Capitolo XXII
Attesi per un po’ in
macchina, al buio, sperando che Enrico si
calmasse e tornasse da me. Tuttavia, visto che erano già
trascorsi cinque
minuti e io stavo iniziando a preoccuparmi, abbassai la maniglia dello
sportello e lo aprii, scendendo dall’auto e guardandomi
intorno. A parte la
luce di due lampioni che illuminavano debolmente il parcheggio e una
piccola
falce di luna che brillava solitaria nel cielo, la spiaggia era immersa
nella
più completa oscurità.
Sospirai, rassegnata; mi tolsi i
sandali e, tenendoli in mano,
cercai di seguire le orme lasciate da lui. La sabbia a
quell’ora era
piacevolmente fresca, e se fosse stata un’altra sera mi sarei
fermata per
godermi quella deliziosa sensazione. Ma visto che avevo altro a cui
pensare
accelerai, affondando ogni tanto in qualche punto più
profondo della spiaggia.
Non fu difficile trovarlo, grazie alla
leggera ma sufficiente
penombra offerta dalla luna e dai lampioni ormai lontani. Enrico era
seduto
sulla sabbia, vicino al bagnasciuga, la testa presa tra le mani e le
gambe piegate
a reggere i gomiti.
Forse fu quella la prima volta che
riconobbi a me stessa quanto
fosse bello.
Mi piacque il modo in cui la luna lo
accarezzava, e come i suoi
capelli ondeggiassero al vento – e le dita, oh, le sue lunghe
dita da pianista
immerse in quella chioma corvina, mi sarebbe piaciuto
stringerle… Non sopportai
di vederlo in quel modo, sofferente, benché non comprendessi
fino in fondo ciò
che provava e soprattutto perché.
Come poteva soffrire così se davvero mi vedeva solo come
l’ultima conquista da
portare a letto e poi dimenticare?
Scossi la testa, decidendo che non era
quello il momento in cui
pensarci. Non sapevo nemmeno perché avevo iniziato a
rimuginarci su – che
sciocca!
Lentamente mi avvicinai, senza fare
alcun genere di rumore:
dopotutto sarebbe stato impossibile persino volendolo, con tutta quella
sabbia.
Perciò lo raggiunsi senza che se ne accorgesse, ma rimasi
per un attimo
imbambolata a pochi passi da lui prima di trovare il coraggio di dire
qualcosa.
“Stai bene?”
Chiesi, a bassa voce. Subito dopo mi diedi della
stupida: che razza di domanda era?
Da parte sua non provenne che un
piccolo gesto con le spalle, silenzioso,
così mi avvicinai del tutto e mi inginocchiai al suo fianco,
osando allungare
una mano per sfiorargli la spalla.
“Cos’è
successo?” Insistei, decidendo che avrei ottenuto una
risposta una volta per tutte.
Per tutta risposta mi rivolse uno
sguardo fiammeggiante, nel quale
compresi la sua rabbia e la sua delusione. “Hai il coraggio
di chiedermi come
sto?” Ringhiò, minaccioso. “Come puoi
essere così sciocca e cieca? Davvero non
capisci?”
Mi afferrò il polso con la
mano, stringendolo e strappandomi un
gemito di dolore. Ero riuscita a portarlo al limite della
sopportazione, a
quanto pareva, ma non capivo perché continuasse a mostrarsi
così furioso:
dopotutto io gli avevo detto sin dall’inizio come stavano le
cose… Se poi aveva
frainteso tutto, non era di certo colpa mia, come già gli
avevo ripetuto.
“Sei tu quello che non
capisce, Enrico?” Esclamai con il suo
stesso tono, cercando di sciogliermi, inutilmente, dalla sua stretta.
“Volevi
un bacio? Bene! Baciami e lasciami andare, dimenticami! Ma tu non vuoi,
non ti
basta! Vuoi sempre di più! E adesso fai l’offeso
perché sai benissimo che mi
sarei comportata allo stesso modo con te, se tu avessi fatto come
Matteo! Sono
stufa di questo tuo atteggiamento!”
