Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io
non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 3
Nonostante
fosse provato sia fisicamente che mentalmente, Draco si alzò
di buonora la
mattina successiva. Quando i suoi occhi focalizzarono la stanza in cui
si
trovava ebbe bisogno di qualche secondo per ricordarsi che quella era
la camera
degli ospiti di Grimmauld Place, la casa di Harry Potter.
Il biondo
sbuffò, memore di tutto quello che era successo e che
si erano detti il
giorno precedente, nonostante – per sua fortuna –
la conversazione fosse stata
molto limitata.
Io non ti odio, gli aveva
detto Potter prima di
abbandonarlo in cucina. Solo un Grifondoro poteva uscirsene con
patetiche frasi
di quel genere. Non si dice non ti odio
al proprio peggior nemico. Sempre che Potter lo considerasse tale. Per
quanto
Voldemort fosse stato il vero antagonista del moro, era lui a
considerarsi il
vero nemico del ragazzo, era lui che lo faceva disperare a scuola, era
da lui
che doveva sempre guardarsi le spalle.
Forse era
lui a darsi troppa
importanza. La verità
era che Draco Malfoy era semplicemente una spina nel fianco per Harry
Potter,
nulla di più.
Con un
gesto secco e stizzito il biondo scostò le coperte e scese
dal letto,
rabbrividendo al contatto con la pietra nuda. Avrebbe dovuto farsi
portare un
tappeto per evitare un così spiacevole contatto con la
realtà.
Si
passò
una mano sugli occhi e – dall’armadio ancora aperto
– tirò fuori un semplice
completo nero, sobrio ed elegante ma allo steso tempo comodo. Era stata
spesso
la sua informale tenuta casalinga quando ancora viveva al Manor e
trascorreva
giornate tranquille in compagnia di sua madre e, talvolta, anche di suo
padre.
Draco
prese gli abiti e, accertandosi che non ci fosse nessuno in corridoio,
andò
velocemente in bagno a cambiarsi.
Si
lavò e
si vestì con molta calma. Non aveva idea se Potter alle otto
di mattina fosse
già sveglio o cosa stesse facendo, per cui Draco decise di
seguire i propri ritmi,
magari decelerandoli di un poco, giusto
per.
Tornò
nella sua stanza, mise il pigiama su una sedia posta non troppo
distante dal
letto e, stando bene attento a dipingersi sul volto
l’espressione più snob ed
austera che possedesse, scese le scale e raggiunse la cucina.
Quando via
quando si sorprese nel vedere Potter già seduto a tavola
intento a gustarsi
uova e pancetta mentre leggeva una pagina del Corriere
del Quidditch, lasciando da parte la Gazzetta
del Profeta, che probabilmente aveva già sfogliato
distrattamente, a giudicare dall’impietoso stato in cui
versavano le pagine.
“Buongiorno…”
lo salutò Harry prima di riempiersi la bocca di una generosa
porzione di uova.
“Non
avevi detto che avremmo dovuto mangiare sempre insieme?” gli
domandò Draco perplesso,
stordito dal profumo invitante della più classica e
succulenta colazione
inglese.
“Non
sapevo a che ora ti saresti svegliato e siccome devo uscire per un
po’, avevo
optato per lasciarti un post-it” spiegò il ragazzo
mostrando al biondo un
foglietto giallo pallido.
“Un
post-che?”
“Post-it.
Sono
foglietti adesivi che principalmente i Babbani usano
per lasciarsi i messaggi se non ci sono. Scrivi qualcosa e poi li
attacchi al
frigorifero. Il più delle volte si staccano, ma solitamente
non vanno molto lontano
e abbassando lo sguardo li trovi senza troppe
difficoltà.”
Draco
alzò un sopracciglio chiaramente perplesso.
“Li
trovi
su quel ripiano accanto alla biro, tutto chiaro?”
spiegò Harry.
Il biondo
fu tentato di domandargli come avrebbero potuto funzionare delle penne
prive di
boccette d’inchiostro, ma si trattenne anche
perché Potter non gli diede il
tempo di parlare e continuò la sua spiegazione.
“Immagino
di dover rispondere di sì” rispose lui facendo una
smorfia.
Harry
sorrise e versò del the in una tazza poco distante da dove
sedeva lui.
