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Autore: Dira_    02/12/2010    25 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Spero di riuscire a rispondere a tutte le vostre meravigliose recensioni in tempo utile. Mi scuso ancora per il ritardo, e grazie, grazie per esserci! Vi adoro!

****


Capitolo XVII

 



 
Happiness hit her like a train on a track
Coming towards her stuck still no turning back
She hid around corners and she hid under beds
She killed it with kisses and from it she fled…
 (Dog days are over, Florence + The Machine)
 
 
10 Ottobre 2023
Hogwarts, Foresta Proibita. Mattina.
 
L’estate era ormai sgocciolata via lasciando posto all’autunno che aveva colorato i terreni di Hogwarts di ruggine e oro.
Nonostante il capriccioso clima scozzese, quel giorno il cielo mostrava un celeste pastoso, ed era una buona notizia per chi doveva inoltrarsi nella Foresta Proibita per l’ora di Creature Magiche.
Rose Weasley era relativamente di buon’umore. Prevalentemente di buon’umore.
Precariamente tale.
Si sforzò di fare orecchie da mercante all’ennesimo chiacchiericcio che le sfrecciò accanto mentre scendeva lungo la collina. Si fece superare da praticamente tutto il suo anno più quello serpeverde prima di poter finalmente essere ultima e da sola.
Quell’isolamento forzato era dovuto al fatto che l’argomento principale di quelle insperate, luminose giornate di ottobre era la prima prova del Torneo Tremaghi.
Si sarebbe disputata il 24 Novembre² e Rose ne era maledettamente felice: più il giorno fosse stato lontano, meglio si sarebbe sentita.
Non riusciva, per quanto cercasse di far buon viso a cattivo gioco, a sentirsi parte di tutta quell’eccitazione. Non le interessava sapere cosa il suo ragazzo avrebbe dovuto affrontare per salvarsi la vita e raggiungere – certo, naturalmente – la gloria eterna.
Cioè, le interessava naturalmente, ma solo nella misura in cui glielo avrebbe potuto evitare.
E non potendo, visto che è il campione prescelto…
Cercava di pensarci il meno possibile.
In questo si sentiva molto vicina a Tom che era l’unico di tutta la loro estesa tribù a non manifestare la minima briciola di interesse per l’evento. Non sembrava toccato nemmeno adesso, mentre Albus accanto a lui snocciolava le sue ipotesi su che prova i tre campioni avrebbero dovuto affrontare.
“La prima prova di papà fu sottrarre un uovo d’oro ad un drago. Potrebbe essere una cosa simile! Magari sottrarre l’indizio per la seconda prova a qualche creatura magica!”
“Affascinante…”

“Oppure catturare la creatura magica.”
“Mh.”
“Tom, ma mi sta ascoltando?”
“No.”

Al sbuffò, lanciando uno sguardo verso la testa della fila che stava entrando nel bosco. La guardò anche Rose.
Scorpius era in mezzo ai ragazzi grifondoro e stava chiacchierando. La cosa in sé non era degna di nota.
Se non fosse per il fatto che gli avranno rivolto sì e no dieci parole in sette anni prima che diventasse il campione della scuola.
Lei non poteva avvicinarsi, neanche volendolo. Avrebbe infatti insospettito la piccola corte della Haggins che si era strategicamente messa dietro al gruppetto dei ragazzi per poter rimirare il campione e ridere delle sue battute. Poteva sentire le loro risatine ad ultrasuoni fin lì.
Stronze. Oche. Oche stronze.
Si sentì prendere sottobraccio e voltò lo sguardo verso il cugino, che le sorrise teneramente.
“Tom mi ha stufato. Posso stare con te?” Chiese. Alle loro spalle il suddetto tirò un sospiro insolitamente teatrale ma non fece rimostranze. Rose lo apprezzò.  
“Sempre il benvenuto, cugino.” Gli sorrise di rimando, stringendo la presa.
Alla fine l’unico uomo che non mi tradirà mai è Al.
Non che Scorpius fosse in qualche modo colpevole, beninteso. Era semplicemente occupato. Prima l’intervista del Profeta, poi quella del Cavillo – la sera stessa era tornato ridendo con le lacrime agli occhi per quest’ultima – e poi il continuo flusso di persone che avevano un’improvvisa voglia di passare del tempo con lui e di scortarlo ad ogni singola lezione, nella speranza di venir scelto come suo assistente, decisione che Scorpius non aveva ancora preso.
Non c’era abituato, questo Rose lo poteva capire: aveva passato sei anni a mangiare al tavolo con le ragazze del loro anno e seguire le lezioni da solo. Aveva passato tutta la sua vita con una scomoda eredità di sangue che non aveva chiesto, ma che gli era semplicemente toccata in sorte.
Anche se ama la sua famiglia… è il cognome che porta la sua unica colpa.
Ciò non toglieva che si sentisse comunque abbandonata. Scorpius passava ancora le serate con lei, ma diventava sempre più difficile trovare un angolo privato in Sala Comune, e la Stanza delle Necessità non era più un’opzione praticabile da quando la Haggins si era impadronita della lista di prenotazione.
Se solo stessimo assieme alla luce del sole… non avremo bisogno di nasconderci.
Beh, magari non daremo spettacolo, però…
Persa nei suoi pensieri quasi inciampò in una radice. La situazione non migliorò quando Al, che era matematicamente incapace di tenersi in equilibrio già da solo, le franò addosso.
Finirino entrambi lunghi distesi a terra, mentre tutta la fila scoppiava in una risata umiliante.
Rose avvampò, tirando su il cugino dolorante per la botta. Sapeva di avere i capelli pieni di foglie mentre la Haggins la guardava, la additava e rideva.
Scorpius a quel punto si ricordò che aveva una fidanzata e fece retrofront raggiungendoli.
“Certo che in due non avete l’equilibrio di un mago normale…” Ridacchiò, ma vedendo la sua espressione smise subito. “Vi siete fatti male?”
“Io no…” Mugugnò Al. “Scusa Rosie. E tu piantala di ridere!” Apostrofò Tom che a Rose sembrò impassibile tranne che per un lieve arricciarsi delle labbra.
Probabilmente si sta spaccando dalle risate, il moloch.
“Sto bene.” Sibilò cercando di togliere le foglie senza sbriciolarsele nei capelli. “Sto bene, non c’è bisogno che ti preoccupi.”
Scorpius non disse nulla, ma Rose captò lo stesso un’espressione che ultimamente gli vedeva spesso dipinta in viso; sembrava disappunto, immediatamente cancellato dal suo sempiterno sorriso.

