Capitolo 3
2010
Camila non ha mai
dimenticato il volto di Davide. Ha dimenticato parecchie cose, nel corso degli
anni, ma quel ricordo non ha mai lasciato la sua mente.
Ha pensato a lui
quando ha passato la notte fuori casa, dopo che lui le aveva regalato le scarpe
rosa di Priscilla. Ha pensato a lui quando è partita, lasciando
Ha tenuto le scarpe
di Priscilla ai piedi fino a quando suo padre non ha portato a casa un paio di
ciabatte vecchie e i soldi per comprare nuove calzature. Le ha tenute con sé
fino a quando ha lasciato
Subito dopo
l’arrivo in Germania, lei e la sua famiglia hanno vissuto un periodo di
rinascita. Nessuno di loro conosceva il tedesco, ma nel palazzo di periferia in
cui vivevano hanno conosciuto due famiglie di italiani, residenti in quel posto
da più di vent’anni. Chiacchierare con loro li faceva sentire a casa, in un
certo senso.
Camila era felice
di potersi lavare in un bagno tutto suo e di mangiare qualcosa di diverso dal
tonno stoppaccioso o dai legumi in scatola. Sua madre poteva uscire
liberamente, senza temere che qualcuno le portasse via la vecchia Golf.
I suoi genitori
lavoravano in una fabbrica che produceva cerniere lampo. Sofia lavorava dalle
otto del mattino alle otto di sera, e Mario dalle otto di sera alle otto di
mattina.
Lo stipendio di entrambi
permetteva loro di pagare l’affitto dell’appartamento con due camere da letto,
mantenere
Camila si occupava
della casa, ed era felice di farlo. Le piaceva cucinare, rassettare, andare a
fare la spesa. Suo padre passava le ore diurne a letto, a dormire, e la ragazza
non andava a scuola: non aveva altro da fare se non la casalinga. Inoltre,
sapeva bene che sua madre sarebbe stata stanca, una volta uscita dalla
fabbrica. Voleva, Camila, evitare che si stancasse ulteriormente per preparare
la cena ed il pranzo per il giorno dopo.
I figli dei vicini
di casa italiani avevano pochi anni in più rispetto alla ragazza. Due di loro
studiavano, mentre un altro (il più grande dei tre ragazzi) lavorava in una
fabbrica che produceva telefoni.
Camila avrebbe
voluto trascorrere il tempo con loro; cercare di fare amicizia, imparare il
tedesco per poter guardare la tv e per leggere i giornali, ma i ragazzi erano
impegnati nelle loro cose, spesso assenti, e comunque non hanno mai espresso
una viva curiosità nei suoi confronti.
Lei e i suoi
genitori erano i più poveri, gli ultimi arrivati, quelli che dovevano
necessariamente arrangiarsi da soli.
Camila l’ha fatto,
si è arrangiata da sola.
Ha imparato a
leggere il tedesco andando al supermercato, facendo la spesa. Ha passato ore ed
ore nelle corsie, cercando di memorizzare le parole e ascoltando gli altri
parlare.
Non ha mai imparato
la lingua fluentemente, ma nei tre anni trascorsi lì è riuscita a farsi
comprendere dagli abitanti del luogo, dalle cassiere, dai fruttivendoli e dai
giornalai.
Ha letto e riletto
centinaia di volte gli stessi giornali, fino a memorizzare le parole. Ha visto
decine di film e decine di soap opera.
E ha mangiato tante
barrette al cioccolato. Quando le ha viste al supermercato, ha ricordato per
l’ennesima volta il viso di Davide, paffuto e sorridente. Ne ha comprato un
pacco, è tornata a casa e le ha mangiate una alla volta. Quando sono finite, è
ritornata al supermercato ed ha acquistato altri due pacchi di barrette.
Continuava ad
essere povera, ma adesso poteva permettersi i dolcetti, il docciaschiuma al
profumo di miele e dei pantaloni della sua taglia, puliti e privi di buchi. Lavava
il bucato per lei e per i suoi genitori, felice di stendere ad asciugare
calzini bianchi e asciugamani privi di sporcizia grigiastra.
Due anni dopo il
loro arrivo in Germania, quando Camila aveva sedici anni, accaddero due cose.
Nel mese di Marzo,
la madre della ragazza venne licenziata, a seguito di un alleggerimento del
personale. Arrabbiato e furioso, Mario picchiò malamente il direttore della
fabbrica, reo - secondo lui - di aver licenziato ingiustamente sua moglie. Inutile
dirlo, venne anch’egli licenziato.
Da un giorno
all’altro Camila si ritrovò di nuovo senza docciaschiuma, senza barrette, senza
detersivo per fare il bucato.
I pochi soldi messi
da parte servivano per pagare l’affitto e le bollette.
Il periodo di
rinascita era vicino alla conclusione. I genitori di Camila litigavano spesso.
