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Autore: Stupid Lamb    23/11/2010    20 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

 

2010

 

Camila non si è mai persa d’animo nella sua vita. Si è sempre data da fare, soprattutto nelle situazioni più svantaggiate. Per questo, dopo aver ascoltato, attraverso la porta, le parole di Alessia decide di alzare la testa e di proseguire per la sua strada.

Ciò nonostante, mentre esce dal palazzo e si avvia alla fermata della metropolitana, non può fare a meno di ripensare a ciò che è accaduto nella sua abitazione.

Avrebbe voluto rispondere in maniera diversa a Davide. Quando lui ha collegato il suo nome a quello della ragazza di Carovigno, Camila avrebbe voluto gridare “Sì, sono io”, ma non l’ha fatto.

Non ha potuto farlo.

Non in presenza di Alessia. Non dopo averli visti in atteggiamenti così intimi.

Camila non conosce bene la sua coinquilina, ma sa che è capace di essere pungente, cinica e crudele. Sa che molto spesso la deride a causa delle sue abitudini alimentari. Sa che lei e Ida la considerano una svitata.

Se Davide esce con lei, pensa Camila, è probabile che anche lui sia così. E’ probabile che anche lui partecipi alle conversazioni in cui prendono di mira i miei vestiti modesti, il modo in cui preparo da mangiare, le scarpe che indosso. Magari, pensa mentre scende nella stazione di Numidio Quadrato per aspettare una corsa, Davide è come lei: pungente, cinico e crudele.

Continua a pensare a loro fino a che non arriva un treno.

Oggi è sabato, e questo significa che non dovrà faticare molto per trovare un posto a sedere. Lo trova immediatamente, infatti, accanto ad un uomo dai tratti asiatici che indossa un giubbotto di jeans e ha l’aria stanca.

A Camila piace viaggiare in metropolitana. Non può permettersi un’automobile, ma anche in circostanze diverse si sarebbe servita dei mezzi pubblici. A differenza della maggior parte delle persone, le piace l’odore consumato e rugginoso dei treni. Le piace la voce metallica che elenca le fermate in due lingue. Le piace osservare gli altri passeggeri.

Lo fa sempre, soprattutto durante il viaggio dell’andata, per ingannare il tempo fra una fermata e l’altra.

A volte legge, anche se il movimento del treno le procura il mal di testa.

A volte non fa altro che osservare la plastica giallognola che fa da pavimento.

Questo è uno di quei giorni. Perché, a dispetto della sua buona volontà, Camila non riesce a liberare la mente dal volto e dalle parole di Davide.

 

***

 

“Perché la chiami pazza?” chiede Davide, fissando la porta chiusa invece che Alessia.

“Perché lo è!” esclama lei, avvicinandosi al frigorifero per prendere il latte. “Apri quel pensile, guarda quanta roba,” gli dice. “Solo una malata potrebbe conservare tutte quelle schifezze.”

Davide non ha bisogno di fare come le ha detto Alessia, in quanto conosce già il contenuto del pensile. Tante barrette al cioccolato. Tanti dolcetti farciti. Perfino un pacco da un kg di biscotti al cocco. Non pensa che siano schifezze. A lui piacciono quelle cose, è sempre stato goloso di dolciumi.

“Magari ha soltanto fame,” dice, facendosi da parte per consentire ad Alessia di versare il latte in un pentolino, per riscaldarlo.

“Magari è pazza,” ripete lei. “Nessuno ha bisogno di una scorta simile. Non appena mangia un paio di barrette, corre al supermercato per comprarne altre.

“Le avete mai chiesto perché fa così?” chiede incrociando le braccia sul petto.

“Sì. Ci ha guardate come un’ebete per due minuti e poi ha detto ‘Perché sì’. L’occhiata che lancia a Davide è particolarmente eloquente: Alessia è convinta di vivere con una persona a cui manca qualche rotella.

