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Autore: RoseScorpius    29/10/2010    33 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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8.
La storia di Astoria

 
 

Salve, sono Rose Weasley. Rose Jenny Weasley, per la precisione, ma questo non ditelo in giro: Jenny è un nome terribilmente da ragazza perbene. Ho sedici anni, tre mesi e qualche giorno, due genitori divorziati che fanno a gara per chi si trova l’amante più stupido, e un bel po’ di cose da dire al mondo. Ma credo di poter riassumere più o meno tutto in questa frase: i maschi sono degli esseri strani.
Insomma, prendiamo Albus: è strano? Certo che sì. James? Più strano di lui c’è solo un preservativo nella tasca di un bambino di tre anni. E poi, vogliamo parlare di Scorpius? Bhe, lui è un preservativo nella tasca di un bambino di tre anni. Ma vi dirò una cosa: anche i preservativi nelle tasche dei bambini di tre anni, ogni tanto, si comportano da persone normali.
 

 

***

 
Venerdì sera Scorpius ebbe la sua ingiusta punizione, che consisteva nel mettere a posto tutti gli scatoloni che erano ammassati in cantina. Avevo una coda di paglia discretamente lunga, perciò decisi di aiutarlo, ma dopo il terzo scatolone e la quindicesima occhiataccia di Scorpius, i miei buoni propositi vennero meno, e decisi di lasciarlo a scontare la sua punizione in solitudine. Infondo se l’era cercata lui, no? Io stranamente non fui punita, ma il rapporto tra me e mamma ormai era talmente teso che avrei potuto onestamente dire di andare più d’accordo con Draco che con lei: prima o poi sarebbe arrivato il giorno del Discorso (con la D maiuscola, sì), lo sapevo, ma conoscendo i Discorsi di mia madre, non mi dispiaceva che il giorno del Giudizio Universale tardasse ad arrivare.
Passai il resto weekend chiusa in camera mia, a pianificare l’omicidio di Romilda Vane. Tra un piano d’invasione al Ministero con Kalashnikov, in cui avrei ucciso chiunque si fosse trovato tra me e Miss Lingerie, e un progetto di nasconderle una bomba sotto il letto, feci un paio di chiamate. Prima di tutto chiamai Al e, dopo aver fatto finta di ascoltare una ramanzina sul fatto che avevo avuto la punizione divina per aver tentato di ostacolare un amore sincero, mi feci passare James (non aveva mai avuto il cellulare, lui: supponevo che capirne il funzionamento andasse al di là delle sue possibilità).
« Ehi, Jamie! » esclamai.
In risposta ebbi una specie di grugnito da uomo preistorico. « Non mi chiamo Jamie. »
Immaginai di dovergli un paio di favori ben più importanti di quello, perciò mi corressi subito. « Ok, James. Ehm… ho saputo della tua punizione; mi dispiace. »
« Nah, cosa vuoi che sia. » minimizzò lui « Ho scoperto che abbiamo la tv satellitare, sai? Mi sto appassionando al calcio babbano. » Non gli bastava solo il Quidditch, vero? Alzai gli occhi al cielo. « E poi viene sempre un sacco di gente a farmi compagnia. I cugini, i gemelli Scamandro, i ragazzi della squadra di Quidditch, e anche Kathie Harrison, hai presente? »
Se fossi stata in un cartone animato giapponese, probabilmente avrei avuto un’enorme gocciolona dietro la nuca. « Certo che ho presente: è una mia compagna di dormitorio. »
« Uhm, ecco, sì. Lei. Bhe, ieri mi è venuta a trovare e mi ha portato una scatola di cioccorane. È stata gentile, vero? »
Fin troppo gentile, direi.
