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Autore: Dira_    03/11/2010    19 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ciao a tutte/tutti … che dire, ci risiamo! XD Mi dispiace per il ritardo, ma purtroppo questi sono giorni convulsi.
@Herys: Ahaaha, Tom volante da una finestra, meraviglioso! XD Rose purtroppo è posseduta dal terribile demone della gelosia. Vedremo che casini farà in merito.
@ElseW: Ma povero Poliakoff, che vi ha fatto? XD Rose… combinerà un po’ di casini, ma abbiate fiducia in lei (o nel fatto che a volte ragiona XD).
@Nicky_Iron: Grazie, corretto! Rose è un po’ tutte noi… chi non ha avuto una reazione di grave paranoia all’idea che il proprio ragazzo sia nelle mire di qualcun’altra? Dom avrà abbastanza scene, ma vedremo…
@Simomart: Essì, il rapporto con Mike è fondamentale. Come mi hanno fatto notare, sono un triangolo potenziale molto interessante, se non fosse che per il fatto che Albus è innamorato perso di Misantropia. Per il resto… troverai tutto nel capitolo seguente! XD Il ragionamento su Rose è perfetto, ma non dico altro. XD E per quanto riguarda il POV di Ren… accontentata!
@Idk: Al è il miglior amico gay che ogni ragazza sognerebbe. Purtroppo è gay però. xD Penso che Rosie e Tom siano troppo simili, di base, per piacersi davvero… e ricorda che Tom è un discreto misogino, se ci si mette. E poi, chi non pensa ad una Snevans T_T

@Agathe: Verso le sei in realtà! XD Così dice la Row, ho controllato sul primo HP che avevo sottomano. Ricordati che sono inglesi e comunque il coprifuoco è alle nove! Ren putroppo non è il miglior attore del mondo… ma questo forse non andrà a suo svantaggio! ;)
@Lovermusic: Dom è simpatica ma purtroppo io l’incesto tra cugini proprio non me lo figuro… meglio usare un Teddy! XD Ren è un orribile attore, concordo!
@Trixina: Non preoccuparti, guarda io quanto ritardo faccio! Grazie per i complimenti a Dom, ero molto preoccupata di presentarvela così! ;) Per il resto non posso dirti niente, non spoilero!
@MissBlackSpots: Purtroppo non posso darti spoiler, ma Mike continuerà a rimanere in gioco, anche se non posso dirti ancora come! ;) Grazie mille!
@AlexielFay: Io adoro le tue recensioni, quindi non preoccuparti di essere prolissa! :D Lo so, Tom che fa il tenero è puro fan-service, ma essendo anche io una fan della coppia (il che ha del patetico, me ne rendo conto) non potevo non metterli ogni tanto. E quei due non saranno mai la coppia sdolcinata della saga. Hanno troppo sarcasmo serpeverde che gli esce dai pori. E poi sono due maschietti, via! XD Mike è… Mike, in tutto il suo splendore stronzo. Ha le sue ragioni dopotutto, e mi rendo conto che si sta formando un triangolo, ma che ci posso fare… i personaggi escono dalla mia penna e fanno quel che gli pare! XD Grazie per i complimenti!
@Hale_y: adoro le recensioni chilometriche! :D Beh, quei due sono pulcinosi ad oltranza, me ne rendo conto. Anche Tom ha il suo coefficiente-tenero non indifferente! XD E per sapere le tue supposizioni su Mike… leggi il capitolo! ;D Almeno qualcosa si chiarirà! Per quanto riguarda Tom… cattivo Tom! Non riesce a non fare lo psicopatico bastardo, ogni tanto si deve sfogare povero caro. Su Scorpius… non so se hai letto Fiore di Cactus ma lì un po’ spiego il ragazzaccio, anche se hai ragione Sy si nasconde molto, anche se sembra Rose quella più riservata dei due. E su Violet… beh, vedrai! Sul torneo… no spoiler! :D
@altovoltaggio: *_* Non preoccuparti, con questa recensione ti sei ampiamente fatta perdonare! xD Allora… per rispondere alle tue domande, Tom al momento non sta frequentando le lezioni, perché deve attendere metà settembre per sostenere degli esami che lo ammetteranno al Settimo anno. Avendo frequentato solo metà del Sesto anno dovrebbe essere bocciato, ma data la sua situazione particolare, il Preside ha deciso di fargli fare degli esami “riparatori”. Se risulterà idoneo tornerà in corsa per il Settimo, con solo due settimane di ritardo delle lezioni. Spero di essere stata chiara ^^. Al momento comunque, è nel Dormitorio del Settimo per semplice comodità. Dom… beh, io l’ho descritta, ma non ho ancora trovato una faccia soddisfacente su DA o siti simili. Dovrete aspettare. Comunque mi fa piacere che ti piaccia! :D Lily… beh, la tua riflessione è interessante. C’è da dire che lei ancora non conosce bene, di persona, Sören, neppure quello della lettera. Quindi è naturale che si interfacci con lui, istintivamente, come fa con tutti tranne che con la sua famiglia stretta (intendo i fratelli e i genitori, già vedi che con Rose non lo fa). Lily probabilmente è guardinga eccessivamente, ma spiegherò in seguito il perché del suo atteggiamento frivolo, anche se penso si possa essere intuito. ^^ Per quanto riguarda il pezzo della bacchetta… Il colore delle scintille che si producono quando si perde il controllo dipende dall’aura magica di un mago, a quanto ho capito. Quelle di Harry per esempio sono rosse e verdi (HP5). Quelle di Tom potevano essere diverse che da verdi? XD E per il resto… no spoiler! :D
@Andriw9214: Ciao! :D Non preoccuparti, in quanto a ritardi penso di non battere nessuno! XD Dom non può essere antipatica… andiamo, è figlia di Bill! :D Adorabile Bill… Vic invece è una stronza, punto e stop. XD Rose è la tipica ragazza la cui gelosia la rende completamente cieca come una talpa, hai ragionissima… ma vedremo! ;D Grazie a te!
 
