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Autore: Dira_    09/11/2010    23 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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A questo giro non riesco a rispondere alla vostre favolose recensioni, ma grazie! :D Soprattutto perché grazie a voi e alle vostre recensioni passate Doppelgaenger è entrata nelle ‘storie scelte’ di EFP!
Thanks! :D Dedico inoltre questo capitolo a Ron1111, per essere tornata su questi lidi^^

 
****
 
Capitolo XIV
 

 


Now I'm waiting for something that might never come

If it's a million to one shot, I'll make sure I'm the one
Seems that nothing is safe, except the truth turns to lies
Never figured it out, I found out why…¹
(Fall To Pieces, Razorlight)
 
 
8 Settembre 2023
Torre di Grifondoro, Dormitorio delle ragazze del Quinto anno. Mattina.
 
“Svegliati Lily!”
Lily aprì gli occhi e si trovò di fronte la massa di ricci color sabbia della sua compagna di stanza, nonché sua amica, Abigail Finnigan.

Dovette ricordarsi che era sua amica per non lanciarle uno schiantesimo. Non che ricordasse l’ubicazione della sua bacchetta al momento, ma quello era un particolare del tutto ininfluente.
“Avrei preferito essere svegliata dalla WWN²… Non l’abbiamo messa per svegliarci alle sette?” Mormorò tirandosi a sedere, notando con somma irritazione che le altre tre compagne erano ancora tra le braccia di Morfeo.
“Potrei ucciderti per aver interrotto il mio sonno di bellezza…” Articolò.
“Hai quindici anni, Lily… non credi sia un un po’ presto per questa roba? Lo fa mia madre!” Replicò l’altra ragazzina, con aria elettrizzata e scocciata al tempo stesso.
Nessuno capisce il mio bisogno di essere meravigliosa.
Con questa triste consapevolezza nel cuore si apprestò a togliersi le coperte di dosso e salutare l’alba che illuminava di bagliori dorati la stanza. Okay. Forse non era l’alba, ma ci assomigliava maledettamente. “Si può sapere cosa c’è di così urgente?”
“Oggi c’è l’estrazione del Calice!” Esclamò prendendole le mani. “Non sei eccitata?”
“… Estremamente. Ora, se non ti spiace, torno a dormire e sognare giocatori del Puddlemere.”
Lily!” Protestò oltraggiata. Abigail sentiva molto la competizione, come tutti i componenti della sua entusiastica tribù irlandese. Fergus, il suo gemello, esibiva a chiunque avesse la sfortuna di incrociare il suo passo diagrammi di Aritmazia secondo cui era matematicamente certo che avrebbe vinto Hogwarts e Fiona, la maggiore al Settimo, concupiva con occhi bramosi ogni papabile campione, sia che fosse britannico o straniero.

“Gail, credimi, ti voglio bene… Ma se non mi fai dormire potrei aver voglia di urlare.” Le spiegò pacata. Vedendo che l’altra non recepiva, provò di nuovo. “L’estrazione dal Calice sarà stasera, dopocena. Non credi sia un po’ prestino per essere così eccitata?”
“Disse quella che fa i sonni di bellezza come mia madre.” Sottolineò, con un certo grado di ragionevolezza. “Dobbiamo scendere a colazione… ci saranno gli ultimi aspiranti che metteranno il loro nome nel Calice!”
“E questo sarebbe interessante perché…?”

“Secondo mia sorella ci sono ancora un sacco di ragazzi di Durmstrang e Beaux-Batons che aspetteranno oggi per farlo. Ragazzi. E a quest’ora non ci sarà quasi nessuno… forse potremo parlare con quel tipo stupendo di Beaux-Batons, Mael!”
“… Oookay. Mi preparo e scendo.” Si piegò, in nome della loro adolescenza. Conosceva Mael per traslata persona, visto che era cugino di Dom dalla parte francese e sapeva che non pescava sulla loro sponda.

Visto che è gay come un mazzo di viole.  
Però non aveva ancora visto Sören mettere il suo nome nel Calice. Ed era certa che l’avrebbe fatto, sapendo che tutta la delegazione di Durmstrang era stata selezionata per concorrere al Tremaghi. 
Forse ci sarebbe stato, senza troppe persone fastidiose attorno. Era una buona cosa visto che non l’aveva ancora rivisto dopo il loro battibecco di qualche giorno prima. Se di tale si trattava; era ancora incerta su come valutare quell’episodio.
Ha capito… No, beh, non ha capito. Ma ci è andato vicino.
Fin’ora nessuno si era accorto che sono leggermente più brava della media a leggere le emozioni…
Spesso non si rendeva conto di quello che faceva proprio in virtù del fatto che nessuno l’aveva mai scoperta. Essere beccata e quasi redarguita l’aveva fatta sentire… vulnerabile.
Aveva scoperto che non era una sensazione che le piaceva provare.
Avrebbe voluto chiedergli come aveva fatto a capirlo, ma aveva paura che l’altro avrebbe preteso risposte in cambio. E non era certa di volergliene dare, anche se, tramite lettera, gli aveva già confessato tutte le sue cotte, le sue antipatie scolastiche e persino di quella volta, che a cinque anni era caduta nel lago davanti alla Tana sporcandosi il suo vestito preferito.
È una cosa diversa…
Si guardò allo specchio, e constatò con soddisfazione che non aveva le occhiaie.
“Lily! Dai, sbrigati, Hugo e Gus ci aspettano di sotto!”
Lily ebbe la mezza idea di soffiarsi un bacio, perché ehi, non era da tutte avere un viso riposato dopo una notte passata a rigirarsi nel letto a rimuginare.

Forse era troppo eccessivo. Si fece quindi l’occhiolino.
 
Quando scese, perfettamente ordinata e con un trucco strategicamente leggero, si accorse con delusione che la Sala Grande era praticamente vuota, tranne per qualche ragazzo immerso nella stesura disperata dei compiti del giorno. E Tom, con il naso seppellito dentro un libro.
Come al solito.
“Ah, guarda, c’è Tom…” Le indicò Hugo. “Ma studia sempre quello?”
“L’hai mai visto fare qualcosa di diverso? Non fissarlo Gail, se ti scopre ti pietrifica come un basilisco.” Fece ridere i quattro. “Beh? Non vedo però tutti questi ritardatari…”
“Sono le sette e dieci, dà loro tempo.” Obbiettò ragionevolmente Hugo, sedendosi ad uno dei tavoli e cominciando a servirsi di salsicce e pane tostato. Fu presto seguito da Fergus, che le rivolse un timido sorriso e una richiesta borbottata di sedersi accanto a lui.