Fu un attimo: prima che potessi anche
solo intuire la sua mossa mi
ritrovai con la schiena sulla sabbia, sdraiata per terra, con Enrico
che
torreggiava pericolosamente sopra di me, gli occhi che sembravano
mandare
lampi. Mi aveva portato le braccia sopra la testa e teneva stretti
insieme i
miei polsi con una mano, e per un lungo, terribile istante, pensai che
avesse
davvero intenzione di fare qualcosa di mostruoso.
Sicuramente il mio sguardo dovette
lasciar trapelare ciò che stavo
provando, perché Enrico ringhiò ancora, al limite.
“Non ho intenzione di
violentarti, cazzo!” Sibilò, accentuando la
stretta. “Possibile che dopo tutto questo tempo continui a
credermi capace di
una cosa simile?”
Non risposi, spaventata, limitandomi a
deglutire in silenzio. Lo
vidi scuotere la testa, ma la rabbia non l’aveva ancora
abbandonato del tutto.
“Non sopporto la tua indifferenza nei miei confronti, Giulia,
sembra che tu non
sia capace di provare un briciolo di affetto per me…
Perché? Che cosa ti ho
fatto? Hai cercato persino di difendere Matteo, prima, e dire che lui
non ti ha
mostrato la metà del rispetto che ho io per te. Maledizione!
Cos’altro vuoi che
faccia?”
Lo fissai intimorita, sperando che si
calmasse. Quando sembrò aver
riacquistato un po’ di controllo, osai prendere la parola.
“Per favore, Enrico…
Spostati. Mi fai male…” Sussurrai supplichevole,
senza distogliere lo sguardo
da lui.
Mi riservò
l’ennesima occhiata scettica, ma poi si spostò,
tornando
ad inginocchiarsi sulla spiaggia e aiutando me a sollevarmi: lentamente
mi misi
seduta, togliendo i granelli di sabbia dai miei capelli sciolti e dalla
maglietta. Mi sembrava di sentire il mio stesso cuore battere
furiosamente.
“Mi costringi ad essere
ciò che non sono.” Disse con freddezza,
mettendo una nuova distanza tra me e lui. “Sono stanco di
questa situazione,
Giulia. Sono stato gentile con te, paziente, non ti ho mai dato modo di
avere
paura delle mie intenzioni… Ma la mia pazienza ha un limite,
e voglio che tu
sappia che uno di questi giorni potrei afferrarti e baciarti senza
aspettare la
tua approvazione.”
Sgranai gli occhi, ritraendomi
istintivamente da lui e mettendomi
in piedi. Enrico non si mosse, limitandosi a sollevare il viso e
seguire i miei
movimenti con lo sguardo – sembrava volermi mangiare.
Non mi ero mai sentita così a disagio, prima di quel
momento… Avrei voluto
scomparire da lì e riapparire, al sicuro, nella mia stanza.
Ma purtroppo non
era possibile, e per tornare a casa potevo contare soltanto su di lui.
“Mi stai
spaventando…” Mormorai, stringendomi nelle
braccia.
Perché aveva cambiato atteggiamento così
all’improvviso?
Esplose in una risata amara e priva di
gioia, dopodiché si passò
una mano tra i capelli e mi fissò con uno sguardo risoluto.
“Credimi, se avessi
voluto spaventarti l’avrei già fatto da molto
tempo. Ma è proprio per evitare questo
che ti ho voluta avvisare su quello che potrebbe accadere, se
continuiamo così.”
Disse, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
Mio Dio, sembrava essere diventato
un’altra persona…
Deglutii, mordendomi le labbra.