****
 
Capitolo XIII


 
 
You've got your ball, you've got your chain
Tied to me tight, tie me up again.
Who's got their claws in you my friend?
Into your heart I'll beat again…¹
(Crash Into Me, Dave Matthews Band)
 
 
4 Settembre 2023.
Hogwarts, nei pressi della Porta Principale.
Pomeriggio.
 
Avrebbe dovuto dire qualcosa.
Sören Von Hohenheim, attualmente Sören Luzhin avrebbe dovuto parlare a Lilian Luna Potter.
L’unica cosa che gli veniva in mente, avendola affianco mentre risalivano il pendio che riportava al castello, è che aveva la gonna troppo corta. E anche delle belle gambe.
… No, non credo possa essere un argomento da introdurre in una conversazione.
L’aveva notata perché era certo che le gonne regolamentari delle studentesse di Hogwarts arrivassero sotto le ginocchia. Quella era palesemente sopra.
Aveva un attenzione maniacale per i dettagli, sin da quando era bambino: spesso gli era stato utile, molto spesso.
Adesso non molto.
Lily si voltò verso di lui. Nella foto non si notava, ma aveva un perenne sguardo curioso, interrogativo. Sembrava sempre stesse per farti una domanda da un momento all’altro.
“È una bella giornata.” Le disse, per dire qualcosa e perché si rifiutava di sentirsi innervosito da quel silenzio.
Purtroppo doveva ammettere che le sue esperienze con l’universo femminile erano pressoché nulle. Negli anni di Durmstrang non aveva frequentato molto i coetanei, e fuori dall’Istituto aveva consacrato la sua vita alla Thule, mente e corpo.
Suo zio si era occupato della sue educazione: nelle vacanze lo aveva affidato a tutori che gli avevano insegnato, oltre ad un nutrito parco di incantesimi, anche a lottare. Era un perfetto soldato, ma non aveva la minima idea di come far conversazione con una ragazza: naturalmente questo non l’aveva detto ad Alberich.
Non che sarebbe servito a molto… Lui non ha mai avuto questo tipo di problemi interpersonali.
Si è sempre imposto.  
“Molto bella.” Convenne l’altra con un sorriso, riscuotendolo dalle sue riflessioni. “Però ora possiamo andare avanti con la conversazione?”
“… Prego?”
“È la seconda volta che mi dici che è una bella giornata, ed io ti ho risposto che ne abbiamo avute di migliori.” Indicò il cielo con un dito. Si stava rannuvolando, di grossi nuvoloni gravidi di pioggia.

Dannazione.
“Io…”
Si sforzò di tenere alla mente la sua missione, il motivo per cui era lì. Avvicinarsi a lei, stabilire un contatto: non stava andando granché bene.
Avrebbe preferito di gran lunga trafugare personalmente i Doni.
“Fate lezione sulla nave?” Sembrò venirgli in soccorso. “Perché non usate le aule del castello come quelli dell’Accademia?”
“Il nostro Preside ha deciso altrimenti. Trova che non sia … opportuno… sfruttare la vostra generosa ospitalità occupando anche i vostri spazi.”

“Ah… capisco.”  
Lily – doveva imparare a chiamarla così anche nella sua testa – lanciò uno sguardo in basso, verso il vascello. “È piuttosto inquietante, sai? Quando si è lì dentro sembra di essere dentro la pancia di un pesce gigante o qualcosa di simile…”
“Un pesce gigante?” Il paragone gli sembrò singolarmente calzante per una ragazza che non aveva mai lasciato la terraferma. “Sì, forse…”

Aveva studiato Lily Potter grazie alle sue lettere: era l’ultima di tre fratelli, molto legata alla famiglia non aveva un grande interesse per la scuola, eccezion fatta per Incantesimi e per una materia che lui giudicava ridicola, ovvero Divinazione.
Dalle sue lettera aveva evinto che possedesse una certa ironia, ma tendente spaventosamente verso l’auto-celebrazione.
Conosceva i suoi gusti in fatto di vestiti, musica e persino il suo colore preferito.
Ma ora che se la trovava davanti non aveva la minima idea di come usare tutte quelle informazioni per convincerla che erano amici e che si poteva fidare di lui.
Era come sapere il perfetto funzionamento di un processo alchemico senza poi produrre un solo, singolo, grammo d’oro.
La teoria non era la pratica, questo lo sapeva bene.
A quanto pare funziona così anche con le ragazze.
“Non sei un gran chiacchierone…” Spiò guardandolo di sottecchi. Si aspettava naturalmente di stare annoiandola ma venne comunque punto sul vivo.
“Mi esprimo meglio per lettera.” Borbottò suonando troppo secco. Avrebbe dovuto mordersi la lingua.  
“Sì, vero.” Replicò mentre un sorriso andava ad arricciarle le labbra. Non aveva notato, in foto, che avesse le fossette. “Sai Ren… te lo devo proprio dire. Ti immaginavo diverso.”
Sören sentì contrarsi il muscolo della mascella: una brutta abitudine che aveva fin da bambino, quella di serrare i denti.

Naturalmente la sua copertura non sarebbe saltata così facilmente: aveva incantato la lettera che le aveva mandato, in modo che, toccandola, venisse attivato un confundus leggero seguito da un potente incantesimo di memoria che avrebbe cancellato dalla sua testa probabili foto spedite dal suo omonimo.
Era tutto a posto.
Allora perché era così nervoso?
“Diverso in che senso?” Le chiese, simulando cortese sorpresa.
“Beh, in realtà non so spiegartelo…” Si arricciò una ciocca di capelli sulle dita, pensierosa: li aveva veramente rosso tiziano, non era solo un gioco di luce della pellicola fotografica come aveva pensato.
Oggettivamente, doveva ammetterlo. Lily Potter era molto carina.
“Provaci.” La incoraggiò.
“È come se … non lo so… avessi un’idea di te che poi… non coincide. Capisci che intendo?”
“Certamente. Anche io ti immaginavo diversa.” Non era del tutto una menzogna, quella.
Non aveva molte esperienze in quindicenni, ma quelle che aveva visto ad Hogwarts e a Durmstrang erano esattamente come si era sempre immaginato: chiassose, con un’etica del branco impenetrabile e fondamentalmente ingovernabili.
Forse prese singolarmente potevano persino risultare gradevoli, ma era strenuamente convinto che tutti quegli ormoni le rendessero instabili.
Non che Lily fosse un’eccezione. Dopotutto si era infilata dentro la nave senza chiedere autorizzazioni e permessi solo per vederlo, per un capriccio.
Era la sua aria curiosa a staccarla leggermente dalla massa. Si era accorto, quasi con divertimento, che quella ragazzina lo stava studiando.
Non era comunque il caso di mettersi in allarme, e non lo fece: anzi, si sentì più rilassato.
Questa sua curiosità potrebbe tornarmi utile.
“In che senso Ren?” Gli chiese, sgranando gli occhi avidamente. “Hai una mia foto… e voglio dire, le foto magiche sono molto più dettagliate di quelle babbane. Tra parentesi, sono venuta bene.”
“È vero.” Non era difficile fingere se la assecondava. La vanità era un ottimo aiuto. “È solo che vedersi dal vivo, parlarsi… interagire… dà sempre un’impressione differente. La cinestetica…” Esitò, forse avendo usato una parola troppo complessa.