« Non ti ha sfiorato l’idea che tu possa piacerle? » proposi. In verità lo sapevo da circa due anni, che Kathie aveva una cotta per mio cugino. Non che lei me lo avesse mai detto, ma quando ti fai beccare a spulciare i vecchi album di famiglia della tua compagna di dormitorio, sbavando su tutte le foto di James che trovi, c’è ben poco da dire.
James scoppiò a ridere. « Tu ogni tanto hai delle idee davvero strambe, lo sai? È venuta solo per vedere una partita di calcio. »
« Una partita di calcio? » ripetei, per nulla convinta. Sarei stata più propensa a credere che Domi era vergine.
« Sì, » confermò lui « quando è venuta le ho detto che stavo guardando una partita del mondiale su SKY e lei ha detto che era venuta proprio per vederla, perché a casa sua non ha SKY. »
« Certo che non ce l’ha, è una Purosangue! » esclamai, esasperata. « Non saprà neanche cos’è, SKY! »
« Bhe, e allora? »
Sbuffai. Possibile che mio cugino fosse un tale idiota? « Te la faccio semplice, James: tu le piaci. A nessuna ragazza sana di mente interessa il calcio. »
James rise, di nuovo. « Perché le ragazze devono vedere cuoricini rosa e amore ogni volta che si girano? Ero in mutande, se davvero le interessassi mi avrebbe detto di vestirmi perché la stavo mettendo a disagio, no? »
Mi schiaffai una mano sulla fronte. “Merlino, sapevo che mio cugino era un idiota, ma non pensavo fino a questo punto!
« James, non sono cose che si dicono! Avresti dovuto capirlo che la stavi mettendo a disagio! »
« Ah, giusto. » grugnì lui, sarcastico « Voi ragazze non dite mai le cose, bisogna leggervi nel pensiero. »
Mi buttai sul materasso, sconfortata. « James, te l’hanno mai detto che sei stupido? »
« Siete voi ragazze che siete strane, cosa diamine c’entro io? » replicò James, impermalito « Insomma, non muore nessuno anche se ogni tanto dite cosa vi passa per la testa! »
« Ok, senti, lascia perdere. » mi arresi. « Solo, cerca di farti trovare un po’ più vestito la prossima volta che Kathie ti viene a trovare. E cerca di non trattarla come se fosse uno dei tuoi amici maschi. Niente pugni sulle spalle, niente pacche sul culo alla “hey, fratello!”, niente rutti, e soprattutto, ti prego, se devi grattarti le palle o simili dille che vai in bagno e fallo in privato. »
« Ma per chi mi hai preso, per uno scimmione? » si offese lo scimmione.
« No, certo. » mentii « Però fai quello che ti ho detto. »
James sbuffò. « Io non voglio fare colpo su quella là. Una ragazza è solo una rottura: devi scriverle due volte al giorno, devi smaterializzarti a casa sua e consolarla quando è depressa, cioè più o meno sempre, devi invitarla ad appuntamenti romantici, se no si offende perché la sua migliore amica è stata a vedere il tramonto con il suo ragazzo e lei no, e se ti stufi di lei e provi a piantarla ti uccide. »
Wow, se è questa l’opinione che ha mio cugino delle ragazze, non mi stupisco che sia single.
« Devo andare adesso, » dissi « ciao. »
Chiusi il telefono prima che James potesse salutarmi, ma infondo dubitavo che se ne sarebbe accorto: era così idiota che sarebbe stato capace di parlare al cellulare per un’ora prima di accorgersi di star parlando da solo. Sperai per Kathie che non tornasse a trovare James, anche se avrebbe potuto essere la volta buona che si accorgeva di quanto fosse idiota mio cugino.
Dopo aver chiacchierato un po’ con Dominique (avrebbe taaanto voluto venire a trovarmi, ma sfortunatamente doveva fare le corna al suo ragazzo della settimana con un modello babbano incontrato in un negozio della Abercrombie) e con Hugo (aveva fatto un terzo grado a papà su Romilda Vane, ed era stato messo in punizione per averlo pedinato), lessi alcune pagine del diario di Draco.
 
