Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Dira_    25/10/2010    21 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi spiace ma ha questo giro non riesco a rispondere alla recensioni… sorry, ma ho la laura della mia BFF (tanto per americanizzare un po’ alla cazzo di cane) e devo occuparmi che non venga fuori un’orrore.
 
****
 
Capitolo XII

 


 
 
Calling all the stars to fall
And catch the silver sunlight in your hands
I've waited for a thousand years
For you to come and blow me out my mind
(Lyla, Oasis)¹
 
 
4 Settembre 2023.
Hogwarts, Sala Grande. Ora di colazione.
 
Albus non sapeva chi sarebbe stato il Campione di Hogwarts.
Seriamente, se avesse dovuto dare un nome, probabilmente avrebbe balbettato nella confusione più assoluta. C’era una rosa di papabili, naturalmente, di cui si stava vociferando da almeno quarantotto ore.
Al momento non se ne ricordava manco uno.
In ogni caso, lui era occupato. Primo, ad organizzare turni di sorveglianza dei suoi prefetti, secondo a controllare che li rispettassero ed evitare il nonnismo sui primini – un evergreen in casa verde-argento. Non indulgeva nel confabulare al tavolo della colazione, dove era al momento, invece di essere peraltro già a lezione.
Non era del tutto colpa sua: prima un paio di ragazze di Beaux-Batons lo avevano fermato, vedendo la sua spilla, e gli avevano detto di essersi perse. Aveva dovuto accompagnarle fino all’aula in cui avevano lezione, visto che non riuscivano a decifrare l’orario.
Tom, che aveva auto-eletto camera sua la loro camera, si era dileguato non appena avevano attaccato bottone.
Bastardo.
Essere Caposcuola, aveva scoperto in quelle quarantotto ore, non era solo mollezze e privilegi.
Non se vuoi farlo decentemente. È c’è questo mio stupido senso del dovere…
Come se non bastasse l’altro Caposcuola era un Tassorosso. Nulla da eccepire sulla Casa che aveva ospitato Teddy, ma Megan Bones dalle sue discendenze sembrava aver preso molto poco.
Non che non fosse una brava ragazza, gli era sembrata una a posto alla presentazione sul treno, ma era anche palesemente spaventata dall’eventualità di dividere la carica con lui, un Serpeverde, per quanto figlio del Salvatore. Sembrava essere molto amata però, dai suoi compagni di casa e dal resto della scuola.
Manderò lei avanti per le pubbliche relazioni…
Per quanto avesse cercato di vedere solo i lati buoni della sua nomina doveva ammettere che molti sembravano convinti che fosse dovuta solo ai suoi natali.
Beh, nessuno sa che ho fatto l’anno scorso. Nessuno sa di Fanny, né della Bacchetta. Meglio che continuino a darmi semplicemente il merito di essere un buon Cercatore…
Accanto a sé Tom, sordo ai suoi arrovellamenti interiori, stava imburrando una fetta di pane con calma.
“Tom, lo sai che è mostruosamente tardi?” Lo apostrofò trangugiando vitale succo di zucca: senza quello non riusciva ad ingranare la giornata.
“Per te, forse. Io non ho lezione, non ancora. Andrò a ripassare in biblioteca.” Gli comunicò con sorriso pigro. “E comunque puoi anche evitare di ingozzarti come un ippogrifo. Gli elfi delle cucine hanno l’ordine di tenere il cibo caldo sui tavoli e rifornirli finché l’ultimo studente non si è alzato…”
“Come lo…?” Cambiò approcciò. “Dove l’hai letto?”
“In Storia di Hogwarts, naturalmente.”

“La stai ripassando spero…”
“No, la so a memoria.” Ironizzò l’altro. Gli mise poi la fetta di pane millimetricamente imburrato nel piatto.

“Beh?” Gli chiese.
“È per te. Io odio il pane imburrato con questa quantità di marmellata di mirtillo. È da glicemia.” Replicò con aria infastidita.
Al gli sorrise, dandogli una pacchetta sulla mano: Tom era matematicamente incapace di fare qualcosa di carino ed esserne contento. Doveva sembrare infastidito per mascherare l’imbarazzo.
“Quando vuoi sei dolce.”
Non sono dolce. Mi preoccupo che il tuo stomaco non cominci a gorgogliare a lezione. Come ieri sera. Ha smontato tutta l’atmosfera.”
Ti prego.” Inarcò un sopracciglio. “Non mi sembra di ricordare che ti sei smontato, Signor Dursley…”
Tom fece una smorfia, ma accettò il punto. “Non eri in ritardo?”
“In effetti… ci vediamo a pranzo!” Afferrò la borsa con i libri, fida compagna di sette anni, più lisa e macchiata che mai e si infilò la fetta di pane trai denti. Non potendo comunicare altrimenti, gli arruffò i capelli.