Non cercavano un nuovo lavoro perché non sapevano fare altro che piegare
plastica e produrre cerniere, ed erano entrambi troppo arrabbiati per riuscire
a ragionare con chiarezza. Sono sempre stati poco inclini al lavoro, e
probabilmente è stato solo grazie ad un miracolo che abbiano resistito in
fabbrica per due anni.
Camila decise di
cercarsi un’occupazione. Non aveva un titolo di studio, non conosceva bene la
lingua. Non sapeva fare molto, tranne che cucinare e pulire. Andò a finire a
casa di una signora che aveva conosciuto al supermercato. Lei aveva bisogno di
qualcuno che pulisse e facesse da mangiare, Camila aveva bisogno di un lavoro.
Il marito della
donna era un medico, e lo studio si trovava all’interno della casa.
Camila non
guadagnava molto, ma i coniugi Bauer – due persone di
mezza età molto gentili - si affezionarono particolarmente a lei. Le donavano
grandi cesti di frutta e verdura, le regalavano vestiti e borse. Il signor Bauer, colpito dall’andatura dinoccolata della ragazza, le
fece fare gratuitamente degli esami del sangue e le prescrisse una cura a base
di calcio ed altre vitamine.
Camila era felice
di lavorare per loro. Li considerava come dei vecchi zii, invece che datori di
lavoro.
I suoi genitori
rimanevano a casa, prevalentemente ad oziare. Quando non oziavano, litigavano.
I soldi guadagnati
da Camila erano sufficienti per le spese più importanti, per cui i due si
lasciarono andare definitivamente, contenti per il fatto che il frigorifero e
la dispensa fossero sempre pieni.
Quando Camila
rientrava a casa, nel pomeriggio, doveva occuparsi della cena, e del pranzo per
il giorno successivo.
Sei mesi dopo aver
trovato lavoro presso i Bauer, accadde un’altra cosa:
Umberto, il figlio dei vicini che lavorava nella fabbrica di telefoni, iniziò
ad interessarsi a lei.
Camila non aveva
mai provato attrazione per un ragazzo. Non aveva mai dato un bacio, non aveva
mai pensato di poterlo fare.
Grazie alla corte
di Umberto, un ragazzo basso ma ben piazzato, Camila scoprì tutte quelle cose.
Si innamorò per la prima volta, diede il suo primo bacio, perse la verginità.
Aveva diciassette
anni quando Umberto le chiese di diventare sua moglie. Lui ne aveva ventidue,
ed era deciso a ritornare in Italia, il paese in cui era nato e in cui voleva
costruire una famiglia.
I genitori di Camila
non volevano che sua figlia si allontanasse; sapevano che il suo ritorno in
Italia avrebbe significato la perdita dei sussidi tedeschi di cui lei
beneficiava in quanto lavoratrice a basso reddito. Sapevano che il suo
matrimonio avrebbe significato, per loro, la necessità di cercarsi un lavoro.
Ciò nonostante,
acconsentirono alle nozze e vi parteciparono. La cerimonia si tenne in
Basilicata, nel paesino da cui erano partiti i genitori di Umberto. Il vestito
di Camila era arrivato in regalo dai Bauer, che le
promisero di assumere sua madre e le augurarono una vita felice e tanti bei
bambini. Il matrimonio fu molto semplice. Di ogni spesa si occupò la famiglia
dello sposo - felice di Camila, ma meno dei suoi genitori.
La ragazza era
entusiasta della sua nuova vita. Voleva una bella casa, una bella famiglia.
Voleva dei figli con l’uomo che amava.
I suoi tornarono in
Germania e lei li lasciò andare, sapendo che non avrebbe potuto sostenerli a
causa delle tante spese successive al matrimonio. Aveva diciassette anni. Riusciva
a camminare meglio, grazie alle vitamine del dottor Bauer,
e si sentiva felice accanto ad Umberto.
Ricordava il volto
di Davide nonostante avesse lasciato le scarpe di sua sorella in Germania. Lo
ricordava quando andava a fare la spesa, mentre Umberto era al lavoro, in una
fabbrica che produceva piatti e bicchieri di plastica. Lo ricordava quando
vedeva un bambino con in mano un pallone da calcio.
Lo ricorda adesso,
mentre Davide gli è davanti, nella cucina della casa in cui vive da tre anni.
Non crede ai suoi
occhi, Camila. Vorrebbe poter dire che sta sognando, che si sta sbagliando, ma
sa di essere sveglia e sa con certezza che il ragazzo di fronte a lei è Davide.
Il bambino con le
ciabattine blu, il bambino che le regalò un panino al prosciutto.
Camila non l’ha mai
dimenticato.
E adesso è lì,
davanti al suo pensile, quello colmo di barrette al cioccolato.
Che strano scherzo
del destino, pensa Camila. Sono passati quasi vent’anni, e ci ritroviamo
dinanzi alla cioccolata.
