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Autore: ClaudiaSwan    19/10/2010    14 recensioni
La vita matrimoniale non è cosa semplice.Si cresce,si cambia,
o semplicemente non ci si riconosce più.Famiglia,carriera,tempo che passa sono una dura prova per tutte le coppie.Riusciranno Robert e Alessia ad affrontare tutto questo? pare di no.Lui sempre lontano,lei troppo sola pare che l'amore non basti più.Riusciranno a ritrovarsi e a tenere unita la famiglia?E Kellan a trovare l'amore?E Jack a riconquistare Ashley?Beckie e Luke riusciranno a tornare quelli che erano? Di dieci anni più vecchi, tornano i protagonisti di "Photos,love,vips and Kisses. when a photo change your life" in una cornice del tutto nuova in cui protagonista non è più "l'innamoramento", ma la vita insieme, vera avventura e banco di prova di ogni sentimento.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ashley Greene, Jackson Rathbone, Kellan Lutz, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'ubi tu Gaius, ibi ego Gaia'
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capitolo 2







2
Famiglia

 

 


Un bacio.
Uno sfregamento del suo naso sul mio collo.
Il suo corpo caldo e nudo raggomitolato contro il mio.
Il suo respiro leggero.
Non mi muovo per non svegliarla. Mi limito ad accarezzarle distrattamente un braccio mentre osservo le tende bianche e semitrasparenti del baldacchino del nostro letto.
Da quanto tempo non mi godevo questa pace? Quasi non lo ricordo.
Sono stato in Giappone per quasi un mese, preso dalle ultime scene dell’ultimo film che ho appena finito di girare. Sono stato vittima per settimane di paludi e acquitrini, più che girare un film sembrava di stare in campeggio. La ricezione telefonica era pressoché inesistente, la connessione a internet un vero miraggio. Il tutto nel paese più tecnologizzato del pianeta. Sembrava proprio una gran presa per il culo. Ma, d’altronde, cosa mi faceva pensare che i giapponesi sarebbero arrivati a mettere ripetitori là dove non c’era mai un cane a parte le zanzare? Nei pressi del lago Kawaguchi-ko però ce n’erano un sacco, non sia mai che i pesci avessero dovuto fare una telefonata importante. Cazzo, persino sul monte Fuji ce n’era uno! E io sono rimasto quasi del tutto isolato, travestito da pescatore a pagaiare su e giù per il fiume Kansai, facendo finta di essere un trafficante di bachi da seta, per coprire ulteriormente quella che era la mia vera professione cioè quella di spia supersegretissima.
Quasi un mese senza poter fare una telefonata decente a casa che durasse più di qualche minuto al giorno.
Quando arrivai all’aeroporto internazionale di Osaka quasi piansi dall’emozione, e subito cercai il telefono. Stavo già per inoltrare la chiamata quando un rapido calcolo delle ore mi fermò. Ale e i bambini erano sicuramente in pieno sonno, non potevo svegliarli solo per dire “ehi, mi mancate. Mi mancate voi e la civiltà”. Così passai le due ore prima dell’imbarco a camuffarmi con occhiali da sole e cappuccio, sbrigando le incombenze del ritiro biglietto, imbarco bagagli, dogana, metal detector e compagnia bella. Ero giusto al duty free a prendere qualcosa per i bambini da portare oltre alla marea di roba che gli avevo già comprato a Tokyo, quando l’altoparlante suonò in maniera sospetta e annunciò il ritardo di quattro ore del mio volo. Un’imprecazione molto colorata che non starò a ripetere in questa sede mi scappò di bocca, e la ripetei ancora e ancora mentre cacciavo il bagaglio a mano sotto la mia testa, cercando di improvvisare un letto su quattro sedie in alluminio intenzionato almeno a dormire in quelle ore buche.
Per fortuna ci riuscii e mantenni un sonno leggero quanto bastava per accorgermi dell’annuncio dell’imbarco. Era ancora comunque troppo presto per chiamare casa e avvisare che stavo partendo in quel momento.
Arrivai alle cinque in America, trattenendomi per non chinarmi a terra e baciare il pavimento sudicio dell’aeroporto, riconoscentissimo di esser finalmente a casa. Ma anche l’America ce l’aveva con me, perché non solo ci misi un’eternità a ritirare i bagagli e dovetti nascondermi per mezz’ora in uno stanzino pieno di contatori e salvavita per scappare ai giornalisti, ma ci doveva essere anche lo sciopero dei taxi! Mia moglie non rispondeva al telefono per ripicca per il fatto che fossi latitante dalle nove, ora locale di ieri sera, e io non sapevo come tornare a casa.
Non ci fosse stato Kellan magari sarei anche arrivato a fare l’autostop.
Arrivai a casa verso le dieci di sera, distrutto, bisognoso di una doccia e per niente pronto a litigare con mia moglie. Ma magari a farci l’amore si.
Mi era mancata così tanto.
Mi era mancato questo suo modo di dormire attaccata al mio fianco, cercandomi continuamente nel sonno. Ogni volta che per caso mi allontano, anche senza volerlo, mi insegue. Quando sono a casa sono talmente abituato ad averla addosso, che quando parto prendo sonno difficilmente.
