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Autore: Gloom    29/10/2010    2 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Polverano in primavera sembrava come una persona cagionevole che si riprende da una brutta malattia: prima tutto è grigio e buio, l'aria frizzante e gelata ti sferza le guance e, se non tieni le mani in tasca, le dita ti si congelano rischiando di far cadere le dita una dopo l'altra.
Poi si inizia con una giornata di sole particolarmente calda, nella quale nessuno esita ad andare in giro tenendo i cappotti in mano, giusto per creare l'illusione di un caldo che non sia effimero; dopo una ricaduta a temperature polari, pian piano il freddo cede il posto a un'aria frizzantina e allegra, accompagnata da venti freddi che spazzano le strade facendo volare le cartacce dai marciapiedi.
Eppure il clima sembra più caldo; il tutto viene suggellato dalla fatidica frase: "il peggio è passato", ripetuta fino allo sfinimento dai vecchietti sull'autobus.

 Tuttavia quell'anno la primavera si fece attendere: ci fu un mese intero di pioggia e cielo coperto, prima che i raggi di sole si insinuassero tra le montagne.
 Marzo passò in un lampo; fu il periodo dei primi compiti in classe del secondo quadrimestre e del compleanno di un bel po' di gente, fra cui Silvana.
 Quando ci invitò per festeggiare i suoi sedici anni accettammo senza esitazioni; disse che aveva invitato tutta la classe e un po' di altre persone, non volevo lasciarmi sfuggire l'occasione di distrarmi un po' dalla mia solita monotonia.
 Alla festa c'era anche Gemma. Sembrava strano vederla sperduta, nella casa piena di gente, mentre tutti si davano da fare per divertirsi il più possibile, approfittando di quella piccola parentesi incastrata alla meglio tra interrogazioni e compiti in classe.
 Angela la avvicinò subito, come se non riuscisse a vederla lì sempre in silenzio e con le braccia intrecciate sul petto.
La ammirai: sarebbe riuscita a far smuovere anche un ciocco. Com'era che aveva detto? "Quella ragazza è tutta da scoprire". Io avevo subito ricacciato la battuta più ovvia, tuttavia mi scoprii a prenderla sul serio.
Gemma non rispondeva ai canoni tipici della bellezza, o almeno non ai miei, ma non era male. Forse avrebbe dovuto valorizzarsi un po', ma i suoi lineamenti marcati erano particolari e quella sera aveva sostituito ai soliti jeans un abito di cotone, forse troppo lungo rispetto a quello che si sarebbe potuta permettere, con calze scure che finivano appena prima degli stivali (leggins, mi avrebbe istruito Angela in seguito). 
 A un certo punto Silvana cominciò a pregarla con insistenza di qualcosa che non afferrai, mentre lei si schermiva timidamente. Angela, Maddalena e un altro paio di ragazze si unirono a Silvana, ma Gemma non demordeva.
Sergio si avvicinò al gruppetto e chiese sorridendo:
 -Di cosa discutete?-
Maddalena ghignò con sguardo pestifero, ammiccando a Gemma, prima di rispondere:
 -Ho chiesto a Gemma se mi cantava qualcosa, ma lei si rifiuta...- vidi Gemma arrossire furiosamente, prima di chinare la testa e nascondersi dietro il ciuffo di capelli.
 -Sai cantare?- chiesi avvicinandomi anch'io. Questo non me lo sarei aspettato.
 -Tanto non so farlo bene, non è il caso...- biascicò la ragazza mordicchiandosi l'unghia.
 -Non è vero- disse Silvana -io e Maddalena l'abbiamo sentita, è bravissima. Ti prego Gem, solo per il mio compleanno!-
Gemma scosse la testa: -no, mi dispiace ma c'è troppa gente... e poi non posso cantare così, insomma, già sembro patetica di mio...-
 -Non sei affatto patetica- disse Angela -ti prego, mi piacerebbe molto sentirti- le prese una mano.