La faceva sentire inadeguata: e anche se sapeva che rispondergli male era probabilmente la causa, non riusciva a fermarsi.
Scorpius infatti riprese a sorridere come se nulla fosse. “È normale che mi preoccupi fiorellino. Per me le tue caviglie sono preziosissime.”
Rose finì per sorridere. Si sentiva schizofrenica: se da un lato si sentiva irritata, e spesso non riusciva a spiegarsi il perché, dall’altro bastava una di quelle battute a riportare il sereno.

Forse sono davvero pazza. Questa situazione mi sta facendo impazzire.
“Posso avere la tua attenzione adesso?” Chiese, tendendo il ramoscello d’ulivo.
Scorpius annuì. “Assolutamente! Sono stufo di quelli là… non fanno che parlare di Quidditch. Vi spiace se rimango con voi ragazze?”
“Ehi!” Esclamò immediatamente Al. “Non stiamo parlando di borsette! E potremo parlare di Quidditch anche qui!”

“Non credo, non mi risulta che Rosie e Dursley siano degli appassionati.” Celiò Scorpius, approfittando dello scambio di battute per metterlesi accanto e sfiorarle le dita. Rose quasi non sentì l’affermazione seguente. “Comunque i Chudleys fanno pena.”
“Scorpius…” Sospirò esasperata. Vide infatti il cugino – amante della squadra come tutti i membri della sua famiglia – assottigliare gli occhi e fissare il biondo con sguardo mortifero.
“E tu, che tifi per i Falmouth Falcons? Hanno il gioco più scorretto di sempre! Se hanno vinto qualche partita è solo perché hanno fatto fuori metà delle squadre avversarie! A suon di pugni!”
“Sono solo un filino aggressivi.” Ghignò l’altro in modo totalmente Malfoy. “E… Mini-Potter? A proposito di gioco scorretto, vorrei farti notare che  durante l’ultima partita dell’anno scorso hai preso a calci la faccia di un mio Cacciatore.”

Tom sembrò riaversi di colpo dal suo rimuginio interiore perenne. “Davvero?” Si informò con una dose di interesse piuttosto angosciante.
No! È stato solo un calcetto! Un errore! E poi mi si era avvicinato troppo, pensavo fosse un bolide!” Si difese l’interpellato spalancando gli occhi, nella sua migliore interpretazione da cerbiatto ferito.  

Rose sorrise sotto i baffi: Albus aveva sempre avuto un gioco ingegnosamente scorretto sin da bambino, era stato quello, da sempre,  l’unico modo per arginare i cugini di due taglie più grosse di lui.  
Forse è stata quello a farlo diventare materiale per Serpeverde.
“Lloyd è rosso di capelli. Come diavolo hai fatto a scambiare la sua testa per un bolide?” Rise Scorpius, che aveva capito da tempo la sua strategia ma ne sembrava enormemente divertito.
Maschi…
Ma lo pensò con affetto, perché dopotutto poteva perdonare Scorpius per amare i bagni di folla, finché le sfiorava le dita con le sue.
Arrivarono alla piccola radura in cui solitamente Hagrid faceva lezione. Da lontano, oltre le enormi felci che si avviluppavano attorno agli alberi e i massi, si sentivano degli stridii inquietanti.
Rose si trovò a stritolare automaticamente la mano di Scorpius, che sembrò parimenti preoccupato.
“Stavolta cosa sarà?” Chiese infatti, tentando di guardare oltre lo schermo delle piante.
“Qualcosa che tenterà di ucciderci, mi pare ovvio…” Brontolò di rimando.
“Non dovevano essere i grifondoro quelli propositivi?” Chiosò Albus avvicinandosi immediatamente a Tom, che dall’espressione anodina poteva essere la persona più tranquilla al mondo o chiedersi perché diavolo avesse deciso di prendere un MAGO anche in quella materia.
Ce lo chiediamo un po’ tutti. Per affetto verso Hagrid, nel caso mio o di Albie… e nel caso della stragrande maggioranza dei presenti, perché è di manica larga nei giudizi.
Furono gli ultimi a saltare il muretto a secco che delimitava l’area di lezione. Defilati rispetto alla massa di hogwartsiani c’erano anche un paio di ragazzi Beaux-Batons. Tra di loro naturalmente Dominique, che per l’occasione, notò Rose, sembrava avere l’uniforme quasi a posto ed era priva di piercing al naso.
Forse visto che è la campionessa di Beaux-Batons l’hanno obbligata a darsi un tono.
Vabbeh, darsi un tono…
Dom li salutò con un ‘ohè!’ e poi aggiunse: “Lezioni all’aperto, le mie preferite!” con quel suo buffo accento va-e-vieni.
Era accompagnata da…
Rose stritolò la mano di Scorpius prima di mollarla, tanto repentinamente che il ragazzo si voltò per guardarla confuso e dolorante.
… era accompagnata da Violet Parkinson-Goyle.  
Che diavolo ci fa lei qui?! Alle altre lezioni non c’era!
Al di là del cognome pieno di consonanti spaventose la ragazza sorrise al gruppetto in modo assolutamente delizioso; aveva i capelli sciolti e color dell’ebano e catturava il sole facendoli brillare.
Rose sapeva che i suoi, di capelli, avevano un urgente bisogno di un parrucchiere visto che meditavano di strangolarla nel sonno con le doppie punte.
Maledizione.
Vedendo che tutti guardavano la francese e nessuno diceva nulla, compresa Dom che si stava sgranocchiando un’unghia con aria zen, fu Scorpius, il maledetto gentiluomo, a prendere l’iniziativa.
“Lei è Violet… una mia amica di infanzia.” Si schiarì la voce, con quel sorriso urbano che metteva in scena per l’universo mondo mentre tutti salutavano come tanti soldatini delle buone maniere. Lo dovette fare anche Rose per non sembrare una specie di barbara incivile. “Violet, come mai qui?” Chiese giustamente.
“Volevo vedere una delle vostre losioni!” Cinguettò, e la sua voce sembrava tanti campanellini d’argento. Niente gracidii o strilletti alla Haggins.
Scorpius abbozzò un sorriso. “Non sapevo ti piacesse Cura delle Creature Magiche.”
“Sciocchino, non seguo certe lessioni per piascere…” Anche l’accento le dava un’aria graziosa. “…ma per interesse.”