“Sembra quasi che ti abbia chiesto
io di trascinarmi in questa situazione…” Iniziai,
cercando di fargli capire il
mio punto di vista. Ma dannazione, con lui sembrava di parlare al
vento! “Ti
sei intromesso nella mia vita senza neppure chiedermi se mi andava
bene, hai
voluto l’esclusiva su… Su tutto quanto! Sai da
quanto tempo non vedo i miei
amici? Anch’io ho perso il conto! E adesso parli come se
fosse colpa mia! Non credo
di averti mai imposto la mia presenza, e sono convinta di essere stata
abbastanza chiara al riguardo. Ti ringrazio per la gentilezza e la
pazienza, se
è questo che vuoi sentirti dire, ma ora non puoi venire da
me e pretendere che
io ricambi il tuo interessamento!”
Tacqui un istante, come per
raccogliere i pensieri, poi conclusi.
“E adesso, salta fuori questa cosa del
bacio…” Dissi piano, senza guardarlo. Poi,
improvvisamente, senza riflettere su quello che stavo facendo, mi
avvicinai di
nuovo a lui e mi inginocchiai, in modo da essere alla sua stessa
altezza. Mi
aggrappai alla sua camicia e non ebbi neppure il tempo di riflettere su
quanto
i nostri visi fossero vicini, perché le mie stesse parole mi
stupirono.
“Te l’ho
già detto una volta, Enrico. È un bacio che vuoi?
Perfetto, eccolo…” Sussurrai, fissando le sue
labbra in modo che gli fossero ben
chiare le mie intenzioni.
Sentii le sue mani stringersi intorno
alle mie spalle, e il suo
sguardo si fece indeciso, esitante, come se non si aspettasse di certo
quella reazione
– non dopo tutto quel discorso. Tuttavia non mi
allontanò, segno che era
davvero quello ciò che desiderava. Non potei fare a meno di
odiarlo, in
quell’istante – maledizione, dopo tutte le sue
belle parole, alla fine si
rivelava ciò che era veramente, un maschio interessato
soltanto ad una cosa! Ma
perché ostinarsi con me, quando poteva averne centinaia a
disposizione?
Decisi di non pensarci e iniziai ad
avvicinarmi lentamente alla
sua bocca, vedendola dischiudersi e sentendo il suo respiro caldo e invitante? Oh, mio Dio… Chiusi
gli occhi
e presi mentalmente un profondo respiro, ormai prossima alla mia meta. Ma, due secondi prima che le
nostre labbra si toccassero, Enrico si ritrasse, scuotendo la testa.
Aprii gli
occhi e lo fissai stupita, soprattutto quando nascose il viso contro
l’incavo
del mio collo.
“No, no,
Giulia…” Lo sentii mormorare, con la voce rotta.
“Non è
questo che voglio…”
“E che cosa vuoi,
allora?” Replicai, leggermente irrigidita nel
sentirlo a così stretto contatto con il mio corpo. Tuttavia
non feci nulla per
allontanarlo – non volevo sfidare troppo la sorte.
Lui si allontanò ma
mantenne la presa sulle mie spalle, che
divenne però più delicata, meno minacciosa. Mi
fissò a lungo negli occhi, poi
sospirò, scuotendo la testa. “Vorrei che tu
provassi il desiderio di baciarmi,
non che lo faccia perché obbligata o,
peggio, perché minacciata…”
Sussurrò, angosciato.
Aggrottai le sopracciglia, turbata.
Come ribattere a certe cose? “Io…
Non lo so, Enrico…” Mormorai, cercando di sembrare
il più condiscendente
possibile. “Ti conosco da così poco tempo, e io ho
bisogno di fidarmi delle
persone, prima di… prima di…”
Tacqui, scuotendo la testa e
abbassando lo sguardo. “Tu non ti
rendi conto di quello che mi stai chiedendo…”
Sussurrai. “Non si tratta di te,
Enrico, non è per quello… Non solo,
almeno… Non capisci? Non voglio essere
obbligata a frequentare qualcuno, è una cosa che non sta
né in cielo né in
terra! Io avrei voluto sceglierla la persona di cui innamorarmi, ma poi
sei
arrivato tu e… Dio, non sono più sicura di
niente…”
Le sue mani si abbassarono lentamente,
andando ad intrecciarsi con
le mie che tenevo posate sul grembo; le sue dita si infilarono tra le
mie,
sfiorandole dapprima timide e poi stringendole con una maggiore
sicurezza
quando si rese conto che non avevo intenzione di allontanarlo ancora.