Tom si divincolò irritato, schiacciandoseli di nuovo visto che si erano rizzati in aria.
È perché sono troppo corti…
“Sparisci.” Sbuffò, prendendo a suggere the con aria da lord e i capelli ancora dritti sulla nuca.
Al represse una risata e corse via. Prima di varcare il portone si arrischiò a lanciare un’occhiata alle sue spalle.

Tom era sempre lì.
Bene…
Prima o poi gli sarebbe passata quella stupida mania di controllare che non fosse scomparso di nuovo.
Per il momento, decise, se la sarebbe tenuta.
 
Quando arrivò all’aula di Difesa Contro le Arti Oscure dovette bloccarsi a metà corridoio.
Davanti alla porta infatti c’era Michel, con Loki: stavano chiacchierando, appoggiati indolentemente al muro.
Bene, non è così tardi allora…
A parte le sue considerazioni temporali, si sentiva a disagio. Sapeva che avrebbe dovuto parlare all’amico, glielo aveva detto persino Tom.
E si sa che non è un grande fan della nostra amicizia…
Ma non sapeva cosa dirgli. La realtà è che aveva sfruttato Michel: per tutto il semestre prima si era aggrappato a lui, al conforto che gli aveva dato e alle occasioni di svago che gli aveva servito in un piatto d’argento, tutto pur di non pensare al suo ragazzo scomparso letteralmente nel nulla.
Doveva parlargli, ma sapeva che non sarebbe stato facile. Non lo aveva avvertito, non lo aveva chiamato.
Doveva parlargli e non trovava il coraggio.
Ti meriteresti un applauso Al…
Michel poi tirò dritto, sorpassandolo senza vederlo. Era una fortuna che non avesse scelto quella materia per i MAGO, come invece aveva fatto Loki.
Tirò un sospiro e si apprestò ad entrare. L’aula era stipata di persone, visto che la delegazione di Beaux-Batons seguiva le lezioni con loro avendo un programma scolastico molto simile. Era strano vedere tanto celeste in un mare solitamente nero di uniformi.
Si aspettava quindi di trovarci Dominique, loro coetanea, e non c’era.
Non si aspettava di trovarci…
… Lily?
“Ciao fratellone.” Sorrise placida, tra tre ragazzi francesi.
“… Non sei un po’ piccola per il Settimo?” La prese in giro, tirandole una ciocca di capelli, quel giorno acconciati in due codini.
“Ero qui per vedere se c’erano anche i ragazzi di Durmstrang, ma Rosie mi ha detto che fanno lezione sulla nave.” Borbottò, suonando stranamente seccata da questo piccolo contrattempo.
Curioso, considerando che è circondata comunque da ragazzi…
“Il loro programma accademico non coincide con il nostro, praticamente non hanno una materia in comune con noi…” Si inserì Rose, già in prima fila, con un posto vuoto accanto a sé e l’altro occupato da un recalcitrante Scorpius.
“Mi sento nudo al primo posto! Io sono un tipo da ultima fila! A chi tirerò uccelli di carta?” Piagnucolò, prima di strizzargli l’occhio, dimostrando come al solito di essere perfettamente a suo agio in quella postazione.
“Silenzio.” Replicò Rose. “Al, piuttosto hai visto Dom?”
“No, si sarà persa forse… Vado a cercarla?” Chiese, ben felice di aver qualcosa da fare invece che rimuginare sulla sua capacità di rompere amicizie annali.

Si voltò, senza attendere risposta, e si trovò di fronte Dominique, come se fosse sempre stata lì.
Buh! 
“Argh!”
Il conseguente urlo fu suo: odiava essere preso di sorpresa, lo gettava in uno stato d’allerta totale.
La conseguenza successiva fu che sbatté contro lo spigolo di un banco, perdendolo l’equilibrio. Per fortuna Lily, abituata alla sua scarsa coordinazione motoria, lo tirò a sé in tempo per farlo semplicemente semi-sdraiare sulla panca tra le risate degli astanti.
“Dom, ciao!” Rise deliziata sua sorella. “Dov’eri? Ti sei disillusa!”
“Serve sapere trucchetti del genere, quando vivi in mezzo ai draghi, rossa…” Le strizzò l’occhio, con un lieve sorrisetto ad arricciarle le labbra.  
Rose, in quanto suo perenne supporto morale dall’età di due anni, sbuffò. “Dom! Per le mutande di Merlino, lo sai che Al detesta essere preso alle spalle! Sei sempre la solita!”
Decisamente lo era: persino in uniforme era palesemente ovvio che Dominique Weasley non fosse una tipa ordinaria. Lo dicevano i suoi piercing, i capelli innaturalmente color argento – anche se quella probabilmente era la sua unica eredità Veela – e le lentiggini a punteggiarle il naso. Non aveva ereditato il fisico armonioso delle Delacour, ma la variante dinoccolata e androgina Weasley. Il tutto, benché separato sembrasse disarmonico, riunito le dava quel tocco di assurdità che la rendeva affascinante.
A modo suo.
Dom gli tese la mano, tirandolo in piedi con energia. “Ciao Sissy, hai quasi diciot’anni, dov’è la tua barba?”
Al tese un mezzo sorriso, ricordandosi che Dom aveva un modo tutto suo di dimostrare affetto:  ricordarti soprannomi orripilanti risalenti alla tua prima infanzia era uno di quelli. “Sissy… non lo sentivo da quando avevo cinque anni…”
“Per me sarai sempre Sissy, anche se dai… è vero, sei diventato un ometto!” E qui gli diede una pacca sul petto da mozzare il fiato. “Ho sentito che hai fatto un bel casino l’anno scorso!”
“È stato un casino molto virile e sexy.” Gli venne in aiuto, a modo suo, Lily. “Davvero.”
“È stato un anno orribile, e non è stato affatto sexy.” Puntualizzò Rose, a cui piaceva Dom ma a piccole dosi e soprattutto non se lo prendeva in giro.