 -Non lo so...sono sicura che c'è gente molto più brava, perché non chiedete a loro?- supplicò.
 Le ragazze sospirarono, scambiandosi occhiate rassegnate.
 -Eureka!- esclamò infine Silvana.
Prese per mano Maddalena e la trascinò fino alla porta che divideva il rustico dove aveva organizzato la sua festa dal resto della casa.
-Aspettami lì, torniamo subito!-
Sparì su per le scale, lasciando Gemma terrorizzata.
 -Non mi lascerete cantare, vero?- guardò Angela.
 -Maddài! Secondo me ti ci vuole. Non vorresti smuoverti un po'?-
Gemma si morse il labbro, distogliendo lo sguardo.
 -Ma se poi stono, prendo una stecca...-.
 -Non è un problema!- Silvana era tornata, reggendo tra le mani una scatola che sembrava anche abbastanza pesante. Oh...karaoke. Sorrisi.
 -Ta da!! Con questo possiamo fare tutte le figuracce che ci pare e quando canterai tu non ti sentirai in imbarazzo! Allora, sono o non sono un genio?- Gongolando, Silvana cominciò a districare i fili fino a cacciare un microfono. Poi si avvicinò a una televisione nell'angolo (fino ad allora era stata inutile, sovrastata dall'impianto stereo che sparava musica house a palla, per la gioia degli improvvisati ballerini da discoteca che si limitavano ad agitarsi, ignari del mondo come se avessero raggiunto il nirvana).
 -Oh...abbiamo bisogno di Davide- Maddalena andò a chiamare il secchione di classe, nella speranza che l'aiutasse ad attaccare i fili alle prese giuste.
 Tempo un quarto d'ora e mezza classe si era radunata davanti al televisore, spingendosi per far rientrare nel proprio campo visivo le parole che scorrevano sullo schermo... ma era una cacofonia di suoni così male articolati che a malapena si sarebbe potuto dire che stessero cantando la stessa canzone.
 Gemma cercava di simulare indifferenza, chiacchierando con Angela, ma si notava che era estremamente tesa, come se ne andasse della sua vita.
Quando la gente si stancò di far finta di seguire le parole, il karaoke cessò di essere il polo di maggiore attenzione e gli invitati tornarono a disperdersi. Silvana fece cenno a Gemma di avvicinarsi, mentre metteva un'altra canzone. Ormai erano rimaste cinque o sei persone intente a gorgheggiare.
Gemma raggiunse l'amica titubante.
 Rifiutò di prendere il microfono in mano, insistendo perché lo continuasse a tenere Silvana, poi l'ennesima canzone commerciale risuonò per la stanza.
All'inizio sentii solo le cinque o sei voci che si mischiavano, poi però Gemma si decise a far uscire la propria.
 -E' brava!- esclamò Sergio nel mio orecchio.
 -No, di più... è spettacolare- risposi.
 Da dove veniva fuori quella voce? Non avrei mai creduto possibile che una creatura così piccola riuscisse in una tale impresa. Gemma si ritrovò il microfono tra le mani e ci si aggrappò come se fosse un'ancora di salvezza.
 Cantava come se impiegasse tutta la voce che non usava per parlare. Mi chiesi perché fosse stata così insicura quando le era stato proposto. Come poteva essere convinta di non esserne molto capace? Avevo sentito cantanti alla radio molto meno dotati.
 Incredibilmente, fui contento di sapere che cantava. Una voce così spettacolare non poteva essere ignorata, non doveva andare perduta. Pensai che sarebbe potuta diventare famosa. Chissà se aveva una band... sapevo che c'era gente che avrebbe pagato oro per averla. Cerai di spulciare tra le mie conoscenze, per farle sfruttare al meglio le sue capacità.
La canzone finì, ma Gemma smise di cantare prima degli altri.