17 novembre 1992
La stupidità di Tiger e Goyle è una di quelle cose che se non le vedi non ci credi. Ieri sera sembravano anche più idioti del solito e, credimi, ce ne vuole. Sono rimasti in Sala Grande ad ingozzarsi fino a ore improponibili, e probabilmente hanno anche bevuto qualcosa di strano, perché quando sono tornati in Sala Comune erano totalmente rincoglioniti. E, ciliegina sulla torta, si sono messi a farmi domande strane sulla Camera dei Segreti.
Porca miseria, gliel’ho detto già ieri che non so chi sia stato ad aprirla, e oggi cosa mi vengono a chiedere i due coglioni? Comincio a capire come mai la McGranitt si incazza tanto quando Blaise le chiede per la quindicesima volta di spiegare un argomento vecchio di due mesi.
Comunque, a proposito della Camera dei Segreti, me ne sbatto abbastanza di chi è l’erede di Serpeverde: finché pietrifica la gatta pulciosa di Gazza e il fondatore nel Potter Club (Canon, credo che si chiami) non vedo perché dovrei avere qualche problema.
Ah, ma aspetta, non ti ho ancora raccontato la barzelletta del mese: a quanto pare, alcuni idioti credono che Potter sia l’erede (dio, alcuni, lo crede mezza scuola… sempre detto che Hogwarts è un covo di idioti). Adesso, sorvolando sul fatto che non mi sembra molto coerente il fatto che l’erede di Serpeverde sia uno che non è a Serpeverde (in particolar modo un Grifondoro, in particolarissimo modo Potter), quell’idiota non sarebbe capace di aprire la Camera dei Segreti neanche con un manuale d’istruzioni. E poi, capisco tentare di far fuori Mrs Purr (ammettiamolo, anche i prof vorrebbero togliersela dalle palle), ma neanche Potter sarebbe così monumentalmente idiota da pietrificare il fondatore del suo Fanclub.
In ogni caso, chiunque sia questo misterioso erede, gli ho lasciato un bigliettino nascosto in una fessura tra le pietre del muro, nel posto dove hanno trovato Canon: c’è scritto di fare fuori la Granger, dici che lo troverà?
 
Nel periodo che andava da dicembre ad aprile Draco aveva scritto si e no tre pagine di diario, in cui venivano brevemente insultati tutti i Grifondoro presenti sulla faccia della terra e venivano riportati con gioia i nomi dei nuovi pietrificati. Il diario tornava a sembrare un diario, e non un elenco della spesa scritto da Pix, verso maggio.
 
Oggi non metto la data perché, sinceramente, non ho idea di che giorno sia. Maggio, comunque. La McGranitt (vecchia vacca!) ha minacciato di bocciarmi in Trasfigurazione, ergo, mi sto facendo un culo così per passare l’esame della sua stupida materia. Ho sempre avuto Accettabile in Trasfigurazione, ma mi vuole bocciare perché le sto antipatico. Dovrei scrivere a mio padre di raccogliere firme per cacciare anche lei dalla scuola, oltre che Silente. Giuro che quella megera me la pagherà, in un modo o nell’altro!
Ma per ora nessuno l’ha ancora cacciata dalla scuola a calci nel suo sedere rugoso, e così eccomi qua, in biblioteca, con una deprimente visuale sugli orribili capelli della Granger, l’unica cosa di lei che si veda dietro all’enorme libro che sta leggendo, e su un paio di altri secchioni che spulciano tomi di dimensioni bibliche che solo a vederli, giuro, mi viene da sbadigliare.
Dopo cena.
Sto gongolando. Ho mandato a fanculo Pansy, Piton ha messo in punizione i gemelli Weasley per un mese, e Theo mi ha lasciato copiare i compiti di Trasfigurazione. Ma soprattutto… ha pietrificato la Granger! L’erede di Serpeverde ha pietrificato la Granger!
Credo che andrò a fare un trenino in giro per la Sala Comune, sono troppo esaltato.
 