“Andiamo, Mamma Oca. Ammettilo. Sparizioni, rapimenti, omicidi e serpentoni sanguinari. Gente, non succede mai niente del genere in Francia! Avrei dovuto iscrivermi qui, invece che dare retta a maman e Vic…” Sbuffò, inarcando un sopracciglio quando notò Malfoy, che la guardava con l’aria esilarata di chi stava davanti ad uno spettacolo circense di rara bravura. “Lui è il Malfoy?” Lo scrutò, mentre Rose accanto a lui deglutiva. “Perché ha l’aria simpatica? Non dovrebbe, giusto?” Interloquì verso nessuno in particolare.
“Sono un tripudio di simpatia, in realtà.” Le assicurò Scorpius, e Al realizzò con divertimento che quei due sembravano parlare la stessa lingua dell’assurdo. Rose sembrò notarlo parimenti e sembrare però un po’ meno contenta. “E mi piace il tuo stile, bionda.”
“Biondo sarai tu!” Rise dopo una breve pausa valutativa. “Rosie, Rosie… allora le voci che circolano sono vere. Beh, buona scelta, sembra.”
“Quali voci?” Chiese inquieta. Poi lanciò un’occhiata trafiggente a Lily. “Lilian Luna Potter…” Scandì con un tono che ricordò a tutti i cugini, con brividi più o meno manifesti, Molly Weasley.

“Oops!” Disse questa con grandi occhi innocenti. Purtroppo non le riuscivano affatto, stimò Albus. “Si è fatto davvero tardi, devo andare a lezione di… qualcosa. Addio!” Sussurrò, strizzando l’occhio alla torma maschile in silenziosa adorazione prima di schizzare via, con uno scatto niente male per una ragazza che odiava il Quidditch e qualsivoglia attività fisica.
“Quella stronzetta!” Ringhiò Rose. “Ha spifferato tutto!”
“Non so se per tutto intendi dire il tuo piccolo ménage con SimpaticoMalfoy…” Considerò meditabonda Dominique. “Se può aiutare, si vede lontano un miglio che state assieme. Appena gli ho sorriso hai cominciato a ringhiare.”
“Cosa… Come?” Sussurrò Rose disorientata mentre Scorpius rideva, dandole una pacchetta sulla mano.

“La mia Rosie è molto possessiva.” Spiegò soddisfattissimo. “Ma io sono fedele con tutto il mio cuore al suo cuore. E a altri vari organi vitali.” Concluse, scoccando alla ragazza un’occhiata che era pura adorazione.
Rose arrossì e gli sorrise, seppur debolmente. 
Al lasciò Dom a stuzzicare la coppia, sedendosi al suo posto e tirando fuori i libri di testo e le varie penne: era palese che Scorpius fosse contento di poter esternare qualcosa il loro rapporto a qualcuno, invece che dissimulare, rifletté.
Pensò a Rose, e a quello che gli aveva detto prima di salire sull’Espresso per Hogwarts.
Davvero Scorpius è d’accordo con te sul continuare a tener nascosto tutto?
Perché non sembra…
Ma non lo disse, perché non erano affari suoi e Teddy era appena entrato in aula, con un sorriso mite e una grossa gabbia coperta, da cui provenivano gemiti agghiaccianti.
Gli occhi di Dominique si illuminarono di gioia maltrattenuta, quando gli diede un calcio sotto la sedia per attirare la sua attenzione. “La nostra professoressa non usa creature vive per tenere le lezioni. Credo di amare Teddy. Anche se adesso pare che sia gay. È la novità dell’anno, no? Lui e Jas… Da non crederci!” Fece una pausa brevissima. “Comunque la sai l’altra novità? Mi candiderò!”
“Direi che quasi me l’aspettavo…”

 
 
****
 
Hogwarts, esterno.
Ora di pranzo.
 