 Quando tutto tacque, Angela le fu vicina in un baleno:
 -Non provare mai più a dire che non sei brava. Hai la voce più bella che io abbia mai sentito, sai?-
Gemma arrossì, mormorando un "grazie" educato. Poi tutti gli invitati le si precipitarono addosso, riempendola di complimenti e quasi soffocandola.
Lei sembrò barricarsi dietro i capelli, fino a quando Maddalena non glie li sistemò dietro l'orecchio, fermandoli con un ferretto:-lo sapevo che eri brava- le disse dandole una pacca sulla spalla.
 Gemma sorrise e raggiunse il divanetto da cui si era alzata tanto controvoglia, tormentandosi le unghie. Mi avvicinai prendendo posto vicino a lei e Angela mi affiancò all'istante.
 -Sei bravissima. Hai un gruppo in cui canti?- le chiesi.
Lei diventò se possibile ancora più rossa prima di rispondere.
 -Ehm, veramente no...-
 -Eppure i cantanti sono pochi. Se vuoi posso presentarti qualcuno. Conosco un paio di persone che suonano. Sempre se sei d'accordo-.
 Lei mi guardò, sempre a testa bassa, e sorrise:- oh...sì, perché no?-.
 -Meno male. Saresti sprecata altrimenti. Come fai a cantare senza musica?-
 -Oh, no...voglio dire, posso anche cantare quando sento l'mp3 o lo stereo...comunque in realtà un po' suono...-
 -Davvero?- quella ragazza mi stupiva sempre di più.
-Cosa?-
 -Ho una chitarra...classica...la suono da un po' di anni...-
 -Ma è fantastico! Mi piacerebbe sentirti suonare. Se lo fai bene come canti, allora è il caso che cominci a spedire qualche demo alle case discografiche- ghignai, ma non ero del tutto scherzoso.
Lei scosse la testa e distolse lo sguardo:
 -No, io...no. Cioè...- sorrise e si strinse nella spalle -mi vedi? Magari la voce c'è, ma è tutto il resto che manca- si morse il labbro.
 -Cosa intendi dire?- chiese Angela.
Gemma sospirò:
 -Bè, le cantanti sono tutte estremamente carine e impavide. Sanno sempre quello che dire e non inciampano nei propri passi. Io invece... sono una delusione. Nessuno pensa a me e vede una cantante. E poi...non voglio mettermi in mostra...non mi piace-.
 -Ci si fa l'abitudine, cosa credi. Tu sei solo timida- disse Angela teneramente.
 -Già...dici poco. Timida e patetica-.
 -Ma smettila!- Angela la canzonò dandole una spintarella.
 -Dì quello che ti pare, ma io lunedì vado dritto da un mio amico. Lui suona in un gruppo, e cercano un cantante. Vedrai come ti troverai a tuo agio- dissi rivolgendomi a Gemma.
 Lei arricciò l'angolo della bocca all'ingiù:
 -Non so...io ho il panico da palcoscenico. Ve ne siete accorti-.
 -E allora? Il panico si supera-.
 -Bè...speriamo-. Gemma si sistemò la gonna tirandola verso le ginocchia. Nooo...
 -Vieni, andiamo a prendere qualcosa da bere- Angela tirò su Gemma e si diressero verso il tavolo delle bibite.
 Forse aveva ragione Angela: quella ragazza era tutta da scoprire.
Mi ricordai che era stata la migliore amica di Carolina. Come era stato possibile? Non riuscivo a immaginare persone più differenti: Carolina era aperta, allegra, socievole, parlava con tutti e si sentiva sempre a proprio agio. Gemma invece...era troppo schiva, troppo timida. Mi chiesi quando avessero cominciato a diventare amiche. Mi sembrava strano che Carolina avesse avuto la pazienza di conoscerla per bene.

 Come avevo promesso, il lunedì successivo, accompagnato da Angela e Raffaele, presi Gemma quasi di peso e la trascinammo fino al secondo piano, dove cercai la classe di Moraschini.