So cos’è la cinestetica.” Ribatté sorprendentemente, scoccandogli un’occhiataccia. “Ho un fratello e un cugino che parlano come se si fossero ingoiati libri interi.” Inarcò le sopracciglia. “E poi sei tu lo straniero, non usare parole difficili!”
“… So parlare inglese.”

Lily rise vedendo la sua aria seccata, dandogli una pacca sulla spalla. Si irrigidì, sforzandosi di ricordare che il suo omonimo non era stato addestrato per reagire ad ogni minima invasione del suo spazio personale.
“Sei un po’ troppo rigido, lo sai?” Replicò ignara. “Ti stavo prendendo in giro. In realtà la parli molto bene. Sono colpita!”
“Parlo quattro lingue.” Ricordò compitamente. In realtà ne parlava il doppio, senza contare quelle morte, come il latino e il greco antico.
E il saper leggere il runico.
“Lo so, lo so… Ti è sempre mancato il senso dell’umorismo, me lo ricordo. All’inizio pensavo che non capissi le mie battute per via della lingua…” Lo prese sottobraccio con naturalezza. Si ricordò di nuovo di non irrigidirsi o tentare di scostarsi.
La realtà era che nessuno, a parte forse suo zio e la sua balia gli si era mai avvicinato così tanto.
Sentiva il calore tiepido del corpo della ragazza filtrare dal suo mantello scaldargli il braccio. Sapeva che era fisicamente impossibile, ma lo sentiva.  
Lily cercò il suo sguardo. “Ti dà fastidio?” Chiese.
E poi la sentì, improvvisamente.
Un’intrusione dentro la sua testa, come se qualcosa gli scivolasse trai pensieri, toccandoli, sfiorandoli appena.
Com’era possibile che una strega così giovane sapesse già utilizzare la Legimanzia?
Se di legimanzia si tratta…
“Non è cortese leggere nella mente delle persone senza avvertirle…” Replicò sgarbato. La sorpresa l’aveva messo in uno stato d’allerta che aveva spazzato via ogni cortesia di rito, per concentrarsi sull’ergere una barriera occlumantica.
La sentì irrigidirsi contro di lui.  
“Non lo sto facendo, non sono capace.” Rispose improvvisamente gelida. O forse avrebbe dovuto dire guardinga. Sembrava confusa, e lo squadrava come se improvvisamente si trovasse a braccetto con qualcun’altro. “Che ti viene in mente?”
“Legimanzia. È quello che mi è sembrato stessi facendo.”

“Beh, ti sbagli.” Lily gli liberò il braccio. La sensazione di essere letto scomparve, come se non ci fosse mai stata.
La Legimanzia non funziona così. È un attacco, un’aggressione.
Eppure non sono pazzo, ho percepito che stava tentando di leggermi i pensieri.
Se non fossi un occlumante non me ne sarei neppure accorto, ma dato che lo sono…
“Sai usare la Legimanzia?” Le chiese senza girarci attorno; se fosse stato vero, avrebbe dovuto chiedere a suo zio perché non era stato avvertito di un particolare simile.
Ho rischiato di far saltare la copertura… Se non mi fossi difeso…
Lily inarcò un sopracciglio. “Ti ho già detto di no. È magia troppo avanzata per me.” Non aspettò che ribattesse. “Torno al castello da sola, grazie.” Detto questo, si incamminò senza aggiungere altro.
Sören mascherò un’imprecazione a fior di labbra: non ci voleva un genio per capire che aveva sbagliato qualcosa.
Ma ho tempo…
Aveva un intero Torneo per scoprire chi diavolo fosse Lily Potter.
 
****
 
 
Hogwarts, Sala Grande, ora di cena.
 
Dominique Weasley si riteneva una tipa tosta.
E per questo era l’unica degna di essere il campione di Beaux-Batons. Progettava quindi di mettere il suo nome quella sera stessa, dopocena.
Sarò sorteggiata.
Del resto conosceva le alternative: Sylvie Azoulay, una pallida bretone con un pessimo carattere e Mael Delacour, suo cavaliere nella delegazione e cugino alla lontana.
Non conosceva bene l’Azolauy, ma sapeva che Mael non aveva la stoffa: era terrorizzato dall’eventualità di essere scelto, anche se fingeva il contrario. Erano stati i suoi genitori, zia Gabrielle e marito, a premere perché si candidasse nella selezione interna.  Era stato selezionato perché, al di là dei suoi attacchi da diva, in effetti era in gamba.
Oltre al fatto che affascina tutta la popolazione femminile dai tre ai settant’anni a causa di un atavismo genetico che invece di renderlo un sedicesimo Veela come me lo ha reso molto più potente…
Al momento attuale il ragazzo si lamentava sottovoce, con lei, alla tavola dei Corvonero, ignorando platealmente le occhiate ardenti lanciategli dalle ragazze inglesi.  
“Detesto il cibo inglese… è così grasso…” Sibilò con uno sguardo così affranto che un paio di tipe trattennero il fiato, commosse. “E fa un freddo micidiale, per giunta. Perché non ci hanno detto che faceva così freddo? La Scozia è orribile…”
“Se non la pianti di piagnucolare qualche inglesina vorrà farti da balia scatenando un incidente diplomatico… tieni a freno i tuoi poteri, ninfetto. 
“Sei solo invidiosa perché sono più Veela di te!”
“Sei anche più femminile di me, ma evito di fartelo notare…” Ghignò facendolo indignare, ma con l’attenzione già rivolta alla venuta di sua cugina Rose, che incedeva con aria marziale verso il tavolo dei Corvonero.
“Hai un minuto?” Le buttò in faccia, con cipiglio scuro.
“Adesso? Starei cenando…”
“Come se non sapessi che in Francia si mangia più tardi. Siete la metà al tavolo. Mangerai dopo,  vieni con me, ti devo parlare.” Lanciò un’occhiata a Mael, che occhieggiava senza capire visto il suo scarso inglese. “Non qui, comunque.” Aggiunse, dopo un momento di imbambolamento.