Allunga un braccio oltre il mio petto raggiungendo il mio e afferrandolo per portarselo dietro come se fosse una coperta mentre si gira dandomi le spalle. Automaticamente e senza svegliarsi, alza un po’ la testa per farmi passare l’altro braccio sotto a farle da cuscino. Piccoli gesti, piccole abitudini che mi hanno sempre fatto capire l’entità dell’amore che provo per lei.
Appena la conobbi, seppi già che era lei quella giusta per me. Credo di averlo saputo già solo guardando il suo piede appoggiarsi  sull’asfalto prima che si catapultasse come una furia fuori dalla sua macchina. Ricordo ancora il giorno in cui abbiamo fatto portare via con il carro attrezzi quel vecchio macinino tutto ammaccato. Ricordo che mentalmente lo ringraziai, sentendomi anche notevolmente idiota, perchè se quel vecchio rottame non mi avesse fatto così pena, avrei avuto un motivo in meno per entrare in negozio da lei il pomeriggio successivo all’incidente. Non avrei avuto una scusa plausibile per seguire la mia sensazione.
- Rob, smettila di guardarmi mentre dormo- brontola seppellendosi ancora di più sotto le coperte.
- non ti ha mai dato fastidio che ti guardassi dormire- le rispondo saggiando ancora una volta con le labbra la morbidezza della pelle del suo collo.
- mmm oggi si-
- e perché?-
- perché significa che sei sveglio. E se sei sveglio e nudo nel letto le strade sono due: o ti sbrighi a fare il marito, oppure ti vesti, aspetti che io scenda di sotto e ti prepari ad ascoltare la filippica su tutto ciò che richiede la tua attenzione ora che sei tornato -
- posso scegliere la prima e rimandare a dopo la seconda?-
Il suo girarsi a incontrare ad occhi chiusi la mia bocca è una risposta più che sufficiente.
La fame che abbiamo l’uno dell’altro non si è minimamente affievolita con il passare degli anni ed è davvero un sollievo per me che sia così. Ho sentito di troppe coppie lasciarsi perché la passione si era ormai esaurita. Troppe coppie tradire per non trovare più stimolante il proprio partner. Sapere che mia moglie mi trovi ancora tanto attraente da non sopportarmi nudo e inattivo nel nostro letto è motivo di un segreto compiacimento per me. Un’arma, addirittura, in alcuni casi. Come ieri sera.
È stato un colpo basso quello di sedurla sulle scale costringendola a rimandare il litigio che sicuramente sarebbe scoppiato se le avessi dato il tempo di accendere la luce e rendersi conto del mio arrivo. Un colpo davvero subdolo. Ma non potevo sopportare che mi rinfacciasse ancora una volta tutte le mie mancanze come padre e come marito. Le conosco bene.
So di essermi perso la prima di campionato di Matt, e mi è dispiaciuto veramente tanto, soprattutto per il fatto che sono stato io a spingerlo ad accettare il posto in squadra. So di non essere arrivato in tempo per leggere assieme ad Arianne una favola dal nostro libro. Lo so.
Ma che posso fare se non cercare di essere il più presente possibile nei giorni in cui sono a casa? Se non essere sicuro che vadano bene a scuola e che abbiano tutto quello che gli serve e anche di più?
Ale mi bacia famelica stringendo le mani nei miei capelli e costringendomi a invertire le nostre posizioni. Due gravidanze hanno reso le sue forme più morbide e gentili, perfette per le mie mani. Molto più aggraziate e invitanti delle spigolosità accentuate che aveva da ragazza. Morbida e calda, profumata e appassionata. Lascio vagare le mani sulle sue forme mentre mi accoglie in un sospiro abbandonandosi completamente a me.
- questo si che è un bel buongiorno- commento spostandole i capelli dal viso per osservarla meglio. Adoro guardarla in questi momenti, la sento più mia con gli occhi che con il corpo quando posso guardarla così.
- te ne darei di più di buongiorni così se ci fossi a casa. Ho un notevole accumulo da sfogare- ansima lievemente aprendo finalmente i suoi occhioni verdi a me.
- mmm… fammi tutto quello che vuoi. Sfogati quanto vuoi- . Ammazzami, se ne hai voglia. Questo è decisamente un bel modo per tendere a mano e fare le presentazioni con la Signora con la falce.
- è troppo tempo, Rob. Se vai avanti così dovrò comprarmi un vibratore, o almeno trovarmi un marito in affitto- mi provoca sussurrando al mio orecchio mentre lenta e sinuosa continua a muoversi su di me.
- nel primo caso sarebbe un peccato. Amo la tua voglia repressa. Nel secondo… sicura di volermi tradire per questo?- Per sottolineare di più il concetto do un colpo più profondo facendola scoppiare a ridere.
- mah, magari ne troverei uno bravo-
Stavo per ribattere, quando la sveglia sul suo comodino inizia a suonare insistentemente.
- non andare- mugolo disperato quando si muove per spegnerla. Inutili anche i tentativi di tenerla ancorata ai miei fianchi.
- devo, amore. Ci sono i bambini da portare a scuola-
- mamma!!!!!!!!!!!-
- ecco, appunto. Vestiti, non vorrai che tua figlia scopra che i maschi non hanno la vagina in così tenera età e magari, già che c'è, si faccia anche un'idea di come si usa-
No. Come ogni padre geloso che si rispetti, fosse per me mia figlia dovrebbe già entrare in convento e fare voto di castità. Possibilmente con tanto di cintura.
