora alla prossima! XD

Veralya: oh, Antonio rasenta davvero la perfezione! Io lo adoro perfino in versione “incazzata” (passami il termine!). Purtroppo non credo che in questa storia appariranno scene “hot” esplicite, ma, al contrario di Romano, io penso: mai dire mai! A presto!

  
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