Lily sarebbe dovuta andare a lezione.
Probabilmente avrebbe dovuto essere seduta ai primi banchi, in compagnia delle sue amiche e compagne di Casa per la prima lezione di incantesimi del suo Quinto anno…

… ma quel giorno il Fato aveva deciso altrimenti.
No, okay. Siamo onesti…
Aveva voglia di vedere Sören, e alla notizia che non avrebbe fatto lezione al Castello aveva deciso che sarebbe direttamente andata a cercarlo.
Questo era il motivo per cui era sgusciata via dal portone centrale e adesso stava scendendo il pendio che portava al Lago Nero. La nave di Durmstrang era ormeggiata al molo.
Arrivata, salì sulla passerella di legno robusto e brunito. Il vascello, perché era a tutti gli effetti un vascello, era stramaledettamente imponente – come avrebbe detto Jamie – e piuttosto sinistro mentre scricchiolava e oscillava davanti a lei.
Si sentì piccola e insignificante: probabilmente era questo l’effetto che voleva dare.
A proposito di insignificanza si sentiva… irritata. Sì, irritata e con Sören. Certo, aveva preventivato che non le gettasse le braccia al collo o la salutasse con un allegro sorriso…
A quanto pare il loro codice deontologico non permette espressioni facciali.
… ma un po’ più di considerazione quella sì, se la sarebbe aspettata!
Finita la cena del giorno prima, gli allievi si erano alzati come un solo uomo, e guidati dal loro preside erano marciati via. Sören si era confuso tra di loro ed era certa che non avesse neanche guardato nella sua direzione.
Devo proprio sgridarlo!
La loro corrispondenza era iniziata per gioco: due anni prima, nel terzo anno di Grifondoro, era scoppiata la moda dell’amico di piuma straniero e lei, reginetta di ogni trend, aveva dovuto primeggiare.
Si era quindi iscritta al programma ‘conosci un mago straniero” e dopo aver scartato una decina di candidati da ogni parte del mondo aveva scelto Sören. Era stato l’unico poco invadente, che alla menzione del suo cognome non l’aveva tempestata di domande su suo padre.
Era un po’ come scrivere su un diario. Potersi sfogare. Avere un amico che abitava a centinaia di miglia da lei le aveva dato la possibilità di confidargli cose che probabilmente non avrebbe detto neanche ai suoi fratelli.
Confidarsi ad un estraneo a volte era più semplice che ad un familiare. Nel tempo Sören era diventato più che un amico. Era diventato un simbolo.
E ora che lo aveva visto di persona si era sentita… strana.
Vedendolo, era stato come se la sua mente si fosse divisa in due: da una parte c’era il ragazzo a cui aveva scritto per due anni, una figura astratta… e dall’altra Sören in carne ed ossa, con quegli occhi penetranti e l’espressione dura.
L’aveva riconosciuto subito, ma non riusciva a smettere di pensare che…
… che non me lo immaginavo per niente così…
Lanciò uno sguardo complessivo alla nave. Sembrava disabitata e gli oblò erano ermeticamente chiusi, come le vele ammainate.
Assomiglia un po’ a Ren…
La passerella che portava all’interno, però, era calata e permetteva l’entrata.
Inspirò, e si fece coraggio, salendo. Dopotutto era solo una maledetta accozzaglia di architettura marittima, con dentro delle persone vere, studenti, poco più che suoi coetanei e peraltro ospiti di Hogwarts.
Non c’era certo nulla da temere!
L’interno era buio e con un fortissimo odore di mare. Impregnava l’intero ambiente, piuttosto umido a dire la verità.
I miei capelli!
Se li toccò distrattamente, aspettando che gli occhi le si abituassero alla luce fioca delle lampade.
Quando lo fecero, l’interno si dimostrò perfettamente in linea con l’esterno: sembrava di essere nella pancia di qualche mostro mitologico. Il corridoio era sostenuto da travi che assomigliavano tremendamente a costole di una gabbia toracica. Era spoglio, non c’era neppure una suppellettile o qualche quadro ad ingentilire l’ambiente.
Sembra una nave da guerra… come i modellini babbani che collezionava Hughie da piccolo…
Percorse il lungo corridoio, cercando di capire esattamente come avrebbe fatto a trovare Sören; non era facile. Non c’era nessuno e, a parte lo sciabordio dell’acqua contro la fiancata e gli occasionali scricchiolii del legno, non si sentivano altri rumori. La nave era immersa nel totale silenzio.
Inquietante, decisamente…
Il corridoio finì in una ripida scala a chiocciola che probabilmente avrebbe portato sopracoperta o ad un piano superiore. La nave era alta e stretta e lei era salita al piano più basso.
La percorse e sbucò in un ambiente più illuminato e decisamente meno tetro. Il legno era più chiaro, lucido e simile a quello inglese e gli oblò aperti davano un po’ di luce – anche se quella pallida e malaticcia delle mattine scozzesi – all’ambiente.
Sentì anche delle voci, anche se sommesse, in una lingua straniera.
Non sono mai stata brava con le lingue…
Misurò a cauti passi il nuovo corridoio. C’erano delle porte, alcune chiuse altre semiaperte, tutte ugualmente strette e dall’aria asfittica.
Lily capì di essere finita nel piano degli alloggi.
Ops… se mi becca qualcuno… Beh, se mi becca qualcuno che è uno studente magari posso farmi dire dove diavolo è Ren!
Non c’erano targhette alle porte, magari per capire chi abitasse le cuccette.  
Fantastico… Qualcuno?
Si sentì battere una mano sulla spalla, e sobbalzò, voltandosi di scatto.
C’era un ragazzo dietro di lei. Non l’aveva sentito arrivare, troppo presa dai suoi pensieri. Era il tipo che aveva affianco Sören la sera prima. Aveva gli zigomi pronunciati, tipico tratto delle persone dell’est e il naso schiacciato, ingrugnato in un’espressione di diffidenza.
“Cuosa ci fai tu qui?” Articolò a fatica, distorcendo le parole per adattarle all’accento.
“Cerco un amico!” Replicò pronta, esibendo il suo miglior sguardo da Bambi. Sbatté anche le ciglia, e dall’aria meno tesa dell’altro capì di aver fatto centro.
L’aria indifesa… un classico che non tramonta mai.
“Mi potresti aiutare?” Gli chiese anche, premurandosi di sembrare realmente bisognosa.
Nel caso avesse voglia di chiedersi perché sono qui, e non a lezione. 
“Se tu cerchi amico, magari l’hai truovato…” Si fece avanti, con un sorrisetto non esattamente gradevole. Forse era per i denti gialli. O per il fatto che le stesse fissando le tette. Qualunque cosa fosse, Lily fece un impercettibile e strategico passo indietro.
“No, cerco una persona in particolare. Ren… cioè, Sören.” Si corresse. “Potresti portarmi da lui?”
“Ora lui è occupato. Lascia che tenga io compagnia…” Fu lesto a rispondere, prima di fare un inchino che sicuramente era cenno di un educazione ben radicata. Sarebbe stato più atto allo scopo se non le avesse fissato le gambe nel mentre.