Si è ripresa subito però… Allora lo ama proprio, il suo Malfoy…
“Ma che è, un’emergenza?”
“Codice Potter-Weasley.”
Dom ci mise più di qualche attimo a ricordare quel gioco di ragazzini: a quanto pareva trai suoi cugini inglesi andava ancora forte. Sospirò divertita, alzandosi e seguendola.

Solo quando furono lontane dalla Sala Grande e in un corridoio privo di esseri viventi, l’altra parlò.
“Si tratta di Scorpius.”
“Giuro che non è colpa mia.” Ribatté pronta. Le usciva naturale da che era nata, praticamente. Dall’aria confusa di Rose capì però che quello era uno dei rari casi in cui non doveva preoccuparsi di trovare una giustificazione ad un guaio che aveva combinato e di cui non aveva memoria.

“Certo che non lo è, che diavolo…?” Borbottò l’altra, poi scrollò le spalle, decidendo saggiamente di non indagare. “Mi devi dire se conosci una persona… una certa Violet.”
“Violet? La conosco, sì.” Fu sorpresa di sentire quel nome sulle labbra di sua cugina.

Sono due tipe così diverse… e come la conosce poi?
“Pare che sia una specie di probabile moglie combinata per Scorpius. Sai, approvata dall’intera Casata dei Malfoy…” Spiegò lugubre, lo sguardo palesemente perso in cupi pensieri di infedeltà ineluttabile.
“Capisco…” Non trovò di meglio da dire, pensando all’arrosto fumante che aveva lasciato sul tavolo.
“Cosa sai dirmi su di lei?” La incalzò Rose, impietosa.
“Beh… Non è il genere di persona con cui mi accompagno a scuola, ma è a posto, credo.”
“… A posto?” La delusione e il terrore negli occhi di Rose era palese e quasi esilarante. Probabilmente sperava le dicesse che la Parkinson-Goyle era una stronza di dubbia levatura morale dedita alla magia oscura.

“Definiscimi a posto…” Insistette infatti.
“Non so, non la conosco bene… So che è purosangue, che i suoi genitori sono inglesi, e che si sono trasferiti in Francia quando lei non era ancora nata. Pare che giri la voce che abbiano avuto problemi con il Ministero all’epoca di Voldemort. È nel club di Florigrafia.” Allo sguardo perplesso dell’altra si apprestò a spiegare. “Qualcosa che c’entra con i fiori.”
Ah.” Sembrava aver perso improvvisamente ogni spinta loquace. “E com’è fatta? È carina?”
“Che ne so! Non guardo le ragazze!” Sbuffò esasperata da quell’interrogatorio fastidioso. Probabilmente ragazze come Lily avrebbero trovato quei pettegolezzi succulenti, ma lei si stava solo annoiando.

Voglio andare a cena, mangiare, scrivere il mio nome in un dannato pezzo di pergamena e buttarlo dentro il Calice.
Lasciami andare!
“Vuoi che te la indichi? Era al tavolo…” Suggerì stancamente.
Non fece in tempo a finire la frase che Rose la afferrò per un braccio, dimostrando una notevole forza motrice, e la portò di fronte alle grosse porte della Sala Grande.
“Quale?” Le chiese brusca, scandagliando l’ambiente con lo sguardo.
“Quella lì. Capelli neri, treccia lunga.” La indicò, visto che in dirittura di sguardo era proprio di fronte a loro, seduta agli ultimi posti della tavola dei Corvonero.
A lei non era mai sembrata una bellezza eccezionale.
Certo, probabilmente perché sono abituata alle bellezze effimere della mia famiglia.
Voglio dire, dna Veela. Proprio non c’è storia…
Violet Parkinson-Goyle invece aveva una madre piuttosto brutta, questo se lo ricordava bene. Ma per una strana bizzarria genetica il risultato di un dna orrendo aveva prodotto una ragazza minuta, dai lineamenti di bambola e grandi occhi scuri.
Visti i genitori, poteva essere considerata una bellezza.
Volse lo sguardo verso Rose. Sua cugina aveva l’aria di una che aveva appena ingoiato un limone delle dimensioni di un pugno.
Questo, prima di voltare le spalle e darsela letteralmente a gambe.
“Rosie!” La chiamò inutilmente.
Forse avrebbe dovuto rincorrerla, ma a conti fatti, non avrebbe saputo come arginare la sua crisi esistenziale.
La troverà Sissy o qualcun altro… Io proprio con queste cose non ci so fare.
Si ficcò una mano nella tasca dell’uniforme azzurrina tirando fuori il pezzo di pergamena dove aveva schizzato il suo nome.
Per quanto volesse bene a sua cugina, aveva cose più importanti da fare: attendere alla gloria eterna era una di queste.
Non era forse il motivo per cui tutti erano lì?
 
 
****
 
 
Hogsmeade, Tre Manici di Scopa.
Sette di sera.
 
Lui e Potter avevano deciso un giorno per incontrarsi ad Hogsmeade, ed era il lunedì.
Questo perché poi lui si vede con Lupin…
Quando varcò le porte dei Tre Manici, Scorpius Hyperion Malfoy non poté fare a meno di gongolare per la sua maggiore età, e quindi per i privilegi che ne conseguivano, come poter uscire nelle ore libere senza bisogno di avere un permesso dal proprio Direttore di Casa, o poter ordinare la vasta gamma di alcolici che offriva il pub magico.
Il Potter era seduto ad uno dei tavoli con addosso l’uniforme dell’Accademia nuova fiammante, di un verde cupo. Si guardava attorno con aria di comica importanza.
“Ehilà, Poo… Hai dimenticato il mantello a casa?” Lo prese in giro, sedendosi davanti a lui.
James stirò un ghignetto. “Tutta invidia, studentello.”
“Mmh, forse. Se non fosse che lo studentello parteciperà al Torneo Tremaghi.” Mise subito le carte in tavola, attendendo la reazione dell’amico.

James reagì immediatamente; sfoderò un’aria di maschia compartecipazione, dandogli una pacca sulla spalla capace di slogargliela. “Ebbravo Malfoy! Questo sì che è parlare da vero grifondoro!”
“Come mai con te tutto si riduce ad una dicotomia tra Case?”
L’altro sbuffò, facendo un cenno vago. “Perché  per me sarà così per sempre… Dai, ti offro da bere. Bisogna festeggiare la tua pazzia!”