E sorrise. Di nuovo. E quando lo sguardo della francese si fermò su di lei, Rose vide, percepì, ebbe la certezza che la stesse guardando e giudicando.
Trovandola insufficiente.
 
 
****
 
 
Aula di Trasfigurazione, Mattina.
Lezioni del Quinto anno.  
 
Lilian Luna Potter non andava esattamente bene a scuola. Andava.
Le sue priorità non erano mai state settate sulle due grandi discriminanti, sia babbane che magiche. Non le interessava lo sport e non trovava necessario consumarsi le cornee per lo studio.
Con questo non voleva dire naturalmente che non avesse voti che le assicuravano la tranquillità familiare. Giusto sua nonna Molly ogni tanto le faceva notare che i suoi fratelli almeno eccellevano in una manciata di materie e avevano preso almeno sette GUFO a testa.
I suoi voti, au contraire, erano tenacemente abbarbicati sull’Accettabile da quando aveva messo piede in quella scuola. La probabilità che sarebbe uscita con un numero di GUFO superiori a cinque era risicatissima.
Il fatto era … che non le interessava. Non capiva la smania di gente come Rose  e Tom di divorare paragrafi su paragrafi e schematizzare fino alla cancrena delle dita.
Sua cugina era riuscita ad ottenere nove Gufo con Eccezionale al suo stesso anno, seconda solo a Tom che ne aveva ottenuti dieci, tutti Eccezionale meno uno – e ancora non si poteva parlare di Antiche Rune in sua presenza.
Roba da pazzi. 
Probabilmente non era ambiziosa. O non lo era scolasticamente.
A lei piaceva divertirsi, andare alle feste, comprare vestiti carini ed essere informata su tutto quello che succedeva nel calderone ribollente di tutta quell’adolescenza compressa – di cui faceva parte.
Altre priorità.
Hugo non faceva che dirle quanto fosse superficiale.  Lo era, forse. Ma era maledettamente facile esserlo.
Perché sforzarsi?
Quella mattina era seduta nell’aula di Trasfigurazione, come al solito nelle ultime file, con Hugo accanto a lei che giocava a battaglia navale con Fergus, le piccole navi debitamente incantate che affondavano sul foglio di pergamena.
Abigail dall’altro lato allungava il collo verso le prime file di Corvonero, con cui dividevano la lezione, per scrutare Albert Corner, un corvonero per cui aveva una cotta da circa cinque giorni.
“È così bello… hai mai visto degli occhi così azzurri?”
“Altroché. Niente di speciale, a mio parere.” Commentò tirando fuori penna e calamaio. La McGrannit sarebbe stata la loro nuova professoressa, le toccava giocare in anticipo e quindi evitare di seminare smalti auto-limanti per unghie o l’ultimo numero di AdolescenteMagica del mese.

“Perché devi sempre rovinare tutto?” Si lamentò l’amica. “Cos’ha che non…” La guardò, poi emise un lamento sconfortato. “È vero, me n’ero dimenticata. Sei uscita anche con lui.”
“Anno scorso, prima delle vacanze estive.” Confermò. “Ha passato più tempo a cercare di impressionarmi raccontandomi dei punti che aveva fatto vincere alla sua Casa che a cercare di baciarmi. È questo il problema dei corvonero… sono troppo cerebrali.”

Abigail sbuffò. “Ti rendi conto che sto perdendo il conto di tutti i ragazzi con cui sei uscita?”
“Se contiamo anche quelli con cui mi sono soltanto baciata, anch’io.”
“Merlino… sei tremenda.” Esalò Abigail, che in realtà sapeva divertita. Aimee e Jane a volte invece proprio non riuscivano a evitare frecciatine invidiose. “Comunque vedo che ti stai interessando alla concorrenza.” Aggiunse con un sorrisetto saputo, abbassando il tono di voce per non farsi sentire dal gemello e da Hugo.  