Il ragazzo, però, non riesce a lavare via di dosso la strana sensazione che ha provato quando ha saputo il nome della donna. Camila. In diciassette anni, Davide non ha mai più sentito quel nome. Non ricorda quasi nulla della ragazza delle docce, e questo gli dispiace. Ha sempre cercato di ricordare il colore dei suoi capelli, quello degli occhi, ma allora era un bambino e si sa, i bambini dimenticano in fretta.

Davide ricorda di essere ritornato al campo di calcio sperando di rivederla, ma Camila non è più andata a lavarsi in quel posto. Davide ricorda di esserci rimasto male, quando non ha più saputo niente di lei. Per qualche giorno è stato persino arrabbiato.

Ma poi ha continuato la sua vita, lasciando Carovigno dopo la morte di suo padre e seppellendo i ricordi della lontana infanzia.

Adesso, però, diciassette anni dopo, non riesce a liberarsi della strana sensazione che ha provato quando ha visto le barrette e quando ha saputo il vero nome della pazza.

“Non dovreste prenderla in giro,” dice ad Alessia, prendendo due cucchiai da uno dei cassetti. Lei versa il latte in due tazze, aggiunge alla sua del caffè freddo preso dal frigorifero e apre un pensile per prendere un pacco aperto di Tarallucci.

“Non la prendiamo in giro,” ribatte lei sedendosi al tavolo. “Non è mica colpa nostra se è così strana…

“Quanti anni ha?” chiede lui, più interessato alla donna che non alla colazione.

“Trenta? Trentacinque? Boh, chi lo sa,” risponde Alessia scrollando le spalle. “Lavora come donna delle pulizie. Pulisce anche qui; io e Ida le abbiamo chiesto di farlo al posto nostro, in cambio di una piccola sommetta. Scrolla le spalle di nuovo, come se avesse detto la cosa più normale del mondo.

“Cioè… le fate pulire le vostre camere?” chiede Davide sbigottito.

“Sì,” dice lei masticando. “Gliel’abbiamo chiesto, lei ha accettato… perché? Perché mi guardi in quel modo? E perché stiamo parlando della pazza invece che di noi!” esclama, annoiata.

Allunga una mano verso il viso di Davide per accarezzargli la barba cortissima, bionda come i suoi capelli.

“Quando mi sono svegliata e non ti ho trovato nel letto ho pensato che fossi andato via, lo sai?”

“Il tuo letto è un po’ scomodo,” risponde lui senza sottrarsi al suo tocco. “Ho pensato di lasciarti dormire….”

“E’ scomodo per dormire, ma per altre cose è perfetto… no?” Nel dirlo, la mano di lei scende sul suo collo.

Davide chiude gli occhi e si lascia andare alla piacevole sensazione.

“Ho passato una serata bellissima,” gli dice scostando la mano e sorridendogli. “E tu… tu sei stato bene?”

“Ovviamente,” risponde Davide.

“Potremmo rifarlo,” dice lei, arrossendo. Per un attimo, la ragazza perde l’atteggiamento di femme fatale e mostra un lato diverso, quasi dolce. “Se sei stato bene, se vuoi…”

“Mi sembra un’ottima idea,” risponde Davide, prendendo un biscotto dalla confezione e gettandolo nella tazza. “D’accordo.”

Alessia si alza per dargli una bacio sulla guancia, e non sa che uno dei motivi per cui Davide ha accettato è il desiderio di poter rivedere la sua coinquilina.

 

***

 

La prima tappa di Camila è a San Giovanni, presso una famiglia che vive in un antico palazzo con le finestre alte e strette. In questo quartiere la maggior parte degli edifici è di questo tipo, e a Camila piace guardarli mentre cammina.

Arriva a piedi, percorrendo otto marciapiedi e attraversando a due incroci.

Fa visita a questa famiglia due volte alla settimana, il martedì ed il sabato. Si tratta della casa più faticosa da gestire, ma anche di quella più divertente. I Patriarca hanno due bambini piccoli, di tre e cinque anni; per questo motivo le stanze sono sempre in disordine, il bucato da stirare è tanto e i piatti nel lavandino si accumulano con facilità. I coniugi Patriarca insegnano al liceo, e non hanno molto tempo da dedicare alla cura della casa.