Di mala voglia raccatto i boxer dal pavimento dove erano stati selvaggiamente stati lanciati la sera prima. Faccio appena a tempo a infilare una maglietta che Ale mi ha buttato sul letto quando vengo investito da un uragano e mi trovo di nuovo sdraiato sul materasso con due piccole braccia strette attorno al collo.
- papà!- grida la vocetta della mia bambina.
- pulcino!-
Stavo giusto per sollevarmi portandomela dietro che vengo investito di nuovo da qualcuno di molto più pesante.
- papà!- grida anche la voce di Matt che aggiunge le sue mani a quelle della sorella attorno al mio collo.
- campione!-
- papà sai che a scuola ci hanno fatto fare un vulcano finto con la creta?-
- papà sai che ieri ho fatto un goal fantastico nei primi dieci minuti di gioco? Zio Kellan stava quasi piangendo quando mi ha visto!-
- papà vieni a vedere il mio vulcano?-
- papà vieni oggi pomeriggio a vedere gli allenamenti, vero?-
- papà…-
- papà…-
- bambini, per favore! Muovetevi a lavarvi che dobbiamo andare a scuola- li zittisce Ale prima di volatilizzarsi giù per le scale a preparare la colazione.
- papà possiamo stare a casa con te, oggi?- chiede Matt in tono più di supplica che non di richiesta.
- si, papà, ti prego!- si aggiunge Arianne mostrandomi il suo sorriso sdentato.
- non cercate di convincere vostro padre a lasciarvi a casa!- grida la voce di Ale dal piano di sotto.
Ma chi è, Nostradamus?
- avete sentito la mamma. Forza. A lavarvi tutti e due- sospiro alzandomi e portandomeli appesi al collo per un paio di metri entrambi.
- uff… ma papà…- brontola Matt, scendendo per primo dalla mia schiena.
- niente ma, giovanotto. Forza. Vi accompagno e vi vengo a riprendere io, che ne dite?- propongo cercando di convincere quattro occhi azzurri, copia perfetta dei miei, che mi guardano carichi di speranza. Per favore no, non fate così.
- ti prego- ci prova ancora Matt quasi implorando.
- Matt! Muoviti a scendere! Devi rileggere le ultime pagine di storia prima di uscire!- grida ancora la voce severa di mia moglie giù dabbasso.
- hai una verifica oggi?- gli chiedo prendendo in braccio Arianne e passando un braccio attorno alle spalle di mio figlio, iniziando a scendere le scale con loro.
- no. Rischio solo un’interrogazione. Sono riserva delle programmate- soffia sconsolato seguendomi in bagno.
- hai studiato?-
- ha giocato ai videogiochi tutta la mattina ieri!-
- Ary, sta zitta!-
- ma è vero!-
Mentre siedo la piccola spia sul ripiano del lavandino e allungo con un piede lo sgabellino a Matt perché ci salga e si lavi la faccia, gli riservo un occhiata di rimprovero che mi costa molto impegno. È più forte di me, non ce la faccio a essere severo e inflessibile con i miei figli. Forse perché riconosco che io mi comporterei ancora esattamente come loro. Probabile. Anzi, certo. - papà, ma ti pare che debba studiare storia io?-
In effetti, considerata la passione smodata di mio figlio per i libri storici, quello che certamente ha bisogno di studiare storia è il suo professore. A soli dieci anni è un divoratore vorace di romanzi cavallereschi, miti e leggende. Se glielo chiedessi sarebbe capacissimo di elencarmi dettagliatamente tutti i nomi dei re di Inghilterra da Artù Pendragon fino alla regina Elisabetta con tanto di distinzione per dinastia.
Mentre Ale traffica con stoviglie e pacchi di biscotti in cucina, io aiuto i ragazzi a prepararsi per la scuola, o almeno, una volta potevo dire di farlo. In quest’ultimo mese persino Arianne sembra aver imparato come allacciarsi le scarpe da sola e tutto quello che mi resta da fare è controllare i loro diari e firmarli mentre preparano lo zaino e dare uno sguardo ai loro compiti per assicurarmi che siano stati fatti  mentre loro si vestono.
Nelle loro divise supersnob (chi mi ha fatto dire “si” quando Ale ha insistito per mandarli alla Dalton mi deve spiegare che assurdo progetto diabolico avesse in mente), scendono le scale e si arrampicano sugli sgabelli dell’isola dove iniziano a contrattare con la loro madre sui cucchiai di cioccolata in polvere che possono mettere nel latte.
- Rob, potresti metterti un paio di pantaloni?- mi ammonisce Ale, mentre mi avvicino alla caffettiera per versarmi del caffè.
- non posso girare in mutande in casa mia, adesso?-
In tutta risposta si gira a guardarmi con un sopracciglio sollevato e indica con gli occhi i bambini.
- anche i nostri figli portano mutande, Ale - osservo sorseggiando il caffè distrattamente e studiando quanto sia stressata mia moglie già di prima mattina. Una mia maglietta larghissima addosso e un vecchio paio di pantaloni della mia tuta con minimo tre risvolti sulla vita, capelli raccolti malamente in una coda improvvisata, sembra abbia affrontato le crociate (tutte e quattro, s’intende) e aver anche trovato il tempo di discutere un piano per la conquista del mondo con gli alieni tra il momento in cui è scesa dal letto e quello in cui si è messa a preparare la colazione. Della troppo breve parentesi amorosa di stamattina non c’è più traccia.