“Scusa?”
“Beh, visto che fraternizzi con un certo campione di Durmstrang…”
Eeeccoci qua…
Lily sapeva che sarebbe andata a parare lì. La cosa che probabilmente faceva scattare l’allarme pettegolezzo era il fatto che passasse del tempo con Sören. Da soli.
E doveva ammettere persino lei che portare un ragazzo negli angoli più solitari del parco di Hogwarts poteva essere considerato sospetto.
Perlomeno io mi sarei già fatta ventimila castelli in aria…
“Guarda che parliamo soltanto… Davvero!” Tentò, ma l’amica assunse l’aria di chi si sentiva presa in giro.
Certo.” Disse infatti. “Non sapevo che adesso si dicesse così. Lanci sempre nuove mode, Lils.”
Lily sbuffò: il fatto era che Sören non era materialmente capace di avviare una conversazione sciolta in presenza di altri esseri umani. Giocoforza aveva dovuto portarlo lontano dagli altri.
Era buffo e persino un po’ tenero, ma ogni volta che qualcuno si aggiungeva a loro, il suo amico tedesco ammutoliva e se interpellato rispondeva come se avesse un frasario conciso a cui attingere.
E non che con quelli di Durmstrang fosse meglio, beninteso; era spesso in compagnia di quel ragazzo russo dal sorriso untuoso, ma non parlavano. O meglio: il tipo ciarlava a nastro ma Sören sembrava percepirlo più che altro come un rumore di fondo.
Quando erano soli però riusciva persino a sorridere, parlare di aneddoti che avevano già condiviso per lettera o raccontargli della Germania e persino di Durmstrang. Il giorno prima era riuscita a farlo infiammare per una conversazione sulla mitologia norrena, che aveva scoperto essere una sua grande passione.
Parlavano sul serio, e per Lily erano una cosa singolare e stimolante.
I ragazzi che frequento di solito non mi hanno mai stupito con le loro doti oratorie.
Non in senso stretto almeno.
Sören quando parlava, quando finalmente tirava fuori qualche argomento che non fosse legato al suo maledetto frasario era… affascinante. Quando gli aveva parlato del Beowulf – adesso conosceva la storia a memoria – gli occhi gli erano accesi di una luce appassionata.
Era rimasta ad ascoltarlo scordandosi persino che aveva le prove col coro, unico corso extra-curricolare che le piacesse, visto che poteva stare al centro dell’attenzione.
Beh, poco male.
Sören dal vivo, se messo nelle giuste condizioni, ne aveva di cose da dire.
E quando sorrideva era decisamente carino.
Sentì un’ennesima gomitata.
“Hogwarts chiama Lily! Sei finita a far compagnia alle costellazioni?” La prese in giro Abigail. Poi prese il tipico tono da cospirazione adolescenziale. “Allora? Bacia bene? Dalla tua faccia sognante direi di sì…”
Lily rise, anche se una parte di sé – quella seria, che solitamente etichettava come non necessaria – le fece notare come persino un’amica che conosceva da cinque anni pensava subito che fosse saltata addosso al suo amico di penna. O viceversa.

Non depone tanto a mio favore, eh?
“Non ci siamo baciati. Te l’ho detto, parliamo.”
“… e basta?” Sconcerto e delusione. Decisamente questi due sentimenti erano ben rappresentati sulla faccia confusa della più piccola dei Finnigan.

“Sarebbe ‘na novità, eh…” Ironizzò Hugo affondando l’ennesima corazzata di Fergus e mostrando che aveva sentito tutto. “Che ci parli e basta.”
“Mi fa piacere sentirvi così fiduciosi verso di me. Non credete che possa avere un amico maschio?”
La risposta fu un silenzio assordante.  

“Grazie tante…” Ridacchiò, sapendo che c’era un briciolo di verità nello scetticismo degli amici. 
I ragazzi non mi considerano mai un’amica… e non che mi sforzi di esserlo, del resto.
Se un ragazzo è carino e mi piace, perché dovrei perdere tempo a farci l’amica?
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Abigail.  
“Ehi, ma che ci fa un gatto là sopra?”
Lily sorrise, perché sapeva. Anche Hugo lo fece. Entrambi i loro genitori erano stati messi in scacco da quel felino dagli occhi cerchiati.
E ovviamente ce l’hanno raccontato …
“Quello non è un gatto, Abi…” Ghignò il più piccolo degli Weasley, premurandosi però di aggiustarsi la cravatta, appiattirsi i capelli e mettere via la pergamena dove era in atto un vero e proprio naufragio.
“Eh? Certo che è un gatto! Cosa sei, cie…” Le parole morirono in bocca all’amica, prima che emettesse un sussulto di meraviglia quando vide il vecchio felino trasformarsi in una vecchia professoressa.
L’intera classe si produsse in un flusso esplosivo di mormorii. Alcuni sembravano già a conoscenza del trucchetto ma erano parimenti impressionati.
“Buongiorno ragazzi e benvenuti al corso di Trasfigurazione del Quinto anno.” Esordì la donna scandagliando con sguardo d’acciaio la classe. “Il mio nome è, come molti di voi già sapranno, Minerva McGrannit e sarò la vostra professoressa di Trasfigurazione.” 
Lily se la ricordava ad una delle tante cene al Ministero a cui era stata portata da bambina. Era stata la prima e l’unica volta che l’ex preside di Hogwarts aveva fatto la sua comparsa e suo padre le aveva presentate.
Se la ricordava alta come una torre, dritta come un fuso e castigata in un vestito severo. Era in quell’età in cui cento o ottant’anni erano ipotesi parimenti probabili. Le aveva stretto la mano come se fosse un adulta e non una bambina di quattro anni.
Si ricordava di essersi sentita in soggezione. Sentendosi a quell’età la principessa del mondo era stata una sensazione piuttosto sgomentante.
Lily sapeva che persone come la professoressa McGrannit erano quanto di più lontano dal suo modo di vedere la vita. E di godersela, peraltro.
E pensavamo che l’agente del Ministero americano corrotto fosse il peggio che poteva capitarci…
“Avete dei traguardi importanti da raggiungere quest’anno, e sarà mia premura ricordarvelo. Le domande a fine lezione.” Tacitò così una discreta selva di mani alzate. “Bacchette alla mano, prego.”
Quell’anno i GUFO sarebbero stati un inferno.

 
 
****
 
 
Foresta Proibita.
Ora di Cura delle Creature Magiche, Settimo anno.
 
