Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Gloom    05/11/2010    2 recensioni
Polverano è un tristissimo paesino, dimenticato tra le montagne abruzzesi, ed è anche la nuova casa di Angela: quindicenne abbattuta che vi si è traferita per seguire sua madre.
Polverano è anche la casa di Corrado e Raffaele: due gemelli, amici per la pelle, che saranno i primi ad accogliere Angela.
I tre diventeranno inseparabili... abbastanza per aiutare Angela a far pace con il suo passato, con suo padre e con un paio di conti in sospeso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E poi c'era la gita, il vero fulcro del mese: già si iniziarono a smistare i posti in autobus, evitando apertamente lo scontro della battaglia per i posti dietro -salvo poi tessere piani machiavellici per riuscire ad accaparrarseli.
Sentii gente promettere che pur di ottenere quei cinque miseri sedili consecutivi sarebbe arrivata con addirittura un'ora di anticipo sul luogo di ritrovo.
 Insieme ad Angela decidemmo di evitare fanatismi così eccessivi: ci saremmo accontentati di un paio di sedili nel fondo dell'autobus, lontano dai prof e vicini agli amici, in posizione strategica.
 Sergio e Adriano non erano giunti alla stessa conclusione, mentre Maddalena e Silvana avevano rinunciato dall'inizio a cercare dei posti decenti; si sarebbero messe dove fosse capitato, possibilmente non troppo vicine ai prof.

 La fatidica mattina cercai di scendere dal letto a castello il più delicatamente possibile, per non svegliare mio fratello, ma un "hei, leva il piede dalla mia faccia!" vanificò i miei sforzi.
 -Scusa, non credevo che fossi lì...- sogghignai.
 -E dove sarei dovuto essere secondo te? Uff...- Raffaele si girò dall'altra parte, cercando di riaddormentarsi per quel poco che gli rimaneva.
Era mattina presto; il sole non era ancora sorto, ma i primi uccellini già si stavano attivando con le loro corde vocali.
 -Divertitevi...- mormorò Raffaele prima di immergersi di nuovo nelle coperte.
 Infilai nello zaino una quantità infima di oggetti: giusto il pranzo al sacco (il cui contenuto mi era sconosciuto: l'aveva preparato Selina dopo aver fatto un rapido blitz passando per il frigorifero e la dispensa), il vecchio mp3 dalle cuffiette quasi completamente spellate e il portamonete, mentre il cellulare finì in tasca. Era il classico kit di sopravvivenza a una banale gita scolastica da ginnasio, collaudato in anni e anni di esperienza.
 Potei godermi il lusso di un passaggio in macchina da Selina, visto che a quell'ora anche gli autisti degli autobus di Polverano avevano diritto a un po' di ore di sonno. Il parcheggio da cui partiva il nostro autobus era alla periferia della città, ma arrivammo in meno di cinque minuti, essendo le strade completamente sgombre.
 Il parcheggio era già abbastanza affollato, sebbene dei pullmini ancora non ci fosse traccia. Come se fossero vip, talmente desiderabili da potersi permettere di arrivare in ritardo.
 C'erano i miei compagni di classe, riuniti in un paio di campanelli poco distanti tra loro, più alcuni componenti dell'altra sezione.
Con lo sguardo cercai Carolina, sperando di capire dove fosse prima di trovarmela davanti all'improvviso, ma non la vidi da nessuna parte. Le uniche persone della sezione B erano quelle che conoscevo solo di vista, delle quali mi importava meno di niente.
 Raggiunsi la mia classe, che aspettava impaziente il momento di assediare i pullmini, a cui presto si aggiunse un'Angela insonnolita ma rilassata.
 -Che bello poter guardare i prof negli occhi sapendo che non puoi essere interrogata- disse a mo' di saluto.
 -Tranquilla, troveranno comunque il modo di rovinare la giornata- sorrisi mesto: -Pompei...- mormorai con sufficienza.
 -Ma che ti frega della meta, l'importante è saltare almeno un giorno di scuola- Sergio si sfregava le mani impaziente: -se non ci fosse stata la gita, tra un paio d'ore sarei potuto essere interrogato a latino-.
 -Occhio a non farti sentire da Torresi, oggi sembra abbastanza scocciato da poterti fare qualche domanda a tradimento-.
 -In quel caso non esiterei a rispondergli altrettanto a tradimento- Sergio sogghignò.
 Il sole stava facendo timidamente capolino da dietro le montagne, tingendo il parcheggio e i volti che mi ritrovavo davanti di una delicata tonalità grigiastra, rovinata dalla luce arancione dei lampioni attorno a noi.
