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Autore: Stupid Lamb    01/12/2010    21 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura.

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Capitolo 5

 

2010

 

Camila torna a casa con un solo pensiero nella testa: infilarsi sotto la doccia e rimanerci per almeno mezzora.

La metropolitana le piace, ma addosso lascia inevitabilmente quell’odore metallico e poco gradevole del vecchio, della sporcizia di un’intera città, della vita degli altri, delle storie che scorrono veloci fermandosi ogni minuto, tappa dopo tappa.

Come se non bastasse, poi, c’è anche la giornata lavorativa a pesare su di lei: la schiena e le braccia le fanno male, e non vede l’ora di potersi rilassare.

Quando apre la porta di casa, è certa di non incontrare nessuna delle sue coinquiline. E’ sabato e ciò vuol dire che le ragazze sono in giro per la città, pronte per la serata di divertimenti e follie tipica degli studenti, o di chi, più semplicemente, ha una vita da vivere.

Questo è il giorno preferito da Camila: è libera di andare dal bagno alla sua stanza alla cucina senza timore che Ida o Alessia le lancino occhiate di scherno; può rimanere nel bagno per tutto il tempo che vuole, ed occuparsi di sé in santa pace. Può cucinare con tranquillità e può cenare al tavolo come una persona qualunque, senza essere costretta a fare tutto di fretta e a portarsi piatto e posate in camera.

Oggi, però, quando apre la porta, si rende subito conto che qualcosa non quadra. La tv del soggiorno è accesa, ed è strano visto che né Ida né Alessia ne fanno un grande uso.

“Ale, sei tu? Siete già tornate?”

Camila si ferma sui suoi passi quando capisce che la voce è quella di Davide.

Che cosa ci fa qui? Dove sono le altre?

Cammina fino a raggiungere il soggiorno, spaventata quasi. Davide si sta alzando dal divano, ma si blocca come una statua quando la vede.

“Ehi, ciao.” Le sorride.

“Ciao,” risponde lei, abbassando gli occhi.

“Alessia e Ida sono uscite due minuti fa,” dice Davide, avvicinandosi. “Pensavo che fossero già rientrate, ecco perché…” Indica l’ingresso, per farle capire il motivo delle sue parole.

“Capito,” ribatte Camila.

“Abbiamo deciso di ordinare la pizza per cena,” continua lui. “Ci farai compagnia, vero? Alessia e Ida sono andate ad avvisare un compagno di corso… un amico di Ida. Ci farebbe piacere se partecipassi anche tu.

Piacere? Ne dubito.

“No,” risponde immediatamente. “Meglio di no, grazie.”

“Perché? Hai qualche impegno?” domanda il ragazzo, piazzandosi davanti a lei ed impedendole di prendere la via del corridoio.

A Camila le sue domande non piacciono. E’ curioso, nello stesso modo in cui lo era diciassette anni fa, in quegli spogliatoi, e sembra quasi che voglia prenderla in giro. ‘Hai qualche impegno?’, come a dire ‘Non puoi avere un impegno, non fai altro che lavorare e startene in camera tua’.

“No,” dice lei, leggermente alterata. “Non ho impegni. Però-”

“Perfetto,” la interrompe Davide. “Allora potrai cenare con noi. Qual è la tua pizza preferita? Coca o birra?”

“Davide.” Pronuncia il suo nome per fermare il suo treno di domande, ma sillaba dopo sillaba si rende conto di aver osato troppo.

Non dovrebbe essere cosi familiare, per lei.

Non dovrebbe in alcun modo chiamare per nome il ragazzo della sua coinquilina. Non dovrebbe chiamarlo affatto.

“Camila.”

Lui la guarda senza aggiungere altro, con un sorriso leggero sulle labbra chiuse. Un sorriso che potrebbe anche essere di sfida.

Ricorda il mio nome, pensa Camila. In fondo è passata mezza giornata… perché non dovrebbe?

“Devo andare,” dice in fretta, guardando dappertutto tranne che verso di lui. “Buona serata.”