La sua risposta a quella che voleva essere una battuta, è uno sbuffo esasperato mentre caccia sotto il naso di Matt il libro di storia e lo apre al capitolo sullo sbarco di Colombo e la scoperta dell’America.
- mamma, le so ‘ste cose- borbotta Matt nascondendo la faccia nella tazza.
- data di scoperta dell’America?- lo interroga Ale già dedita a sbarazzare il piano e a cacciare pacchi di biscotti nel pensile sopra il frigo.
- 1492-
- nome delle tre caravelle?-
- Nina, Pinta e Santa Maria. Colombo voleva raggiungere le Indie ma non sapeva che in mezzo c’era l’America, e non se ne accorse per un bel pezzo. Infatti fu Amerigo Vespucci a rendersi conto che quella non era per niente l’India ma un nuovo continente. Che gran fregatura! Colombo si è dovuto accontentare della Colombia e Vespucci si è preso il merito dell’intero continente.-
La risposta di Ale allo sguardo saccente e birichino di Matt fu chiudere il libro con un gesto secco e cacciaglierlo nello zaino per poi chiudersi in bagno a prepararsi, non prima di avermi chiesto silenziosamente a gesti se potevo occuparmi io di mettere a posto.
- è un po’ nervosetta stamattina o sbaglio?- chiedo occhieggiando mio figlio che continuava a ridere sotto i baffi per il siparietto History che aveva appena messo su.
- naaaa. Siamo solo in ritardo secondo la sua tabella di marcia-
- papà che cos’è una tabella di marcia?- interviene Arianne con degli splendidi baffi di latte al cioccolato sul labbro superiore.
Sto per spiegarglielo quando sento la suoneria del mio cellulare squillare da qualche parte nella casa.
- un secondo, tesoro-
Seguo il suono debole del telefono per tutta la sala, senza riuscirne a rinvenire la fonte. Almeno fino a che Ale, che nel frattempo era tornata nella nostra camera da letto, non me lo lancia furente giù dal soppalco, rischiando peraltro di farlo schiantare al suolo.
- Ale, caz…!-
- non davanti ai tuoi figli!-
Trattenendo un’imprecazione colorita a quella gratuita dimostrazione di ostilità contro il mio telefono, pigio il tasto della chiamata senza nemmeno guardare chi mi sta chiamando.
- pronto!?-
- svegliato male?-
La voce del mio agente, Jake, risuona dall’altro capo del telefono accompagnata dalle fusa del suo Z4 su cui, con ogni probabilità, è seduto.
- no, dimmi Jake-
Non avessi mai pronunciato quel nome. Il volto furente di Ale ricompare palesemente incazzato a livelli cosmici dal soppalco, guardandomi talmente male che mi meraviglio di come io non mi sia ancora incenerito.
- potresti spegnere quel dannatissimo telefono quando sei a casa?- mi rimprovera scendendo le scale a passo pesante.
- i bambini!- la redarguisco prima di salire a mia volta in camera per vestirmi e sentire che ha da dirmi il mio agente.
- Alessia mi odia- ridacchia Jake dall’altro capo del telefono.
- certo che ti odia! Ogni volta che mi chiami è per piazzare il mio culo su un aereo!-
- beh, non stavolta. L’unico posto dove sto per piazzare il tuo di culo e anche il suo è sulla vostra macchina-
- puoi essere un po’ più chiaro?-
Difficile scegliere qualcosa dall’armadio in questo momento. Davvero un’impresa titanica.
- sarò cristallino. Prendi la furia e portala a vedere la vostra nuova villa, chissà che non si rilassi e non ti perdoni quando le dirai che fra tre giorni avrai un’intervista a Boston e un galà lì a New York il giorno dopo-
- non si può fare, Jake. Togli quell’intervista. Sono mancato un mese ed è già poco che io possa restare solo due settimane. Mi evira se le dico che devo andare via anche solo un giorno-
- è lavoro, Rob-
- non tirare la corda, fa come ti ho detto e basta -
- ok, ma non andiamo bene così, sappilo -
- fosse per te non mi sarei nemmeno dovuto sposare-
- infatti è così -
- potresti anche spendere qualche energia a dirmi che non è vero e che è solo una mia impressione, Jake!-
- no, sono un uomo ultra impegnato e non posso perdere tempo a confezionarti favole. Quindi, siccome questa telefonata mi ha già fatto perdere un contratto, cinque minuti della mia esistenza e circa il venti per cento delle calorie assunte con la mia colazione… le chiavi di casa te le ho fatte mettere sopra la cornice della porta, gli atti sono già tutti a posto e tutte le copie firmate destinate a chi di dovere. No, non ringraziarmi. Ho provveduto anche a farti già l’allacciamento al gas, alla corrente, a farti dare il segnale per la tv via cavo e per la linea telefonica. Come vedi partecipare a quell’intervista sarebbe il minimo che potresti fare per ringraziarmi ma…-
- oh dannazione, ok!-
- perfetto. Allora ci organizziamo. Per un giorno non crollerà il mondo-
- il mondo no, ma la mia testa certamente cadrà-
- troverò il modo di ricucirtela. Mi servi -
Chiude la telefonata senza nemmeno dirmi ciao.
Guardo l’armadio e scelgo in fretta qualcosa da mettermi addosso, pregando mentalmente che il probabile entusiasmo della casa nuova a sorpresa rabbonisca Alessia nel momento in cui le dirò che mancherò una giornata intera. Un'altra.
 