 Un ruggito segnò l'arrivo dei due autobus che fecero elegantemente irruzione nel parcheggio, alla cui guida sedevano un paio di autisti dall'aria già nervosa. Provai pena per quei due sorteggiati sfortunati.
 -Addosso!- Adriano guidò l'assalto al primo autobus, col risultato che l'autista si bloccò a metà del gesto di aprire le porte e preferì rimanere barricato dentro, temendo le masse studentesche ansiose di accaparrarsi gli ultimi posti.
Sentii decine di corpi che si ammassavano per conseguire lo stesso fine di Adriano, poi una voce imperiosa che si faceva largo accompagnata dalla mole della proprietaria: la prof di lettere avanzava passo dopo passo spingendo via gli studenti, la maggior parte dei quali si spostava istintivamente.
 -Spostatevi, non siate infantili, spostatevi!-
Raggiunse a fatica la porta, comparendo interamente nel campo visivo dell'autista. Questo fu sul punto di sprofondare insieme alla sua poltrona molleggiata nel bagagliaio del suo autobus non appena la vide: ora più che mai l'ultima cosa che avrebbe voluto era aprire le porte, ma non ebbe altra scelta. Fortunatamente per lui, la stazza della prof ostruiva completamente la stretta entrata, quindi tutti dovettero aspettare che si spostasse prima di entrare. In questo modo si era assicurata il monopolio della portiera.
 -In questo autobus i miei studenti! Avete sentitooo? Solo gli studenti della A!!!-
Agitò l'enorme braccio, come per scacciare mosche fastidiose, tuttavia riuscì a far fuggire una manciata di ragazzi dell'altra sezione.
 -Adesso salite, uno alla volta- lasciò uno spiraglio per far passare i primi fortunati, quelli che le si trovavano più vicini.
 -Non possiamo permetterlo!- Sergio si fece largo fino a raggiungere l'entrata e riuscì ad issarsi sull'autobus. Adriano fece per seguirlo, ma non ebbe la stessa fortuna. La prof lo agguantò per il cappuccio e, quasi strozzandolo, lo riportò a terra:
 -Devi prima posare lo zaino nel portabagagli. Avete capito ragazzi?- aggiunse a voce più alta -gli zaini vanno nel portabagagliii!-
 -Ma prof, così mi fregano i posti migliori!- Esclamò Adriano.
 -Sciocchezze, fila a poggiare quella roba-.
 -Ma ho il cellulare, potrebbero chiamarmi da casa per un'emergenza...-
 -Suvvia, hai anche le tasche per metterci il telefonino!-.
 -Ma...- Adriano non fece in tempo a finire la frase che un boato di protesta si levò dai compagni di classe.
 -Veloce, niente storie!- la prof lo sospinse lontano dall'autobus e lui dovette capitolare.
 -Dammi il tuo zaino!- sibilò Angela al mio orecchio -ci vado io a poggiarli, tu occupa i posti-.
Sfilai lo zaino dalle spalle e lei lo prese, sparendo tra la piccola folla.
 Sull'autobus regnava il caos: Adriano stava tentando di scavalcare Ludovica e le compagne per raggiungere Sergio, che lottava per occupargli un posto. Maddalena e Silvana erano riuscite ad accoccolarsi verso le ultime file e chiacchieravano tranquillamente, mentre il resto della classe si smistava velocemente, come se i posti in prima fila fossero un polo negativo che li spingeva lontano, verso la parte settentrionale.
Vidi Angela salire agilmente, tenendo le braccia strette a x sul petto come gli antichi faraoni imbalsamati nei musei egizi. Mi raggiunse sempre in quella strana posizione, poi si sporse sul posto che le avevo occupato vicino al finestrino e sciolse le braccia, lasciando cadere sul sedile un pacco di biscotti, l'mp3, fazzoletti, il cellulare e altri effetti personali:
 -Tutto ciò che sono riuscita a trafugare dalla borsa prima di buttarla lì sotto- spiegò con aria furba, -non potevo mica permettere che rimanessero lì-.
 -Non ti permetteranno di mangiare sull'autobus- dissi ammiccando ai biscotti.
 -Lo so. Ma se si aspettano che muoia di fame per loro, hanno sbagliato ottica- sogghignò, poi si sfilò la giacca e la lanciò sui sedili di fianco ai nostri, separati da poco più di mezzo metro di corridoio, ancora miracolosamente liberi.
 -Presto, occupa anche l'altro!-
 -Perché?-
 -Ho sentito la Tediani dire che alcuni studenti della B vengono sul nostro autobus. Devo occupare i posti per Gemma e una sua amica-.
  Presi la mia giacca e la buttai vicino a quella di Angela, poi chiesi:
 -Ma Carolina non salirà qui, vero?-
 -Oh, Corrado! Carolina non è un problema, tranquillo. E comunque evita Gemma come io evito il greco, quindi non preoccuparti-.