Rose era disperata.
Perché non sapeva come affrontare Violet Parkinson-SonoPerfetta-Goyle.
La francese non era un’oca, era quella la terrificante verità: non si era aggrappata al muscoloso braccio di Scorpius, né sfarfallava chilometri di ciglia a suo beneficio. Era accanto a lui, questo sì, e parlavano in francese. Ma niente lasciava presagire che tentasse di soffiarglielo.
Era subdola.
Questo ovviamente aveva abbassato l’allarme sono-fidanzato del suo cretino personale che ciarlava quindi garrulo in quella lingua sconosciuta.
Lo sapevo che avrei dovuto chiedere a zio Bill di insegnarmi qualcosa di diverso ‘vorrei un’insalata senza formaggio’. Maledizione.
Albus accanto a lei la guardava preoccupato, mentre Dom continuava nell’esplorazione delle sue unghie con l’aria più rilassata del mondo. Tom come al solito era sparito, ma sinceramente quello era l’ultimo dei suoi problemi.
Hagrid entrò nella visuale di tutti, cosa del resto non particolarmente difficile. Aveva agganciato al grosso cinturone da guardiacaccia una decina di conigli morti.
Questo non è un buon segno…
“Buongiorno!” Esordì con lo sguardo che gli brillava. Rose non fu la sola a rabbrividire. “Quest’anno ci ho già fatte vedere un po’ di bestioline interessanti… Ma stavolta resterete di sasso, parola mia!”
“Lei è il mio mito, professor Hagrìd!” Sospirò Dominique, perché era pazza: aveva passato la lezione prima a vezzeggiare … l’aria, per quanto la riguardava, sostenendo che coccolasse Thestral.

“Beh, grazie Dominique…” Borbottò questi arrossendo. Era forse la prima volta in tutta la carriera che veniva così incensato, rifletté Rose con una buona dose di colpevole cinismo. “Allora, bando alle ciance! Adesso ce lo chiamo, il nostro nuovo amichetto… e per favore, fate un passo indietro!”
L’intera classe indietreggiò come un uomo solo.

“Spero che non puzzi tropo…” Fu il commento di Violet, che finalmente fece qualcosa perfettamente in linea con il personaggio che Rose sperava fosse, cioè una snob.
“Non preoccuparti, Piggie³… profumerà di lillà e margherite.” Replicò Dominique a sorpresa, diventando immediatamente la nuova eroina di Rose, specie quando l’altra avvampò e la fulminò con un’occhiata malevola.
Tu ne m’appelle pas comme ça Nicky!” Fu la replica stizzita. La bionda per tutta risposta le rivolse un ghignetto.
Strano… mi aveva detto che non si conoscevano bene.  
Rose lo pensò di sfuggita perché un improvviso rumore d’ali la fece immediatamente scattare all’indietro.
La creaturina che quel giorno Hagrid presentava era…
“Un ippogrifo… accidenti.” Sussurrò Albus deglutendo. Rose lo vide poi acchiappare qualcuno dietro un albero, e Tom uscì fuori con aria innervosita: non era un segreto il fatto che avesse paura di tutti gli animali in volo più grossi di un gufo. Specialmente se avevano gli artigli.
Rose aveva sempre pensato fosse abbastanza esilarante, considerando quante arie si desse il cugino, ma non l’aveva mai preso in giro perché in fondo lei aveva gli stessi problemi, solo con l’altezza.
In generale.
“Non c’è bisogno che mi stritoli un braccio, sono qui.” Borbottò questo all’indirizzo di Al, lanciando un’occhiata fugace all’ippogrifo, accertandosi probabilmente che fosse ad una distanza di sicurezza.
“Non vorrai sparire mentre Hagrid decide che io, in quanto Potter, ho la stoffa per cavalcarlo, vero?” Chiese lentamente l’altro, con una minaccia implicita sulle labbra.
“Se vuoi affatturo il mezzo-gigante e ti porto via…” Replicò Tom. “Sarebbe sensato, considerando la tutela della nostra incolumità.”

“Smettila, siamo al sicuro!”
“Non credo proprio.”

Rose distolse l’attenzione dai due per guardare il suo ragazzo: diversamente da molti, Scorpius guardava con interesse il grosso animale, che al momento stava divorando i conigli lanciati dall’ex-guardiacaccia.
“A me non sembra così spaventoso.” Osservò. “Zampe anteriori di cavallo, ali e testa d’aquila e coda e anteriore di leone. È … elegante.” Considerò, allungando il collo per guardare meglio. “Si dica che sia tra le creature magiche più veloci al mondo.”
“Sì e anche mortali.” Gli rispose: certo, ammirava il modo in cui Malfoy riusciva a rimanere calmo di fronte a situazioni o creature che avrebbero messo in tensione anche un mago adulto. Sperava però che questo non l’avrebbe portato a offrirsi volontario per un giretto sul dorso di quella bestiaccia.

Ma non sono troppo fiduciosa…
“Allora… forza, ora potete venire!” Esclamò speranzoso Hagrid mentre accanto a lui l’ippogrifo spezzava con rumori sinistri ossa di coniglio per poi inghiottirle.
Vedendo che nessuno oltre a Dom si era messa in prima fila, cercò Albus con lo sguardo. “Al… tuo papà  non ci aveva problemi con questi bei tipetti qua! Vuoi venire a dirgli ciao?”
“Vieni, Al!” Esclamò Dominique con una punta di palese sadismo. “Diciamogli ciao!”
“Preferirei dirgli addio per sempre…” Pigolò l’interpellato, pallido come un cencio. Però si avvicinò, perché era troppo buono per dare una delusione al loro vecchio amico di famiglia.