23 maggio 1993
 
Credo di essere un po’ ubriaco. I Prefetti del quinto anno stanno distribuendo Whisky Incendiario in Sala Comune per festeggiare, e dato che celebriamo la cacciata di Silente e di Hagrid dalla scuola, non potevo non unirmi ai festeggiamenti.
Ah! Lo sapevo che mio padre avrebbe fatto cacciare quel vecchio lunatico filopotteriano! Non per vantarmi, ma mio padre è amico di Caramell in persona, e ha donato un sacco di soldi al Ministero, perciò può girarseli un po’ come vuole, quei vecchi burocrati effeminati. E poi dicono che i soldi non sono tutto nella vita: i soldi sono precisamente il motivo per cui noi Malfoy possiamo, mentre quelli come i Weasley non possono. Assieme al sangue puro e al cervello, oh, e anche al colore dei capelli. Chi vorrebbe avere a che fare con una carota vivente?
Ora credo che tornerò giù a festeggiare: non riesco a scrivere se ci vedo doppio. E poi Blaise voleva fare a chi beve più Whisky, e non vedo l’ora di umiliarlo.
Più tardi, di notte. In effetti forse è già il 24… bah, chissenefrega.
Ho scoperto che Blaise regge l’alcool a meraviglia. Io invece non tanto. Credo che diventerò astemio. Se Pansy non mi uccide prima. In effetti non sono proprio sicuro di averla baciata, ma ho la faccia tutta sporca di lucidalabbra, quindi… Bhe, amico, a quanto pare ho dato il mio primo bacio a una puttanella che mi sbava dietro dal primo anno, e neanche me lo ricordo. Ma forse è meglio così: non sono sicuro di voler ricordare di aver baciato un carlino. Comunque, escludendo Pansy, sono contento: la Granger è pietrificata, quello zoticone di Hagrid è ad Azkaban e Silente è stato cacciato dalla scuola. Forse Dio sta facendo un po’ di pulizia… e sarebbe anche ora!
 
5 giugno 1993
 
Potter è davvero disgustoso. Il mondo è disgustoso. Silente è disgustoso. La Granger, con quella sua aria da gran diva solo perché un lombrico troppo cresciuto l’ha pietrificata, è disgustosa. Anche i capelli di Piton sono disgustosi. Ma quello lo sono sempre stati.
Ah, e la saliva di Pansy è disgustosa. Dopo il bacio di quella sera si è convinta di essere la mia ragazza, e visto che sono munito di un certo istinto di sopravvivenza, non ho osato contestare. Credo che quando sarò riuscito a disfarmi di lei, non mi avvicinerò mai più a una ragazza per il resto della mia vita. Comunque, non è questo il punto. Insomma, d’accordo che Pansy è più fastidiosa di un manico di scopa in un cero posto che non citerò per decenza, ma fosse solo lei il problema! Per fartela breve, un paio di giorni fa la Weasley è scomparsa (secondo me i genitori avevano pagato l’erede di Serpeverde per farla sparire: immagino che un figlio in meno potrebbe solo far piacere a quelli straccioni), e in quel momento l’erede ha raggiunto il picco della mia stima. Poi, naturalmente, Potter ha dovuto mettersi in mezzo, giusto per ricordare al mondo che l’eroe tragico della situazione è lui, ed è scomparso assieme a Weasley. Ho passato un’ora a prendermi a schiaffi aspettando di svegliarmi! Ma ovviamente una cosa così bella non poteva durare: Potter ha salvato la Weasley, ha ammazzato un Basilisco, ha sconfitto l’erede di Serpeverde e poi, come se tutto questo non bastasse, ha pure liberato il mio elfo domestico. E per colpa sua, Silente e Hagrid sono tornati.
Sto cominciando seriamente a credere che l’hobby preferito di Potter sia rovinarmi la vita.
 

 