Mauro Moraschini era il cugino di un amico di Sergio, lo conoscevo abbastanza da potermi permettere di presentargli Gemma: all'inizio dell'anno andammo a sentire un paio di volte il suo gruppo in sala prove, e non mi era sembrato male.
 Era un paio di anni più grande di noi, e già per questo metteva in soggezione la povera Gemma. Aspettammo un po' prima che uscisse dalla classe, ma poi lo intravidi vicino alla finestra. Gli feci un cenno e lui si avvicinò.
 Gemma osservò dal basso il ragazzone che le si parava davanti: spalle larghe, viso squadrato e capelli lunghi fino alle spalle, castano chiaro e ondulati. Era vestito con colori scuri, dalla felpa aderente agli anfibi enormi, e sembrava l'incarnazione della musica potente, quel rock che è rimasto nella storia e resiste nelle menti di ognuno. 
 -Ciao Mauro! Senti un po', state ancora cercando un cantante?- chiesi.
 -Oh, abbiamo provato un po' di gente, ma dobbiamo ancora decidere...- rispose lui.
 -Perché se vuoi qui c'è Gemma. L'ho sentita cantare a una festa, è bravissima e non ha nessun gruppo- tirai in avanti la ragazza.
 Moraschini la squadrò per un po', soffermandosi sul suo viso, il cui sguardo era seminascosto dai capelli.
Difficile trovare due persone più diverse da quelle che mi ritrovavo davanti e che si stavano esaminando brevemente.
 -Davvero?- fece lui interessato.
Gemma inspirò:
 -Ehm, diciamo che me la cavo. Vado a lezione di canto da quest'estate...ma suono la chitarra da un po' di più-.
 -Chitarra?-
 -Ehm, già. Sai com'è, in casa c'era una chitarra classica da quando ero bambina e col tempo mi è venuta la curiosità...-
 -Ma anche si. Se vuoi potresti farmi sentire qualcosa... magari poi puoi venire in sala prove con me e gli altri, vediamo un po' come ti trovi. Che ne dici?-
 -Oh...ma anche sì- sorrise.
-Domani ti porto le registrazioni delle lezioni di canto? Magari taglio le parti più noiose e porto solo le canzoni che ho cantato...-
 -Sarebbe perfetto-.
 -Ok- Gemma rispose subito, come se non volesse prolungare di più la conversazione.
Moraschini la guardò incuriosito prima di salutare e tornare in classe, dopo aver strappato a Gemma il numero di cellulare.
 Mi voltai verso di lei, insieme a Angela e Raffaele:
 -Fantastico! Ti prenderanno sicuramente!- esclamò Angela sorridendole.
Gemma abbassò lo sguardo confusa, senza sapere cosa rispondere.
 -Sarà bello, potrai cantare alla Giornata dell'Arte!- le dissi. A scuola era raro che riuscissimo ad arrangiare qualcosa per la "Giornata dell'Arte", che di solito si teneva verso la fine di maggio. Ma sarebbe stato elettrizzante assistere a un concerto nel quale la cantante aveva la voce più soave del pianeta.
Tuttavia lei alzò lo sguardo terrorizzata, mordendosi un'unghia fino a farla sanguinare:- oddio, non ci avevo pensato! No!- lasciò perdere l'unghia e prese a mordersi il labbro, quasi sperasse di infliggersi più dolore.
 -Perché, che problema hai?- domandò Raffaele perplesso.
 -Io...io non so esibirmi in pubblico...- mormorò Gemma.
 -Tranquilla, vedrai che ti abituerai. Prima di tutto devi concentrarti per entrare nel gruppo di Moraschini: ricorda che hai dei concorrenti. Ma sono sicura che mangeranno la tua polvere... che ne dici se veniamo anche noi a sentirti in sala prove?- propose Angela.
Gemma strinse la labbra, sempre con lo sguardo ben lontano da noi, prima di rispondere: -come volete... ma anche sì-.

  
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