Argh.
“Mio nome è Kirill Poliakoff.”
E il mio è arrivederci.
Ma non le sembrava carino dirlo, così si limito ad un sorriso. Si era resa conto che fosse una situazione potenzialmente spinosa.
E ora come ne esco?
“Senti Kirill… Non fa niente. Magari torno dopo…” Tentò, cominciando a spaventarsi quando si rese conto che il ragazzo le teneva volutamente bloccato l’accesso al boccaporto da cui era salita.
 
“Che sta succedendo?”
 
Non era un telefilm babbano, ma l’entrata in scena di Sören fu cinematograficamente tempestiva.
Si voltò – perché tutti le arrivavano alle spalle senza che se ne accorgesse?! – e si trovò di fronte il suo carissimo amico di penna.
Doveva ammetterlo: anche l’uniforme ordinaria – era marrone scuro, color bosco – gli sembrava cucita addosso, come se non avesse fatto altro che indossare abiti dal taglio militare per tutta la vita.
Non era certa che fosse una caratteristica di tutti gli allievi dell’Istituto, però.
Al povero Kirill sta tremendamente…
“Oh, Sören! Inglesina cercava te…” Nonostante il ghigno cameratesco Lily notò che l’altro ragazzo era a disagio: aveva le labbra contratte e lo sguardo era vigile, quasi ad aspettarsi qualcosa di spiacevole.
Uhm…
“Ciao Ren!” Esclamò comunque, sentendosi chiamata in causa. Sören inarcò le sopracciglia, quasi non la credesse capace di parola.
“Ciao.” Replicò guardingo. Il suo inglese sembrava migliore, a parte una lieve inflessione dura nelle consonanti. “Cosa ci fai qui, non dovresti essere a lezione?”
In due secondi aveva scoperchiato i calderoni, come avrebbe detto sua nonna Molly.
Lily si limitò ad un sorriso disimpegnato. “Forse. Ma avevo voglia di vederti.” Dichiarò spassionata. La sincerità pagava sempre.
Dallo sguardo malizioso di Kirill tipo capì che a Durmstrang però non era una cosa valutata positivamente.
“Ah.” Sören infatti sembrava assolutamente preso in contropiede. “Ma l’accesso alla nave è interdetto agli studenti di altre scuole…”
“Non lo sapevo… La passerella era calata ed io sono salita!”

Sören aveva un modo di inarcare un solo sopracciglio che lasciava trasparire moltissimo. In quel momento, era una vaga riprovazione.
Davvero non lo sapevo! Beh, anche se l’avessi saputo…
Poliakoff invece emise un’imprecazione. “Io lo ammuazzo Radescu! Era lui ad occuparsi di questo!” Ringhiò. “Devo andare… Sono ufficiale responsabile. Fräulein… Si congedò con un ghignetto. Poi guardò di nuovo oltre le sue spalle, sembrò spaventarsi e si affrettò a calarsi nel boccaporto.
Lily si voltò e vide che l’amico fissava il punto dove l’altro era sparito con aria assorta. “La vostra lingua franca è il tedesco?” Gli chiese, tanto per rompere il ghiaccio.
“Sì.” Confermò l’altro, riscuotendosi. “Poliakoff è russo, ad ogni buon conto.”
“Sì, lo immaginavo.” Mentì, perché le loro inflessioni le sembravano uguali. “A quanto pare sono entrata per un errore umano…” Cambiò discorso.
Sören le lanciò un’occhiata penetrante e Lily sentì di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Come se avesse bevuto un litro di caffè.
Per quanto non potesse essere definito bello, il suo sguardo era sicuramente degno di nota.
“Già.” Disse. “Aspettami qui. Ti riaccompagno a scuola.”
“Ma…” Tentò, e si beccò un’altra occhiata: Sören era capace di produrre sguardi severi molto efficaci. Fu una delle rare volte in vita sua che contemplò l’importanza delle sue azioni. “Ho fatto tanto male? Dico, a venire qui?”