Rose sentì Tom borbottare qualcosa trai denti e lo vide anche picchiettare la bacchetta contro la coscia con aria omicida.   
In un certo senso lo capì.
Specialmente quando Scorpius raggiunse i suoi due cugini.
Oh, DANNAZIONE.
“Vorrei dirgli ciao anch’io.” Disse in tono allegro ad Hagrid, che per un attimo sembrò incerto.
“Ah… ma certo!” Si riscosse subito con un sorriso barbuto. “Ma mi raccomando, dovete essere parecchio educati, perché gli ippogrifi sono tipetti permalosi. Ecco… qualcuno sa per caso come ci si presenta ad un ippogrifo?”
La mano di Dominique fu la prima a scattare. Rose sapeva la risposta, ma al momento era presa a combattere l’impulso di schiantare il suo ragazzo demente.
“Bisogna fare un bell’inchino, naturalmente!” Esclamò la bionda. “Beh, nel mio caso una riverenza.” Aggiunse facendo ridere la classe.
Hagrid annuì. “Molto bene Domi… Allora, chi vuole provare per primo ad accarezzarlo? Al?”
Albus non tentò neanche di nascondere il passo indietro che fece quando l’ippogrifo – che nulla aveva del simpatico Fierobecco narrato nelle favole della loro infanzia – cacciò uno stridio acuto e abbozzò una leggera carica.

“Buono Artiglio!” Persino il nome era spaventoso, pensò Rose e probabilmente metà della classe. “Non fare così Albus, sente che sei spaventato!”
“Com’è perspicace…” Sussurrò, e anche se Rose non poteva vederlo perché gli dava le spalle, fu certa che il cugino avesse due occhi enormi di paura. “Beh… ehm, penso che sarò l’ultimo a salutarlo.”
“Provo io!” Si offrì Dominique, e ad un cenno del professore si posizionò sulla traiettoria della creatura.

Rose la vide fare una riverenza un po’ goffa, visto che la cugina era più tipa da stretta di mano che da presentazione elegante. La cosa parve indispettire il pretenzioso animale, che sbuffò e raspò violentemente il terreno.
“Dom, meglio che vai indietro…” Mormorò Hagrid. “Veloce.”
La ragazza, che probabilmente era abituata con i draghi, fece tre o quattro lenti passi indietro tornando alla linea di partenza.

A quel punto Rose aspettò semplicemente l’inevitabile.
 
Scorpius Malfoy sapeva che era la prima delle tante opportunità che il Fato – o qualcosa del genere, sempre sul trascendentale – gli stava offrendo per riabilitarsi.
Gli occhi di tutti erano puntati su di lui. E lui era il campione. Non si trattava solo di fare una smargiassata e rischiare di vedersi amputato un braccio da un becco acuminato.
Non del tutto, ecco.
Deglutì sentendosi la bocca secca come se avesse masticato ghiaia, ma vinse la paura per il suo Bene Superiore.
“Vorrei provare.” Esordì sicuro, e il mezzo gigante stavolta non tentò neanche di nascondere la preoccupazione.
“Non so se è il caso Malfoy… Artiglio è nervosetto, vedi…”
“Forse ha solo bisogno di qualcuno che sappia presentarsi come si deve.” Disse senza cattiveria, anche se pensava che la riverenza della Weasley francese fosse stata totalmente sgraziata. “Mi lasci provare.” Insistette guardandolo fisso.

Non puoi impedirmelo senza dire qualcosa di sgradevole su mio padre. Lo so che scherzetto ha combinato uno di questi pennuti al suo braccio. Devi lasciarmi provare, e lo sappiamo entrambi.
Hagrid sbuffò, facendo un goffo cenno d’assenso con la mano. “Va bene, ma sta pronto…”
“Sì, sì. Ricevuto.”

Sentiva lo sguardo di Rose trafiggergli la nuca, ma si sforzò di ignorarlo. Si mise di fronte all’ippogrifo che caccio un grido sommesso, forse di avvertimento, con occhi senza pupilla e gialli come quelli di un falco.
È solo un falco molto… estremamente… cresciuto. Blake è un falco. Io ho un falco come famiglio.
Per Nimue, non deve essere tanto diverso… credo.
Si sentiva un po’ idiota a fare un inchino ad una creatura dotata di zampe ma la fece con tutti i crismi del caso. Del resto quel genere di gestualità gli era stata pestata nella zucca dall’età della comprensione.
La creatura lo fissò per un attimo, prima di flettere le zampe davanti in quello che senza ombra di dubbio era un inchino.
C’era riuscito.
Ah! L’onore Malfoy è stato ripristinato!
Gli venne naturale, ma non lo disse perché era un mago nel trattenersi. Trattene anche il ghigno di puro trionfo: magari non sarebbe piaciuto ad Artiglio.
Quando fu certo che non l’avrebbe dilaniato con il becco si avvicinò, sentendo gli altri trattenere il respiro. Diversamente da come si era immaginato le piume erano morbide al tatto mentre lo accarezzava.
Si sentiva fissato dall’ippogrifo con curiosità, e pensò che dopotutto suo padre in quel caso aveva sbagliato: gli ippogrifi erano creature altezzose perché potevano permetterselo.
Esattamente come un Malfoy.  
“Ciao Artiglio. Bel nome amico…” Si sentì in dovere di dire, mentre la creatura si godeva le carezze. 
“Malfoy, l’uomo che sussurrava agli ippogrifi.” Lo prese in giro da lontano Dominique, la Weasley francese. Ma percepì una nota ammirata, e se ne compiacque.
Un altro Weasley dalla mia parte.  
Si voltò automaticamente verso Rose, perché quello era anche per lei.
Rose non lo stava guardando, e sembrava arrabbiata. Di nuovo.
Serrò le labbra, e si fece bastare gli applausi degli altri.
 
****
 
Vascello di Durmstrang, pomeriggio.
 