 L'autobus si andava riempiendo rapidamente. Quando tutti i componenti della mia classe trovarono posto, cominciarono a sfilare gli altri ragazzi, con l'aria scocciata di chi è consapevole di doversi arrangiare.
Non conoscevo nessuno se non di vista, solo visi scorti tante volte prima di entrare in classe, magari che si riconoscevano per i tratti particolari o per il colore dei capelli. Ma a un tratto Angela si rizzò in piedi, spaziando con lo sguardo.
 -Oh, eccoti-.
Riconobbi la voce di Gemma un nanosecondo prima di vederla. Si riconosceva perché era sempre quella che tendeva a coprirsi di più: questa volta portava un berretto bordeaux calato sugli occhi, con la scritta Queen - on tour ricamata a lettere nere.
 -Vi abbiamo occupato questi posti- Angela indicò le nostre giacche sui sedili.
 -Grazie!- Gemma sorrise e fece cenno a un'amica, dall'aspetto assolutamente anonimo, a precederla, poi si sedette al posto vicino al corridoio.
 Angela si sporse verso di lei e cominciarono a chiacchierare, mentre i prof tentavano di fare l'appello. Le due ragazze si interruppero solo ai nomi "Nerella", al quale Angela rispose prontamente, e "Fiordilisia", che però dovette essere chiamata due volte perché la prima risposta di Gemma fu così fievole da essere avvertita solo dai vicini più prossimi.
 L'autobus partì, allontanandoci da quello sputo di cittadina di provincia. Il paesaggio scorreva fuori dal finestrino, passando gradualmente dalla periferia di Polverano all'autostrada che si inerpicava tra i monti, attraverso ponti e cavalcavia dall'aspetto ancora insonnolito, mentre il sole imperversava in quella che prometteva essere una giornata che non avrebbe avuto niente da invidiare all'estate propriamente detta.
 Sull'autobus il chiasso era talmente alto e la compagnia talmente elettrizzata che non si poteva fare a meno di ridere e scherzare, come se per un giorno tutti ci allontanassimo dai nostri problemi. Anche perché il mio unico problema viaggiava su un autobus che arrancava nella nostra scia e, ogni volta che ci superava sull'autostrada, partivano fischi e ovazioni tali che per l'autista del nostro mezzo diventava una questione personale rimanere in testa.
 Ad un certo punto i prof rinunciarono a girarsi di continuo per intimarci di restare seduti: con persone che giocavano a poker, al gioco della bottiglia (ma da dove era uscita la bottiglia?), che si visitavano lasciando i propri posti e che cantavano a squarciagola stupide canzoni commerciali, ragionare era impossibile.
Più o meno a metà del viaggio Angela tirò fuori la scatola di biscotti, senza preoccuparsi di nascondere i suo pasto clandestino, e la fece girare per tutto l'autobus offrendone a tutti, anche a chi non conosceva. Il fatto che ne spizzicarono un po' anche i prof e (Angela era sicura di averlo visto) lo stesso autista, dissolse ogni dubbio sull'illegalità della cosa. Ma ne sollevò qualcuno sulla coerenza dell'autista che aveva insistito tanto per far poggiare sacche, zaini e affini nel portabagagli.
 Il culmine fu quando Sergio e Adriano riuscirono a legare il nostro secchione al sedile con la cintura di sicurezza e Ludovica gli disegnò un'opera di pop art sulle guance con un mozzicone di matita da trucco. Lei fu l'unica che osò fare tanto, perché non avrebbe mai necessitato di farsi passare la versione dalla vittima, cosa dalla quale -ne eravamo sicuri- si sarebbe astenuto per almeno un mese verso chiunque.
 Anche Gemma partecipava all'ilarità generale: lì c'erano anche i suoi compagni di classe, a differenza della festa di Silvana, e fui sorpreso nel vedere le battute che riusciva a cacciare in risposta ai soliti simpaticoni-da-doppio-senso, quelli che non mancano mai in una classe che si rispetti.
La sentii addirittura gridare, cosa che credevo fosse incapace di fare. Eppure in quel grido (un semplice "cascettarooo!" urlato scherzosamente a un suo compagno di classe che aveva beccato a barare a poker) mi sembrò di intravedere qualcosa che poteva essere la stessa cosa che usava per cantare.

Ok ok, la gita durerà un bel po' e sono consapevole che può essere noiosa. Sono intimamente convinta che questa parte lasci un po' a desiderare (mi sa di polpettone, di un rigirare la frittata per allungare), e magari un po' di recensioni sarebbero più che mai gradite qui :)
Per il resto, cercherò di aggiornare il più presto possibile!!

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Gloom