CAPITOLO Otto
Non
appena varcai la soglia della mia camera, mi fu ancora più chiaro che l’attesa
sarebbe stata lunga ed estenuante, e che tornare alla vita di tutti i giorni si
sarebbe rivelato un’impresa titanica, per non dire mastodontica.
Lasciai
la valigia abbandonata sul pavimento, dopodiché mi buttai a peso morto sul
letto, esausta per il viaggio. Un po’ avevo dormito, grazie anche a Valerio che
si era offerto di farmi da cuscino con la sua spalla, ma avevo ancora del sonno
arretrato da recuperare.
Mi
girai su un fianco stando attenta a non urtare in alcun modo il piede
infortunato, che i miei, e specialmente mia madre, avevano notato subito. Avevo
detto loro di essermi slogata la caviglia inciampando sulle scale dell’hotel,
dato che non avevo voglia di essere rimproverata. Le scarpe le avrei nascoste
nei meandri del mio armadio, dove sarebbero state al sicuro e dove mia madre
non le avrebbe mai trovate. Ormai non guardavo più all’incidente come a
qualcosa di brutto, anzi. Avevo tuttavia ragione di credere che mia madre non
l’avrebbe pensata allo stesso modo, per cui preferivo stare alla larga da ogni
forma di rimprovero da parte sua.
In
attesa che i miei mi chiamassero per cena, dato che erano le otto di sera,
decisi che era inutile schiacciare un pisolino, per cui dovevo trovare qualcosa
da fare. La valigia l’avrei disfatta il giorno dopo, per cui era da escludere.
Potevo però iniziare a svuotare la tracolla, e così feci. Nel farlo, tuttavia,
incappai nel mio blocco da disegno, e l’istinto masochista che albergava in me
lo sfogliò fino a soffermarsi sull’ultimo disegno che avevo fatto, quello
intitolato simbolicamente ‘Una rondine non fa Primavera’.
Non
potei fare a meno di sorridere, a quel ricordo, che ora mi sembrava lontano
anni luce. Era davvero successo solo tre giorni prima? Mi riusciva difficile
crederlo. A dirla tutta, perfino la sera prima mi pareva un lontano ricordo.
Tutti quei chilometri di distanza tra casa mia e Parigi avevano creato anche
una barriera temporale, me ne resi conto solo in quel momento. Quel che era
successo nella capitale francese erano lontano chilometri, che presto si
sarebbero trasformate in settimane, e poi in mesi, con il trascorrere del
tempo.
Sarebbe
stato facile dover dimenticare tutto, se la sera prima non avessi avuto le
conferme che tanto attendevo e in cui mai avevo sperato fino in fondo. Anche
ora, però, avrebbe potuto risultare facile dimenticare tutto: mi sarebbe
bastato pensare che le parole di Marcello erano rimaste in una stanza d’albergo
a Parigi, e che qui in Italia era tornato ad essere solo e soltanto il mio
professore, per lo meno fino alla fine della maturità.
Non
volevo che ciò accadesse, tuttavia. Dovevo aggrapparmi a tutto quel che avevo
vissuto nel corso della gita per poter andare avanti, altrimenti ne sarei
uscita pazza.
Stranamente,
sapendo che saremmo andati in gita, i
professori erano stati clementi e non ci avevano dato compiti, per cui lunedì
mattina potei uscire di casa in tutta tranquillità e dirigermi verso l’auto,
parcheggiata di fronte al condominio in cui abitavo.
Certo,
tranquillità era una parola grossa, dato che alla quarta ora avrei avuto storia
e quindi avrei visto Marcello. Cercavo però di non pensarci e di impormi di
tornare a vederlo come il mio professore, sebbene il mio avrebbe dovuto essere
un inizio, più che un ritorno. Ad essere onesta, non avevo mai visto Marcello
in quell’ottica, per cui mi sarebbe risultato difficile farlo.
Scossi
la testa ed infilai le chiavi della macchina nel quadro d’accensione. Accesi il
motore, misi in folle ed azionai il riscaldamento, dato che di mattina faceva
ancora piuttosto freddo e i vetri erano appannati dall’interno.