È sempre un momento infinitamente grigio per i miei neuroni quello in cui devo dire a mia moglie delle mie partenze improvvise.
Mi sudano le mani, i miei capelli subiscono torture che definire medievali è quasi un complimento e inizio a tergiversare su argomenti futili.
Abbiamo appena lasciato i bambini a scuola, e, che lei sappia, ora la sto accompagnando al lavoro. Un gran bel colpo di fortuna che dovessi andare da quella parte per imboccare il breve tratto di tangenziale che ci avrebbe condotti alla nostra nuova residenza.
Con il tempo ha imparato a non lamentarsi troppo della mia guida e ora è li che smanetta silenziosa con i tastini dell’autoradio, lisciandosi la gonna di tanto in tanto e non facendo caso alla strada. Almeno apparentemente.
- Rob, lo studio era di là- mi avverte non appena passo il semaforo a cui avrei dovuto svoltare a destra e invece ho bruciato per dritto.
- oggi non andrai al lavoro- rispondo con una calma che mi costa molto sforzo per non ridere della sua faccia tipica del momento “non interagire con le mie responsabilità”.
- oggi devo andare al lavoro, Rob. Non posso mollare Maicol per stare a chiacchierare con te. Abbiamo un servizio molto importante…-
-… di cui si occuperà lui perché gli ho già telefonato. Grazie comunque per aver detto che non hai intenzione di stare con me oggi. A saperlo sarei restato in Giappone ancora una settimana-
- sai che non è questo quello che volevo dire-
- certo che lo so che non è questo che volevi dire ma scommetto che l’hai pensato almeno per cinque minuti ieri quando ti ho detto che ero ancora all’aeroporto-
Si zittisce colta sul vivo. Tipico di lei mandarmi al diavolo e pentirsene cinque minuti dopo. Tipico anche mio… insomma… siam fatti così. Imboccando la tangenziale, le indirizzo un occhiolino che la fa sorridere del tutto, come piace a me, e la fa finalmente rilassare sul sedile accettando il sequestro di persona che ho appena perpetrato nei suoi confronti.
- cosa voleva Jake?- chiede con noncuranza giocando con la sua collana.
- niente di importante-
Ok.  Io sono un attore. Un bravo attore, secondo la critica. Un signor attore. Ho lavorato con mostri sacri del cinema. Dovrei essere in grado di raccontare una palla a mia moglie senza essere beccato. E invece no.
- si, come no. Se non c’è qualcosa non ti chiama-
- mmm voleva solo parlarmi della sistemazione che ci hanno dato li a Buffalo- mento tenendo fissi gli occhi sulla strada.
- mmm-mm-
Ecco che mi fa sentire in colpa. Dannatamente in colpa. Li sento i suoi occhi addosso, puntati come fari a cercare traccia di menzogna. E la troverà, perché la trova sempre. È talmente brava a scoprire le mie malefatte che riuscirebbe a farmi confessare persino quante caramelle ho rubato da bambino dal vaso sopra il frigo di mia zia.
Subdolamente dirotto la mia attenzione alle lunghe gambe snelle fasciate da spesse calze nere. Non che non sia realmente attratto da questa visione, anzi! Ma cercare di nuovo il contatto fisico con lei dopo la brutale interruzione di stamattina mi sembra il modo più sicuro per mascherare i sospetti di bugia facendoli passare come frasi buttate lì per coprire il desiderio. Che c’è. C’è sul serio.
Tolgo la mano dal cambio per lasciarlo vagare sulle sue gambe, cercando di non distrarmi troppo da perdere il controllo di rotta e veicolo.
- dobbiamo parlare per forza di Jake?- le chiedo iniziando ad accarezzarla.
- no, non dobbiamo per forza. Tanto so già che non è per il tuo hotel a Buffalo che ti ha chiamato. Ma so che entro stasera me lo dirai- sospira rilassandosi al tocco della mia mano.
- e cosa ti fa pensare che lo farò?-
- ho i miei metodi per farti dire tutto quello che voglio-
Eccome se li ha. Sguardo da gatta, accompagna la mia mano sotto l’orlo della gonna quel tanto da farmi sentire un bordo di pizzo e il calore della sua pelle liscia. Autoreggenti. I suoi metodi si chiamano autoreggenti.
- sei tremenda- riesco a dire inghiottendo saliva assente.
- dimmi che ti dispiace- mi provoca ancora facendo aprire la mia mano per agguantare completamente il suo interno coscia.
Lascio all’immaginazione di sapere cosa accade nel lasso di tempo che intercorre tra quel contatto e il momento in cui parcheggio l’auto su uno sterrato da cui si vedono solo alberi, alberi e alberi.
Dico solo questo. Amo mia moglie. La venero!
Ci prendiamo per mano come degli adolescenti in amore non appena scendiamo dall’auto, e camminiamo un po’ in silenzio lungo lo sterrato. Ho parcheggiato lontano apposta.
Voglio avere il tempo di dirle della sua sorpresa.
- amore, hai poi preso quella nuova libreria per la camera dei ragazzi?- le chiedo distrattamente, cingendole le spalle con un braccio vedendola tremare leggermente.
- si, Kellan l’ha montata l’altro giorno. Ha fatto le gimcane. Al prossimo mobile che facciamo entrare in quella stanza escono i bambini-
- forse dovremmo trasferirci a Los Angeles. Li hanno tutto lo spazio che vogliono-
- lo so, ma hanno la scuola qui… c’è il mio lavoro…Beckie, Lysa, Kellan… Jackson… tutti…-
So per certo dal tono che usa che non sono né la scuola né il suo lavoro a trattenerla. Lo so perché conosco la sua indole. So quanto è stato difficile per lei non avere una vera famiglia che la sostenesse, so quanto è stata dura perdere la parvenza di famiglia che gli diede Matt… So quanto tiene a questa famiglia.
Perché è così. Sono sempre stato dell’idea che le famiglie siano di due tipi. Quella biologica e quella selezionata. La tua e quella che ti crei con le persone che ami. Ci si da una mano l’un con l’altro, si è presenti nei momenti importanti così come in quelli che lo sono di meno. Quante volte è capitato che Jackson andasse a prendere i miei figli a scuola o che Ale aiutasse Beckie con Lysa? Tante volte Kellan mi è venuto a prendere agli aeroporti e tante altre io mi sono offerto di dargli una mano con il suo lavoro. Siamo seduti sempre insieme alle tavolate delle festività e anche a quelle lontane dalle feste comandate. Siamo una famiglia.
- sarebbe ora di pensare di prendere una casa più grande, non credi?- butto lì a caso scorgendo tra le frasche la sagoma della villa che avevo appena comprato di nascosto.
- già. Sarebbe il caso. Potremmo approfittare di queste due settimane per andare in giro per agenzie, che ne pensi? Così per farci un’idea…-
- oppure potremmo chiamare un’impresa di traslochi e iniziare a trasferirci già da domani-
- si, il campeggio è stata sempre una delle mie soluzioni abitative preferite-
- beh, non nego che per un po’ dovremmo arrangiarci se vogliamo trasferirci già domani, se non addirittura stasera, ma non abbiamo fretta-