“Bacchette alla mano signori…” Pronunciò indolente Poliakoff, appoggiato allo schienale della poltrona, mentre lasciava filtrare il fumo della propria pipa da un oblò.
Sören non gli fece notare che il tabacco che fumava gli dava particolarmente fastidio.
Al momento era più preso dal compito di valutare il suo avversario, Radescu, il ragazzo colpevole della mancata chiusura del boccaporto. Era un ottimo duellante, a quanto gli era stato detto, e dal modo elegante e definito in cui aveva replicato al suo saluto forse lo era davvero.
Lasciò che attaccasse per primo. Questo gli diede tempo di veder muovere la sua bacchetta.
Rigida, quindici pollici, legno di quercia. Poco adatta per incantesimi elementari⁴, più rapida negli schiantesimi.
Vanificò così il conseguente schiantesimo con un sortilegio scudo prima di mormorare un incantesimo immobilizzante che fece finire l’avversario lungo disteso a terra.
… non abbastanza.
“Dieci secondi netti! Bozhe moi⁵, crucco! Sei un fulmine!” Lo lodò Poliakoff con un sorriso ammirato.
Sören si avvicinò al ragazzo che si era appena liberato dal suo contro-incantesimo e gli tese la mano. Quello la prese, anche se con una smorfia. Ma regole del duello imponevano una certa cavalleria anche in caso di sconfitta.
“Come hai capito che ti avrei lanciato uno schiantesimo?” Gli chiese in un buon tedesco, scrutandolo attentamente. Tutta la delegazione sapeva che non era il vero Luzhin, e lo evitava conseguentemente. La longa manu di suo zio arrivava fino alle famiglie che frequentavano da generazioni Durmstrang. Il preside, del resto, era stato più volte a cena da loro.
“Me l’ha detto la tua bacchetta.” Gli spiegò. “Studiando la lunghezza, la flessibilità e la composizione ho potuto capire quali incantesimi prediligi.”
Il ragazzo gli lanciò un’occhiata valutativa, poi annuì, prima di fare un cenno di commiato con la testa e uscire.
Sören pensò che non gli sarebbe dispiaciuto avere lui come braccio destro in quella missione.
Se non altro comprende il valore del silenzio, a differenza di Kirill…  
“Studia Radescu!” Gli gridò dietro questi, soffiando una boccata di fumo che impregnò praticamente tutta la piccola sala duelli. Ce n’era una più grande a poppa della nave, ma vi si allenavano tutti gli altri.
La mia presenza sicuramente non sarebbe gradita.
“Non farci caso.” Fraintese il suo silenzio Poliakoff. “Dionis non prende granché bene le sconfitte. Se non ci fossi stato tu, probabilmente il campione sarebbe stato lui. Voleva sfidarti da quando hai messo piede sulla nave, ma ha avuto il fatto suo!”
“È un ottimo duellante.” Osservò rinfoderando la bacchetta.

“Ottimo? L’hai stracciato, se n’è andato con la coda tra le gambe!”
“Non credo che abbia avuto il mio stesso tipo di addestramento.” Tagliò corto.
Non credo che abbia mai duellato sul serio con qualcuno…  
“Quasi tutti i ragazzi purosangue vengono addestrati al duello magico sin da bambini…” Replicò l’altro ignaro del suoi pensieri, mentre lanciava occhiate pigre fuori dall’oblò. “Beh, io sono terribile, ma gente come Radescu dorme con la bacchetta sotto il cuscino. Un esaltato, parola mia. Non gli farà male abbassare un po’ la cresta.”
Sören non rispose, visto che non ce n’era strettamente bisogno: aveva capito che Kirill non si offendeva a condurre lunghi soliloqui.

Anzi…
Lasciò che uno degli elfi della nave gli versasse un bicchiere di vino speziato e finì per sorseggiarlo su una delle grosse poltrone rivestite di velluto e cuoio. Si guardò attorno: legno di padouk ovunque dava riverberi rossastri all’ambiente. Anche l’illuminazione spargeva bagliori sanguigni sulle pareti.
In questo Lily aveva ragione: l’interno della nave, persino nei quartieri più lussuosi del primo livello, sembrava lo stomaco di qualche mostro marino.
“Cosa pensi di fare per la prima prova?” Gli chiese il russo dopo una, purtroppo, brevissima pausa silenziosa. “Sai, in quanto tuo assistente vorrei sapere se devo cominciare a cercare di capire di che diavolo si tratta.”
“Non dovresti averlo già fatto?” Chiese, mentre l’altro serrava le labbra indispettito.

“Beh, sì… qualcosa ho scoperto, ma tu potresti mostrare un po’ più d’entusiasmo! È il Tremaghi dopotutto! Ci sono allievi, come Radescu, che darebbero un braccio per essere al tuo posto!”
Sören aveva notato come l’atavico timore che Kirill aveva per suo zio fosse via via scemato all’aumentare delle miglia che la nave metteva tra loro e l’uomo. Avrebbe dovuto farglielo notare, come fargli notare che non gradiva tutta quell’eccessiva confidenza.
“Vorrei ricordarti che sono qui sottocopertura.” Disse invece. “Non mi importa del Torneo. Tu assicurati soltanto di darmi informazioni in tempo utile.”
“Probabilmente sarà una prova fisica… uccidere qualche drago malvagio o cose simili. Questi inglesi sono fissati con la figura dell’eroe che salva la principessa…” Fece una smorfia derisoria tornando verso l’oblò per scaricare il tabacco nelle acque del lago. Inarcò le sopracciglia. “A proposito di principesse! Arriva la tua.” Stese un sorrisetto divertito. “E uh-oh… sembra bella combattiva, amico mio. Temo che dovrai prenderla con le molle, qualsiasi cosa sia successa!”

Sören sospirò leggermente. Sentì che lo stava facendo, e si interrogò brevemente su cosa potesse significare. Non c’era comunque tempo. Abbandonò il calice di vino al suo destino e si preparò ad accogliere Lilian Potter.
 
****
 
Scorpius non riusciva a capire. Davvero, ci aveva provato ma probabilmente era inesorabilmente un maschio o qualcosa del genere, perché non appena finita la lezione la sua ragazza se l’era data a gambe, seminando cugino e compagni e lui non aveva capito il perché.
Non fece in tempo a raccogliere borsa e mantello, abbandonati ai piedi di un albero dove Loki e Michel si erano tenuti in disparte come al solito, che la vide saltare il muretto a secco e sparire.
“Avete visto dov’è andata Rose?”
“La tua Weasley? Non l’ho neanche notata sinceramente.” Sbadigliò Michel studiandosi un polsino.