Per
lo meno, da quando a Dicembre avevo preso la patente, non ero più stata
costretta ad aspettare il pullman esposta ad ogni possibile intemperie, per cui
ero ben felice di attendere che il riscaldamento dell’auto entrasse in circolo
e rendesse l’abitacolo accogliente. Mia madre possedeva un ambulatorio
veterinario proprio sottocasa, dunque non aveva bisogno della macchina per
andare a lavorare ed era stata lieta di cedermela per andare a scuola, sebbene
all’inizio fosse stata un po’ titubante. Mio padre però l’aveva rassicurata
dicendole che dovevo fare pratica, ora che avevo in mano la tanto agognata
tesserina rosa, e che i quindici minuti di tragitto che mi separavano dal liceo
erano l’ideale. Farmi lasciare la macchina di sera per me restava ancora
un’utopia, ad ogni modo, ma al momento mi accontentavo di poterla usare di
giorno.
Quando
il volante non mi parve troppo freddo al tatto e i vetri furono di nuovo
limpidi, ingranai la prima, tolsi il freno a mano e partii, inserendomi nel
traffico mattutino. In macchina ero pacata e non perdevo la pazienza ad ogni
minima cavolata, al contrario di Alessia che sbraitava dietro a chiunque le
tagliasse la strada o non le desse la precedenza in rotonda. Stare in colonna
non mi pesava più tanto, e d’altronde al mattino presto era perfettamente
normale, con tutta la gente che si recava al lavoro o portava i figli a scuola.
Nel
giro di cinque minuti varcai i confini del paese successivo al mio, dove al
semaforo mi aspettava un altro po’ di fila. Mi fu facile, dunque, accorgermi di
un ragazzo che, quindici metri più avanti, aspettava il bus, con le mani in
tasca. Sorrisi nel riconoscere Valerio e diedi un colpo di clacson, sperando
che lui si accorgesse della mia presenza e che il conducente avanti a me non mi
insultasse. Valerio alzò lo sguardo, spaesato, e a quel punto agitai la mano e
gli feci cenno di salire in macchina, ordine che lui eseguì volentieri.
-
Grazie. – mi fu grato, non appena ebbe richiuso la portiera dietro di sé. –
Stavo congelando.
-
Immaginavo. – dissi, con un sorriso. Il semaforo divenne verde e le macchine
pian piano ripartirono, finché non arrivò anche il mio turno. - È Marzo, ma la
mattina fa ancora freddo.
-
Alt. È inizio Marzo. – mi apostrofò
Valerio. – Oggi è solo il dieci, se noti. Tra undici giorni scoppierà la
primavera e vedrai che cambiamento di clima avremo…
Solo
sentendo nominare quella stagione, mi rabbuiai. Già, mancavano solo undici
giorni alla primavera ufficiale, ma ben quattro mesi alla mia. Non potevo certo parlarne con Valerio, tuttavia. Non avrebbe
capito, e avevo paura di ferirlo.
Una
semplice conversazione sul tempo atmosferico, come quella che stavo
intrattenendo con lui, non doveva avere il potere di mutare l’umore di una
persona, per cui mi ripresi subito e ribattei semplicemente: - Lo spero.
Due
sole parole, tuttavia cariche di significato. Quella ventura di lì a pochi
giorni non era l’unica primavera in cui speravo, del resto.
Nel
corso del tragitto che ci separava da scuola, io e Valerio proseguimmo
normalmente la conversazione, che però si era spostata su lidi per me più
tranquilli, senza riferimenti a Bassi e a ciò che era successo in gita. Mi aveva
addirittura preso in giro, quando aveva realizzato che quella era la prima
volta che saliva in macchina con me e si era reso conto del pericolo che stava
correndo. Fingendomi offesa gli avevo detto di stare tranquillo e che non ero
così male, al volante, dopodiché eravamo scoppiati a ridere senza un apparente
motivo. Ero contenta che tra noi si fosse di nuovo instaurato quel rapporto.