“In questo caso, accetto volentieri. Un whiskey incendiario, grazie.” Comunicò alla Madama, prima di raccogliere le idee: James Potter poteva avere molti difetti, ma era la persona più adatta con cui parlare in quei frangenti.
O presumibilmente, l’unica.
“Pensi che verrò scelto?” Gli chiese, stando ben attento ad avere un’aria casuale, come se si stesse informando delle condizioni atmosferiche del Devonshire.
Se l’altro capì che in realtà era sulle spine, non lo diede a vedere. “Che sia maledetto se non sarà così!” Esclamò infatti. “Chi sono gli altri candidati di Hogwarts?”
“Vediamo… La minore dei Chang, tipa piuttosto sveglia, ha preso il posto del fratello come Capitano del Corvonero … anche a Tassorosso c’è gente in gamba. Dei nostri… Brody McLaggen?”
“Chi? Mai sentito!” Riassunse magistralmente l’altro. “È del tuo anno?”
“Bocciato, è al Sesto. L’anno scorso ha provato le selezioni per Battitore del Grifondoro, non so se ti ricordi…”

“Ah, sì, era insopportabile, un pallone gonfiato. Non hai concorrenza, ragazzo.” Gli assicurò con un sorriso incoraggiante. Scorpius si sentì vagamente commosso, e sopportò quindi che l’altro pretendesse l’esclusiva sulla ciotola di noccioline.
“Penso tu sia il primo ad essere contento della mia idea…” Gli confessò; ed era vero. Suo madre e sua nonna non si erano pronunciate, ma questo già la diceva lunga. Suo padre non l’aveva ostacolato, ma neanche caldeggiato.
E Rose…
Aveva la sinistra impressione che se ne avesse parlato apertamente con lei gli avrebbe cavato un occhio.  
Non sono riuscito a trovare il coraggio…
“Beh Malfuretto, io avrei già messo il mio nome nel Calice, quindi…” Lo squadrò da capo a piedi. “Però lo sai che rischi la pelle, vero?”
“L’avevo vagamente intuito da tutte le misure di sicurezza che hanno disposto e dai racconti terrificanti che girano… oltre alla riluttanza di mio padre nel darmi la sua benedizione.”
James non commentò quest’ultima affermazione, sebbene fosse evidente ne avesse tutta la voglia.

In nome della loro amicizia si limitò a crollare le spalle, bevendosi la sua burrobirra in silenzio.
Lo apprezzò.
“Quando pensi di mettere il tuo nome?” Gli chiese poi.
“Presto, domani sera. Non voglio aspettare, il sorteggio sarà sabato.” Fece tintinnare il ghiaccio a forma di calderone nel bicchiere, osservando i riverberi caramello del liquore.

Ci aveva pensato da quando aveva visto l’articolo ad Agosto.
Ci aveva pensato a lungo, e sebbene avesse deciso di impulso, in un primo momento, poi non aveva cambiato idea per quanto avesse sviscerato la questione tra sé e sé e con suo padre.
Doveva partecipare e doveva vincere.
Sapeva che il Torneo non sarebbe stato uno scherzo, e sicuramente qualcuno avrebbe storto il naso all’idea che il rappresentante di Hogwarts fosse figlio di un ex-mangiamorte.
È proprio per questo che lo faccio…
“Ehi.” James lo riportò alla realtà, dandogli un colpetto sul braccio. “Qual è il problema?”
Avrebbe voluto dirgli che il problema era estremamente semplice.

Vorrei avere un passato familiare che non parla di Magia Oscura e scelte sbagliate. Vorrei avere il passato dei Potter e degli Weasley a volte.
Avrebbe voluto dirglielo, ma non lo fece, perché nonostante tutto amava essere un Malfoy.
“Nessuno…”
“Certo, amico.” Inarcò le sopracciglia con palese divertimento “Non so se ti sei mai guardato allo specchio, ma quando qualcosa ti tormenta si vede lontano un miglio.”
Scorpius ridacchiò, evitando di dirgli che poteva sapere solo perché erano amici e quindi glielo lasciava fare.

“Sì, in effetti ci sono delle cose che potrebbero rendermi poco digeribile come Campione di Hogwarts.”
“Per esempio la tua famiglia?” Andò dritto al punto.

“Per esempio la mia famiglia, sì…” Confermò, sentendosi addosso la solita sensazione di strisciante disagio che aveva coronato la sua infanzia, prima che imparasse a fregarsene. “E poi c’è Rose.”
“Rose?”
“Non credo sia molto contenta del mio bisogno di gloria eterna…” Spiegò con piglio giocoso, perché non aveva voglia di affrontare quel discorso seriamente.

“Lo fai davvero per la gloria eterna?” Spiò James con attenzione, prima di sgusciare un’altra nocciolina e ficcarsela in bocca.
“No…” Dovette ammettere. “Non solo almeno. Lo faccio perché…”
Lo faceva perché voleva essere considerato finalmente una persona degna di fiducia.

Perché amava essere un Malfoy, certo, ma non gli sarebbe dispiaciuto che il suo cognome venisse riabilitato da qualcosa di diverso dai soldi o dalle pressioni politiche di suo padre.
Ma soprattutto lo faceva per sé stesso. Lo faceva per se stesso e per Rose, perché come Campione del Tremaghi forse avrebbe potuto baciare al sole la sua Rosie, e suo padre si sarebbe finalmente reso conto che non era un bambino le cui bizze si sarebbero esaurite una volta finita la scuola.
Come Campione del Tremaghi sarebbe stato chiaro a tutti che stava diventando un uomo.
Era un piano perfetto.
“… per parecchie ragioni.” Riassunse stringato, e James parve intuire perché non chiese altro.
“Mi hanno detto della storia dell’assistente. Chi sceglierai?” Gli chiese invece.
“Ancora non lo so… Se ci fossi stato tu, avrei scelto te.” Ammise spassionato. “Se venissi scelto avrei la mezza idea di chiederlo a qualcuno degli scartati, ma non so… Non li conosco bene.”
“Nel caso, non McLaggen. Forse ha sangue di troll nelle vene…” James si strinse nelle spalle, anche se palesemente stava gongolando per l’affermazione di poco prima. “Ti consiglio comunque di scegliere qualcuno svelto di testa e di bacchetta. Se deve darti una mano con la preparazione delle prove, allora dovrà essere un secchione.”
“Potrei chiedere a tuo fratello. Non è il golden-boy di Serpeverde?” Scherzò, ma non del tutto. Aveva una buona opinione di Albus, anche se era convinto che dietro quei modi affabili si nascondesse un discreto calcolatore.