Tenni gli
occhi chini sulle nostre mani pur di non sollevarli e incrociare il
verde del
suo sguardo, ma alla fine una sua mano si sollevò e si
posò sotto il mio mento,
alzandolo gentilmente in modo da guardarlo dritta in viso. Avevo
l’impressione
che il cuore volesse uscirmi dal petto tant’erano forti i
suoi battiti, e la
pelle delle mie braccia si era ricoperta di brividi nel constatare la
sua
improvvisa vicinanza. Il suo profumo – un pungente e fresco
dopobarba – si
mischiava al mio, e le sue labbra erano socchiuse come se avesse voluto
dire
qualcosa ma non osasse farlo per timore di spezzare quella strana ed
elettrica atmosfera.
“Accidenti…”
Sussurrò infine, spostando la mano che aveva
sollevato il mio viso verso il suo e portandola a sfiorarmi la guancia
fredda –
avvertii chiaramente il contrasto tra la mia pelle fredda e la sua,
bollente –
prima di perdersi tra i miei capelli, che aveva gentilmente ritirato
dietro
l’orecchio senza che io facessi nulla per oppormi.
“Ho sempre immaginato come
sarebbe stato toccarti così…”
Non potei fare a meno di rabbrividire,
mentre il senso di quelle
parole fendeva la nebbia dei miei pensieri ormai confusi e vaghi. In
quell’istante avrei voluto davvero che le cose tra noi
fossero state diverse,
che tutto non fosse iniziato con minacce e provocazioni. Mi sarebbe
piaciuto se
prima fossimo diventati amici, e poi magari – forse,
chissà – l’amicizia si sarebbe anche
potuta evolvere in
qualcosa di più… Dopotutto io mi ero affezionata
a lui, ormai era impossibile
ignorare quello che era un semplice dato di fatto. Ma Enrico voleva
saltare
tutto questo, e andare direttamente allo stadio finale; e io non ero
abituata a
quel genere di sentimenti, né ero convinta di essere pronta
per affrontarli.
E allora perché mi sentivo
così male nel vederlo soffrire a causa
mia?
Deglutii socchiudendo gli occhi,
mentre mi rilassavo al tocco
delle sue mani tra i miei capelli. Poi chinai il volto verso di lui,
posando la
fronte sulla sua e – sicuramente – sorprendendolo
per l’ennesima volta
nell’arco di dieci minuti. Forse era l’atmosfera di
intimità che si era creata,
forse era il buio, la mia paura, la luna, oppure i suoi
occhi… Tutto questo,
credo, mi fece perdere definitivamente il senno.
“Adesso sono io che vorrei
un bacio…” Sussurrai, a voce talmente
flebile che non immaginai potesse sentirla sul serio. Da dove avevo
preso il
coraggio per dire una cosa simile?
Vidi i suoi occhi spalancarsi
leggermente e gli angoli delle sue
labbra sollevarsi in un tenero sorriso, un’espressione che
non gli avevo mai
visto prima. Era incredulo, eppure allo stesso tempo sembrava essere
rimasto
incantato dalle parole che erano uscite inaspettatamente dalla mia
bocca.
Abbandonando le carezze ai miei capelli, mi prese il volto tra le mani,
stringendolo dolcemente come fossi fatta di cristallo; i suoi occhi
sembravano
volersi imprimere nella memoria quella scena in modo da non
dimenticarla, poi,
all’improvviso, il suo sorriso scomparve per dare spazio ad
un atteggiamento
più serio, quasi… solenne.
Rabbrividii, conscia ormai di aver
capitolato – per quella sera,
almeno. In fondo, non mi era forse capitato spesso di domandarmi che
sapore
avessero le sue labbra? Bene, adesso l’avrei scoperto
– a tutto il resto ci
avrei pensato dopo.