Trovai
posteggio nel piazzale, evento più unico che raro di cui fui grata, perché
altrimenti avrei dovuto vagare come un’anima in pena per le vie vicine alla
scuola alla ricerca di un qualsiasi posto dove mettere la macchina.
-
Grazie ancora per il passaggio. – mi ringraziò Valerio, non appena scendemmo
dall’auto e ci incamminammo insieme verso l’entrata.
-
Figurati, non è stato un problema. – dissi io. Feci per aggiungere qualcosa, ma
mi bloccai e richiusi la bocca, abbassando lo sguardo. Bassi ci aveva appena
superati con passo spedito, e sicuramente doveva averci visto arrivare insieme.
Cosa
avrebbe pensato? Già in gita per colpa di Arianna non doveva essersi fatto una
bella idea di quel che c’era o comunque c’era stato tra me e Valerio. Vedermi
arrivare a scuola con lui di certo aggiungeva strane idee a ciò, anche se non
aveva motivo di pensare male. In quei quattro mesi non avrei certo ingannato
l’attesa rimettendomi con Valerio, anzi, l’idea non mi era passata nemmeno per
l’anticamera del cervello. Non ero quel genere di persona, e così facendo avrei
rischiato di compromettere tutto con Marcello, che era l’ultima cosa che
volevo.
Non
appena sentimmo suonare la campanella che suonava la fine dell’intervallo,
Greta, Alessia ed io ci dirigemmo in classe, anche se non ne avevo la minima
voglia. Quella sarebbe stata la prima lezione in cui avrei rivisto Bassi dopo
la gita, e i timori del giorno prima e di quella mattina non erano spariti,
anzi. Erano più che mai amplificati, dato che si avvicinava il momento.
-
Sta’ tranquilla. – cercò di rincuorarmi Greta a bassa voce, una volta sedute ai
nostri banchi, intuendo i miei pensieri. - È una lezione come un’altra.
-
Tieni la testa bassa sul banco e vedrai che andrà tutto bene. – s’inserì
Alessia. – Mai avrei pensato di dire una cosa simile, ma concentrati sulla
lezione e prendi appunti.
Ridacchiai
senza troppa convinzione, quindi estrassi il quaderno e il libro di storia
dalla cartella e li posai sul banco. In quel momento, inoltre, fui grata di
essere in terza fila, che era anche la penultima. Davo poco nell’occhio, in
quel modo, perché immaginavo che nemmeno per Marcello fosse facile rientrare in
classe e riassumere il proprio ruolo, esattamente come non lo era per me. Se
fossi in stata in prima fila sarebbe stato peggio, perché ogni qualvolta avessi
alzato lo sguardo avrei probabilmente incrociato il suo, sarei stata malissimo
e presumibilmente avrei fatto
deconcentrare anche lui dalla spiegazione.
Passò
qualche istante prima che Marcello entrasse in classe salutandoci con un
‘Buongiorno’, e non appena lo fece tutti si zittirono mentre io cercavo di
ricacciare nei meandri della mia mente i ricordi di Parigi, che alla vista di
lui erano riaffiorati in superficie con una facilità imbarazzante.
Non
avevo tuttavia fatto i conti con la gelosia, la quale si rivelò più feroce che
mai. Ora avevo tutto il diritto di provarla, dopo quel che c’era stato, e,
nonostante sapessi benissimo che era inutile darsi pena per certe cose perché
ci sarei soltanto stata peggio, non potei fare a meno di indignarmi non appena
mi giunsero alle orecchie dei commenti di Mirella e Federica, sedute proprio nella
fila davanti alla mia.
-
Guarda, oggi ha su quei jeans che gli stanno da Dio! – aveva bisbigliato la
prima, non appena Marcello aveva posato le proprie cose sulla cattedra.
-
Già, quelli che gli mettono bene in risalto il suo lato B… - aveva rincarato la
dose Federica. – Spero che faccia qualche bello schema alla lavagna, così ci
rifacciamo gli occhi!