***

 
Quella sera cenammo tutti assieme per la prima volta da giorni. Mi sedetti al tavolo della cucina piuttosto contrariata: non sopportavo quelle cose vomitevoli da famiglia felice, soprattutto durante i pasti, per ovvi motivi.
Mi ficcai in bocca una forchettata di spaghetti, e puntualmente me ne caddero un paio sulla maglietta, mentre studiavo la curiosa atmosfera che si era creata: mamma, a giudicare dagli sguardi omicidi che continuava a lanciare a Scorpius, stava meditando di mandarlo a fare servizi sociali in Scandinavia; io e Draco ci lanciavamo le solite occhiate di odio reciproco, mamma e Draco come al solito erano in competizione per il premio di peggior genitore dell’anno, e Scorpius – ma perché perdo ancora tempo a dirlo? – faceva l’autistico. Il genere di atmosfera con cui Al sarebbe andato a nozze.
Draco guardò il suo piatto ancora intatto e, per rompere quel silenzio teso, disse. « Hanno un aspetto ottimo, Hermione. »
Ipocrita adulatore.
Mamma gli sorrise. « Grazie, Draco. »
Ipocrita ordinatrice di cibo per asporto.
Rivolsi un largo sorriso ad entrambi, e chiesi. « Secondo voi i cartoni del ristorante possiamo buttarli nella raccolta della carta anche se sono sporchi del sugo degli spaghetti? »
Mamma mi fulminò con uno sguardo omicida, e si voltò verso Draco con l’aria imbarazzata di un adolescente che è stato scoperto da sua madre con l’involucro aperto di un preservativo nella tasca posteriore dei jeans. « Il formaggio grattugiato ce l’ho messo io. » si difese.
« Sono intollerante al lattosio. » grugnì Scorpius.
Sei occhi confusi – i miei, quelli di mamma, e quelli di Draco – si posarono su di lui, che stava vivisezionando i suoi spaghetti, nell’apparente tentativo di separarli dal formaggio grattugiato. Cosa un po’ inutile, dal momento che la maggior parte del formaggio ormai si era fusa.
Draco alzò un sopracciglio. « Da quando sei intollerante al lattosio? »
« Da sempre. » sbuffò Scorpius « Ma forse tu eri troppo occupato a dare la caccia ai Mangiamorte che avevano ucciso mamma, per accorgertene. »
Un silenzio teso calò sulla tavola, dopo le sue parole. Draco era impallidito e stringeva forte la forchetta nella mano destra, gli occhi puntati sui suoi spaghetti. Lanciai un’occhiata di sottecchi a Scorpius: non lo avevo mai sentito menzionare così esplicitamente sua madre, e generalmente si guardava bene anche solo dall’addentrarsi in un discorso che avesse a che fare con lei. Il mio biondissimo fratellastro sibilò una parolaccia – cosa assolutamente non da lui – e si mise ad ingurgitare gli spaghetti con tutto il formaggio sopra, senza nemmeno preoccuparsi di arrotolarli e portarseli alla bocca con la classe che gli imponeva il suo cognome.
Stanno tutti impazzendo, in questa casa, non c’è dubbio.
Draco inspirò bruscamente. « Non mi sembra questo il momento, né il luogo adatto per parlare di queste cose. » La sua voce era strascicata e fredda come al solito, ma a modo suo lasciava trapelare una grande tristezza. Avevo la netta impressione che per quella volta non avrei potuto contare sul mutismo di Scorpius, per evitare di finire in mezzo ad una lite tra padre e figlio, perciò presi ad ingozzarmi di spaghetti nel modo più rumoroso possibile.
Scorpius sbatté la forchetta sul tavolo, e piantò gli occhi in quelli del padre. « No, certo, non hai tempo per queste cazzate. » sibilò « Non hai mai avuto tempo per essere un buon padre, da quando mamma non c’è più. » Risucchiai gli spaghetti con una finezza degna di James, sperando di interrompere il discorso di Scorpius, ma evidentemente il biondino apparteneva alla categoria di persone che quando cominciano a mandare a fanculo qualcuno ci tengono a finire di farlo. Ed infatti, dopo essersi alzato facendo strisciare la sedia sul parquet nuovo, aggiunse. « Ma non c’è problema, dimmi quando sei libero, e fissami un appuntamento per dirti che sei un padre di merda. »