Mi ancorai saldamente alle sue spalle
– forse per timore di
crollare da un momento all’altro –
mentre il suo viso si chinava sul mio; probabilmente le
sue mani mi
tenevano stretta perché lui stesso aveva paura che potessi
cambiare idea ed allontanarmi
definitivamente, rovinando tutto il fascino di quel momento. Ma io non
mossi un
muscolo, attendendo con leggera impazienza che le sue labbra si
posassero sulle
mie, e facendomi sfuggire un gemito di piacere quando ciò
accadde. Non avevo
mai immaginato che la sua bocca potesse essere così calda e
morbida, così
dischiusi le labbra per poter meglio assaporare quel gusto che non mi
aspettavo
davvero di poter assaggiare, un giorno. Dopotutto si stava pur sempre
parlando
di Enrico.
Tutto ciò aveva il sapore
del proibito, dell’assurdo: io, proprio
io stavo lasciando che lui mi
baciasse? Che fine avevano fatto tutti i miei principi, tutte le
decisioni che
avevo preso al riguardo, tutte le promesse che mi ero fatta di non
cedergli
mai? Sembravano essere svanite nell’attimo di un battito di
ciglia.
Chiusi gli occhi con forza, come se
non volessi vedere i suoi
occhi mentre mi lasciavo andare; eppure, quando le sue mani tornarono
ad
immergersi nei miei capelli, mentre la sua bocca esplorava la mia tra
gemiti,
sussurri e sospiri, non potei fare a meno di rabbrividire, stavolta
dall’estremo piacere. Il ricordo del bacio rubato di Matteo
mi attraversò per
un istante la mente per poi sparire del tutto, dandomi il tempo di
ammettere
che non vi era alcun paragone tra lui ed Enrico.
Malgrado non l’avessi mai
ritenuto possibile, il bacio del mio
aguzzino era un qualcosa di dolce e sensuale insieme – le sue
labbra
scivolavano sulle mie come se fosse davvero quello il loro posto, e
nessun
altro. Sentivo il suo profumo su di me e mi beai scioccamente di questo
– che
cosa mi aveva fatto?
Compresi si essere completamente
impazzita quando decisi di
ricambiare il bacio, infilando le dita tra i suoi capelli e aderendo al
suo
petto con slancio, forse troppo: eravamo infatti entrambi inginocchiati
sulla
sabbia in precario equilibrio, e bastò un piccolo
spostamento d’aria per far
perdere ad Enrico la sua stabilità. Lo feci cadere
all’indietro, finendo poi
sopra di lui: mi staccai immediatamente mettendomi seduta, guardandolo
con sorpresa
e al colmo dell’imbarazzo, ma lui non mi permise di
spostarmi. Le sue mani mi
afferrarono i polsi e mi tirarono nuovamente giù, su di lui,
prima di ribaltare
le posizioni e far finire me con la schiena sulla sabbia.
Eravamo tornati alla posizione
iniziale – Enrico torreggiava di
nuovo sopra di me, ma stavolta non era la rabbia e la minaccia che vidi
nei
suoi occhi, quanto piuttosto una cupa bramosia.
Arrossii deglutendo, cercando di non
fissarlo troppo a lungo:
avevo paura che fraintendesse, e per il momento credevo di aver
esaurito le mie
riserve di audacia ed energia.
Si abbassò
un’ultima volta su di me, strappandomi un altro bacio e
sfregando il naso contro il mio collo. Si sdraiò poi accanto
a me, alzandosi su
un fianco e guardandomi con gli occhi che brillavano: sembrava un
bambino la
mattina di Natale, non l’avevo mai visto tanto felice e
soddisfatto. Persino il
suo sorriso era qualcosa di completamente nuovo, per me.
Mi coprii il viso con le mani,
sospirando con lentezza e cercando
di ignorare l’eco sordo dei battiti del mio cuore: mio Dio, che cosa diavolo avevo fatto?