Inizia a camminare per andare nella sua camera, ma Davide l’afferra per un braccio. Con delicatezza, senza forza.

“Aspetta,” sussurra. “Camila, aspetta.”

“Cosa c’è?” chiede a bassa voce, senza alzare lo sguardo.

“E’ tutto il giorno che ci penso,” dice lui, lasciandole il braccio. “Sei… sei tu quella ragazza? A Carovigno, in Puglia. Ero un bambino, ma-”

“No, non sono io. Te l’ho già detto.”

“Dove sei nata?”

A Carovigno, in Puglia.

“Sei di Roma?” continua.

“Smettila,” dice Camila, tremando. “Tu fai troppe domande.”

“E tu dai poche risposte.”

Non si arrende, Davide.

Più alto di lei, più muscoloso di lei, la sovrasta fino a farla sentire ancora più piccola di quel che è.

“Voglio soltanto capire,” le dice. “Perché Alessia e Ida ce l’hanno con te?”

“Loro non ce l’hanno con me,” risponde Camila.

“Loro ti considerano pazza,” incalza lui.

Camila non si scompone. Sa che le sue coinquiline la deridono spesso, ma non le importa.

O almeno cerca di non curarsi dei commenti al vetriolo che lanciano alle sue spalle. A Camila interessa soltanto di vivere in una casa tranquilla e sicura, e le studentesse – per quanto pettegole e gratuitamente crudeli – le danno entrambe le cose.

“Senti,” dice stringendo la borsa fra le dita. “Che cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace?”

“Perché per me sei tu,” risponde Davide. “Sei tu la ragazza di Carovigno. E’ vero? Ti ho regalato le scarpe di mia sorella, ricordi? E le barrette… sono tue quelle nel pensile, no?” Indica la cucina, sorridendo come se avesse appena fatto bingo. “Sono io, Davide. Ti ricordi di me? Non puoi non ricordarti… ero più basso, ovviamente, ma i capelli e gli occhi-

“Smettila!” esclama lei. “Smettila, ti prego!”

Camila teme che Davide ne abbia già parlato o che voglia parlarne con Alessia. Le ragazze non conoscono il suo passato, e Camila non può rischiare che vengano a saperlo.

Si allontana da Davide, mettendo un metro di distanza fra di loro.

“Smettila,” ripete. “Io non sono quella persona,” mente. “Non so di cosa parli.”

Lo guarda negli occhi per meno di cinque secondi, il tempo necessario per rendersi conto di averlo sorpreso, addirittura ferito.

E’ solo un ragazzo, pensa. Lui e Alessia sono intimi, quindi non può essere molto diverso da lei. Non posso ammettere di essere la Camila che ha conosciuto diciassette anni fa.

“Scusa,” risponde Davide. “Non c’è bisogno che ti arrabbi così.”

Adesso penserà anche lui che io sia una pazza asociale, con cui è impossibile perfino avere una normale conversazione.

“Non sono arrabbiata,” mormora. Sono solo spaventata.

“Posso farti una domanda?”

Camila annuisce, ma solo dopo aver ritrovato la calma necessaria.

“Perché non vuoi cenare con noi? Non ti piace la pizza?”

Il modo in cui lo chiede, l’innocenza dei suoi occhi e della sua voce, generano nella donna una sensazione di dolcezza, di commozione.

Davide è genuinamente interessato ai suoi gusti, e per lei è doveroso rispondergli con altrettanta sincerità.

“Davide… a me piace la pizza, ma… non conosco nessuno,” dice, sentendosi un po’ stupida. “Non farei altro che darvi fastidio, e poi… di chi è stata l’idea di invitarmi?”

“Mia,” dice subito Davide, allargando le spalle.

“E Alessia e Ida cosa ne pensano?” chiede inarcando un sopracciglio.

Camila sa che le ragazze hanno cenato da sole (o con ospiti) senza curarsi di invitare anche lei. Camila sa bene che la sua compagnia non è gradita.