« Scorpius… » cominciò Draco, ma prima che finisse di pronunciare il crudele nome che aveva imposto a suo figlio, quello era già sparito su per le scale.
Io, mamma e Draco restammo in silenzio, davanti ai nostri piatti quasi intatti di spaghetti ordinati al ristorante. Mamma guardava Draco con aria mortificata, e ogni tanto spostava gli occhi dal viso teso del Fintobiondo per posarli, con una scintilla di colpevolezza, sulla ciotola di formaggio grattugiato che faceva bella mostra di sé al centro della tavola.
« Secondo me ha rigato il parquet. » buttai lì, in un patetico tentativo di alleggerire l’atmosfera.
Dalle occhiatacce di mamma e Draco, dedussi di non essere riuscita nel mio intento. Infilzai la forchetta tra i miei spaghetti, come uno scalatore pianta la bandiera del suo paese sulla vetta di un monte, e mi alzai. « Bhe, vado anch’io. » decretai « Buona cena. »
Una ventina di minuti dopo, mentre me ne stavo in camera mia a fissare il libro di Trasfigurazione, cercando di convincermi ad aprirlo, qualcuno ebbe la brillante idea di interrompere la mia attività intellettuale prima ancora che potesse cominciare.
« Mamma, ti ho sentita, non occorre che butti giù la porta. » sbuffai, scendendo le scale per andare ad aprirle.
La trovai vestita di tutto punto, persino con le scarpe ed il cappotto addosso. Corrugai le sopracciglia. « Ehm… mamma? Quanto vecchio era quel parmigiano? »
« Io e Draco abbiamo il pattugliamento di notte, oggi. » spiegò, senza perdere tempo « Torneremo verso le quattro. »
« Stupendo, vedrò di sgomberare la casa da amici, alcolici e stupefacenti entro le tre e mezza. » risposi.
Mamma mi fulminò con una delle sue occhiate da “Auror armato di bacchetta e che non ha paura di usarla”. « Ti dispiacerebbe fare finta di non avere il cervello fermo ai tre anni di età, ogni tanto? »
« I bambini di tre anni non organizzano festini. » osservai, molto intelligentemente, secondo il modesto parere della sottoscritta.
Se anche la mia era stata davvero un’osservazione intelligente, però, mamma non la gradì particolarmente: a quanto pareva non voleva concorrenza, quando si trattava di fare il genietto. « Bene, fai l’idiota quanto ti pare, allora, ma cerca di costringere Scorpius a mangiare qualcosa. È da ieri sera che non tocca cibo, praticamente; sono preoccupata. »
Le lanciai un’occhiata che, nelle mie intenzioni, doveva esprimere tutto il mio sarcasmo. « Punto primo, non sono la sua balia. Punto secondo, tu non sei sua madre. E punto terzo, se anche vuole lasciarsi morire d’inedia, non sarò certo io a dissuaderlo. »
Mamma non disse altro ma, prima di andarsene, mi lanciò un’occhiata di disprezzo che diceva abbastanza già da sola. Tornai a chiudermi in camera mia, con tutte le buone intenzioni di mettermi a studiare Trasfigurazione e di abbandonare Scorpius al suo destino. Dopo cinque minuti, però, ero così stufa di fissare la copertina del libro di Trasfigurazione che decisi di improvvisarmi crocerossina. Scesi in cucina, recuperai il mio barattolo di Nutella – nemmeno io avevo cenato, infondo – e, dopo alcuni attimi di esitazione, presi anche una barretta di cioccolata – quale miglior antidepressivo di quello? Tornai in camera mia e, quando passai davanti alla porta della camera di Scorpius, gettai la barretta di cioccolata sulla moquette là davanti, e battei un colpo sul legno.
Se vuole la sua cena è qua, e nessuno potrà dire che non mi sono comportata da brava sorella.
Passai il resto della sera a piluccare Nutella mentre spulciavo un libro di psicologia, nel vano tentativo di capire gli astrusi meccanismi che regolavano la mente di Scorpius Malfoy. Poco dopo le dieci le mie ricerche psicologiche si conclusero con un nulla di fatto, e me ne andai a letto, irritata come non mai.
 