Lo accontentò volentieri, perché la vista di suo cugino che si ingozzava come un ippogrifo le bloccava un po’ la digestione.
Non dovettero aspettare molto perché i primi studenti stranieri si palesassero nelle loro uniformi colorate. Come aveva detto Abigail, misero tutti i nomi nel Calice che si infiammò di una forte luce azzurra.
Arrivò anche Sören, seguito come un’ombra da quello sgradevole tizio di nome Kirill. Le passò accanto e le rivolse un cenno della testa, prima di lasciare il pezzo di pergamena dentro il fuoco. Poi le si avvicinò, mentre gli altri tre ragazzi piombavano in un silenzio guardingo.
“Lilian…” Sembrava aver riposato molto poco, dal viso tirato che aveva. Tolto questo, aveva il solito aspetto pulito ed efficiente che ci si aspettava da un allievo di Durmstrang.
“Buongiorno Ren!” Sorrise di rimando. “Ti siedi con noi?”
Il ragazzo parve esitare, poi annuì, facendo un cenno di commiato ad un delusissimo Kirill, che si allontanò amareggiato.
Ottima pensata Ren. Un punto in più per te.
Si sedette accanto a lei e profumava di erbe, un odore molto simile a quello che aveva sentito addosso ad Albus per tutta l’estate.
“Prepari pozioni nel tempo libero?” Gli chiese, riempendogli il bicchiere di succo di zucca. Voleva essere gentile, perché aveva capito che essere diffidenti in due non avrebbe portato a molto.
E lei voleva sapere.
“No, ma produco da solo quelle che mi servono…” Al suo sguardo interrogativo, rispose. “Una pozione per il sonno. Ho problemi a dormire quando cambio … aria.” Fece un cenno vago, sorseggiando il succo e facendo una conseguente smorfia disgustata.
Lily rise. “Troppo zuccherato?”
Sören per la prima volta da quando le conosceva, arrossì. Fu stupita di vedere come gli si coloravano violentemente le guance.

Era carino.
“Preferisco del the, o del caffè. Ce n’è?” Chiese,  abbassando lo sguardo alla ricerca della caraffa.
Hugo gliela passò con un sorriso incuriosito. “Parli molto bene l’inglese, eh!”
“Parlo quattro lingue.” Ripeté in automatico, quasi non ci avesse neanche pensato. “Il tedesco è molto simile all’inglese. Non è la lingua più difficile che abbia studiato.”
“Lo dice anche Tom.” Lily indicò con un cenno della testa il cugino acquisito, che non avrebbe scollato gli occhi dalle sue amate pagine neanche se avessero liberato una scorta annuale di Polvere Peruviana in mezzo ai tavoli. “Sai, è stato in Germania… quest’estate. Lo parla molto bene.”

“Me lo avevi accennato.” Sorrise di rimando, versandosi una generosa dose di caffè. A Lily non sfuggì lo sguardo assorto che lanciò a Tom. “Non è una persona di compagnia, vedo…”
“Oh, sì, è un vero fottuto misantrocoso!” Esclamò Hugo, insolitamente ciarliero. Aveva una sorta di malcelata ammirazione per i ragazzi di Durmstrang, molti dei quali finivano a giocare nei Vultures, la sua squadra straniera preferita.

Evitò di dirgli che era una squadra bulgara, e difficilmente il suo amico, in quanto tedesco, ci aveva mai avuto a che fare.
“Misantroche?” Si inserì Abigail, felice di poter trovare finalmente un modo per aprire bocca. Da quando Sören si era seduto non gli aveva tolto lo sguardo di dosso.
Lily, che conosceva la sua passione per i ragazzi stranieri, si appuntò di non dargli la possibilità di chiacchierarci troppo.
Sören era una cosa che riguardava lei, e lei soltanto.
“Vuol dire che non sopporta le persone.” Le spiegò, lanciando uno sguardo di sottecchi all’amico, che sembrava preso dall’epico compito di scegliersi la colazione. Era teso, si intuiva dalla postura contratta e la schiena dritta come un fuso.
In un primo momento, riflettendoci dopo il loro battibecco, aveva pensato che fosse simile a Thomas. Come lui le era parso poco simpatizzante del contatto umano. Ma mentre il cugino era praticamente uno snob, che selezionava le persone con cui circondarsi, Sören sembrava proprio… inadatto.
Già…
Sembrava non avere la minima idea di come comportarsi in mezzo ai propri coetanei.  
Tutti e due avevano un’aria terribilmente imbronciata, capace di scacciare i più impavidi conversatori, ma era l’atteggiamento di fondo ad essere diverso.
Lily gli toccò il braccio, rivolgendogli il migliore dei suoi sorrisi.
Beh, almeno ci devo provare…
“Cosa ne pensi di Hogwarts?” Gli argomenti neutri e frivoli erano la sua specialità dopotutto. “È tanto diversa da Durmstrang?”
“Ha dei paesaggi notevoli.” Le rispose, e non voleva essere ottimista, ma era quasi certa che avesse un tono grato. “… Ci sono molti punti in comune, ma Durmstrang ha un clima molto meno… amichevole, rispetto a qui.”
“Dicono che il vostro castello sia impenetrabile, che ci si possa arrivare solo in nave. È vero?” Interloquì Hugo, sporgendosi come suo solito per estendere la sua domanda anche alla mimica fisica.

Sören, e lo poté notare perché erano gomito a gomito, si irrigidì tirandosi indietro impercettibilmente.  
“Non sono autorizzato a dare questo tipo di informazioni.” Al silenzio sconcertato che ne seguì, replicò con un sospiro e un lieve sorriso. “Mi dispiace… È la politica dell’istituto. Durmstrang ha una tradizione millenaria di segretezza. Era l’unica scuola magica nell’Europa del Nord, e lì i maghi e le streghe vi hanno trovato rifugio dalle persecuzioni dei babbani. Un tempo era porto sicuro conto chi odiava la magia e la conoscenza… Ha i suoi segreti per la sicurezza stessa di chi vi abita.”
“Beh … ma siamo tutti maghi, no?” Lo interruppe Hugo. “Di che sicurezza stiamo parlando?”
“Ci sono molte voci che girano su Durmstrang. Non sarò io a smentirle né a confermarle.” Concluse e il tono era chiaramente definitivo mentre beveva un sorso di caffè.

Lily si trovò a ridacchiare dell’aria frustrata del cugino.
Fergus si grattò una guancia. Sembrava piuttosto intimidito dal tedesco anche se Lily non capiva come si potesse essere intimiditi da un semplice sguardo accigliato.
Forse con me non funziona perché sono cresciuta con Tom, il re dei bronci?
“Senti, ma… è vero che vi addestrano come soldati? Cioè, fate anche esercitazioni fisiche?” Chiese piano, quasi avesse paura di svegliare qualcuno.
“A Durmstrang la preparazione fisica va di pari passo con quella magica. Per noi un mago deve saper usare la magia, ma senza riflessi allenati a guidarla, la sola teoria rischia di non essere sufficiente.” Era una risposta vaga, che palesemente non diede soddisfazione a nessuno. Fergus sembrò non aver capito che metà del discorso. A Sören non parve importare.
“Ma vi allenate anche a combattere?” Insistette il ragazzino. “Mi hanno detto che usate anche delle spade.”
Persino Hugo si riscosse dalla degustazione di un panino al bacon per lanciargli un’occhiata di animata curiosità.
Davvero? 
“Non sono tenuto a rilasciare informazioni.” Ripeté pazientemente. Spinse da parte il piatto e il bicchiere, segno che cercava un modo per lasciare la tavola. “Mi dispiace.”
“Ma…”
“Beh, io non ho più fame…” Li fermò, avendo pietà dei nervi del suo povero amico. Non era chiaramente il tipo che si esponeva con serenità alle domande altrui. “Ren, mi accompagneresti al mio dormitorio? Devo prendere alcuni libri che ho dimenticato.” Mentì, nonostante sentisse la borsa pesare come un macigno.