“Penso
sia la risposta corretta”
mormorò Harry
facendogli segno di accomodarsi “Dentro queste cose
– conosciute come pentole e
padelle – c’è la colazione. Serviti
tranquillamente. Ti consiglio di provare il
pane alla pancetta di Kreacher, è squisito”
concluse il ragazzo afferrando una
borsa di tela malconcia che era appesa ad una sedia.
“Il
frigo
è quel coso lì bianco, comunque. Io ora devo
uscire, tornerò tra poco” disse
Harry raccogliendo le stoviglie e mettendole nel lavandino. A lavarle
ci
avrebbe pensato Kreacher.
“Dove
vai?”
“Commissioni
nel mondo Babbano tra cui una piccola spesa alimentare di cose che
purtroppo
non è possibile reperire a Diagon Alley. Tu hai bisogno di
qualcosa?”
“Sai
che
non ho soldi e non posso permettermi nulla.”
“Vuoi
che
ti dia una paghetta settimanale per comprarti le tue cosine?”
lo schernì Harry
prima di vedere l’espressione omicida dipingersi sul volto di
Draco “Stavo
scherzando, Draco!” lo
rimproverò il
moro chiamandolo per nome “Sei mio ospite, se ti serve
qualcosa basta che tu me
lo dica.”
“L’unica
cosa di cui avrei bisogno sarebbe tornare a vivere al Manor, ma
considerando
che tutto ciò non è possibile. No, grazie. Non ho
bisogno di nulla.”
“Ok…”
“Ok.”
“Vado,
ho
poco tempo e molte cose da fare, tornerò per
pranzo!”
“E
io
cosa faccio qua per tutto il tempo?!”
“Innanzitutto
colazione” rispose Harry fermandosi sulla porta della cucina
“Poi puoi sempre
girovagare un po’ per la casa. Diverse stanze sono chiuse a
chiave per
sicurezza, altre per scelta. Domanda a Kreacher di mostrarti la nuova
biblioteca, potresti trovarci qualcosa
d’interessante.”
Gli occhi
di Draco s’illuminarono.
“Hai
libri del nostro mondo?”
Harry
scosse la testa.
“Solo
Babbani, ma sono sicuro che saprai adattarti. Ti consiglio Il Mago di Oz, sono sicuro che ti
piacerà” rispose il moro e, con
un cenno della mano, lo salutò e sparì
nell’ingresso. Dopo due secondi Draco
sentì la porta sbattere, segno che Potter se n’era
veramente andato lasciandolo
lì con un palmo di naso.
Potter
l’aveva lasciato completamente solo senza troppe cerimonie!
Come padrone di
casa faceva davvero schifo…
Sbuffò
per l’ennesima volta in quella mattinata ma decise che poteva
anche iniziare a
mangiare.
***
Il biondo
chiuse irritato la copia di un noioso romanzo sui vampiri. La
letteratura Babbana
faceva davvero schifo. E sicuramente era quel romanzo ad essere penoso.
I
Babbani erano proprio ignoranti quando facevano della magia e delle
creature
fantastiche l’oggetto dei loro scritti.
Il biondo
aveva adocchiato poggiato su tavolino da lettura accanto alla poltrona
rossa
(quella che aveva scelto lui era verde, probabilmente Potter aveva
pensato
anche a questo… forse non faceva poi
così
schifo come ospite) la copia con la copertina sbiadita de ‘Il Mago di Oz’, ma
non avrebbe mai dato
a Potter la soddisfazione di leggerlo. Il Grifondoro doveva essere
molto
affezionato a quel libro per ridurlo in quello stato, considerando che
le
pagine erano tutte spiegazzate, ingiallite e consumate. Doveva essere
un patetico
libro per bambini Babbani che non si avvicinavano neanche per sbaglio a
quella
che era la vera magia. C’erano dei disegni sulla copertina,
ma Draco non era in
grado d distinguerli.
Il biondo
buttò distrattamente il libro che stava leggendo sul
tavolino da lettura
accanto alla sua poltrona e sbadigliò. Non poteva neanche
divertirsi a frugare
– e magari impossessarsi – delle cose di Potter.
Non senza magia, almeno, e le
chiavi per chiudere o aprire le teneva nascoste il moro da qualche
parte. Non
escludeva neppure che le avesse portate con sé, legate a
quell’enorme mazzo di
chiavi che gli aveva visto mettere nella borsa mentre usciva di casa.