 

***

 
Fui svegliata da un rumore. Più che un rumore, a dire il vero, era un suono armonioso… bello, ma tetro. Sbattei gli occhi e mi guardai attorno, nella mansarda illuminata dalla fioca luce della luna. L’orologio segnava le due passate. Tesi le orecchie, cercando di stabilire cosa fosse quel suono, e…
No! No, no, no! Cazzo, non può essere! Non alle due di notte!
Saltai giù dal letto, sbattei la testa sulle travi di legno del soffitto spiovente, inciampai, mi rialzai e mi fiondai giù per le scale come una furia, decisa ad uccidere Scorpius e bruciare quello stramaledetto pianoforte. Diamine, non poteva mettersi a suonare anche in piena notte! Non se ci teneva alla pelle, almeno…
Quando arrivai in soggiorno Scorpius non si voltò, né diede il minimo segno di essersi accorto della mia presenza, e continuò a suonare. “Strano che non mi abbia sentita, con tutto il casino che ho fatto per scendere le scale…” Per qualche strano motivo ero sicura che quella volta non mi stesse semplicemente ignorando. Dalla posizione in cui mi trovavo potevo solo vedere le sue spalle curve, e la testa bionda leggermente china verso i tasti, ma mi accorsi subito che c’era qualcosa che non andava. Forse perché in condizioni normali un Malfoy se ne sarebbe sempre stato con la schiena dritta e la testa alta, chiuso nella sua altezzosa opinione di sé. Sembrava quasi depresso…
E allora? Sono affari tuoi, Rose?
In ogni caso, depresso o no, era sicuramente strano: era uscito dal suo autismo per mandare a quel paese suo padre, aveva menzionato esplicitamente la morte della madre, aveva detto merda due volte in un minuto e mezzo e non aveva nemmeno toccato la cioccolata che gli avevo lasciato davanti alla porta. Forse c’era un alieno nel suo corpo: insomma, non poteva semplicemente ignorare una tavoletta di cioccolata abbandonata davanti alla porta di camera sua, che urlava “mangiami!”.
Ribadisco: se anche fosse non sono affari tuoi.” Prima che il mio grillo parlante potesse prendere il sopravvento, e mi costringesse a tornare in camera mia, raggiunsi Scorpius camminando in punta di piedi “Ok, è ufficiale, non so cosa sto facendo.” E mi sedetti accanto a lui, senza dire una parola. “L’avevo detto che non sapevo cosa stavo facendo.
Scorpius non trasalì, né diede alcun segno di sorpresa – forse infondo mi aveva sentita arrivare –, ma alzò leggermente la testa verso di me, mentre le sue mani continuavano a scorrere con naturalezza sui tasti del pianoforte. Senza sapere bene come, mi ritrovai a fissare i suoi occhi, che nel buio sembravano quasi blu. Ma soprattutto sembravano tristi… e dubitavo che quello fosse solo un effetto del buio, o della mia mente malata.
Avrei voluto dire qualcosa di carino, per tirargli un po’ su il morale, o forse semplicemente per togliermi dall’imbarazzante situazione in cui avevo dovuto cacciarmi, perciò ovviamente alla fine dissi la cosa più idiota che potessi dire.
« Mi odi davvero così tanto? Cioè, devo sorbirmi Beethoven pure alle due di notte? »
La musica s’interruppe bruscamente, ma le dita affusolate di Scorpius rimasero immobili nella posizione in cui erano quando aveva suonato le ultime note. « Mi dispiace… » sembrava sincero. Ma persino James avrebbe capito che c’era qualcos’altro, che non poteva, non voleva o semplicemente non riusciva a dire.
« Aspetta, mi stai dicendo che era davvero Beethoven? » chiesi.
Riuscii a strappargli un mezzo sorriso. « Già. »
« Oh. Wow. »
Mi maledissi silenziosamente per la mia stupidità. “Wow è tutto quello che so dire? Questo a momenti si mette a piangere e cosa dico io? Wow? Ecco, questo è uno di quei momenti in cui mi piacerebbe non aver ereditato la sensibilità di mio padre…
L’attimo dopo, quando i miei occhi si posarono accidentalmente su quello che avrebbe dovuto essere lo spartito, mi maledissi per non aver ereditato la vista di papà. “Accidenti, ma sto diventando mezza orba come la mamma? E dire che io non passo tutto quel tempo sui libri…
Appoggiata al leggio, al posto dei soliti fogli riempiti di strani simboli illeggibili (lui si ostinava a chiamare spartiti), c’era una foto. Era una foto vecchia, sbiadita, ma non per questo meno bella: ritraeva una giovane donna seduta su un’altalena, sotto i rami di un grande albero. Era dannatamente bella: il viso dolce, senza spigoli, era incorniciato da una cascata di boccoli castano chiaro, che scendevano ordinati fino alle scapole. Aveva un contegno regale, ma non altezzoso, e la curva fiera delle labbra e delle sopracciglia non intaccava la sua dolcezza. Ma la cosa che mi colpì di più furono i suoi occhi: verde pallido, esattamente uguali a quelli di Scorpius.