Commenti
di quel genere erano normali, ma fino a quel momento non mi avevano mai dato
così fastidio. Sentivo un’irrefrenabile voglia di allungare le mani in avanti,
afferrarle per i capelli e far cozzare le loro teste una contro l’altra, ma mi
dovetti trattenere, limitandomi ad immaginarmi la scena per trarne una qualche
soddisfazione.
Alessia
iniziò a scarabocchiarmi qualcosa sul banco con la matita, ma non vi diedi
peso.
-
Bene, ragazzi. – esordì Marcello. – Oggi continuiamo con la situazione in
Europa alla vigilia della seconda guerra mondiale e…
E
di lì a poco io avrei scatenato la terza, dato che Mirella e Federica
continuavano imperterrite con i loro commenti, che man mano stavano sconfinando
nel vietato ai minori di diciotto anni. Dai pantaloni erano passate alla
camicia e al maglione di cotone che Marcello indossava, e stavano decantando le
lodi del suo fisico in termini da racconto erotico molto tendente al volgare.
Aprii
il quaderno ed afferrai la penna con violenza, pensando che forse avrei fatto
meglio a seguire il consiglio di Alessia e prendere appunti per distarmi.
Quest’ultima però mi diede di gomito ed indicò il mio banco, sul quale aveva
appena finito di scrivere.
Non ascoltare queste oche, diceva. Lasciale
fantasticare inutilmente. Pensa
piuttosto che, a differenza loro, molto probabilmente un giorno tu avrai
l’onore (e l’onere) di togliergli quei jeans, quella camicia e quel maglione.
Questa realtà sarà molto meglio di ogni loro racconto.
Incrociai
le braccia sul banco e vi posai sopra la testa, iniziando a ridere di gusto.
Non avevo valutato la questione sotto quel punto di vista, ad essere sincera, e
a quel pensiero diventai rossa come un pomodoro maturo non solo per le risate.
-
Non farlo mai più! – la rimproverai scherzosamente in un sussurro. Le ero
grata, in realtà, perché come sempre si era dimostrata in grado di starmi
accanto e di tirarmi su il morale. Grazie a lei, ora, la gelosia era
praticamente sparita, e l’immagine di violenza che era comparsa poco prima
nella mia mente era stata sostituita dalla soddisfazione che avrei provato se
quelle due fossero venute a sapere quel che era successo in gita.
-
È la verità. – ribatté Alessia con candore, ma al tempo stesso divertita quanto
me. Dovetti tuttavia ammettere che aveva ragione: loro potevano soltanto
fantasticare. La sottoscritta, al contrario, era stata stretta da quelle
braccia e baciata da quelle labbra, e ne serbava un magnifico ricordo, ben più
valido e gratificante di quelle loro stupide fantasie pseudo – erotiche.
Quel
pomeriggio, mentre stavo facendo i compiti, mi arrivò un messaggio di Valerio.
Verso le 5 sei libera?, mi chiedeva. Diedi un’occhiata alla versione che stavo traducendo
in modo abbastanza pessimo e di cui mi mancava l’ultimo, complesso, periodo.
Imprecai di nuovo contro la prof di latino, che ci aveva assegnato quel
maledetto passo di Sallustio da tradurre, il quale mi stava creando un sacco di
problemi. In un’ora e mezza, ovvero il tempo che mancava all’ora indicata da
Valerio, avrei dovuto farcela a finire, però.
Sì,
risposi dunque al suo messaggio. Come
mai?, chiesi, curiosa, poi inviai.
La
risposta non tardò ad arrivare. Lo sai.
Ho detto che voglio starti vicino e lo farò, per cui pensavo ad una cioccolata.
Mi
venne spontaneo sorridere, non appena lessi quelle parole. Si stava
semplicemente preoccupando per me e voleva mantenere i propositi che si era
prefisso in gita. Si stava davvero impegnando per ricostruire la nostra
amicizia esattamente com’era prima che ci mettessimo insieme, ed io avrei fatto
altrettanto. Probabilmente anche lui aveva bisogno di qualcuno che gli stesse
vicino, ed era il minimo che potessi fare per lui.