Trattano Camila con rispetto, pagandola puntualmente.

A Camila piace la loro casa. E’ luminosa e moderna, a dispetto dell’antichità del palazzo. I bambini sono sempre felici, e questo la mette di buonumore. Le piacciono i bambini; avrebbe tanto voluto dei figli, ma il destino non ne ha fatti arrivare e per questo gioisce quando passa del tempo con Matteo e Leonardo.

Camila trascorre tre ore a casa Patriarca, dalle 9 alle 12. Pulisce i due bagni, si occupa della cucina e stira numerose gonne e camicie. Cambia le lenzuola al letto matrimoniale ed aiuta la signora a scrivere la lista per la spesa che lei e suo marito andranno a fare nel pomeriggio.

Dopo aver salutato adulti e piccini, esce dal palazzo e si ferma ad uno dei tanti bar che la separano dalla fermata della metropolitana. Compra un tramezzino al tonno ed una bottiglietta d’acqua.

Avrebbe voluto fare colazione e prepararsi un panino prima di uscire di casa, ma non ha potuto. Non era in grado di rimanere con Davide ed Alessia un minuto di più.

Chissà se hanno continuato a parlare di me, pensa. Chissà se lui ha ricordato.

 

La seconda tappa della sua giornata lavorativa è più a nord, nel quartiere Flaminio. Camila raggiunge l’abitazione della famiglia Ballotta attraverso la metropolitana, fino alla fermata Flaminio, e con un autobus, salendo sul numero 491.

I Ballotta non hanno bambini piccoli, ma un solo figlio di ventotto anni.

Da loro, Camila si occupa di pulire con cura i pavimenti di parquet e di passare l’aspirapolvere sul grande terrazzo. Sì, l’aspirapolvere. La famiglia Ballotta non possiede una comunissima scopa.

Tutte le famiglie presso cui lavora sono molto ricche. Professori universitari, avvocati, costruttori di case (come nel caso del signor Ballotta). Camila è contenta del suo giro lavorativo, e loro lo sono di lei.

E’ sempre puntuale, educata, competente. Non manca mai di dare buoni consigli domestici, quando richiesti, e all’occorrenza sa cavarsela anche ai fornelli. Il figlio dei Ballotta, Simone, impazzisce per la sua Bolo Nega Maluca, la torta brasiliana che sua madre (originaria del Pernambuco) le ha insegnato a fare in Germania. Camila l’ha preparata in occasione del compleanno di Simone che l’ha divorata. Da quella volta, meno di un anno fa, Camila ha preparato quindici Bolo Nega Maluca per il ragazzo, ed ogni volta ha pensato ai suoi genitori.

 

Trascorre due ore a casa dei Ballotta, guadagnando trenta euro. Quando va via, ringrazia la signora e le chiede conferma per l’appuntamento della settimana successiva. A differenza dei Patriarca, questa famiglia ha bisogno delle sue prestazioni una sola volta alla settimana.

“No, cara,” risponde la donna dai capelli biondi. “La prossima settimana saremo in Umbria, al matrimonio di mia nipote Giulia. Te ne ho parlato, ricordi?”

“Oh, già… è vero.”

Camila cerca di ricordare tutte le cose che le vengono dette mentre pulisce, lava, stira, ma non è facile. A volte sembra quasi che le padrone di casa approfittino di lei per sfogare i propri problemi, le proprie vicissitudini familiari, e Camila non è molto brava a tenere a mente tutto.

“Ci vediamo fra due settimane, d’accordo?” chiede la donna accompagnandola all’ingresso.

“Va bene,” risponde lei. “Buona domenica.”

“Anche a te, cara.” La signora sta per chiudere la porta, quando ricorda qualcosa d’importante. “Oh, Camila, aspetta!”

“Sì?” chiede lei, intenta a scendere le scale.

