La Verità
Prompt: Ariana, R, Stupeficium, Agosto 1899, Godric's Hollow, Angst,
Aberforth, Imm 4 (al posto di Bathilda)
Maledizione. Odio dover fuggire.
Era stata una giornata così luminosa. C'era ancora sole e caldo, a Godric's
Hollow; Agosto era stato un mese incredibilmente asciutto. L'erba della
brughiera era secca e ai lati delle strade i frutti di bosco erano già così
dolci che i bambini ne riempivano i cestini e le mani. Ariana ne aveva raccolti
quella mattina, vicino al fosso dietro casa, e, insolitamente lucida, li aveva
mostrati a Gellert quando lui era entrato dalla porta della cucina, in cerca di
Albus.
Gellert aveva accettato una mora e le aveva sorriso: sembrava che in quel
momento lei comprendesse quel che capitava, ed era deliziosa con l'abitino lilla
e le mani sporche del succo dei mirtilli.
Ariana aveva ricambiato il sorriso, rosso dei frutti che stava mangiando.
Sembrava felice di vederlo lì.
Sembrava che tutto stesse andando così bene.
Lui e Albus si erano fermati nell'ingresso della casa, ignorando l'odore di
muffa delle pareti sempre in ombra, e la loro discussione amichevole della sera
prima era ricominciata come se non si fosse mai interrotta.
Parlavano di luoghi. Forse, finalmente, sarebbero riusciti a partire. Aberforth
stava per tornare a scuola, che lo volesse o meno, e si sarebbe potuta trovare
una donna discreta che badasse ad Ariana. E loro avevano già un paio di idee su
dove poter trovare la Bacchetta, se solo Albus si fosse convinto ad andarsene di
lì.
Sembrava che quel giorno cominciasse qualcosa di nuovo.
Col cavolo! E' finito tutto così velocemente da strapparmi il cuore.
Poi Gellert si era avvicinato e aveva baciato Albus. Era felice quella
mattina, quasi un po' ubriaco delle possibilità che erano ad un passo
dall'aprirsi per loro. Aveva affondato le mani nei suoi capelli e la bocca nella
sua, e Albus aveva sorriso in quel bacio, gli aveva cinto la vita con le braccia
e se l'era tirato contro, aveva sussultato quando la bocca di Gellert aveva
lasciato la sua per posarglisi sul collo.
Dovevano parlare ancora, avevano così tante cose da progettare, da discutere.
Ma erano giovani e innamorati, e si erano dimenticati del tempo per qualche
istante, e del posto dove si trovavano, al punto da non notare i passi pesanti
di un ragazzino arrabbiato che scendeva le scale.
Se avessi il potere di controllare il tempo, tornerei indietro e ucciderei Aberforth molto prima di questa mattina. Merlino, come vorrei averlo ucciso fin da subito. Ma Albus...
Aberforth non sapeva nulla dell'amore, così giovane com'era. Non aveva visto
altro che qualcosa di sordido nell'abbraccio languido in cui Gellert stringeva
suo fratello, nient'altro che perversione nelle mani di Albus sulla pelle di
Gellert, sotto la sua camicia slacciata.
E non aveva per la verità mai visto altro in Gellert che l'assenza di scrupoli,
l'ambizione cieca e il desiderio di potere. Cose vere, ma che non erano mai
state tutto Gellert Grindelwald. La passione, i sogni, l'ideale di un mondo più
giusto: queste cose buone Aberforth non le capiva, in Gellert. E invece erano
reali, ancora di più da quando i suoi occhi e la sua mente si erano fusi con
quelli di Albus, due mesi prima.
Lui capisce chi sono, Albus lo sa. Ma capirà anche questa volta?
E Aberforth si era messo ad urlare contro di loro. Gellert non aveva colto
che qualche frase spezzata, la rabbia perché Albus voleva abbandonare Ariana, il
disgusto per quello che aveva visto, e parole di odio per Gellert, Gellert il
mostro, l'essere spregevole, l'abominio che sognava solo distruzione e morte.