Il che non è necessariamente una brutta cosa… Non a casa mia, almeno.
James scosse la testa. “Lascia perdere Al. Tra i doveri di Capocasa e quello che gli è successo, è ancora fuori assetto… Non avrebbe la testa per starti dietro.”
“Vero…” Fece una pausa. “Rosie?”
“Certo, non riesci neanche a dirgli che partecipi e le chiedi di darti una mano?” Ironizzò l’altro, con una crudeltà che giudico piuttosto malvagia. “Comunque fidati, te la darebbe comunque. Anche solo per sgridarti continuamente. Perché avere un solo aiuto ufficiale quando ne puoi avere due?”
“Vero anche questo. Sei intelligente allora!”

“Oh, crepa Malfuretto!”  
Rimasero in silenzio a gustare la loro seconda ordinazione, irrobustita da una seconda ciotola di noccioline.
“Come va con Teddy?” Chiese, perché era un buon amico. O almeno ci provava volenterosamente.
“Bene, a parte il fatto che sono quasi due settimane che non lo vedo.” Borbottò James. “Se non apprezzassi il Tremaghi in sé, credo lo odierei…” Concluse gettandosi una nocciolina in bocca, con la palese aria di chi stava nascondendo qualcosa.

Scorpius si riteneva sì, un buon amico, ma non fino al punto di indagare nei fatti personali di una coppia omosessuale. Specie se formata dal suo migliore amico e da un altro uomo, nonché suo cugino, nonché suo professore.
“Già.” Si limitò quindi a dire saggiamente. Poi inspirò. Perché doveva dire altro. “Devo dire a Rosie che parteciperò al Torneo.”
James inarcò le sopracciglia. “E quando pensi di dirglielo?”
“Non lo so… Forse a cose fatte? Anche se non è un’idea brillante, me ne rendo conto.” Fece una smorfia. Rose non avrebbe mai potuto capire. Non fino in fondo almeno, e questo lo frustrava. “E dire che lo faccio anche per lei… per noi.”
“Perché come campione potresti convincere zio Ron e gli altri…”

“Che sono un bravo ragazzo, sì. O qualcosa del genere.”
“Ma pensavo che voleste tenere nascoste le cose tra di voi.”
“A te piaceva tenerle nascosto il tuo rapporto con Lupin?” Gli chiese osservando la pioggia autunnale che spruzzava le finestre della taverna con forza. “Le cose devono cambiare, James. E cambieranno.”


****
 
Hogwarts, Sala Grande.
Otto e mezzo di sera.
 
Albus lanciò un’occhiata all’ennesimo ragazzo di Durmstrang che metteva il suo nome nel Calice.
Si levò un piccolo applauso, mentre accanto a sé Dominique faceva una smorfia.
“Quel tipo ha il cervello pieno di muscoli… Non avrà chance contro la magnifica me.”
“Mmh-mh.” Confermò, scorrendo con lo sguardo la lista dei turni su cui lavorava da tutto il pomeriggio. Perché naturalmente, oltre la mole spaventosa di compiti che gli era stata assegnata in vista dei MAGO, aveva passato tutta la mattina a litigare con i prefetti di ogni singola Casa, visto che nessuno di loro voleva fare il turno di mezzanotte.

Per questo si era rifugiato in Sala Grande, occupata perlopiù dagli studenti stranieri.
“La vita è dura Sissy?” Ghignò sua cugina. “Pensa a Rosie. Lei sì che sta messa male con i suoi evidenti problemi di gelosia…”
“… Che hai fatto?” Aveva un brutto presentimento e un’emicrania in fieri. Non avrebbe voluto chiederlo ma…

Codice Potter-Weasley. Argh.
Perché oltre ad essere un Caposcuola, uno studente e un giocatore di Quidditch, faceva anche parte di un clan familiare che pretendeva quotidiane attenzioni.
È un miracolo che non sia ancora esploso.
non posso seppellirmi nella mia stanza con Tom? No? Dite che è moralmente sbagliato?  
“Io niente, ha fatto tutto da sola!” Mise le mani avanti Dom, riportandolo alla triste realtà. “Dovresti parlarle comunque… era fuori come una zucca, parola mia!”
“Quando avrò tempo per respirare.” Sibilò a denti stretti, tracciando una linea di inchiostro sull’ennesima insoddisfacente combinazione di turni. L’altra Caposcuola si era tirata fuori dai giochi, adducendo un’influenza.

Maledetta.
“Ma scusa… il problema?”
“Il problema è che in questo momento non ho tempo per occcuparmi di qualcun altro… Devo lavorare su questa lista e consegnarla al Preside entro domani sera.”
“Perché non chiedi aiuto a Thomas?” Interloquì. “Sono certa che sarebbe estasiato, in quanto amante del controllo.”

“Deve sostenere gli esami per iscriversi all’ultimo anno… È sempre in biblioteca. Non lo vedo da stamattina.” Borbottò, perché anche quello lo metteva di cattivo umore.
Si potevano vedere solo di sera e per i pasti. Il che non era davvero granché: quando mangiava, Tom era comunicativo come una pietra… e la sera lo trovava già svenuto sul letto.
Nel mio letto, tra parentesi…
“Ma se è lì…” Alzò lo sguardo, seguendo il dito che Dom puntava verso le porte della Sala Grande.
Tom c’era in effetti e aveva un’aria… furtiva.
Oh, no. Non di nuovo.
Sentì il panico congelargli lo stomaco. Specie perché quando incontrò il suo sguardo l’altro gli fece cenno di seguirlo, serissimo in volto.
Radunò le sue cose, quasi inciampando nella panca su cui era seduto, salutando con un cenno della testa frettoloso la cugina.
“Tom!” Lo chiamò. “Che c’è?”
“Seguimi.” Fu la risposta, prima che imboccasse le scale che portavano ai sotterranei.

Al si morse un labbro con forza, preoccupato. Non poteva…  non ci doveva essere niente che non andava, assolutamente niente; il Torneo era perfettamente sicuro, pullulante di funzionari e auror a pattugliare i confini di Hogwarts.
Sorpassarono l’arco di pietra del dormitorio e Tom si diresse verso la sua stanza. Si fermò davanti, facendogli cenno di entrare.
“Prima tu.”  
“Ma che…?”
“Entra, avanti.” Ripeté facendosi da parte.