Il ragazzo per un attimo parve voler confermare, poi invece abbozzò un sorriso. “No… ma abbiamo delle regole molto severe. Se il mio preside ti trovasse qui avresti una punizione. Sono certo che vorrai evitare tale eventualità.”
Lily represse un sorrisetto. Si vedeva, nonostante il buon accento, che era straniero.

Parla come se si fosse ingoiato un libro di grammatica… Di cinquant’anni fa, però.
“Voglio evitare.” Confermò comunque. “Allora ti aspetto qui!”
 
****
 
Hogwarts, verso le serre di Erbologia.
Pomeriggio.
 
Albus fu acchiappato da una mano invisibile appena uscì dal portone della scuola, in direzione dell’ora del professor Paciock.
“Argh!” Urlò oltraggiato, prima di rendersi conto che chi lo aveva tratto dietro il colonnato laterale era Rose. La guardò incuriosito, visto che aveva un’aria piuttosto furtiva.
Ce l’ha da ieri sera, a dirla tutta…
“Sei da solo?” Chiese squadrandolo dalla testa ai piedi come se potesse tirar fuori persone dalla tasca del mantello.
“Ehm… Sì?” Batté le palpebre. “Sono l’unico di noi che vuole prendere un MAGO in Erbologia. Sai, il mio percorso di studi per diventare un Guaritore?” Le chiese retoricamente.
“Oh, già, giusto…” Borbottò, guardando dietro di lui. “Ti devo parlare di una cosa.”
“Dov’è Malfoy?”
“Non viviamo in simbiosi!” Sbottò, facendo chiaramente capire che il suo ragazzo era parte del problema. “E comunque è a Divinazione…”
“Segue Divinazione?”

“Sì, dice che lì dorme come non riesce a dormire da nessun’altra parte.” Scrollò le spalle, come se fosse perfettamente normale. Albus pensò che Rose, alla fine, aveva accettato che si poteva essere un po’ meno osservanti delle regole. Probabilmente anche lì c’entrava Malfoy, con la sua aria di perenne svagatezza.
Le fa bene, comunque, essere meno rigida…
Il fatto che lo dicesse lui, in quanto Caposcuola era un controsenso, ma…
Sono un serpeverde.
“Okay… quindi?”
Rose lo guardò con una buffa aria di profondo dilemma interiore. Poi borbottò qualcosa trai denti, si ravviò una ciocca di capelli, l’unica che sfuggiva dalla coda e frugò dentro le tasche della borsa. Tutto assieme.

Un attimo dopo gli spinse in mano quella che aveva l’aria di una lettera. Con il sigillo dei Malfoy.
“Rosie, ti hanno forse minacciato?” Chiese preoccupato. “Vi hanno scoperti?”
“No, per tutte le sottane di Merlino!” Negò con forza. “No, solo… tu leggi!”

Al inarcò le sopracciglia, sentendosi piuttosto spaesato. Ma l’aria della cugina era tormentata ed incerta.
Doveva assolvere al suo dovere.
Lesse.
 
 
Caro Scorpius,
Spero che il viaggio sia stato piacevole. Come ti ho già detto a casa, questo è il tuo ultimo anno, ed io e tua madre ci aspettiamo molto da te…
 
 
Alzò lo sguardo immediatamente. “Rosie, questa lettera è da parte di suo padre… ed è per Scorpius!”
“Dimmi qualcosa che non so!” Ironizzò, mordicchiandosi un labbro. “Continua a leggere!”
“Stiamo leggendo la sua corrispondenza privata!” Malfoy sembrava un tipo alla mano, ma era piuttosto noto che avesse uno spiccato senso della privacy. L’idea di farlo infuriare non gli arrideva particolarmente.

Rose corrugò le sopracciglia, mentre le orecchie le diventavano curiosamente rosse. “Vorrei ricordarti, cuginetto, che tu hai fatto molto peggio l’anno scorso. Vediamo… andare, da solo, a salvare Tom?”
“Sì, ma era…” Ci rifletté. Capì il punto. “Oh, dannazione. Ma interrogato, negherò.”
“Leggi, razza di serpe!”
Continuò a leggere.