Ottima idea. :) Dove andiamo? Grazie,
comunque.
Il
suo sostegno mi era di grande aiuto, anche se non stavo più male come in gita.
Ormai non ne avevo più motivo, però sapevo bene che avrei dovuto affrontare
altro. E così avrei accertato anche il conforto di Valerio, così come quello di
Alessia e Greta, con l’unica differenza che lui non mi avrebbe fatto domande,
come sempre. Avrei trascorso quei quattro mesi circondata da persone che mi
volevano bene ed erano ben felici di aiutarmi.
Decidi tu. Ti passo a prendere per le
5, quindi hai tempo per pensare alla meta. A dopo :)
Scossi
la testa, con un sorriso. Non avevo la più pallida idea di dove andare.
Dopo
cena, finalmente, accesi il computer. Dovevo ancora scaricare le foto della
gita dalla macchina fotografica, per cui la collegai al pc con il cavo usb.
Sapevo che ci avrebbe messo un po’, per cui nell’attesa andai su Facebook e poi
a controllare la mia mail. Quando guardai la posta in entrata, ebbi un
sussulto. In cima alla lista figurava il nome di Bassi, e il mio cuore aumentò
i proprio battiti.
Possedevo
il suo indirizzo perché ad inizio anno ci aveva chiesto i nostri dicendoci che
spesso ci avrebbe mandato degli appunti o degli schemi via mail, e lo aveva
fatto. In quelle occasioni, però, era sempre meticoloso nell’indicare l’oggetto
della missiva elettronica. Quello che mi aveva fatto avere un sobbalzo era
stato il fatto che la mail non aveva alcun oggetto.
Forse…?
No,
non poteva essere. Scossi la testa con violenza per scacciare dalla mia mente
quegli stupidi pensieri. Di certo non mi aveva scritto una mail per ingannare
l’attesa ed iniziare una corrispondenza via posta elettronica. Era un’idea
insensata, la mia. Forse aveva semplicemente dimenticato di specificare
l’oggetto. In quel momento notai però che mancava anche l’allegato, e ciò
confermò il mio sospetto: quello non era il solito invio di appunti.
Ancora
non volevo abbandonarmi a sciocche fantasie, per cui decisi di eliminare il
problema alla radice ed aprii la mail. Essa recava una semplice domanda, ed era
evidente che l’avesse inviata solo a me.
Cosa
c’è tra te e quel ragazzo?
Il
ragazzo in questione ovviamente era Valerio.
Sospirai,
prendendomi la testa fra le mani. I miei timori di quella mattina si erano
avverati, purtroppo, e Marcello doveva essersi fatto l’idea sbagliata. Non
osavo immaginare cosa avrebbe pensato se avesse saputo che quel pomeriggio
avevo bevuto una cioccolata con lui ed ero stata bene.
Valerio
era venuto a prendermi alle cinque in punto ed eravamo andati in un bar che gli
avevo suggerito, e che era stato il primo ed unico a venirmi in mente. Lì
avevamo consumato la nostra cioccolata in tutta tranquillità, parlando di molte
cose e riferendoci ciò che in quei mesi di distanza ci eravamo persi l’uno
dell’altra. Ovviamente io avevo taciuto tutto riguardo a Marcello, e anche
Valerio era stato riservato riguardo i propri problemi. Entrambi sapevamo che
al momento giusto ci saremmo detti tutto, per cui evitavamo di farci pressioni
a vicenda.
Eravamo
solo amici, nulla di più, ed ogni momento che passavamo insieme sembrava
confermarlo. Valerio non aveva mai osato cercare un contatto fisico, né mi
aveva mai sfiorato in modo apparentemente casuale. Era stato al suo posto, ed
io ero stata al mio.
Come
avrei potuto spiegare tutto a questo a Marcello, però? Dubitavo che un estraneo
alla situazione potesse capire. Facevano fatica Alessia e Greta e comprendere
la natura di quel rapporto, e loro erano le mie migliori amiche.