Dannato programma dei GUFO.
“Certo, con piacere.” Convenne in tono sollevato. Lily non poté fare a meno di sentirsi compiaciuta al modo perfetto con cui le scostò la sedia e le prese la borsa; la cavalleria era merce rara ad Hogwarts, checché ne blaterasse il Cappello a proposito dei grifondoro.
Qualsiasi cosa insegnino a Durmstrang, la sanno insegnare bene…
Stavolta il braccio le fu offerto in modo assolutamente naturale e galante. Questo non le permise di vedere che Sören lanciò una lunga occhiata a Tom.
E che fu ricambiato.
 
****
 
Torre Grifondoro, Dormitorio maschile.
Sette e venti.
 
“Ehi Malfoy, ti spiace se uso la doccia?”
Scorpius alzò lo sguardo dal lavello in cui si stava accuratamente rasando, la bacchetta che scivolava sulla pelle in un incantesimo di rasatura. Non riusciva a capire come i babbani potessero usare delle lame per farlo. Doveva essere pericoloso.

“No, fa’ pure…” Sorrise al suo compagno di stanza. Tutto quello che sapeva di lui era nome e cognome, Noel Baston e che era un ottimo Cacciatore, visto che era nella sua squadra.
Uscì e mentre si vestiva ascoltò distratto i frammenti di conversazione di Coote, Sloper e John Wilkins, nato-babbano e l’unico di cui si ricordasse il nome visto che era stato l’unico a presentarsi, al Primo.  
In sette anni i suoi compagni di stanza erano diventati bravissimi ad ignorare la sua presenza e lui ad ignorare la loro. Non gli fu difficile quindi far scivolare un pezzo di pergamena con il suo nome in tasca senza che nessuno lo notasse o facesse domande.
Avranno una bella sorpresa…
Quando scese in Sala Grande, i suoi occhi non erano che per il Calice, saldamente piantato in mezzo ai tavoli. C’erano già parecchie persone.
Trattenne una smorfia. Aveva sbagliato ad aspettare così tanto, avrebbe dovuto farlo prima: l’idea di farsi vedere da mezza scuola non gli piaceva.
È solo che ho rimandato… perché non sembrava mai il momento buono.
Il motivo principale era Rose. Aveva cercato di trovare un momento adatto per introdurre il discorso per tutta la settimana. Non c’era riuscito. La sua ragazza sembrava essere stata trascinata in largo anticipo nel vortice di preparazione dei GUFO e gli aveva dato pochissima attenzione.
Era certo che in realtà avesse capito le sue intenzioni e che per questo avesse evitato ogni possibile discorso serio.
E poi ci doveva essere dell’altro. Rose si era comportata in maniera furtiva per tutta la maledetta settimana, quasi arrivando ad evitarlo. Era esasperato.
… Basta. Adesso vado lì e lo faccio.   
Si avvicinò apparentemente occupato a trovare un posto di suo gradimento. Si infilò la mano in tasca, sentendo la consistenza granulosa della pergamena.
Prese un respiro profondo e si avvicinò al Calice, valicando la linea dell’età. Le fiamme azzurrine gli lambirono leggermente le dita, senza scottarlo, quando la gettò dentro.
Non volle guardare nessuno. Non essere sicuro di poter sopportare eventuali frecciatine con il suo solito sorriso.
Si sentiva come la prima volta che aveva inforcato un manico di una scopa: esaltato e terrorizzato al tempo stesso.
E poi venne afferrato per un polso.
Ma cosa…?
Rose era seduta al tavolo di fianco al Calice, da sola. Aveva la faccia più infuriata del mondo.
Mentre si rendeva conto che avrebbe dovuto trovare comunque il modo di parlarle, anche a costo di legarla ad una sedia, gli venne in mente che suo padre aveva proprio ragione.
I grifondoro erano degli imbecilli impulsivi. E lui era uno di loro.
 
 
****
 
Torre di Grifondoro, Ritratto della Signora Grassa.
Otto di mattina.  
 
“Sei stato davvero gentile ad avermi aspettato!”
“Nessun problema. Ho guardato i quadri…”
Sören era piuttosto soddisfatto di come stavano andando le cose con la ragazz-... con Lily.

Devo imparare a chiamarla per nome. Familiarità.
La guardò mentre scivolava fuori dal buco dietro un’orribile ritratto che l’aveva asfissiato di chiacchiere tutto il tempo, guardiano del passaggio per la Torre di Grifondoro.
“I quadri? Sono dei tremendi chiacchieroni. Spero tu non abbia dato corda alla Signora Grassa! Oh, grazie…” Rise accettando la sua mano per rimettersi in piedi.
“Purtroppo ho commesso quest’errore… mi ha detto che le ricordo un vecchio studente di Serpeverde.”
“Ah, tutti le ricordano sempre qualcuno, è una pettegola, non è vero Miss?” Disse, rivolgendo un sorriso alla donna ritratta, che finse di non ascoltare, offesa.

Sotto ogni punto di vista Lilian Potter non poteva essere considerata stupida. C’era troppo nella sua mimica facciale, nel suo modo di porsi, che denotava furbizia e un’ottima dose di intelligenza. Voleva far credere alle persone di valere molto meno di quanto fosse effettivamente.
Sören era abituato a trovare i punti deboli nelle persone, ad individuarli, isolarli e sfruttarli.
Lily Potter non era un gioco facile, specialmente alla luce di ciò che gli aveva detto suo zio.
Una Legimante Naturale… I suoi poteri saranno inibiti, ma non cancellati. Sarebbe come chiedere al suo sangue di smettere di produrre la magia che la rende una strega.
Lily infilò un piccolo volume che aveva l’aria di non essere un libro di testo dentro la borsa. “Sei di nuovo perso nei tuoi pensieri?”
“Mi capita spesso di recente…” Convenne. Se non altro, non doveva sforzarsi di avviare una conversazione. Era sempre lei a fare la prima mossa. “Il Torneo, soprattutto.”
“Non hai paura?”  

“No, non direi…”  
“Perché no?”
“Sono stato addestrato.” … per prove molto più difficili in cui ho rischiato davvero la vita. “La nostra delegazione è formata dall’elite di Durmstrang, i  migliori allievi dell’Istituto. Siamo qui per vincere, o almeno… uno di noi avrà quest’onore.”
Oh.” Il sorriso che fece era indubbiamente classificabile come ghigno. “Beh, potete provarci. Ma qui abbiamo sconfitto maghi oscuri, avuto una guerra magica e anche l’ultimo Torneo…”
Sören sentì crescere dentro di sé un vago divertimento. “Questo farebbe di Hogwarts la prossima detentrice della Coppa dunque?”
“Può essere… Sai che è stato mio padre a vincere l’ultimo Campione del Tremaghi?”
“Ne ho sentito parlare.” Ricambiò il sorrisetto. “Da te. Circa tre riferimenti in due lettere.”