Questo doveva essere quel
famoso ‘darsi la zappa sui piedi’…
Non feci in tempo a pensare ad altro
che una sua mano si
sovrappose alle mie, abbassandole gentilmente in modo da potermi
scoprire il
viso. Spostai lo sguardo su di lui, imbarazzata e allo stesso tempo
incuriosita,
sorpresa di trovare tutta quella dolcezza nella sua espressione.
Sembrava che
non stesse aspettando altro, come se in quei due mesi non avesse fatto
che
attendere quel momento – davvero incredibile.
“Che
c’è?” Sussurrai, guardandolo dal basso.
Non avevo ancora
ritrovato del tutto la mia voce, ed era piuttosto comprensibile
– insomma,
avevo appena baciato il ragazzo che quella stessa mattina ero convinta
di
odiare con tutta me stessa, ero ancora un po’ sconvolta.
Enrico intrecciò la sua
mano nella mia e osservò per un po’ le sue
dita che colmavano gli spazi vuoti tra le mie, quasi che il loro posto
fosse
proprio quello; se la portò poi all’altezza del
viso e la sfiorò poi con una
leggera carezza delle labbra, prima di lasciarsi sfuggire un piccolo
sospiro.
“Vorrei essere certo che
questo sia l’inizio di qualcosa,
Giulia…”
Mormorò, talmente piano che dovetti sforzarmi per capire le
sue parole.
Anch’io sospirai, sperando
però che la preoccupazione non
trapelasse dalla mia voce. “Non sono in grado di farti
promesse che non so se potrò
mantenere, Enrico,” replicai, con un tono fin troppo piatto.
Non volevo che si
facesse subito strane idee, per quanto io stessa, ormai, non sapessi
più da che
parte girarmi.
“Ma se mi hai baciato ci
sarà una ragione, no?” Insisté,
chinandosi leggermente su di me.
Socchiusi gli occhi, distogliendoli da
lui. “Attrazione,
esasperazione… Forse è stata la luna, o il mare,
o qualcosa di tipicamente
fisico che non si può spiegare scientificamente,”
ribattei, aggrottando le
sopracciglia.
“Se stai cercando un modo
per sottrarti alle tue responsabilità,
sappi che non te lo permetterò.”
Dichiarò deciso, tornando per un attimo serio.
“Tu non sei una che cede facilmente agli istinti del corpo,
perciò penso di
poter dire con sicurezza che, se mi hai baciato, ci
dev’essere un motivo.”
Sbuffai, liberandomi dalla sua stretta
e mettendomi a sedere. “E
tu invece stai cercando ad ogni costo di farmi promettere qualcosa di
cui non
sono del tutto certa, e questo inizia a darmi fastidio.”
“Che tu lo ammetta o no,
Giulia, io so perfettamente che cosa è
appena successo,” disse, chinandosi a sussurrare sulla mia
spalla. “E mi hai
appena dato una nuova speranza a cui aggrapparmi.”
“Fai come vuoi, la speranza
non si nega a nessuno,” replicai a
bassa voce, cercando di mascherare l’insicurezza che mi aveva
invaso tutta d’un
colpo.
Malgrado
l’acidità e la freddezza delle mie risposte, il
suo umore
non sembrò venirne minimamente scalfito. Continuò
a sorridere con quell’atteggiamento
malizioso e indisponente che poco tolleravo, mentre si alzava a sua
volta e mi
porgeva la mano per aiutarmi a sollevarmi, come se non gli avessi
appena detto
che, tanto, tutto ciò non cambiava niente.
Chissà,
forse sapeva
qualcosa di cui io non ero a conoscenza.
“Potrei anche riportarti a
casa, ora, visto che sono sicuro che
questa non sarà l’ultima volta che vorrai
vedermi,” bisbigliò al mio orecchio,
passando un braccio intorno alla mia vita.
Gli rivolsi un’occhiataccia,
dimenticando immediatamente l’imbarazzo
di poco prima. “Sorvolo sulla scelta del verbo volere,”
sibilai, cercando con scarsi risultati di allontanarmi da
lui.
Enrico ridacchiò
– come poteva essere mutato il suo atteggiamento
così all’improvviso? “Mi stai dicendo
che non hai mai desiderato vedermi?”