“Una delle mie amiche avrebbe bisogno di un aiuto; la ragazza che andava da lei ha avuto qualche problema… sai com’è, non era in regola,” dice sottovoce. “Posso darle il tuo numero? Saresti interessata a darle una mano?”

Camila non ha ancora capito perché le chiedano sempre di dare una mano, quando invece si tratta di lavorare e basta.

“Sì, certo,” risponde con educazione. “Può darle il mio numero, così possiamo metterci d’accordo per un appuntamento.”

“Perfetto!” dice la signora. “Simona Falco, questo è il suo nome. Aspettati una chiamata da lei, d’accordo?

“D’accordo,” ripete Camila. “Buona domenica, signora. A presto.”

“Ciao, cara.”

In questi anni, Camila ha imparato a non rifiutare mai un’offerta di lavoro. Non può permettersi di dire no ai pochi soldi che guadagna, e non vuole neppure rifiutare le opportunità che le vengono date dalle ricche persone che conosce.

Il suo giro di pulizie le permette a malapena di mantenersi: dire no ad una nuova serie di appuntamenti sarebbe come darsi la zappa sui piedi.

Il viaggio di ritorno, da Roma Nord al Quadraro, dura sempre troppo.

Camila è stanca, dopo le ore passate a pulire e dopo quelle passate a camminare, ed oggi ha su di sé anche il peso dello stress causato dall’incontro con Davide ed Alessia.

Per fortuna è sabato, pensa. Per fortuna riesco a trovare un posto a sedere sulla metro.

Osserva di nuovo il pavimento giallognolo, riempiendosi i polmoni dell’aria viziata e dei respiri caldi della gente.

Uomini e donne che tornano a casa, ragazzi e ragazze che si preparano al sabato sera fuori.

Ognuno di loro ha una storia, ognuno di loro pensa a qualcosa.

Camila pensa a Davide, anche se non vorrebbe.

 

***

 

Davide continua a pensare a Camila, anche dopo aver fatto sesso con Alessia per la quarta volta.

“Pensi che Ida ci avrà sentiti?” chiede la ragazza, appoggiandosi, ansimante, su di lui.

“Forse avrà sentito te,” scherza lui. “Sei tu quella più chiassosa.”

“Scemo. Probabilmente non avrà sentito nulla. Probabilmente sarà andata a letto dopo essere rientrata. Hai visto che occhiaie profonde? Secondo te cos’ha fatto?”

“Non ne ho idea,” risponde lui, meravigliandosi di come Alessia riesca ad essere ancora piena di energia.

La verità è che quando Ida è tornata, prima di pranzo, lui è uscito dalla camera di Alessia solo perché pensava che si trattasse di Camila. Non ha prestato molta attenzione all’altra inquilina, tantomeno alle sue occhiaie.

I due restano in silenzio per qualche minuto, avvolti dalla penombra della camera da letto.

Alessia pensa a quanto sia bello stare con Davide.

Davide pensa a come fare per rivedere Camila.

“Potremmo rimanere qui, stasera,” dice lui ad un certo punto. “Anche se è sabato. Potremmo ordinare qualcosa per cena… che ne pensi?

“Davvero?!” chiede lei alzandosi a guardarlo. “Vuoi rimanere qui?”

“Perché no? Potremmo cenare tutti insieme, anche con Ida e Camila.”

“Vuoi cenare con la pazza? Non se ne parla,” dice Alessia, gesticolando.

“Perché? Camila non mangia come tutti gli altri?”

Si rifiuta di chiamarla pazza. Vorrebbe che neanche Alessia osasse tanto.

“Camila mangia in camera sua,” replica lei, imitando il tono di Davide. “Sempre.”

“Beh, magari stasera farà un’eccezione,” dice quasi a se stesso. “Proverò a chiederglielo io.”

 

---

 

Accetterà? Non accetterà? Mah.

 

La Bolo Nega Maluca è uno dei miei dolci preferiti. Qui trovate la ricetta, se volete cimentarvi.

 

   
 
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