Si stava istaurando qualcosa, poteva sentirlo nel mondo in cui Lily lo prese a braccetto, servendogli un’espressione divertita e luminosa.
Stava facendo la cosa giusta.
 “Voglio bene al mio papà… Penso sia l’uomo migliore del mondo.” Disse con naturalezza. Doveva essere una bella sensazione avere una certezza simile, accecante e assoluta: quella di provare affetto per qualcuno che ti aveva dato la vita.
“È sicuramente un mago notevole e di forte fibra morale.”
“Usi sempre questi paroloni?” Lo prese in giro, ma c’era più curiosità che ironia dietro. Stavolta lo capì.

“Mi piace parlare in modo esatto.” Fece una pausa, quando un paio di ragazzi grifondoro li superarono, diretti verso le lezioni. Quel castello aveva corridoi molto stretti, ingombri di quadri e armature.
Un tipico castello scozzese… probabilmente con più passaggi segreti di quanto realmente necessario.
Era questo il modo in cui Doe si era mosso nella scuola. Nello stesso modo si sarebbe mosso lui, quando sarebbe arrivato il momento.
 “Volevo chiederti scusa. Per quello che ti ho detto un paio di giorni fa… sulla Legimanzia. Credo di averti infastidita.”
Lily fece un cenno con la mano, come a scacciare una mosca. “Non fa niente! Non sei il primo che pensa che legga nella testa delle persone…” Gli sorrise quieta. “Ma non è così. Sono solo…” Esitò, cercando la parola adatta mentre si attorcigliava una ciocca di capelli attorno al dito, con aria casuale. Fingeva, era chiaro che non fosse la prima volta che metteva in scena quel siparietto. “… attenta a chi mi circonda. È importante quando sei la figlia di Harry Potter.”
“Certo. Preferisci sapere cosa pensa la gente di te. È un desiderio naturale…” Osservò neutro. Probabilmente il vero intento di Lily era quello.

Il problema è che riesce davvero a sapere ciò che gli interessa, se vuole.
E questo per me potrebbe essere pericoloso.
Non era facile mantenere un distacco sufficiente da non farla arrivare al vero sé e allo tempo stesso mettersi in gioco per costruire un rapporto.
Improvvisamente Lily lo strattonò. Per la sorpresa non riuscì neppure a mettersi in allerta, e la ragazzina poté spingerlo con le sue sole forze.
“Lily, cosa…?”
“Ssh, ci sono Rosie e Sy!”Sussurrò mettendogli un indice sulle labbra, chiaro segno di fare silenzio. Sapeva di fragole ed era morbido.

Ammutolì docile.
Prima che potesse chiederle per quale maledetto motivo si fossero nascosti li raggiunsero delle urla. Erano della ragazza. Il compagno al contrario cercava di calmarla, ma non stava funzionando.
Una lite. Fantastico.
 
“Quando pensavi di dirmelo, eh?!”
“Te l’avevo accennato Rosie…”
“Non chiamarmi Rosie, non sono dell’umore!”
“Non sto… oh, per tutto l’oro della Gringott!” Il ragazzo cominciava a scaldarsi, e si voltò per fronteggiare la suddetta Rose, che probabilmente era Rose Weasley, cugina di Lily. “Va bene, forse avrei dovuto dirtelo… se non fossi stata così negativa in merito!”
“Scusa tanto se sono preoccupata dall’eventualità che tu muoia in una prova ridicola per dimostrare… per dimostrare cosa, poi!?”
“Io…” Tentò, ma l’altra lo interruppe immediatamente.
“Non credo ti serva il premio in palio, no? Navighi nei galeoni, maledizione!”

Sören, bloccato da Lily, non poté far altro che osservare la situazione, in mancanza di meglio.
Il viso di Rose Weasley era paonazzo. Sembrava il genere di persona che non riusciva a controllarsi una volta che perdeva la calma. Il maschio invece sembrava dotato di maggior autocontrollo. Era chiaro però, dalla piega delle labbra, che lo stava rapidamente perdendo.
“Non lo faccio per i soldi, è ovvio.” Convenne con voce forzatamente calma. “Lo faccio per…” Inspirò e si assicurò con un’occhiata che non passasse nessuno. Accertata la cosa, continuò. “Sarebbe stato tutto più semplice se avessi voluto parlare con me invece che girare come una trottola impazzita per la scuola… Non riuscito neanche a trovarti per avere questa conversazione!”
“Avevo… avevo da fare!” Fu la replica immediata e nervosa. “Sai, qualcuno prende sul serio i suoi doveri di prefetto, e i MAGO…”
“I MAGO saranno alla fine dell’anno! Sono solo scuse!” Sbottò alla fine il ragazzo. Si passò una mano trai capelli, con un movimento che esprimeva tutta la sua frustrazione.

 
Lily si mosse per guardare meglio. “Oh, le cose non si stanno mettendo bene…” Mormorò mordicchiandosi un labbro. “Non dovevamo essere qui.”
Non sembra che tu sia così dispiaciuta … - Pensò, ma non lo disse. Del resto era molto più preoccupato del fatto che gli si fosse accoccolata addosso.

L’odore di gigli che aveva sentito nelle lettere non proveniva dalla carta, ma dal profumo che Lily usava.
Sören registrò con una certa dose di sgomento che aveva la bocca secca e i battiti accelerati.
Nessuna ragazza gli si era mai avvicinata così tanto.  Era mortalmente imbarazzato. Avrebbe voluto uscire di lì, intimare alla coppia di andarsene e … scappare.
Naturalmente non poteva farlo. Rimase quindi il più fermo possibile, ben attento a non toccarla in nessun modo.
 
“Sono solo preoccupata per te! Sono prove rischiose e tu non sei preparato!”
“E McLaggen lo sarebbe?”
“No! Nessuno è preparato per cose simili! Gli studenti stranieri si sono preparati per mesi, sono stati selezionati da una scelta interna alle loro scuole!”
“Se il Calice mi sceglierà vorrà dire che sarò adatto per il Tremaghi, non credi?”
“Oh, certo! Un pezzo di legno imbevuto di magia sarebbe un giudice attendibile perché…?”
Non mi ha ancora scelto!” Ormai il tono di voce del ragazzo era praticamente allo stesso. “Maledizione Rose! Si suppone dovresti essere… non so, supportiva? Pensi che abbia bisogno di altra gente che mi dica che non sono esattamente il campione che Hogwarts potrebbe desiderare?”
Quest’ultima affermazione ebbe il potere di smorzare l’ira della ragazza. Inspirò lentamente, rilasciando poi un lungo sospiro. “Non ho detto questo…” Mormorò, ad un tono di voce che Sören trovò decisamente meno urtante.
“Invece sì.” Replicò il ragazzo brusco. “Non hai fatto altro da un’ora.”