Si
alzò e
provò a fare un salto in cucina ma il tono ben poco garbato
dell’elfo che gli
domandava che diavolo ci facesse lì, lo fece desistere dal
proseguire la sua
ispezione. Tornò in biblioteca e si mise alla ricerca di un
qualche titolo
interessante, lasciando perdere la patetica lettura sui vampiri su cui
si era
concentrato poco prima.
Fu una
piccola serie composta da tre libri a catturare la sua attenzione e,
mettendo
un soprammobile al posto dei volumi mancanti, li prese tutti e tre e li
portò
nella sua stanza.
Quando
Harry tornò Draco lo stava aspettando in salotto seduto su
una delle tante
poltrone verdi che Potter aveva sparso per la casa. Inizialmente aveva
pensato
che si fosse trattato di un caso, ma poi aveva notato che
più o meno in ogni
stanza – a seconda delle attività che vi
svolgevano – c’erano oggetti verdi e
rossi. Era un patetico Grifondoro, ma in quelle ore che aveva trascorso
da solo
aveva avuto tempo di notare queste piccolezze e, stranamente, Draco si
era
ritrovato ad apprezzarle, anche se non l’avrebbe mai ammesso,
nemmeno sotto
tortura.
“Kreacher!”
chiamò il moro e un sonoro crack
annunciò che l’elfo si era spostato dalla cucina
all’ingresso.
“Il
padrone ha chiamato?”
“Hai
già
cucinato?”
“Sì,
lo
stufato è pronto per essere servito, signore”
rispose l’elfo e, anche se Draco
non poteva vederlo, era certo che la creatura si fosse inchinata
davanti al
cospetto di Potter.
“Puoi
tenerlo da parte per la cena? Ho comprato qualcosa mentre ero
fuori…”
“Come
vuole il padrone” rispose l’elfo e con un secondo crack tornò in cucina.
Draco
sentì i passi del moro avvicinarsi sempre di più
a lui, finché non lo vide
comparire sull’ingresso con un sorriso soddisfatto dipinto
sul viso.
“Fame?”
domandò lui.
In
verità
Draco era vicino all’auto-digestione, ma si limitò
a rispondere che sì, quella
sarebbe anche potuta essere ora di pranzo.
“Ho
comprato il pranzo dal take-away non distante da qui, è
ancora caldo e la cola
è ancora fresca” disse Harry avvicinandosi al
tavolino davanti al camino (al
momento spento) e posando un sacchetto di plastica su di esso.
“Cos’è
un
take-away?”
“Una
specie di Paiolo Magico, solo che invece di mangiare lì,
compri il cibo e te lo
porti a casa. Ci sono cibi per tutti i gusti, ma il mio preferito
è il cinese.”
“Cinese?”
chiese Draco strabuzzando gli occhi.
“Spaghetti
di soia con verdure, riso alla cantonese, pollo alle mandorle o al
limone.
Immancabili i dolcetti della fortuna” spiegò Harry
tirando fuori degli
involucri argentati dal sacchetto “Ho preso anche le posate
perché non so come
te la cavi con le bacchette. Io queste cose preferisco mangiarle
così” continuò
a dire il moro mostrando a Draco due bastoncini di legno che avevano di
tutto,
tranne che un’aria vagamente magica.
“E
vorresti mangiare qui così, senza nemmeno i
piatti?!”
“Sì”
rispose Harry inchiodando gli occhi in quelli di Malfoy con uno sguardo
che non
ammetteva repliche.
“Ok”
poté
solo dire il biondo accettando sospettoso una cosa rossa che gli
porgeva
l’altro.
“Questa
è
Coca-Cola.”
“E
cosa
sarebbe?”
“Considerala
la Burrobirra Babbana…”
Draco non
era molto convinto di quello che gli stava offrendo Potter,
però dal canto suo
sapeva che doveva fare un piccolo sforzo. Quella sarebbe diventata la
sua vita
e non poteva cambiare le cose. E se significava accettare di buon grado
di
pranzare con un patetico Grifondoro bevendo e mangiando cibo Babbano
cucinato
da Babbani… avrebbe fatto lo sforzo.
L’anno
appena passato l’aveva costretto a rivedere le sue
priorità e le proprie
convinzioni, comprendendo che molto di quello che gli era stato
insegnato era
stato ciò che li aveva visti diventare i perderti di una
guerra senza né capo
né coda. E ora a lui, sopravvissuto e scagionato, toccava
pagarne le
conseguenze, abbassando il capo e facendo penitenza, sopportando la
convivenza
con la sua nemesi. Era bello pensare a Potter come la propria Nemesi,
riusciva
a dare un’aria più aulica alla loro inimicizia,
rendendola meno patetica di
quanto in realtà non fosse.