Davide è cambiato.
E’ cresciuto, ma gli occhi sono grandi e marroni come diciassette anni fa. I
capelli sono dello stesso colore, e anche il naso è lo stesso.
Tuttavia potrebbe
sbagliare. Potrebbe confondersi. Potrebbe semplicemente essere suggestionata
dai ricordi.
“Chi sei?” gli
chiede ad alta voce.
“Um… ciao,” dice lui, con una voce chiaramente diversa da quella di
un bambino. “Mi chiamo Davide, sono un amico di Alessia. Sto cercando i
bicchieri, sai dove posso trovarli?”
E’ lui, pensa. E’
Davide.
“Nell’ultimo sportello
a destra,” dice. La voce trema a causa dell’emozione.
Mi ha riconosciuta?
Si ricorda di me?
“Grazie,” risponde lui. Chiude gli sportelli del pensile e
trova i bicchieri in quello nell’angolo.
Camila nota che è
molto alto, e magro. Chissà cos’ha fatto in tutti questi anni. Chissà perché si
trova qui a Roma. Pensa a tante domande, e si dà tante risposte. Forse è uno
studente. Ha detto di essere amico di Alessia, forse frequenta la sua stessa
università.
Dopo aver trovato i
bicchieri, Davide si ferma a fissare Camila. Lo fa con curiosità, e la ragazza
(ormai donna) non sa se lui stia ricordando, stia capendo.
“Come hai detto di
chiamarti?” chiede avvicinandosi.
“Non l’ho detto,” risponde lei con un sorriso.
Si chiede come
reagirà quando sentirà il suo nome. Si chiede se resterà per raccontarle cos’ha
fatto in tutto questo tempo.
“Come ti chiami?”
chiede lui sorridendo.
“Mi chiamo-”
“Ehi, Cami! Vedo che hai conosciuto Davide!”
Alessia spunta dal
corridoio, indossando soltanto una t-shirt bianca. Scalza, si avvicina a Davide
dando le spalle a Camila e mimando con la bocca la parola ‘pazza’.
“Camila, lui è
Davide… un mio caro amico.” Nel dirlo, Alessia solleva le punte e gli dà un
bacio sulle labbra, trovando immediatamente quelle di lui. “Davide, lei è Camila,
una delle ragazze con cui divido l’appartamento.”
“Camila?” chiede
lui facendo un passo in avanti. Osserva gli occhi azzurri della donna che ha di
fronte. “Con una sola L?”
“Sì,” risponde Alessia, prima che Camila possa aprire bocca.
“Sì,” le fa eco quest’ultima. Resta a guardare il ragazzo senza
aggiungere altro, sperando che lui ricordi. Sperando che capisca.
Davide inclina il
capo sulla spalla e continua a scrutarla.
Camila sa di essere
cambiata, di essere invecchiata, ma spera che in lui scatti qualcosa: una voce,
un’immagine. Non vuole parlargli in presenza di Alessia. Non vuole dirgli ‘Ehi,
ti ricordi di me? Sono la ragazza che si lavava negli spogliatoi della scuola calcio’.
Camila sa che
Alessia e Ida non sono le sue più grandi fan. Sa che la considerano una
reclusa, una persona con dei problemi mentali. Le ha sentite sghignazzare, una
sera, mentre commentavano la sua dispensa, ricca di cose dolci, ed il suo
armadietto nel bagno, ben fornito di sapone.
Camila è ancora la
ragazza forte e coraggiosa di un tempo, ma non vuole subire un’umiliazione
proprio adesso, in presenza di Davide.
“Con una sola L,” ripete lui, stavolta a voce più bassa. Non è una domanda,
bensì un’affermazione. “Tanto tempo fa ho conosciuto una
ragazza con questo nome. A Carovigno, vicino Brindisi.
Ci sei mai stata? La conosci?”
Camila è nata a
Carovigno. Ha frequentato lì le scuole elementari e le medie. E’ lì che ha
conosciuto Davide. E’ da lì che è partita per
“No,” dice abbassando gli occhi. “Non la conosco,” aggiunge. “Adesso devo andare.”
Esce di casa senza
salutare. Dopo aver chiuso la porta, sente la fragorosa risata di Alessia e le
sue parole ovattate. “Te l’ho detto, è pazza.”
---
Avete letto solo una parte della storia di
Camila.
Cosa le è successo dal giorno delle nozze?
Che fine hanno fatto i suoi genitori? Dov’è Umberto? Questo e molto altro nei
prossimi aggiornamenti ù.ù
Dallo scorso capitolo ho iniziato a
rispondere alle vostre recensioni singolarmente. Per leggere la mia replica al
vostro commento non dovete fare altro che curiosare nelle recensioni del
capitolo :)
Grazie ancora una volta per la risposta a
questa storia. A presto.