“Sono… oh, miseriaccia… Scorpius.” Separò la distanza che li divideva e lo prese per un braccio. “Sono arrabbiata perché non me l’hai detto… pensavo che ne avremmo parlato, insieme.”
 
Scorpius Malfoy. Ecco chi era. Lily gliene aveva parlato una decina di lettere prima.
… ne ha parlato a Luzhin, cioè.
Il ragazzo era purosangue, di una delle più antiche casate della Gran Bretagna. Non conosceva i Malfoy, ma poteva capire perché il loro rampollo fosse restio a litigare in luoghi pubblici.
Non credo che una famiglia così antica, e quindi probabilmente radicata nelle tradizioni, approverebbe la frequentazione con una mezzo-sangue.
Non che gli interessasse, ma visto che era lì…

“Ho provato! Ma tu non facevi che svicolare e scappare a chiacchierare con i tuoi cugini! Sembravi già avercela con me!”

“Non era per… sì, beh. L’avevo già capito, è vero. Io…” Improvvisamente la ragazza sembrava sulle spine. Estremamente sulle spine. “C’è una cosa che devo chiederti.”
“Cosa?”

“… Chi è Violet?”
“Violet? È…” Stava per rispondere, poi sembrò che un pensiero gli attraversasse la mente. “E tu come fai a conoscerla?”

 
Sören guardò per pura indagine analitica Lily. Si stava martoriando un labbro.
“Oh, no, no… Qui le cose non si stanno affatto mettendo bene…” Borbottò tra sé e sé, quasi lui non ci fosse. “Che hai combinato Rosie?”
Tutta quella storia era adolescenziale in modo ridicolo. Ma gli stava permettendo di avere la riprova del fatto che Lily Potter si accorgeva di cose che solo un Legimante esperto poteva scrutare nei volti o nei gesti delle persone. Suo zio aveva ragione.

Specie perché avendocela così vicina aveva notato che, nascosto dai capelli, c’era l’orecchino di controllo.
 
“Non la conosco.” Fu la nervosa risposta. “La conosce Dom, è nella delegazione di Beaux-Batons con lei…  e l’ho sentita parlare di te.”
Mentiva. Ma l’altro non parve accorgersene.
“Ah… beh, è una mia amica di infanzia. Le nostre famiglie si conosco da Hogwarts. È una lunga storia.” Scrollò le spalle, e non sembrava mentire. “Niente di importante, mia nonna ha preso un po’ troppo alla lettera il fatto che a cinque anni asserivo di volerla sposare…”
Scusa?

“Rosie, eddai! Cinque anni! È stata la mia prima cotta, ma non ci parlo praticamente da allora!”
“In che rapporti siete?”  
Il ragazzo non parve adontarsi del tono intrattabile, anzi sembrò piuttosto divertito, da come si sciolse in un sorriso e la prese tra le braccia. “Nel genere di rapporto in cui ci si scambia un paio di convenevoli e sorrisi di circostanza… te l’ho detto, sono anni che non la vedo e non l’avrei neanche riconosciuta se non si fosse presentata.” 
“Quindi si è presentata… Che sfacciata.”  
“Tu sei il mio unico fiorellino, Rosey-Posey. Non essere gelosa, anche se sei più bella quando hai quest’aria mortifera…”
“Malfoy…”
La risposta fu un bacio. Il genere di effusione che a Durmstrang probabilmente sarebbe stata punita con un mese di detenzione.

 
“Lily, forse dovremo andarcene…”  
“Se andiamo adesso ci vedranno e sapranno che li abbiamo spiati.” Obbiettò con una ragionevolezza inquietante, specie se abbinata ad un ghignetto che non le aveva mai visto fare. “Non che mi preoccupi per Malfoy… ma hai visto com’è mia cugina.” Lo squadrò. “Potrebbe essere spiacevole e molto imbarazzante interromperli.”
E questo non lo è?
Non ribatté però, limitandosi a guardare un punto fisso del muro opposto. Non era preparato a quello. Doveva farci amicizia, non…
… Doe aveva ragione. Sono un sociopatico.
Sentiva lo stomaco stretto in una morsa di bruciante nervosismo, le mani sudate e altre varie funzioni fisiologiche alterate.
Aveva lottato con uomini più grossi di lui e aveva rubato incantesimi e maledizioni a maghi potenti per suo zio, per la Thule.
Ma non era stato preparato per sentire il respiro tiepido e profumato di una ragazza al suo orecchio.
Per fortuna pochi attimi dopo la coppia si allontanò in perfetta armonia, come se non si fossero urlati addosso fino a pochi minuti prima.
Lily a quel punto si scostò, permettendogli finalmente di avere una respirazione normale.
“È la prima volta che li vedo litigare…” Commentò pensierosa. “Ma penso che abbiano risolto… più o meno.” Questo lo aggiunse sottovoce.  
“… Qual’era il punto della lite?” Chiese senza volerlo sapere, ma solo per avere il tempo di ricomporsi.

“Beh…” Lo squadrò, poi scrollò le spalle. “Penso che Scorpius si stia mettendo nei guai.”
Non gli diede il tempo di ribattere perché guardò l’orologio babbano che aveva al polso e sobbalzò.
“Per Nimue, è tardissimo! Dovrei già essere a lezione! Ci vediamo a cena Ren!” E gli stampò un bacio sulla guancia.
Un attimo dopo era sparita dietro l’angolo.
A lui ci volle più di qualche minuto invece.
 
****
 
Hogwarts, appartamenti del Capocasa di Tassorosso.
Quattro del pomeriggio.
 
James si risvegliò con la vaga sensazione di trovarsi in un alveare.
O nella stanza di un tassorosso, a seconda delle interpretazioni.
Era negli appartamenti di cui Teddy poteva usufruire in quanto giovane e promettente direttore della Casa più leale di Hogwarts, e tutto lì dentro naturalmente doveva ricordare i colori dello stemma.
Un alveare, appunto.
Sogghignò contro il cuscino. Era il suo giorno libero e l’aveva passato a riprendersi dalle… fatiche… della notte prima. Teddy invece ero dovuto scappare via prestissimo per fare il suo dovere.
Sentì dei rumori nel salottino adiacente, ma non si disturbò ad alzarsi essendo nudo: farsi beccare da qualche altro professore con le grazie al vento non sarebbe stata una buona pubblicità per Teddy.
Quest’ultimo entrò nella stanza pochi minuti dopo, calciando via le scarpe e slacciandosi il mantello nero, che lo qualificava come professore, per gettarlo da qualche parte.
Visto quant’è disordinato l’avrà lanciato sul lampadario o qualcosa del genere.
“Sono ufficialmente distrutto…” Annunciò con voce inusualmente lamentosa. Conseguentemente James sentì uno smottamento dal lato libero del letto a baldacchino.
Soffocò una risata quando vide il proprio ragazzo steso a corpo morto sul materasso.
“Ed è tutta colpa del magnifico James Potter, il Re!” Sghignazzò alzando la testa dal cuscino e palesando il fatto che fosse sveglio. “Sono davvero, davvero un dio del sesso!”
“Direi più un satiro, seguendo la mitologia greca…”
“Aspetta, non sono quei tizi per metà capra?” Indagò. All’aria divertita dell’altro, trovò doveroso tentare di soffocarlo con il cuscino.
James davvero, provava ogni volta ad aver ragione dell’erede dei Lupin, facendosi forza del fatto che aveva un bel po’ di muscoli, era un allievo auror ed era allenato.
Teddy anche stavolta riuscì agevolmente a ribaltarlo sotto di sé, con un tenue sorriso da bibliotecario.
Lo odiava.
Perché?
“In quanto l’unico figlio umano di un lupo mannaro… credo dovresti chiedere al signor Scamandro.” Replicò tranquillo, bloccandogli i polsi sopra la testa per evitare ulteriori ritorsioni.