“Hai…”
provò a dire Draco “Hai fatto le tue
commissioni?”
Harry
smise di masticare e lo guardò quasi fosse stato posseduto.
“Sto
cercando di fare una vaga conversazione civile, non guardarmi come se
mi
fossero spuntate corna da alce sulla testa!” lo
rimbeccò Draco “Non ho alcun
tipo di corna, vero?”
Harry
rise e scosse la testa.
“Niente
corna e, sì, ho fatto quello che dovevo fare. Certo,
spendere soldi non è mai
piacevole, ma è una cosa che desideravo da anni!”
“Potter,
se volevi essere ambiguo ci sei riuscito
benissimo…” sbottò Draco infilzando in
bocconcino di pollo. Non che fosse entusiasta dell’idea di
dirlo a Potter, ma
quello che stava mangiando era abbastanza di suo gusto.
“Al
compimento dei diciassette anni* nel mondo Babbano – anche se
non sei
ufficialmente maggiorenne - puoi guidare un’automobile. Sono
sicuro che le hai
viste almeno una volta in vita tua, sono quelle scatolette di latta con
quattro
ruote che vanno in giro per le strade di Londra senza essere trainate
da
cavalli alcuni. O Thestrals, nel caso delle carrozze di
Hogwarts.”
“Sai
Potter, per quanto ignorante e tagliato fuori dal mondo Babbano, certe
cose
credo di conoscerle” disse irritato lui quando in
realtà non è che avesse avuto
ben chiaro fino a quel momento cosa fossero realmente le autonobili
“Quello che non capisco è cosa te ne
faccia…”
Harry
arricciò le labbra.
“Ehm…
andare in giro?”
“Non
hai
ancora passato l’esame per Smaterializzarti?”
Il moro
si morse nervosamente le labbra.
“Non
mi
piace smaterializzarmi, ho avuto una brutta esperienza –
anche se indiretta –
quando Ron si è spaccato lo scorso anno.”
“Passaporte?”
“Altra
brutta esperienza nel labirinto alla fine del Torneo Tremaghi. La coppa
era una
Passaporta, Voldemort è risorto e Diggory è
morto.”
“Metropolvere?”
“La
prima
volta che l’ho usata ho sbagliato e sono finito a Nocturne
Alley dove c’era tuo
padre che stava rivendendo oggetti sospetti da Magie
Sinister.”
“Merlino,
Potter! Sei assolutamente incapace di viaggiare nel mondo
magico!”
“Mi
piace
volare, ma muoversi per Londra a bordo di un manico di scopa
è un po’ scomodo.
O metropolitana o automobile, non appena riuscirò a prendere
la patente.”
“Cosa
te
ne fai della patente nel Mondo Magico?”
Il moro
sospirò
e si curò di non guardare Draco mentre rispondeva.
“Può
sempre tornarmi utile.”
“Perché
anche se non hai ancora diciotto anni, com-”
“Sai
quand’è il mio compleanno?!”
domandò Harry basito, lasciando cadere le
bacchette nella vaschetta degli spaghetti di soia.
“Tutti
sanno quand’è il compleanno di Harry Potter. Ho
sentito parlare di te per dieci
anni prima di conoscerti.”
Harry
scosse la testa, ancora adesso la cosa lo straniva sempre sapere quanto
gli
altri sapessero di lui, quando lui per quei dieci anni delle sue
origini e del
suo passato non aveva saputo praticamente nulla. Aprì la
confezione con l’altra
porzione di pollo, ma constatò con disappunto che questo si
era raffreddato.
“Kreacher”
chiamò Harry e l’elfo apparve in un istante
davanti a lui.
“Padrone…”
disse l’elfo con un inchino.
“Puoi
riscaldare questo?” gli domandò il moro
porgendogli la vaschetta d’alluminio..
L’elfo
–
con uno schiocco delle dita – fece quanto gli era stato
chiesto prima di
sparire e tornare ad occuparsi delle sue faccende.
“Perché
non l’hai fatto tu?” gli domandò Draco.
“Non
avevo a portata di mano la bacchetta” rispose prontamente
Harry.