Albus aveva urlato indietro di giustizia e di sogni e Aberforth aveva fatto un
solo passo di troppo con i pugni chiusi verso suo fratello.
Allora Gellert aveva perso del tutto il controllo.
Perché c'era sempre stato qualcosa di immensamente crudele in Gellert, che lui
aveva sempre nascosto ad Albus. Gellert sapeva odiare e in quel momento odiava
Aberforth, le sue parole, la sua espressione nauseata e il fatto che avesse
osato pensare di minacciare Albus.
Cosa valeva quel misero contadino buono solo per badare alle capre, vicino alla
mente geniale di Albus Dumbledore? Come osava mettersi in mezzo tra Gellert
Grindelwald e il compagno che aveva scelto per dividere il suo potere?
Gellert aveva sfoderato la bacchetta.
Albus non ha capito, Albus non si è accorto di nulla. Albus mi ha attaccato, sì. Ma stavo per uccidere suo fratello.
L'avrebbe ucciso, non aveva scrupoli e non aveva dubbi, con in corpo sedici
anni di rabbia controllata da sfogare. Voleva vederlo sparire.
Ma Albus, più compassionevole, si era spaventato e aveva cercato di fermarlo.
Gellert, trattenuto dal suo alleato in quella battaglia, lo aveva colpito col
gomito; ma intanto aveva perso il vantaggio e Aberforth era armato e pronto allo
scontro.
Poi era stata una questione di attimi.
Schiantesimi da tutte le parti, nessuno dei quali a segno. Gellert non sapeva se
doveva attaccare Aberforth o Albus per fermare quel caos, e non osava più
colpire per uccidere, perché Albus era tra loro.
Non sapeva chi l'avesse colpito di striscio, se lui o Aberforth, ma Albus aveva
perduto gli occhiali. Aberforth era stato distratto a metà di un incantesimo da
suo fratello che l'aveva urtato cercando di recuperare la vista, e aveva perso
di vista il suo bersaglio.
Tutti e tre, quasi contemporaneamente, avevano gridato Stupeficium! senza
guardare davvero dove colpivano.
Gli specchi erano andati in pezzi. La porta della cucina era saltata via dai
cardini.
E in quella follia di lampi rossi era comparsa dal nulla Ariana, terrorizzata,
urlando.
Non ho mai odiato Ariana, mai, Albus, credimi. Aberforth sì, ma lei? Il nostro nuovo mondo era anche per lei. Volevo bene a tua sorella, Albus, oh, mi dispiace.
Gellert in quella stanza era l'unico abbastanza lucido da capire cosa fosse
successo. Era la rabbia a guidarlo, non la paura.
Ed era l'unico che aveva visto, che aveva potuto capire, quando le bacchette
erano impazzite, che quella puntata inavvertitamente verso Ariana era quella del
più grande dei suoi fratelli.
Albus l'aveva colpita, e ancora lo schiantesimo avrebbe potuto essere solo uno
sgradevole incidente, se Ariana non fosse venuta fuori spaventata dalla cucina,
interrompendo le faccende che per una volta era stata capace di fare, con il
coltello ancora in mano.
Ariana era caduta.
Gli altri l'avevano vista solo quando ormai era già a terra, immobile come una
bambola, il coltello affondato nel petto e una macchia rossa sull'abito, una
macchia che non era di fragole.
Povera Ariana. Povera piccola bambina, perché Aberforth si è impicciato, perché non ha voluto capire? Albus, e tua sorella è morta sulla punta della tua bacchetta di sorbo, povero amore mio.
Aberforth aveva cercato di rianimarla subito. Albus era come congelato in
mezzo alla stanza e Gellert stesso non capiva come muoversi, ancora, e la
bambina si era ripresa un istante tra le braccia del fratello preferito.
Aveva portato una mano rossa di sangue sulla bocca rossa di more, come volesse
assaggiare quel nuovo succo per scoprire che sapore avesse.