“Per essere distrutto sei fottutamente vitale…” Brontolò, avendo cura di fargli sentire che sotto le lenzuola non aveva niente addosso. Teddy, essendosi seduto sopra il suo stomaco, cambiò immediatamente il colore degli occhi in quel nero pastoso che preludeva del sesso niente male.
“E poi sono io il saCoso…”
“Satiro.” Lo corresse prontamente. “Sono stanco, ma sono pur sempre un uomo, James. E tu mi stai provocando…”

“Faccio mai qualcosa di diverso?”
Sentì le labbra di Teddy cozzare sulle sue prima che lo baciasse con gusto, approfonditamente.

James cercò di tirarsi a sedere e di liberare i polsi allo tempo stesso. Fallì in entrambi i suoi obbiettivi, ma non gli importava finché la lingua di Teddy continuava ad accarezzargli la chiostra dei denti in quel modo fottutamente perfetto e intossicante.
Vic qualcosa di buono gliel’ha insegnato. Grazie Vitro, ma d’ora in poi è roba mia.
Si staccarono con il fiato corto.
“Hogwarts fa letti comodi, non ricordavo male… Ho dormito come Merlino comanda.” Gli fece presente, mentre l’altro si toglieva dal suo stomaco per potersi sfilare il maglione.
“È passato solo un anno, non darti tante arie…” Ridacchiò. “Ma mi fa piacere che tu abbia dormito quasi quindici ore.”
“Esagerato… Comunque ti sei sistemato bene Lupin, complimenti.”

A proposito di sistemazione…
Non avevano più parlato dell’ipotesi convivenza. Per il momento la decisione era stata congelata visto che Teddy viveva ad Hogwarts; non aveva bisogno, nell’immediato, di un appartamento in cui stare.
Ma francamente vorrei cominciare a vivere da solo… Cristo, ho diciotto anni e la City mi aspetta!
Un paio di ragazzi dell’Accademia gli avevano già chiesto se aveva bisogno di un posto dove stare, e persino Bob Jordan gli aveva offerto una stanza del piccolo appartamento che aveva affittato con la sua ragazza.
Aveva rifiutato ogni opportunità. Aspettava.
Ma non sarei James Potter se non calcassi la mano…
“I preparativi del trasloco di zia Dromeda come vanno?”
Teddy si bloccò nell’atto di togliersi la camicia. “Bene…” Esordì guardingo. “Tra un mese si trasferirà ufficialmente al Manor.”
“E noi?”
Come previsto, vide Teddy guardarlo con vago panico. Ci provava a rilassarsi un po’, doveva rendergliene atto, ma i cambiamenti erano qualcosa che continuavano ad atterrirlo nel profondo.  

“Vuoi già trasferirti a Londra?” Dal modo in cui stava lisciando le pieghe del maglione era chiaro che sperasse in un interruzione di quella conversazione.
Non avvenne.
“Sì, sono stufo di usare la Metropolvere tutte le mattine. Finisce sempre che sono pieno di fuliggine.” Scrollò le spalle. “E poi tutti i miei amici sono in città, mi rompo le palle a fare la figura del campagnolo che si deve smaterializzare ogni giorno fino al Devon.”
“Jamie, io per ora sono fisso qui, per me non avrebbe senso…”
“Lo so.” Aspettò che il sollievo facesse capolino sul viso dell’altro per continuare. “Quindi pensavo che, per il momento, potevo cercarmi un coinquilino.”

Naturalmente aveva in mente un piano.
“Ah… sì, mi pare una buona idea.” Disse lentamente Teddy, alzando lo sguardo dal maglione per puntarlo addosso a lui. “Sai già dove orientare la tua scelta?”
“Pensavo Notturn Alley.” Alla faccia allarmata dell’altro rise. Perché era una carogna. “Andiamo, non fa tutto schifo, non ci sei stato… parecchi ragazzi dell’Accademia abitano lì, gli affitti sono bassi. Papà è d’accordo.”
“Se è così…” Convenne mite, piegato dall’autorità di suo padre. Ma lo sguardo era di tutt’altro avviso. Per un folle momento James pensò che l’avrebbe incatenato a quel letto vita natural durante. Sarebbe stato divertente. “Hai già visto qualche appartamento?”
“Un paio. Ce n’è uno niente male, zona decente, praticamente attaccato a Diagon Alley, tre stanze.”
“Escluso bagno?” Tentò speranzoso.

“Compreso.”
“Quindi c’è una sola stanza da letto?” Teddy spesso e volentieri non si rendeva conto quando i capelli gli cambiavano colore. Quel rosso violento gli stava piuttosto bene.

“Posso far mettere due letti singoli. Ho vissuto sette anni in stanza con altri quattro ragazzi, non è certo un problema.”
“… Naturalmente. Sì, è un… è un ragionamento sensato.” Era così compresso nel tentativo di non esprimere rimostranze del tutto infondate che a James fece tenerezza. 
Si sporse per buttarglisi addosso, in un abbraccio molto più simile ad un placcaggio da Quidditch. Sapeva che piaceva ad entrambi.
“Ti prometto che lo prenderò etero.” Gli sussurrò contro la guancia. “Un etero innamorato delle donne, che lavora come collaudatore di scope da corsa o in una fonderia di calderoni.”
“Allora mi sento rassicurato…” Disse in un sospiro, facendolo ridere. “Jamie, non importa… va bene. È giusto che tu voglia andartene di casa.”

“Assolutamente giusto.”
“Infatti… e non puoi certo sobbarcarti da solo la spesa di un appartamento.”
“E non voglio chiedere troppi soldi ai miei.”
“Sì, lo so… Sei un ragazzo responsabile, sotto questa testaccia dura…” Mormorò con affetto, voltando il viso per stampargli un bacio sulle labbra. James si sentiva sempre un po’ cretino, ma tra le braccia di Teddy… beh, era come essere nel suo porto maledettamente sicuro.