Presi
un respiro profondo ed iniziai a scrivere una mail di risposta. Sarei stata
sincera, e al diavolo i fraintendimenti. Avrei detto a Marcello le cose come
stavano, e se lui avesse avuto ancora dei dubbi in merito sarei stata lieta di
fugarli, e così avrei fatto all’infinito. Avevo il dovere di difendere
strenuamente le premesse gettate in gita, e di far sì che non restassero solo
un prologo carico di aspettative, ma che diventassero un lungo ed avvincente
romanzo, per il quale speravo non sarebbe mai arrivata la parola ‘fine’.
Note dell’autrice
Come sempre, SCUSATE per il ritardo.
Colgo l’occasione per dirvi che cercherò di aggiornare una volta al mese, dato
che in questo lasso di tempo credo di farcela. Ho iniziato l’università, e vi
basti sapere che bene o male torno a casa tutti i giorni alle 7 di sera, alle 6
quando mi va bene. A differenza di quel che credevo, non è meglio delle
superiori… xD Certo, sono contenta di non avere più materie scientifiche, indubbiamente,
ma non è una passeggiata. È bella, ma porta via molto tempo.
Vi chiedo di nuovo scusa e spero che
continuiate a seguirmi, nonostante tutto.
Passiamo ora ai ringraziamenti:
Fataflor: Già, Bassi è dolce. E geloso, come avrai visto in questo
capitolo. È comparso poco, ma avrà modo di rifarsi, più avanti. Al contrario
Valerio è comparso molto, ma spero che le ultime riflessioni di Daniela siano
state abbastanza chiare per definire il loro rapporto. Sono solo amici che si
aiutano nel reciproco momento del bisogno, tutto qui. Per ora, ovvio. Muhahaha…
xD Grazie per la recensione e spero continuerai a seguirmi… :) Baci, Sara
Hinata_in_love: Grazie mille per la recensione e per
i complimenti! :) Sono contenta di questo ‘nuovo acquisto’. Per quanto riguarda
i personaggi più avanti cercherò di descriverli meglio, non ti preoccupare.
Anche perché mi risulta abbastanza difficile trovare attori, modelli o quant’altro
che corrispondano loro. È un mio problema, me ne rendo conto… xD Baci^^
Kokky: Non ti preoccupare del ritardo, come
vedi anche io non sono da meno. =P So che la quinta è dura fin dall’inizio, per
cui dedica il giusto tempo alla scuola. Mi sento tanto mamma a dire queste cose
ma vabeh… xD Il succo del discorso è che non devi preoccuparti se non riesci a
recensire subito. E le tue recensioni ripagano dell’attesa, quindi prenditi
tutto il tempo che ti serve. :)
Come hai detto tu, comunque, quattro
mesi sono tanti, ed è probabile che, come dici tu, la frustrazione prenderà
facilmente piede nella testa di Dani. Hai visto l’attacco di gelosia di questo
capitolo, del resto. E posso dirti che se ne vedranno delle belle, sia per
motivi interni che per cause di forza maggiore. Fai bene ad essere preoccupata
e realista. xD
Spero di aver soddisfatto parte delle
tue aspettative, riguardo Daniela, Marcello e Valerio. Il quale, tra l’altro,
non avevo mai accostato a Greta. Sarebbe da ridere. xD Magari ci faccio un
pensierino. Grazie, come sempre, della recensione e dei complimenti. Baci, Sara
Alaire94: Grazie per la recensione…^^ Valerio,
qui, ha un ruolo più preponderante, come hai visto, e spero che la cosa ti
abbia fatto piacere. Se già Bassi non ti stava molto simpatico, inoltre, credo
che dopo la sua mail inizierai ad odiarlo. xD
Come vedi, il loro rapporto in classe è
abbastanza teso, anche se qui ho descritto poco. Più avanti cercherò di
descrivere il tutto un po’ meglio, in base alle esigenze della storia. Spero
comunque che questo capitolo ti sia piaciuto. Baci, Sara