- Rob, ma di che stai parlando?-
Siccome la casa ora è davvero bella in vista e lei non se n’è ancora accorta solo perché è di spalle, l’attiro a me cercando subito le sue labbra.
- ti ricordi quando mi dicevi che hai sempre voluto avere un camino?- le ricordo tra un bacio e l’altro.
- certo che mi ricordo-
- l’hai detto sdraiata su una coperta nel salotto di casa mia -
- quella volta tua madre non ci ha beccati per un soffio -
- mmm… approfittare di quelle poche ore in cui era andata all’ospedale a trovare lo zio Ernie con papà è stato un colpo di genio-
- peccato che ha varcato la soglia due secondi dopo aver ripiegato la coperta -
- mmm… è stato dannatamente eccitante-
La stringo, la bacio, e cerco di non pensare a tutte le volte che potremmo farlo davanti al camino d’ora in poi.
- se lo fosse ancora eccitante?-
Inizio ad avanzare, facendo sì che indietreggi a poco a poco, distratta dai baci.
- non abbiamo un camino- mi fa notare distrattamente impegnata com’era sul mio collo.
- veramente ne abbiamo due-
- come?- ridacchia contro la pelle del mio collo, non dando peso reale alle mie parole.
- voltati- sussurro al suo orecchio.
È impagabile l’espressione del suo viso mentre fissa i tre piani della villa da 1075mq nella prima cintura di New York che ho comprato per noi.
Le ultime sere in Giappone, chiuso di nuovo nella mia stanza d’hotel, ho usufruito un po’ della fortunata connessione a internet. Ero su Skype con Matt e Arianne che facevano a pugni per piazzarsi davanti alla webcam quando una pagina pubblicitaria si apre. Ho dato un’occhiata distratta al sito dell’agenzia immobiliare, e mi è sorta l’idea della casa nuova che per troppo tempo avevamo rimandato.
Questa qui mi ha colpito particolarmente. L’ambiente della sala luminosa, le porte finestre, il giardino… erano proprio come Ale aveva sempre detto di desiderarle. Piacciono anche a me, per carità, ma io non sono mai stato molto interessato all’estetica di un appartamento. Da ragazzo ho sempre vissuto nel mio monolocale di Soho e le stanze troppo lussuose mi hanno sempre messo a disagio, ma riconosco perfettamente che le questioni di spazio vincono sull’abitudine. Tanta gente non può permettersi la casa dei suoi sogni, tanta gente si accontenta. Se io posso renderla felice, perché non farlo? Lavorerò come un dannato mica per niente!
Più che nel rimirare la casa, sono attento a guardare lei, a come vaga per le stanze già illustrandomi tutti i progetti che intende realizzare.
Sono contento del fatto che sia già tutto sistemato dal punto di vista burocratico. Potrò passare queste due settimane ad aiutarla a sistemare casa, e lei potrebbe prendersi una vacanza dal lavoro.
Per quanto ami i nostri figli, ho bisogno di averla tutta per me di tanto in tanto. Quando ci sono i ragazzi passo ovviamente in secondo piano e il numero di litigate giornaliere aumenta.
Perché li vizio troppo, perché siamo in ritardo, perché non dovrei tenerli alzati fino a tardi, perché tante cose…
È precisa nelle sue cose, metodica. Efficiente. Credo sia questo quello che la faccia essere madre e donna in carriera assieme. Nonostante potessimo permettercelo, non mi ha mai chiesto di assumere una donna delle pulizie, una tata o una cuoca. Ha sempre voluto tenere tutto a posto di persona. E se da un lato la ringrazio per questo perché tutto ciò riesce a darmi più il senso della normalità già quasi completamente assente nella mia vita, riconosco che le costi parecchie energie.
Per questo ho bisogno di tenerla tutta per me per un po’ di giorni. Quando non è mamma e non deve lavorare è semplicemente mia moglie, la ragazza che mi faceva trovare la casa piena di post-it, che passava le mattinate con me a letto solo a parlare e scambiarci tenerezze.
Questa casa quindi è un regalo egoistico se vogliamo.
- amore, è stupenda!- esclama, risalendo le scale del seminterrato, ripetendo il suo apprezzamento per la centesima volta.
- ti piace davvero?-
- sono domande da fare?- mi chiede stralunata girando per il grande salotto vuoto e inondato dalla luce che filtra dal giardino. Non mi ero accorto ci fosse anche la piscina.
- no, perché possiamo sempre venderla, se non ti piace. Jake ha ancora le copie del contratto fresche di firma. Ci mette un attimo ad annullare tutto-
Ecco. Iniziamo a introdurre il discorso Jake. Spero solo di non finirci annegato nella piscina.
- è per questo che ti ha chiamato prima? Per dirti della casa?- chiede rabbuiandosi un poco e raggiungendomi al centro della stanza.
- …ssi-
- e per…?-
- ho un’intervista da rilasciare a Boston tra tre giorni e… -
- …devi andare -
- non ho potuto rinunciare, amore. Ha gestito lui tutta la faccenda della compravendita, mi sembra di dovergli qualcosa-
In effetti è così. Lo faccio solo per questo. Adoro il mio lavoro, ma solo copione alla mano. Tutto il resto… le interviste, le foto… no. Quelle le detesto. Le trovo un’inutile perdita di tempo. Ma fanno parte del pacchetto.
Ale si rannicchia contro il mio petto, aggrappandosi al bavero della giacca. Non mi guarda.
- mmm… solo perchè si è già preso la briga di sbrigarmi le scartoffie, ma che non ci faccia l’abitudine!-
- sarò a casa per cena, amore. Vado solo a Boston-
È vero. Potrò anche prendermela con comodo durante il viaggio. Meno di due ore di volo. Sono abituato a ben di peggio.
- poi prometti che resterai a casa con noi e non ti muoverai più fino a quando non dovrai andare a Buffalo- mi prega stringendomi in un abbraccio.
- promesso. E ti dirò di più. La sera dopo andiamo a una festa, ti va?-
- non sarà una di quelle feste di beneficenza noiose?-
- si, ma sarà solo l’inizio serata. Poi sarà una notte tutta nostra. Sai… ho sempre sognato di farti mia nella sala panoramica della Statua della Libertà-
- mmm… sembra un bel programma- commenta sfilandomi la sciarpa dal collo.
- sembra davvero un bel programma - le rispondo sbottonandole il soprabito. L’elettricità è tornata intensa tra di noi, tanto intensa da poter essere addirittura visibile.
- perché non inizi a farmi tua nella nostra nuova casa?- sussurra sensuale al mio orecchio, spogliandomi della giacca che cade a terra e portando una gamba sul mio fianco, sì da farmi sentire di nuovo sotto le dita il pizzo dell’autoreggente.
- perché non c’è posto dove non ti farei mia-
- allora inizia da questo pavimento-
- con vero piacere-
E mentre scivoliamo sul lucido parquet della nostra nuova casa, distesi sulle nostre sole giacche, penso che se per avere questo devo andare una giornata a scambiare chiacchiere futili con un giornalista da strapazzo, posso ritenermi ancora fortunato. Farei qualsiasi cosa. Qualsiasi.
 