“Assicurati solo che…” Continuò.
“Mmh?” Spiò pieno di curiosità.
“… Niente.” Borbottò, scendendo dal letto per appendere la camicia all’armadio e recuperare un po’ di dignità. “Tra poco è ora di cena. Perché non resti? Stasera ci sarà l’estrazione dei campioni del Tremaghi… credo di possa interessare, no?”
“Ci puoi scommettere! Ma posso?”
“Il preside ti ha formalmente invitato.” Sorrise della sua espressione sbigottita, mentre chiudeva l’armadio e tornava verso il letto.  “A quanto pare i muri di Hogwarts hanno davvero le orecchie…”

 
****
 
 
La Sala Grande era gremita di persone fino all’inverosimile. Gli hogwartsiani si erano mischiati tra di loro, e cravatte spesso in conflitto si sedevano accanto. Lì non era più una questione tra Case, rifletté Rose, seduta accanto al fratello e a Lily: era una cosa tra scuole di magia. Le rivalità interne erano state momentaneamente messe da parte.
Hugo si mordicchiava un pollice. “Dico McLaggen… Anche se sarebbe praticamente perdere… Grop è più sveglio di lui.”
“Allora decisamente non Brady.” Replicò Lily. “Ci sono uscita l’anno scorso, è un deficiente. Non voglio che sia il mio campione.”
“Credo si chiami Brody…” Tentò Hugo con aria depressa.  

“Bah, fa’ lo stesso. Tra l’altro, bacia come se dovesse succhiarti via l’anima, sapete, tipo Dissennatore…”
“… non è che sia una roba richiesta per essere un campione…”
“Non fare il guastafeste, Hughie! E poi, non si sa mai.”  

Rose rimase in silenzio. In quel momento avrebbe avuto bisogno di Al, ma il cugino era dal lato opposto della Sala, avendo trovato posto solo tra un gruppo di serpeverde. Era in compagnia dell’imprescindibile Tom. Che aveva un libro in mano e sembrava completamente indifferente al tumulto che lo circondava.
Lo invidiò. Avrebbe voluto anche lei dimenticarsi di quello stupido Torneo e dell’eventualità che il ragazzo che amava andasse a farsi ammazzare.
Scorpius arrivò quasi per ultimo, mentre venivano chiuse le porte della sala, in compagnia nientemeno che di suo cugino James.
“Che ci fa qui?” Chiese Hugo sorpreso.
“Indovina? Teddy?” Ghignò Lily, ignorando l’aria piena di disagio che assunse il ragazzino. “Però fa strano vederlo in abiti babbani qua dentro…”
“Ehilà!” Li salutò, facendo scostare con una pacchetta sulla testa Hugo. “Ciao cuginetti, ciao sorella.”
“Sei sexy in modo disturbante con questi jeans.” Gli sorrise affettuosa Lily. “Metà della scuola ti sta guardando il sedere.”

“L’altra metà è semplicemente disturbata.” Si premurò di informarlo Scorpius, perfettamente a suo agio, come se tra pochi minuti non si sarebbe deciso del suo futuro.
Rose non era riuscita a dirgli tutto quello che voleva, quella mattina. Il fantasma di Violet Parkinson-Goyle e della lettera trafugata aleggiava sopra di lei bloccandola in un frustrante senso di colpa.
Quale colpa poi? Assicurarmi che il mio ragazzo non si sposi nella fottuta Loira?
“Perché cavolo sei qui Jamie?” Sbottò senza sapere bene cosa dire.
“È bello essere apprezzati dalla propria famiglia…” Sorrise James ignaro, passando un braccio attorno alle spalle di Scorpius con fare cameratesco. “Sono qui per supportare il biondino, è ovvio!”
Rose sentì che era arrivata al punto d’arrivo quando si accorse che non voleva che suo cugino, felicemente innamorato di un’altra persona, lo toccasse.

Non era normale che stesse diventando così…
Beh. Morbosa?
Sapeva che c’era una spiegazione ed era una sola.
Nessuno sa di noi, tranne una manciata di persone. Le nostre famiglie non lo sanno. Non lo sanno i nostri genitori. Non lo sa… nessuno.
È come se non stessimo assieme. Anche se tra poco faremo un anno.
“Insomma, tutti lo sapevano tranne me…” Mormorò a mezza bocca, senza riuscire a tenerla chiusa.
“Sapere cosa?” Chiese Hugo confuso. Lily assunse un’aria sorpresa, ma in qualche modo Rose fu certa che stesse bluffando.
E quando mai non lo fa?
“Visto?” Replicò Scorpius paziente. “Potty lo sa perché ci siamo visti ieri sera al pub per una burrobirra.” Sorrise disinvolto, ma era chiaro fosse di nuovo infastidito da quella piega del discorso. “Ho fatto il mio dovere. L’ho detto alla mia ragazza e al mio migliore amico.”
“A me non l’hai detto, l’ho visto con un’altra cinquantina di persone stamattina…”
“Ma cosa?” Insistette Hugo. “Di cosa state…?”

Non riuscì a terminare la frase perché entrò Vitious, seguito da loro zio Percy e un altro funzionario del Ministero dall’aria efficiente. Le chiacchiere si spensero di botto, senza che nessun professore dovesse richiamarli all’ordine.
Il piccolo preside si avvicinò al Calice che brillava nella sua fiamma azzurrina.
“Bene, è arrivato infine il momento che tutti aspettavamo, la selezione dei campioni!” Le sue parole furono accolte da uno scroscio di applausi.  
 
“Volete scommette ragazzi? Ultima chiamata prima del verdetto! Cinque galeoni che sarò McLaggen e dieci sulla Chang…”
Tom quasi sobbalzò quando sentì il sussurro di Nott all’orecchio. Al naturalmente quasi cadde dalla panca.

“Loki!” Sussurrò sconcertato. “Sono un Caposcuola, non puoi proporre scommesse clandestine davanti a me!”
“Infatti lo sto proponendo proprio a te.” Spiegò con un ghigno quieto. “Vuoi sfidare le statistiche? Danno Malfoy perdente nove a uno…”
“Malfoy? Vuoi dire che ha…” Al si bloccò, guardandosi attorno come se fosse un gran segreto di stato. Tom fece un mezzo sorriso, senza scollare gli occhi dalle pagine del volume di Trasfigurazione.

È tutta la mattina che non si parla d’altro nei corridoi… Ha messo il suo nome a colazione.
“Dove vivi dolce Al?” Lo prese in giro Nott, arruffandogli i capelli. “Lord Malfoy è in lizza per diventare il campioncino di Hogwarts. Non si parla praticamente altro.”
“Qualcuno deve pur fare qualcosa di responsabile qua dentro.” Borbottò. “Io non ascolto i pettegolezzi.”
“Ah, che colpo al cuore… e pensare che io e Mike ti avevamo cresciuto così bene.” Sorrise l’altro serpeverde. “I pettegolezzi sono l’unica verità interessante.”