Gli scoccò una lunga occhiata, a cui l’altro rispose con uno sguardo indecifrabile.
Non gli restò che entrare.
E rimase letteralmente a bocca aperta.
Le lampade che solitamente illuminavano la stanza erano spente, e così il camino, ma la stanza era piena di luce. Decine e decine di fuochi argentati erano sospesi nell’aria e bruciavano di una fiamma brillante, quasi a voler sembrare piccole stelle.
“Cosa…” Mormorò incredulo, mentre Tom entrava e chiudeva la porta. “Che cosa sono? Assomigliano a fuochi portatili, ma…”
“… ma non hanno un supporto.” Concluse per lui con un vago sorriso, affiancandoglisi. “Ho pensato che ti sarebbero piaciuti.”
“Sono bellissimi!” Si sentiva incredulo e immensamente sollevato. Avrebbe dovuto essere arrabbiato perché il cretino era incapace di fargli una bella sorpresa senza sembrare un cospiratore, ma in fondo non era colpa sua. Era fatto così. “Che incantesimo è? Non ricordavo fosse nel programma del Sesto!”
“In effetti non c’è… L’ho inventato io.” E dal sogghignò che gli servì, era ovvio che volesse essere lodato. “Ho aggiunto un incantesimo freddafiamma. Non brucia… prendine uno, avanti.”

Al tese le mani, e sentì l’allegro fuocherello pizzicargli i palmi. “È davvero stupefacente… tu sei stupefacente.” Vedendo che il sogghigno di Tom si stava ampliando a livelli di pericolosa autocelebrazione, corresse subito il tiro. “Quando decidi di applicarti seriamente.”
“Non essere ridicolo, io mi applico sempre.” Replicò infastidito. “Non è stato facile rendere stabili tutti questi nuclei, lo sai? L’ho fatto per te, quindi…”

“Davvero?” Inarcò le sopracciglia, cercando di non commentare il leggero rossore che comparve sulle guance dell’altro.
È un bene che nessuno gli abbia mai detto che è terribilmente carino quando si degna di mostrare qualche emozione…
“Mi hai detto che non so essere romantico e …” Vedendo la sua espressione sbalordita, si affrettò a correggersi. “Con questo non significa che abbia voluto esserlo… soltanto, so che sei stressato in questi giorni, per via dei tuoi compiti da Caposcuola. Ho pensato che mostrarti l’incantesimo… avrebbe potuto essere…” Si fermò, indeciso su che parola usare. Fece una smorfia sofferente, poi continuò. “… carino.”
Al evitò di ridere, perché non era carino infierire. Lo baciò, mentre lasciava libero il fuocherello, che prese a danzare sopra le loro teste.  

 
Una volta tanto aveva fatto la cosa giusta.
Tom si complimento con sé stesso. Perché se lo meritava.
Il suo primo istinto, dopo la spiacevole conversazione con Zabini, era stato quello di trovare Albus, trascinarlo in un posto appartato e chiedere spiegazioni.
Memore dei suoi trascorsi impulsivi si era invece fermato, anche per far smettere la sua bacchetta di sputare scintille.
Saranno smesse le lampadine fulminate da quando l’ho riavuta… ma non che le scintille siano meglio.
Riflettendo quindi, aveva capito che Al aveva il diritto di spiegarsi senza sentirsi attaccato.
Senza contare che sarebbe andato su tutte le furie se gli avessi rivolto accuse del genere…
Era quindi tornato in Sala Grande, e trovatolo l’aveva osservato per un po’, senza farsi vedere.
Vederlo sfibrato e stanco gli aveva fatto tornare alla mente quanto gli aveva detto Zabini.
C’erano del vero: aveva fatto soffrire Albus più di chiunque altro al mondo.
E sta a me farlo stare bene adesso.
“Al…” Gli accarezzò le labbra con il pollice, stupendosi come ogni volta di quanto fossero morbide e pronte ad arrossarsi al minimo bacio.
Al gli sorrise, appoggiandosi contro di lui e sfiorandogli con la guancia la spalla.  
“Sta funzionando…” Bofonchiò contro il suo colletto. “Mi sento molto meglio.”
“Se vuoi posso dare un’occhiata a quei turni… intendo dire, dei prefetti.” Replicò mentre lo portava verso il letto. “So chi sono e penso che alcuni di loro possano essere convinti…”

Al si sedette sul materasso, con uno sbuffo. “Stiamo parlando di intimidazione?”
“Un semplice caldeggiamento.” Scosse la testa, chinandosi a slacciargli le scarpe. Se Albus fu sorpreso dal gesto non lo diede a vedere, lasciandolo fare di buon grado. “In fondo si tratta di capricci. Non vogliono dormire meno degli altri. Penso che come Caposcuola sia tuo dovere farti rispettare…”

“Credo che ti lascerei anche metterli tutti sotto imperio in questo momento.” Sbadigliò. “Salazar, sono così stanco…”
Tom gli afferrò le gambe, e gliele buttò sul letto, facendolo ridere. Si stese accanto a lui, guardandolo scivolare lentamente nel dormiveglia.
Ma per quanto cercasse di dimenticarle, le parole di Zabini continuavano a girargli vorticosamente in testa.
“Al…”
“Mmhsì?” Articolò, con gli occhi già chiusi.

“Quando sono scomparso…” Esitò, vedendo gli occhi dell’altro spalancarsi di scatto. “… mi è stato detto che hai attraversato un periodo difficile.”
“Certo, te l’ho detto io.” Si puntellò su un gomito, girandosi verso di lui. “Quindi?”
“Mi è stato detto altro.” Non era sicuro di volerne parlare di fronte a quello sguardo limpido, che rifletteva solo quanto e come avesse sbagliato. “Mi è stato detto dei tuoi incubi e…”
“Michel.” Lo interruppe cupo. “Te l’ha detto lui, vero?”
“… Sì. Stava mentendo?”

Al non rispose. Si mordicchiò invece l’angolo di un labbro. “Non è importante.”
“Certo che lo è!” Sentì le sue dita chiudersi attorno alla coperta, perché non aveva niente da stringere e la bacchetta non era il mezzo più indicato. “Al, io… non volevo che…”
“Ne abbiamo già parlato.” Sentì la mano dell’altro sfiorargli la curva del collo, in una carezza gentile, risalendo fino a fargli alzare il viso. “Siamo stati male entrambi, ma adesso è tutto finito.”