Bocca sporca di mirtilli, un coltello in mezzo ai seni. Vecchie parole di
una vecchia poesia. Tutto quel che Gellert era riuscito a pensare, mentre la
guardava.
Aberforth aveva cercato come uno sciocco di toglierle la mano dalla bocca, e lei
in quello stesso istante era morta.
La bambina che era curiosa del suo stesso sangue un attimo prima, un attimo dopo
era solo un corpo finito, vuoto.
E Albus si guardava attorno perduto, senza sapere dove cercare l'assassino di
sua sorella. Senza sapere che non poteva vederlo, se non in uno specchio.
Spero solo che fuggire sia stata la scelta giusta. Ma restare voleva dire doverti raccontare la verità, Albus, lo capisci? E temo che questo volesse dire ucciderti, amore.
Gellert aveva dovuto decidere in fretta. Aveva cercato e trovato gli occhi di
Albus, così azzurri dietro le lenti ancora storte sul naso, e aveva mostrato la
sua faccia più gelida e indifferente, quella che aveva sempre nascosto ad Albus,
prima. L'aveva guardato come se tutto non avesse importanza, la bambina morta,
il ragazzo che piangeva e quell'amore di un'estate appena che si stava
spegnendo.
Aveva fatto solo un piccolo cenno, come un saluto casuale, ed era scappato via
dalla porta, di corsa, fuori da quella casa, lontano. Non si era nemmeno fermato
a casa a salutare sua zia.
Se ne era andato e li aveva lasciati in quel caos e in quei dubbi, per non dover
dire loro quel che sapeva.
Perché non posso mentirti, Albus, non su questo incubo. Non posso dirti che
l'ha uccisa lui, per quanto lo odi. Non posso dirti la verità.
E quindi sto fuggendo, ti sto dicendo addio. Lascia che sia colpa mia, pensa che
sia così, Albus. In fondo lo è stata.
Chissà, fra molti anni potresti cercarmi, e potremmo ricominciare da dove ci
siamo interrotti.
Quindi fammi questo favore, Albus, e dimentica quello che è successo. Ricorda
solo il mio amore e i nostri baci. Ricorda i nostri sogni.
E sarò sempre pronto quando vorrai tornare da me.
Note Noiose:
La frase "Bocca sporca di mirtilli, un coltello in mezzo ai seni" non è per
nulla una vecchia poesia. E' di Fabrizio de André, nella canzone Sally, ed è
così spaventosamente adatta all'immagine del prompt che non potevo lasciarla
scappare.
Tra parentesi, sì, questo è quello che penso sia accaduto ad Ariana, più o meno.
Non necessariamente il coltello, quella è una sorta di licenza perché mi piaceva
l'immagine, ma il resto, grossomodo. Che sia stata uccisa da Albus (perché se fosse stato Aberforth o Gellert, in
qualche modo Dumbledore l'avrebbe scoperto, o intuito a modo suo), e anche un
po' che Gellert sia fuggito per non dover dare spiegazioni, non al mondo intero,
ma ad Albus.
Solo che Gellert pensa che Albus capirà il motivo della sua fuga e che tornerà
da lui. E Albus non lo fa, invece. Il che, per me, è persino più triste che se
fosse fuggito e basta, almeno per Gellert.
Non sappiamo molto delle reali condizioni mentali di Ariana. Io ho immaginato
che fosse alternativamente lucida e relativamente normale, o chiusa in se stessa
e assente; che nei momenti di lucidità fosse dolce e un po' nelle nuvole, e in
quelli peggiori non avesse controllo sulla sua magia né sui suoi comportamenti o
scatti. Infine, non so perché, l'ho immaginata come se non fosse in grado di
parlare e non volesse farlo. E' la mia interpretazione personale del
personaggio.
Ancora una volta, questa fic è nata grazie ai prompt del
Regenbogen
Challenge di
grindeldore_ita.
La drabble iniziale, che si ispira ad un altro prompt della stessa tabella, mi è
sembrata ironicamente adatta a fare da intro a questa fic, ecco perché le ho
messe insieme.