Tom vide la postura di Al irrigidirsi, come le labbra serrarsi: era un libro aperto.
Non ha ancora parlato con Zabini…
Si voltò per cercarlo con lo sguardo. Lo trovò direttamente ad un altro tavolo, in compagnia di altri serpeverde, suoi leccapiedi o ex amanti. O entrambi. Non guardava neppure nella loro direzione.
Decisamente non ci ha ancora parlato.
“Perché lo date perdente?” Mormorò Al. “È in gamba, è un prefetto e un ottimo giocatore di Quidditch!”
“Ah, piccolo Potter… le scommesse qui, con tutti questi adolescenti. non vengono fatte secondo strategia. Si va sul fattore emozionale. Il che, detto tra noi, per me è un vantaggio…” Ghignò. “Le persone continuano a vedere solo il suo cognome. E poco altro.”

“Ma è assurdo! Con tutti i riconoscimenti che ha qui ad Hogwarts dovrebbe…”
“Continui a non seguirmi.” Un’altra pacchetta paziente sulla testa. “Malfoy potrebbe diventare anche il presidente di tutte le associazioni studentesche della scuola, compresa quella di Gobbiglie, ma la gente non smetterebbe di considerarlo per chi sono i  suoi.”

“Ex-mangiamorte…” Sospirò Al. “Ma se diventasse il Campione del Tremaghi…”
“Beh, oltre ad una bella targa lucida nella Sala Trofei… forse otterrebbe qualcosa di più. Ma sono considerazioni. Rimane il fatto. È sfavorito.”
“Allora scommetto dieci galeoni su di lui.” Disse di getto, stupendo entrambi. Arrossì. “È mio amico… non lo faccio per i soldi. È una questione di principio, ecco…”

Tom gli mise una mano sulla gamba, e mentre Al intrecciava le dita alle sue, furono tutti rapiti dallo spettacolo del Calice, che aveva mutato le proprie fiamme da un azzurro tenue ad un fuoco rosso e violento.
 
Il primo nome ad essere sputato fuori fu in un lezioso cartoncino color carta da zucchero.
Vitious lo aprì. “Dominique Weasley per Beaux-Batons!” Annunciò tra gli applausi.
Gli allievi di Beaux-Batons esplosero in un'acclamazione calorosa, sopratutto il tipo che chiacchierava qualche giorno prima con sua cugina che si stava letteralmente spellando le mani.
Dominique si alzò e percorse la navata con un largo sorriso soddisfatto. Sembrava aver voglia di alzare le braccia in segno di vittoria, ma un’occhiata gelida della sua Preside le rimise a posto. Si limitò quindi a shakerare vigorosamente la mano di Vitious – tanto che fu visto da più persone emettere un lamento – e trotterellare fuori in una scia di capelli argentati.
“Lo sapevo, Domi è la migliore in quella scuola di santarellini!” Esclamò Hugo, dandosi il cinque con James. “Il Calice doveva troppo sceglierla!”
“È matta come una banshee ma sa il fatto suo.” Convenne quest’ultimo. “Lunga vita agli Weasley!”
“Se avesse improvvisato una danza della vittoria giuro che avrei riso fino alle lacrime…” Fu il commento di Lily. Ma Rose la vide scrutare con apprensione verso la delegazione di Durmstrang, specialmente in dirittura del piccoletto coi capelli lunghi che rispondeva al nome di Sören.
È quasi più preoccupata per lui che per Dom.
Beh… anche vero che preoccuparsi per Dom è un esercizio un po’ sterile.
Il secondo pezzo di carta sputato fuori fu un cartellino squadrato, delle dimensioni di un biglietto da visita babbano. Sembrava stato tagliato con un tagliacarte estremamente efficiente.
Il preside lo mancò di pochi centimetri, e fu afferrato al volo da Percy che glielo passò ossequioso.
“Sören Luzhin per Durmstrang!” Annunciò, seguito da un tiepido applauso.
L’unico veramente contento tra quelli di Durmstrang sembrava un tipo grassoccio con la barbetta da capra. Il prescelto si limitò ad alzarsi, fare un leggero inchino al preside – evitando accuratamente di stringergli la mano, notò Rose – per poi seguire Dominique nella sala attigua.
“Sembra un tipo proprio simpatico…” Commentò James storcendo la bocca. “Non gli ho neanche visto la faccia con tutti quei capelli. E quelli di Durmstrang non dovrebbero essere scelti in base alla massa muscolare?” Concluse mentre Scorpius ridacchiava.
“Oh, ma falla finita!” Lo riprese Lily con uno sbuffo. “Se lo meritava se il Calice l’ha scelto.”

“Se a Durmstrang giocassero a Quidditch sarebbe un ottimo Cercatore…” Osservò Hugo pensieroso. “Ma visto che mi sa che ci giocano… non mi pare proprio un loro… insomma, rappresentante.”
“È in gamba.” Tagliò corto Lily con una scrollata di spalle.

Ora la sala era diventata ancora più silenziosa: i campioni delle due scuole straniere erano stati scelti, ma mancava il loro campione.
Era arrivato il momento, pensò Rose guardando il proprio ragazzo. Scorpius aveva il suo solito sorriso ad aleggiargli sul viso, ma solo quella parte sembrava calma. Era un fascio di nervi, lo poteva vedere da come tamburellava le dita sulle gambe o da come si era totalmente congelato.
Inspirò e gli mise una mano sul ginocchio. Cercò di sorridergli, sforzandosi fare buon viso a cattivo gioco.
Perché lo amava.
Scorpius le afferrò la mano e intrecciò le dita alle sue, con forza.
“Ti dispiace?” Chiese sottovoce.
Rose scosse la testa. “Mai…”


Vitious afferrò al volo il pezzo di pergamena spiegazzato e nervosamente strappato sugli angoli. Dopo esso le fiamme si estinsero in una conflagrazione che strappò parecchie esclamazioni di sorpresa lungo la sala.
A Rose sembrò che il tempo si fosse congelato mentre il preside inforcava meglio gli occhiali per leggere il nome.
Scorpius ha una scrittura orribile… è lui.
Lo seppe con certezza gelida e precisa, e strinse la mano del proprio ragazzo con tanta forza che quasi sentì male.
 
“Scorpius Hyperion Malfoy per Hogwarts!”
 
Rose chiuse gli occhi quando sentì la mano di Scorpius scivolarle via dalle dita, mentre si alzava in piedi,  acclamato dalla tavola dei supportivi, almeno in apparenza, grifondoro.
Sentì Lily toccarle una spalla con la sua, e riaprì gli occhi solo per vedere il sorriso comprensivo di sua cugina. Non che volesse vedere molto altro; gli applausi erano un eco lontano come i fischi entusiasti di James.
“Sarà un grande campione per Hogwarts…” Le accarezzò una spalla. “Davvero!”
“Sì, lo so…”
Avrei preferito che fosse rimasto solo il mio…

Ma si stampò un bel sorriso in faccia ed applaudì.
 
****
 
Note:
Capitolo enorme, me ne rendo conto. Per farmi perdonare degli aggiornamenti a singhiozzo, si capisce.

1. Qui la canzone.
  
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