“Potevi
andarla a prendere…”
“Se
hai
un cane non ti riporti il bastone da solo…”
mormorò il moro concentrandosi sul
pollo finalmente caldo e Draco fece lo stesso con la sua porzione di
cibo.**
“Che
frase così poco da Grifondoro” lo
schernì Draco ed Harry si limitò a scrollare
le spalle, indifferente.
Al biondo
però non sfuggì il lieve sospiro –
vagamente affranto - che poco dopo Harry soffocò
nella lattina di Cola.
***
Era un
mese che Draco viveva a Grimmauld Place e da quando era arrivato non
era uscito
di casa neanche una volta. Non che Potter non glielo avesse proposto,
ma lui
aveva sempre declinato. In realtà avrebbe fortemente voluto
uscire, ma temeva
il momento in cui avrebbe rimesso piede a Diagon Alley. Quello non era
il suo
posto, non al momento, almeno. Per quanto fosse stato scagionato da
tutte le
accuse (e dovere la sua libertà vigilata a Potter era una
delle cose che più lo
feriva nell’orgoglio) sapeva che di certo il suo nome non
avrebbe più avuto
alcuna influenza su nessuno. Cosa se ne faceva la gente del nome
Malfoy, quando
oramai l’unico valore che avevano quelle lettere era stato
aver
involontariamente prestato ad Harry Potter la bacchetta con cui aveva
sconfitto
Voldemort. Nulla di più. Il suo biancospino era stato
sequestrato, sigillato e
consegnato al suo custode. Il Grifondoro non pareva minimamente
preoccupato
dall’idea che Draco potesse trovare la sua bacchetta: era
come un cavaliere
senza spada, incapace di difendersi, incapace di attaccare. Il mese del
suo
processo (Potter aveva insistito affinché lo processassero
subito e Draco
gliene era stato molto grato) non era stato particolarmente difficile,
considerando che l’aveva trascorso nelle sue stanze al Manor
e con gli elfi a
servirlo, la magia non gli era servita poi così tanto.
A Grimmauld
Place le cose non erano andate molto diversamente: Kreacher lo serviva
e
Potter… beh, Potter faceva quello che gli pareva. Facevano
colazione, passavano
il tempo in biblioteca o nelle loro camere e il pomeriggio Potter
usciva. Da
quel che aveva capito, tre volte a settimana andava a scuola per
imparare a
guidare le autonobili, mentre gli
altri giorni… gli andava semplicemente di uscire.
Draco
apprezzava molto quando il moro tornava a casa con il cibo Babbano che
acquistava
ai take-away. Ne avevano provati di diversi, da una strana cosa di
carne
chiamata kebab che però
si era
rivelata troppo speziata per il suo fine e nobile palato inglese,
passando per
l’esotico sushi (ma anche lì Draco aveva
declinato: il pesce crudo lo
disgustava) all’indiano. Ma alla fine il palato del
Serpeverde era stato
catturato dal cibo cinese che Harry gli aveva portato a casa il suo
secondo
giorno di permanenza a Grimmauld Place. Quel pranzo aveva in qualche
modo
sancito una sorta di resa – soprattutto da parte sua
– nei confronti del moro.
“Posso
mandare Sarpedon in Francia con una lettera per mia madre?”
chiese Draco un
venerdì pomeriggio, giorno in cui solitamente passavano
tutto il tempo a casa e
di rado Harry usciva.
“Non
vedo
perché no…” rispose il ragazzo alzando
gli occhi dal Times. Una cosa che
gli piaceva fare era leggere sia la stampa
magica che quella Babbana e – a detta del moro – il
Times era l’unico giornale
che facesse il suo lavoro e non fosse
una semplice raccolta di gossip.
“Sai,
complotti da Mangiamorte.”
“Gli
Auror francesi sanno perfettamente dove si trova tua madre,
intercetteranno
sicuramente il tuo gufo e si assicureranno che sia la lettera del
figlio a cui
manca la sua famiglia. Se così non fosse la lettera
sarà opportunamente
distrutta” rispose Harry quasi totalmente privo di tono. La
guerra l’aveva
cambiato e per quanto non avesse perso il suo spirito da buon
Grifondoro, la
freddezza e l’apatia di certi suoi commenti e risposte
riuscivano a
terrorizzarlo. Ma in fondo la guerra aveva cambiato anche
lui… se gli avessero
detto che sarebbe riuscito a convivere – per quanto fosse una
convivenza
alquanto fredda – con Harry Potter, si sarebbe messo a ridere
in faccia a
chiunque avesse osato predire qualcosa di così apocalittico
per il suo futuro.