 
… le raccomandazione le hai già sentite, secondo tua madre, quindi mi limiterò a dirti quello che ti ho già accennato alla partenza.
So che vuoi mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco e per quanto mi riguarda, sai come la penso. Spero che tu stia attentamente considerando le tue possibilità. Parlo come padre quando ti dico che sono certo che verrai selezionato, ma altrettanto certo che sarà una competizione dura. Non pensare che, comunque, non abbia fiducia nelle tua capacità. Ne ho, come sempre e da sempre.
 
 
“… ehm. Vuole partecipare al Torneo?” Distolse lo sguardo dalla lettera. Rose emise uno sbuffo seccato, anche se continuava a martoriarsi il labbro in un raro esempio di masochismo.
“Sì, ma non è questo che volevo farti leggere… Va’ avanti.”
“Avrei lezio…”
Avanti!” Sbottò.

Al obbedì.
 
Non serve dirti che dovrai portare onore alla tua famiglia nel caso tu venissi scelto come Campione di Hogwarts.
Considera attentamente le tue amicizie, quindi.
Tua nonna vuole che ti ricordi che molto probabilmente Violet farà parte della delegazione di Beaux-Batons. Sai come devi comportarti.
Aspetto una tua risposta, nellattesa ti abbraccio.
Tuo padre,
Draco.
 
Al capì immediatamente cosa aveva infastidito Rose, e sopratutto cosa l’avesse gettata in quel panico aggressivo.
“Violet?” Azzardò.
Sua cugina abboccò all’istante. “Già! Chi diavolo è questa stronza?”
“Non lo so?” Le ripassò la lettera. “Senti, rimettila al suo posto. Se Scorpius sapesse che l’hai presa e letta senza il suo permesso… insomma, credo si arrabbierebbe, no?”
“Certo che sì!”

“Quindi…”
Quindi devo scoprire da sola chi è questa tizia, e perché suo padre vuole accoppiarli!” Lo afferrò per le spalle, con aria di assoluta urgenza. E conclamata paranoia.
Al sorrise, staccando le mani che lo artigliavano e prendendole tra le sue. “Rosie… dovresti avere un po’ più di fiducia in Malfoy. Lui sta con te.”
“Se succedesse a Tom tu saresti così sereno?”

“… Okay, cerchiamo di riflettere.” Il suo problema era che Rose lo conosceva benissimo e in quanto a gelosia sapevano entrambi di battersela alla pari.
E non che io faccia niente per combatterla.
È una buona arma, tra parentesi, se usata come si deve…
“Va bene.” Lo riportò al discorso la ragazza. “So che hai una lista con tutti i nominativi delle due delegazioni. Sei un Caposcuola, so che ve ne danno una copia.”
“Sì, ma…”
“Devi controllare se c’è una Violet, a Beaux-Batons.” Concluse con piglio sicuro. “Adesso.”
“Ma…” Al ebbe la distinta sensazione che l’adorata cugina l’avrebbe schiantato e se ne sarebbe impossessata da sola, se non l’avesse assecondata. Non che avesse paura di lei…

… no, a dirla tutta, aveva paura.
“Okay, okay… ma quando l’avrai vista ti calmerai e andrai a lezione, lasciandomi frequentare la mia!” Prese la tracolla e ci frugò dentro.
“Ho un’ora libera.”
“Merlino…” Soffiò trai denti, tirando finalmente fuori la lista, che era poi una semplice pergamena spiegazzata. “Accidenti, l’avevo messa in fondo…” Gliela passò, prima che potesse strappargliela dalle mani.

La capiva, comunque; Scorpius era il suo primo ragazzo, ed era ovvio e palese che se ne fosse innamorata con tutti i crismi di sorta. Era il suo primo tutto; Al sapeva come questo contasse e facesse sbocciare paranoie come una brutta allergia.
Rose la scorse febbrilmente, prima di emettere un leggero lamento. “Eccola qui… Violet Parkinson-Goyle.”
“… che bel cognome.”
“Non scherzare!” Aveva gli occhi lucidi, e li nascose malamente tirando su con il naso. “Io…”
“… tu ne devi parlare con Scorpius. Magari senza fargli capire che hai letto la sua corrispondenza privata.” Le consigliò riprendendosi la lista. Le sorrise, cercando di infonderle un po’ di coraggio. “Avanti, lo sai che adora persino la terra su cui cammini.”
“Devo andare. A dopo.” Fu la risposta. Prima che potesse ribattere, Rose scappò via, verso il Castello.

Era già tardi, e non poteva seguirla. Sospirò, incamminandosi verso le serre.
Sempre problemi… Beh. Meglio questi di altri…
 
****
 
 
Hogwarts, Biblioteca.
Ora di cena.
 