Trattenni il respiro. « È tua madre? » chiesi.
« Era. » precisò, cupamente.
« Uh, ehm, già. »
L’imbarazzo di trovare qualcosa di più intelligente da dire mi fu risparmiato dallo stesso Scorpius, che riprese a parlare con un filo di voce, senza che gli avessi chiesto niente. Il che, per uno che generalmente parla solo sotto tortura, era ben strano.
« È il suo compleanno, oggi. » sussurrò. Lasciò scivolare le dita sui tasti del pianoforte, producendo un accozzaglia di note che si sovrapposero senza alcuna logica, esattamente come stavano facendo i miei pensieri in quel momento: un attimo prima avevo la fortissima tentazione di scappare a chiudermi in camera mia prima che Scorpius mi scoppiasse a piangere su una spalla, mentre l’attimo dopo smaniavo dalla voglia di abbracciarlo e restare in quella posizione tutta la notte.
E siamo a quota quattro su quattro psicopatici, definitivamente ed irreversibilmente.
Scorpius si mise a giocherellare con le dita sui tasti neri del pianoforte, senza premere abbastanza da produrre dei suoni. « Avevo otto anni. » disse.
Si, anch’io sette anni e mezzo fa avevo otto anni.” Pensai, lanciandogli uno sguardo dubbioso. Forse i due bocconi di spaghetti con il formaggio sopra gli avevano causato uno shock anafilattico così forte da spappolargli il cervello.
« Ma ogni tanto mi sembra ancora che fosse ieri… » Scorpius chinò il capo, e sentii il leggero tonfo di una lacrima che cadeva sui tasti del pianoforte. « Papà era sempre al Ministero: diceva che aveva del lavoro da fare per una conferenza importante, ma ogni sera tornava a casa più stanco, più preoccupato. La mamma era sempre tesa, non mi voleva lasciare da solo un secondo, e non mi lasciava nemmeno uscire a giocare nel parco della villa. E poi c’erano un sacco di maghi, Auror, che tenevano d’occhio la casa, sempre, anche di notte. » fece una pausa, in cui prese un lungo respiro tremante « Io non capivo cosa stava succedendo, ero troppo piccolo. Un giorno trovai un pezzo di pergamena sotto il mio cuscino: c’era scritto “avadakedavra”. Pensavo che fosse uno scherzo, un gioco, ma quando lo mostrai ai miei genitori, mamma scoppiò a piangere. E poi, una sera... » S’interruppe bruscamente.
Le sue mani pallide, sui tasti del pianoforte, tremavano. Avrei voluto far scivolare le mie dita tra le sue, per rassicurarlo, ma non ebbi il coraggio di farlo.
« Era sera tardi, » sussurrò « ma papà non era ancora tornato dal lavoro; io e mamma eravamo in salotto, stavamo leggendo un libro. Successe tutto molto in fretta: ci fu uno schianto, e i vetri delle finestre esplosero. Le tende presero fuoco, e una decina di figure incappucciate si materializzarono davanti a noi. Gli Auror che sorvegliavano la casa ci misero solo un paio di secondi ad arrivare, ma non furono abbastanza veloci… » Scorpius sussultò leggermente, e nella penombra del salotto intravidi la sagoma di una lacrima colargli dalla punta del naso. Strinse forte i pungi, premendo le mani sui tasti, che gli restituirono un sono sgraziato. « Non hanno nemmeno avuto pietà di lei dopo la morte: pochi giorni dopo il funerale, sulla sua lapide è comparsa una scritta… Non esistono mangiamorte pentiti. Esistono solo Mangiamorte vivi, e Mangiamorte morti. »
Rimasi in silenzio, a fissarlo, per quelle che mi parvero ore. Scorpius teneva gli occhi puntati sulle sue mani pallide, e di tanto in tanto il leggero tonfo di una lacrima che cadeva sui tasti del pianoforte infrangeva quel silenzio tombale.
Diamine, ma perché doveva venirmelo a dire proprio adesso? Non ero psicologicamente pronta a sentire una cosa del genere, accidenti!
Da un lato ero contenta che si fosse finalmente aperto con me, anche se questo avrebbe dato un pretesto ad Al per gongolare, e quindi non avevo molti motivi per essere felice, ma comunque avrei preferito che me lo dicesse in un momento diverso. Magari di giorno, in un’allegra e assolata mattina, mentre stavamo guardando un film comico in televisione. O magari senza piangere, almeno.
Miseriaccia, non mi sono sentita così in imbarazzo nemmeno quella volta che ho lasciato una macchia di sangue sul letto del mio ragazzo, dopo essermici seduta!
Non avevo la più pallida idea di cosa dire o di cosa fare per consolarlo e così, semplicemente, mi alzai e me ne andai in cucina. 

 

   
 
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