“Non
ho
intenzione di tramare alle tue spalle, voglio soltanto farle sapere che
sto
bene, più o meno.”
“Deve
mancarti molto” constatò il moro.
“Ovviamente.
Ma ti posso assicurare che, pur essendo cresciuto con una madre, non ho
ricevuto tutte le attenzioni o l’affetto che possono aver
ricevuto i Weasley.”
“Che
intendi dire?”
“Che
noi
Malfoy siamo nobili e questo fa sì che dobbiamo rispettare
un’etichetta, che ci
piaccia o meno.”
“E
l’etichetta dice anche che le madri non devo amare i propri
figli?”
“Mia
madre mi ama a sufficienza, e l’ha anche pienamente
dimostrato.”
“Mentire
a Voldemort per salvarti è stata un’azione molto
Grifondoro…”
“Non
insultare mia madre, Potter!”
Harry
sbuffò ma sorrise divertito.
“Manda
pure il gufo a tua madre.”
“Stasera
le scriverò allora” disse Draco mentre Harry
annuiva.
“Bene!”
fece allora il moro “Direi che allora possiamo
uscire!”
“Possiamo?”
“Non
ti
va di mettere il naso fuori di casa?”
“Non
sono
il benvenuto…”
“Ma
nella
Londra Babbana nessuno sa chi sei e ora ti sei fatto una cultura
sufficiente
per sopportare un giro a Candem e un salutare pranzo da
McDonald’s…” disse
Harry squadrandolo da capo a piedi “Prima però
è meglio se facciamo sistemare
da Kreacher alcuni dei miei vestiti, ho idea che – per quanto
le stranezze
siano ben accette – le vesti da mago siano un po’
eccessive.”
“Non
mi
metterò i tuoi vestiti Potter!”
“Oh,
sì
che lo farai” rispose Harry afferrandolo per un braccio e
trascinandolo fino in
camera sua, dove chiamò Kreacher, affinché
l’elfo – una volta individuati dei
jeans e una semplice t-shirt – li adattasse a Draco.
“Non
sono
mai stato bravo con gli incantesimi casalinghi” si
giustificò il moro.
L’altro
sbuffò mentre l’elfo prendeva le sue misure con la
magia. La stanza di Potter
era esattamente come aveva immaginato che fosse: identica alla sua, con
l’unica
differenza che tende, lenzuola, cuscini e poltrone erano rossi, gli
inserti dei
mobili invece dorati (a differenza dei suoi che erano argento). Quella
era
indubbiamente la camera di un Grifondoro e la cosa lo fece
rabbrividire. A casa
sua il rosso e l’oro erano colori che, accostati, erano
praticamente proibiti e
ritrovarsi circondato da queste tonalità lo mise quasi a
disagio.
Con un
semplice schiocco di dita, il biondo vide i vestiti di Potter
trasformarsi e
cambiare dimensione, prima che Kreacher, a seguito di un inchino, si
congedasse.
“Perfetti!”
gli disse Harry mettendogli tra le braccia un paio di scarpe da tennis,
dei
jeans blu con un taglio sul ginocchio e una maglietta nera. Con un
sorriso
d’incoraggiamento gli indicò la porta, invitandolo
cortesemente a lasciare la
stanza.
“Usciamo
tra venti minuti”
Draco
annuì anche se ai suoi occhi non sfuggì il fatto
che la Firebolt del moro fosse
attaccata al muro e coperta di polvere.
Note
dell’autrice:
* In
Inghilterra i ragazzi possono
guidare dal compimento dei diciassette anni d’età.
Fonte Wikipedia.co.uk.
** Questa
battuta la pronuncia Arthur nella puntata 1x10 di Merlin
Questo
capitolo ha finalmente visto la luce - dopo mesi e mesi di pausa dai
primi due - grazie al pensiero del pane alla pancetta.
Scritto non so quando, a luglio 2010 probabilmente, a 11 mesi
dall’ideazione
della storia. Questo mi convince sempre di più che
è cosa buona e giusta - almeno per la sottoscritta - avere
quasi tutta la storia finita prima di pubblicare, onde evitare blocchi
come questi XD
Come al solito un grande grazie a Meg per il betaggio <3