“Perché non vuoi cenare con noi?” chiede di nuovo Davide, evitando di rispondere alla sua domanda. “Alessia e Ida le conosci, e-”

“Davide, basta. Ti prego.”

Non vuole continuare con questo tira e molla. Non vuole partecipare alla cena. Non vuole correre il rischio che lui possa convincerla.

Fa per voltare le spalle ed andarsene, ma lui la raggiunge con pochi passi, mettendosi di traverso per non farla passare. “Quella ragazza,” dice a bassa voce, “la ragazza di Carovigno. Ero un bambino, e certi ricordi sono svaniti, ma ciò che mi è rimasto impresso… veniva a lavarsi dove io mi allenavo,” continua, guardando negli occhi di Camila. “Mi disse che era povera e io… io le portai da mangiare, e le regalai le scarpe di mia sorella. Nessuno lo sa… neanche mia madre. Non ne parlai con nessuno. Lei non… non tornò più agli spogliatoi. Non la vidi più. Ricordo che ci rimasi male quando non la vidi tornare. Ero un bambino… pensai che avesse trovato un altro bagno in cui farsi la doccia… o che… o che avesse semplicemente mentito. Davide si passa un dito sotto il naso per due volte, come per scacciare qualcosa di invisibile. “Quella Camila aveva i tuoi stessi occhi e le tue stesse labbra. Ricordo che allora pensai ‘come fa ad avere le labbra così grandi se è così magra ed ha così tanta fame?’. Ero un bambino… mi facevo delle domande stupide. Anche i capelli,” dice, guardando quelli lunghi di Camila, “anche i capelli erano dello stesso colore dei tuoi. Quando ti ho vista, stamattina, e Alessia ci ha presentati… e tutte quelle barrette… ho pensato a lei, alla ragazza di Carovigno. Ho pensato ‘forse è lei, forse l’ho ritrovata’. Mi piacerebbe sapere che fine ha fatto, sai? Mi piacerebbe sapere che sta bene e che… e che non l’è successo nulla di brutto in questi anni. Forse è per questo che mi sono intestardito con te… perché tu mi ricordi lei. E quando mi sono reso conto del modo in cui Alessia e Ida ti considerano… ho pensato di… ho pensato che avrei potuto… come allora… Però a quanto pare ho sbagliato tutto,” dice, allungando le labbra in un sorriso imbarazzato. “Tu non sei quella Camila,” aggiunge, sollevando le spalle. “Scusa se ho alzato la voce o se… se ti ho dato fastidio. Non volevo. Ti sarò sembrato uno squilibrato, e non era mia intenzione.

Camila ha ascoltato ogni parola in silenzio.

Non sa cosa dire e cosa pensare. Non sa come rispondere al monologo di Davide.

E’ forse per questo che, quando apre la bocca, non riesce ad articolare una replica.

E’ forse per questo che, nel guardare i suoi occhi marroni, si sente più emozionata di quanto dovrebbe e vorrebbe essere.

Si guardano per dieci secondi senza parlare, fino a quando la porta di casa si apre, lasciando entrare Alessia e Ida.

“Siamo tornate!” esclama quest’ultima senza accorgersi dei due nel corridoio. “Saverio non sarà dei nostri, però-” Ida si blocca quando alza gli occhi su Camila e Davide. “Ehi, siete qui. Camila, ci sei anche tu.”

Le ragazze si scambiano un’occhiata complice ed è Alessia a prendere la parola.

“Camila, Davide ti ha detto della pizza? Ci farai compagnia?”

“Sì,” risponde lei.

Lo fa guardando gli occhi di Davide. Lo fa per dirgli ‘Sì, mangerò la pizza con voi. Sì, sono io la ragazza di Carovigno. Sì, sto bene’.

“Sì, vi farò compagnia.”

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Il capitolo sarebbe dovuto andare in un altro modo, ma poi il neurone ha preso il sopravvento.

Bene, Camila ha accettato… e ora?

 

   
 
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