Insinuò, inarcando un sopracciglio.
“Io non ti sto dicendo
niente, hai fatto tutto da solo. Devi proprio
abbracciarmi?” Proruppi
all’improvviso.
Che cos’era tutta quella confidenza?
“Dio, non ti facevo
così ipocrita!” Esclamò, a
metà tra il serio e
il faceto. “Prima mi baci e poi non vuoi nemmeno che ti
abbracci?”
Non potei fare a meno di arrossire.
“Potresti evitare di parlarne come
se fosse una cosa normale?”
Come se non bastasse, mi
sfiorò la fronte con un ennesimo bacio. “Ma
è una cosa
normale!”
Grazie al Cielo riuscii a staccarlo
dal mio corpo con una spinta
decisa, allontanandomi da lui e storcendo il naso. Non sapevo scegliere
tra l’essere
imbarazzata e l’essere furiosa – anche se, visto
quello che era appena
accaduto, presumo che non fossi più autorizzata ad esserlo.
Mi osservava con le braccia aperte
– le braccia che prima mi avevano
stretto – e con quell’odiosa
espressione vittoriosa e soddisfatta che non avevo ancora deciso se
trovare attraente
o insopportabile.
“E togliti quel sorriso
dalla faccia!” Sbottai, dandogli le spalle
e iniziando ad incamminarmi di nuovo verso la macchina. Lo sentii
ridere dietro
di me ma non mi voltai, consapevole che, se l’avessi fatto,
chissà che cos’altro
sarebbe potuto accadere – sicuramente qualcosa di cui mi
sarei pentita, visto
il modo in cui stavo continuando a pensare al sapore che avevano le sue
labbra.
Quando mi ebbe raggiunto in auto si
prese un’altra manciata di
secondi per potermi studiare, poi, con una strana tenerezza, sorrise
per l’ennesima
volta – senza alcuna traccia di strafottenza.
“Sono più
contento ora che abbiamo fatto pace,” rispose
semplicemente, facendomi l’occhiolino.
Arrossii per l’ennesima
volta, maledicendomi per questo e
distogliendo lo sguardo dal suo. “Sì, beh, non
farci l’abitudine…” Replicai,
incrociando le braccia.
“Ho paura che sia troppo
tardi,” ribatté, girando le chiavi nel
quadro e mettendo in moto.
Ero certa che, con quella frase,
intendesse più di quanto fosse
lecito.
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AA - Angolo Autrice:
Oh, God. Finalmente ho trovato cinque minuti liberi per poter concludere questo benedetto capitolo, ma sappiate che non ne sono per niente convinta. Tanto per cominciare, in teoria non avrebbero dovuto baciarsi a questo punto della storia, ma ormai il danno è stato fatto... >__< E poi ho notato che questa storia sta andando troppo per le lunghe (Finalmente se n'è accorta! - aehm) ed è il caso di giungere al tanto sospirato epilogo. Dunque, conto di concluderla entro una trentina di capitoli, quindi manca veramente poco se ci pensate... Ad ogni modo è già tutto progettato e deciso, salvo ultime correzioni dell'ultimo secondo. Perciò il mio messaggio è: non disperate! Così come ha avuto un prologo, questa storia avrà un epilogo :D Presto o tardi lo vedremo su questi schermi :D
Ringrazio comunque tutti coloro che hanno continuato a leggere e commentare questa storia malgrado la pubblicazione dei capitoli fatta col contagocce, e grazie a chi l'ha aggiunta tra le preferite e le seguite. Davvero, siete adorabili! <3 Sono così orgogliosa di Enrico e Giulia per essere riusciti a tenervi incollati allo schermo per tutto questo tempo :.)
Sperando di rivederci molto presto con il prossimo capitolo, vi saluto! :*
Un bacio e un abbraccio, vostra
Giuly.
P.S. Se volete, potete trovarmi anche su Facebook donde, se siete interessate, posterò anche alcuni spoilerini ù__ù