“… già.”
Per farsi perdonare quello ci sarebbero voluti più che qualche decina di fuochi argentati.
“C’è altro?” Si sentì chiedere, perché a quanto pare poteva essere un maledetto enigma per tutti, ma non per Albus Severus Potter.
“Tu e Zabini vi siete baciati?” Lo buttò fuori, sentendo che dirlo era peggio che ingoiare qualche pozione della Chips. “Prima che tornassi…”
Al rimase immobile per qualche secondo in una buffa posa innaturale, puntellato sul gomito, tra l’alzarsi e rimanere steso su un fianco. Poi parlò, con voce assolutamente incolore. “Penso che dovrò parlare con Mike…” Squadrò la sua espressione, e sospirò. “E no, non ci siamo mai baciati.”
“… Bene.”
“Ho baciato un ragazzo in una discoteca babbana… ero ubriaco.” Gli afferrò la camicia, quasi a frenarlo dal ribattere. “Sei arrabbiato?” Gli chiese però.
Tom serrò le labbra. Lo era? Naturalmente, ma c’era una parte di lui che sapeva di meritarselo. Oltre al fatto che glielo aveva confessato con serietà, senza usare giri di parole.

Farei la figura dell’idiota se dessi in escandescenze…
“Sì, lo sono.” Disse però, ripagandolo della stessa sincerità.
“Bene. Allora non mettermi più nelle condizioni di farlo.” 

Albus era cambiato, su questo non c’era dubbio. Tom aveva sempre pensato che dietro la sua insicurezza cronica e la sua timidezza ci fosse un temperamento cocciuto. Ora stava finalmente venendo alla luce e probabilmente, a conti fatti, il più forte di loro due era lui.
Lo è sempre stato…
“Lo farò.” Inarcò un sopracciglio in direzione dei fuochi che riempivano la stanza con la loro luminosità perlacea. “Come sto andando?”
Al sorrise, passandogli le braccia attorno al collo e tirandoselo contro, con un movimento che ormai era diventato familiare ad entrambi.

“Molto bene… per ora.”
 
 
****
 
Vascello di Durmstrang, Lago Nero.
Sera.
 
Sören entro dentro la propria cabina, slacciandosi gli alamari del mantello; non l’avrebbe mai creduto possibile ma la Scozia sapeva essere più gelida e umida della Norvegia, nei suoi giorni di pioggia.
Poliakoff alzò la testa dal libro che stava leggendo, steso nella sua cuccetta. “Oh, Sören!” Lo apostrofò con un sorrisetto. “Ce ne hai messo di tempo per riaccompagnare la rossina al castello…”
“Levati dai piedi, devo parlare con mio zio.” Disse per tutta risposta, chinandosi sotto il suo letto per estrarre un baule di ferro pesante.

L’altro ragazzo deglutì, ma non se lo fece ripetere. Prese libro, mantello e quello che sembrava l’avanzo di un panino alla carne e si precipitò fuori.
Sören aspettò che l’altro si fosse chiuso la porta alle spalle per toccare con un colpo di bacchetta la serratura. Quella si aprì con un lieve cigolio, mostrando un fuoco giallognolo che bruciava all’interno del forziere, rinforzato debitamente con incantesimi protettivi.
Non si potevano portare camini portatili ad Hogwarts, specialmente per comunicare con l’esterno. Tutte le comunicazioni dovevano passare per i focolai del castello, controllati dal Ministero, pena l’arresto.
Solo la detenzione di un oggetto del genere avrebbe attirato l’attenzione degli auror su di sé.
Prese una manciata di polvere dal sacchetto fissato al coperchio e la gettò dentro le fiamme.
Aspettò, prima che il viso di suo zio si palesasse.
“Sören.” Una semplice affermazione. “Hai notizie per me?”
“Non su vostro figlio, zio… ma su Lilian Potter.”
“Ti ascolto.”
“Credo sappia usare la Legimanzia.” Non la prese alla larga, sapeva bene che Hohenheim l’avrebbe detestato. “Ha tentato di leggermi i pensieri questo pomeriggio.”
L’uomo lo fissò attraverso le fiamme, e persino a miglia e miglia di distanza, Sören sentì quella spiacevole sensazione di bruciore allo stomaco.

“Ne sei sicuro?”
“È quello che ho avvertito, sì.” Annuì. “Non posso sbagliarmi.”
“Non ho avuto informazioni in merito… Ed è troppo giovane per averla appresa a scuola. Non credo sia nel programma di Hogwarts.”
“Mi sono informato. Non sanno neppure cosa sia la Legimanzia.”
“Interessante…” Fece una nuova pausa. “Dubito che gli sia stata insegnata in famiglia. Potrebbe essere una dote naturale…” Aveva quello sguardo; Sören trattenne istintivamente il respiro, mentre sentiva le mani dietro la schiena, intrecciate, serrarsi tra di loro.

Non avrebbe mai smesso di essere un bambino spaventato, probabilmente. 
Quando Alberich Von Hohenheim si interessava a qualcosa… per quella cosa, o quel qualcuno, non era mai una buona notizia.
“Credo di non capire…”
“Non fare lo sciocco.” Lo redarguì con una smorfia infastidita. “Sto parlando di un Legimante Naturale.”
“Non sono comuni…”
“Ma neppure rari. Il Ministero inglese li rende inabili non appena mostrano i primi segni del loro dono. Una delle loro tante irrazionali paure.” Si fermò di nuovo. Le fiamme rendevano confusi i suoi lineamenti, facendoli sembrare più indecifrabili del solito. “Interessante. Molto interessante…”
“Per quanto riguarda vostro figlio? Ci sono ordini?”
“Nessuno per il momento. Prosegui con il piano e fa in modo di essere sorteggiato come campione.”
“Il Calice è imparziale, zio.”
Lo sguardo che lo trafisse gli fece capire che aveva appena detto l’ennesima cosa sbagliata.

“Ho forse fatto addestrare mio nipote per nulla quindi? Non sei neppure capace di ingannare un oggetto inanimato?”
Scosse leggermente la testa, irrigidendo la posa delle spalle. Nessun colpo sarebbe arrivato, lo sapeva bene.

Ma l’istinto è qualcosa che non si può piegare facilmente con la ragione.
“No, zio. Non ti deluderò.”
“Lo spero. La Thule non ha bisogno di inetti.”

Le fiamme tornarono pulite e Sören chiuse lo scrigno con un gesto secco. Era di nuovo solo nella cuccetta, ma le mani non smisero di tremargli a lungo.
 
 
****
 
Note:
Prometto Teddy/Jamie prossimo capitolo. Mancano anche a me. Ma… esigenze di trama!

1. Qui la canzone.
  
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