 
 
Ale e Rob + casa nuova
Ale e Rob, Matt e Ary
 
 
 
Eccoci qua. Il primo pov di Robert. Siccome molti sono rimasti perplessi di fronte al cedimento di Alessia così immediato dello scorso capitolo, nonostante avesse tutti i motivi per tirare un bel calcio nelle palle al suo consorte e lasciarlo in bianco, mi permetto di dare una risposta unica per tutte e otto le recensioni riguardo a questo particolare.
Quest’estate ho avuto l’onore di avere sotto diretta osservazione ben tre coppie insieme da lunga data (dai sei anni in su, per capirci). Io e la mia compagna di stanza, single e sfiduciate nei confronti dell’amore, con l'ausilio di una fidanzatina novella, ci siamo chieste quale fosse il collante delle loro storie, cosa li tenesse insieme e affiatati nonostante tutto quel tempo (e per affiatati intendo come se stessero insieme da pochi mesi).
C’è chi ha risposto l’amore, chi il vivere giorno per giorno, chi l’intesa, chi la passione, chi alcuni periodi di lontananza per rincorrere le proprie aspirazioni, chi il lasciarsi liberi di provare tutto ciò che si desidera provare.
Io ho messo insieme tutto questo. Ho pensato che la lontananza cui sono spesso sottoposti abbia fatto si che quel lato della loro vita di coppia non si esaurisse tanto in fretta, o che cmq non andasse a morire lentamente con l’abitudine e la vita di tutti i giorni che credo ci renda spesso disattenti e più inclini a lasciare da parte il partner in questo senso. Che restasse quasi in una fase di stallo, insomma. Magari mi sbaglio, per carità… però credo di non essere tanto lontana dalla verità, almeno secondo l’esperienza di alcune persone che mi circondano.
Sono qui presto rispetto ai pronostici, complice il fatto che venerdì non avrò lezione e potrò recuperare il tempo perduto a terminare il capitolo di stasera.
Ricordo che nel frattempo sto scrivendo anche un’altra ff, “red dresses, la meravigliosa vita delle ragazze in rosso” e che in fase betaggio c’è già un’altra storia sul Pattinson, ma di registro completamente differente da quanto abbiate mai letto nel sito (o almeno credo). La ff si chiamerà “l’ultimo cavaliere”, link al trailer nel titolo.
Ricordo come sempre il blog per tenere sott’occhio gli aggiornamenti e gli avvisi e ringrazio chi si è fidato ancora di me e ha deciso di seguire ancora Ale e Rob. Grazie!
 