Tom alzò gli occhi dal libro che stava leggendo. Il fatto che cominciasse a scordarsi di cosa parlava poteva essere segno che era ora di tornare in Dormitorio.
Aveva passato tutto il giorno a leggere, schematizzare, ripetere. Aveva trangugiato qualche tramezzino a pranzo, e poco altro. Aveva visto di sfuggita Albus e Lily, aveva pranzato con loro ma non ricordava di cosa avessero parlato.
Si sentiva la testa scoppiare.
Probabilmente è ora di andarsene…
Erano solo le sei però. Anche andando a cenare, ed era ritardo² per quello, gli restavano comunque delle ore di studio.
Decise che le avrebbe svolte in camera di Al; studiare con lui sarebbe stato diverso.
Meno alienante.
Sicuramente più distraente.
Si accorse quindi tardi che Michel Zabini si era accomodato al tavolo di fronte a lui. Incrociarono gli sguardi e l’altro ragazzo lo riabbassò subito, con una smorfia.
Sapeva che faceva parte della sua espiazione, quindi radunò i libri, ne infilò una buona metà in borsa e si avvicinò.
Michel non alzò lo sguardo neppure quando era chiaro che gli stesse davanti.
“Zabini.” Lo chiamò. “Michel…” Aggiunse.
Quello finalmente si degnò di guardarlo, inarcando un sopracciglio. “Cosa posso fare per te, Dursley?”
“Per me niente.” Non voleva sedersi, anche se forse sarebbe stato considerato un gesto distensivo.

Non era tipo da gesti distensivi. Ed era già irritato.
Anche se probabilmente non ne ho motivo…
“Per chi allora?”
“Albus. So che sei arrabbiato con lui perché non ti ha detto del mio ritorno…”
“E quindi?” Incrociò le braccia al petto abbandonando piuma, pergamena e svariati centimetri di compiti per casa. “Questo cosa c’entra con te, esattamente?”
“… Niente.” Dovette ammettere. “Ma lui ti vuole bene, ed ha avuto un periodo difficile…”
“Ma davvero…” Pronunciò atono l’altro. “E tu come lo sapresti, esattamente, visto che non eri qui?” Non gli diede il tempo di ribattere. “Qui c’ero io, Tom… ed ho visto il suo periodo difficile. Suppongo che tu sappia che per tre settimane non mangiava quasi nulla e la situazione è durata finché non è finito in infermeria e sua madre non ha minacciato di ritirarlo da scuola.”
Tom sentì lo stomaco serrarsi in una morsa. “No, non lo sapevo…”
“Sapevi allora che ha avuto incubi quasi tutte le notti? Che ti chiamava nel sonno e si svegliava piangendo? Che qualcuno doveva stare con lui finché non si riaddormentava?”
“No…”

“No, è evidente di no.” Concluse con un sorriso sprezzante. “Io invece sì. Ero con lui, c’eravamo io e Loki… ma soprattutto c’ero io.”
Tom serrò le labbra. “Dovrei ringraziarti?”
“No.” Scosse la testa. “Dovresti farti da parte.”

Tom istintivamente cercò la bacchetta dentro la tasca del mantello. La strinse, perché se non l’avesse fatto forse sarebbe stato peggio. “Non lo farò, e lo sai.”
“Già…” Il sorriso di Zabini si fece amaro. “Il vostro grande amore. Non mi sembra questo granché, a dirla tutta… Tu lo fai soffrire, e lui dipende così tanto da te che non riesce a fare a meno di ritornare e farsi male ogni volta.”
“Non gli farò più del male.” Si scollò dal palato. Nebulosamente capiva le ragioni di Michel, capiva perché fosse preoccupato. Al suo posto avrebbe fatto lo stesso, come innamorato.

Ma c’era una parte di lui, quella parte che non faceva che urlare, e ringhiare.
Eliminalo. Fa’ in modo che non si possa più avvicinare a voi due.
È un pericolo. Sbarazzatene. Non farlo più avvicinare ad Albus.
“Lo credi davvero?” Sembrò quasi leggergli nel pensiero il ragazzo. Prese i suoi libri e si alzò, lanciandogli una lunga occhiata. “Io non so chi sei, Dursley… forse non l’ho mai saputo. Ma so che sei pericoloso.” Strinse la cinghia combattando i libri, e se li mise sottobraccio. “Non puoi farne a meno. E credimi, anche se tutti fanno buon viso a cattivo gioco… io no. Io te lo dico chiaramente. Era meglio se te ne restavi in Germania.”
“Non mi interessano le tue stronzate…” Sibilò, mentre sentiva la presa sulla bacchetta farsi bollente.
“Immagino allora che non ti interessi  sapere che ho baciato Albus.” Non aspettò la risposta. Si allontanò.
Tom aspettò che il suo respiro fosse tornato normale. Stava bene, non era un pericolo, e Zabini stava mentendo.
Guardò il suo mantello e si accorse che c’era una larga, grossa bruciatura in corrispondenza della punta della bacchetta. La tirò fuori che ancora sprizzava scintille verdi.
 
 
****
 
 
Note:
1. Qui la canzone.
2.Ad Hogwarts, ma in generale nel mondo britannico, fanno cena molto presto. Secondo “Harry Potter e l’ordine della Fenice” la cena è servita circa alle cinque.
  
Leggi le 21 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Dira_