 - Aching4perfection : ciao! Bentornata! Innanzitutto grazie per gli auguri per i miei studi, mi serviranno molto quest’anno!!!!
Alessia… si, Alessia è una donna diversa dalla ragazza che era il PLVK. È una madre, una lavoratrice. È sola, se vogliamo. Ama con tutta sé stessa suo marito ma non basta. Purtroppo Rob non si rende pienamente conto di quanto il suo lavoro si stia prendendo spazi sempre più ampi della sua vita, ma questo si vedrà meglio dopo. Per ora si culla nella speranza che viziare la sua famiglia serva a farsi in qualche modo perdonare delle sue mancanze e il fatto che Alessia non manchi si di farglielo notare, ma anche di essere moglie a tutti gli effetti per lui non lo spinge a domandarsi se le cose stiano effettivamente così. Ale, da buona rappresentante del genere femminile aspetta che se ne accorga da solo ma… gli uomini sono tardi, lo sappiamo!
Un bacio grande! :)
 
- Angyr88: ho letto il tuo sfogo giornaliero e credimi ora arrivo a dirti la mia anche su quello ma in sede consona!
Professionalmente parlando… tradimenti…? Mah… lascio fare all’ispirazione! Kell, Beckie e tutti gli altri troveranno adeguato spazio nella storia. Sarà la ff un po’ di tutti questa :)
La canzone è quella di Eclipse… io me ne sono innamorata a prima nota! In questi giorni ascolto solo più quella e sai benissimo che nella mia testa suona anche quando non dovrebbe!
Ma lasciamo perdere… un bacio So!!!!!
 
 - Jodie: eccola qui, tornata più scatenata che mai!!! XD chiedi scusa da parte mia a tuo fratello che poveraccio è stato coinvolto nei festeggiamenti senza poter fare altro che subire!!!!
Mmm Robert si… è un po’ scemo. Dovrebbe stare con la sua famiglia, ma il fatto che in un’intervista disse “a volte penso ‘al diavolo la recitazione’, poi mi rendo conto che potrei ritrovarmi a fare il commesso in un negozio di scarpe. Recitare è molto più bello” mi ha fatto pensare che difficilmente si sarebbe reso conto quanto realmente della sua vita sacrifichi per la recitazione e così mi sono detta perché no?
Un bacio carissima :)
 
- lampra : sorpresa! :) e si, è proprio un sequel. Avevo detto in effetti che non ci sarebbe stato, ma poi mi aveva colto l’ispirazione e negli ultimi capitoli di PLVK avevo ventilato l’ipotesi che potesse esserci un seguito a distanza di qualche tempo. Finalmente mi sono decisa!!!! Spero di non dovermene pentire mandando alle ortiche la vostra pazienza!
 
- romina75: ciao!!!!!!! È sempre bello ritrovarti in ogni nuova storia, pronta con consigli e sostegno, quindi già solo per questo Grazie!!!! Rapporto di parte con Rob… mmmm no dai. Ho spiegato sopra il motivo cmq :) ma tranquilla, non la passerà liscia all’infinito.
Per quanto riguarda gli altri personaggi… si ho stravolto un po’ le loro vite, ma a parte il mio non credere che tutto vada bene a tutti, il loro non coinvolgimento amoroso mi serviva per il sequel e anche le terapie di coppia di Beckie mi torneranno utili. Credo che avranno più spazio in questa ff rispetto all’altra, interagendo molto di più con Ale e Rob, essendo anche molto più coinvolti nelle loro vite.
Non devi scusarti per le tue perplessità, anzi! a parte che le recensioni sono fatte apposta per questo, sono contenta del fatto che questa storia ti piacesse già così com’era. Ma non so… ho voluto cimentarmi in qualcosa di diverso dalla solita fase dell’innamoramento. Sarà che da quando mi sono lasciata il dubbio sull’eternità dell’amore si sia fatto sempre più grande… e scrivere di un dopo magari mi aiuti a credere che in realtà il sentimento permanga nonostante le vicissitudini della vita. Bah… magari sparo solo una caterva di cavolate!
Un bacio grande!!!!
 
bibabirba: beh, che dire??? :) lieta che tu sia ancora qui a sopportare questi due pazzi assieme a me :) e grazie anche per i complimenti, spero che questo sequel non ti deluda :)
Un bacio!
 
- dindy80: visto????? Te l’avevo detto di avere fede!!!! Ti vedo particolarmente entusiasta e quindi spero di non scavarmi la fossa da sola con le vicissitudini che ho in mente per questa storia… ma ripeto, mi conosci. Abbi fede e ricorda che il lieto fine c’è sempre :)
A presto carissima!!!!
 
- JessikinaCullen: vinci il premio prima recensione!!!!! *____* 
Analisi impeccabile, come sempre! Non hai sbagliato una virgola! Cioè hai afferrato a colpo il succo principale dell’intera storia. Ale arrabbiata, Rob incosciente, Kellan in cerca dell’amore… solo per Ashley non ci hai preso. Ecco Ash è l’unica che, per quanto l’adori, ho preferito lasciare indietro se vogliamo. Comparirà di nuovo, per carità, ma non ho ancora deciso in che ruolo farla tornare. Alla fine dell’altra storia avevo detto che se n’era andata senza spiegazioni da Jack, anche se Kell sapeva qual’era la verità sottostante. Semplicemente come amici l’hanno persa di vista, e a parte qualche successo cinematografico, Ale non sa molto di lei. Ma senza rancore di sorta :)
Grazie mille Je, per tutto!!!!
Un bacio enorme!!!!!

 

 

 

 

   
 
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