“Mi pare che sia andata verso il castello. Dove vuoi che si rifugi, una secchiona come quella?” Fu la risposta più urbana di Nott. “Un peccato. Se si ricordasse che è femmina sarebbe anche una bella…”
“Continua e ti annodo la lingua con una maledizione.” Lo avvertì senza acrimonia, perché distratto. Fece qualche passo in direzione del mini-Potter che si stava dirigendo verso le Serre, magari lui sapeva qualcosa. Violet gli sbarrò la strada.

Ma cos’è, una corsa ad ostacoli?!
“Hai programmi per questo fine settimana Scorpius?” Gli chiese in perfetto inglese. Il finto accento francese era solo una delle tanti armi che Violet usava con i ragazzi; avendo due genitori totalmente britannici, aveva in effetti un impeccabile accento londinese.
“Come scusa?”
“Programmi. Per questo fine settimana.” Ripeté lentamente la ragazza, come davanti ad un bambino tardo. “Ho sentito parlare molto bene di Hogsmeade da mia madre… Quindi. Hai programmi?”

“Sì. Sopravvivere alla mia adolescenza.” Le sorrise. “Scusa, adesso dovrei proprio andare… ci vediamo, ehm, tipo dopo.”
“Tipo dopo quando?” Lo incalzò impietosa piazzandogli un dito sul petto, bloccandogli ogni possibilità di liberarsi senza sembrare un bruto. “Sai che dobbiamo parlare di quella cosa.”
“Ma adesso?” La guardò con occhi supplici. “Senti, sai come la penso. No.
Violet alzò gli occhi al cielo. “Alla faccia della brutalità, Lord Malfoy…” Si guardò attorno prima di scivolare in un francese cospiratorio. “Sai che non è così semplice.”
Lo è, basta dire di no.” Sbuffò. Ormai non si vedeva più tracce di gonne grifondoro per quanto potesse aguzzare lo sguardo tra le fronde. Rose doveva essere già uscita dal bosco. “Senti, non ho tempo per pensare a queste cavolate da purosangue.” Torno all’inglese.  
“Cavolate…?” Le guance di Violet si tinsero di un rosso violento. Si dimenticò del francese. “Abbiamo dei doveri verso le nostre famiglie, Scorpius!”

Scorpius Malfoy si riteneva un tipo paziente. Ma la sua Rose era andata via senza degnarlo di una parola e non era un atteggiamento inusuale, considerando come si era notevolmente raffreddata da quando era diventato campione del Torneo. Doveva capire cosa stava succedendo.
E Violet era di mezzo.
“Senti. Non sposerò te in futuro, come non sposerò nessuna stramaledetta purosangue sponsorizzata!” Sbottò con rabbia, prima di sorpassarla, lasciandola al suo destino.
Sapeva che avrebbe dovuto scusarsi, perché in realtà Violet non aveva colpa, se non quella forse di far parte di quell’orribile sistema formato da ingranaggi oliati dalla purezza del sangue magico.
Cristo, nel mondo babbano sono quasi arrivati al teletrasporto e noi ancora ci accoppiamo come nobili di fine cinquecento!  
Non aveva tempo, né voglia di ricordarsi che avrebbe potuto essere come lei, se solo non avesse alzato la voce ogni singolo giorno della sua vita.
Sorpassò i compagni grifondoro, ignorando i loro richiami e corse lungo la collina che portava al castello.
Non gli ci volle molto per raggiungere Rose. Non stava neanche tentando seriamente di darsela a gambe.
“Rosie!”    
La ragazza si voltò, con l’espressione contratta di chi cerca disperatamente di non far trapelare i propri sentimenti. Fallendo miseramente.
Okay. C’era un problema.
 
Aveva provato ad essere felice per Scorpius. Aveva fatto degli sforzi immani, visto che non era la persona più empatica del mondo, per entrare nella sua testa e giustificare i suoi comportamenti.
E aveva capito, almeno qualcosa. Ma questo, e Rose l’aveva realizzato nel momento stesso in cui Scorpius si era avvicinato all’ippogrifo, non aveva smesso di allontanarli.
Sapeva di essere in torto, ma una parte di sé si chiedeva se fosse davvero così.
Perché non ti basto io, non ti basta quello che già abbiamo? Perché devi cercare l’approvazione di persone di cui non ti importa nulla?
“Rosie, che succede?” Le chiese, mentre la afferrava per voltarla verso di lui, con delicatezza. Non c’era mai stata una volta che non l’avesse toccata con la riverenza che si usava per le cose fragili.
Lo amava anche per questo. Ma non bastava, non adesso.
“Niente…”  
“Non è vero.” Si rabbuiò Scorpius, che odiava che chiunque gli mentisse. “Sei strana da… beh, da parecchio e credo anche di sapere il perché.”
“Se lo sai allora perché me lo chiedi?” Replicò stizzita, non riuscendo a rimangiarsi quel groppo di frustrazione che la accompagnava da quasi un mese. Poteva ignorarlo, ma c’era sempre.

“Te lo chiedo perché voglio sentire dire da te cosa c’è che non va. Sembra che non faccia che farti arrabbiare!”
“Non sono arrabbiata! Mi chiedo solo se fosse necessario rischiare di ferirti per giocare con quell’ippogrifo!”
“Era perfettamente sicuro Rosie, andiamo!”

“Ma se sei tu, che dici sempre che Hagrid è un pazzo pericoloso che ci mette continuamente di fronte a creature che non siamo in grado di affrontare! Adesso hai cambiato idea?” Sentiva la collera montare, e non gli importava se Scorpius la guardava confuso e ferito. Era uno stupido. “Oppure è perché era pieno di gente a cui mostrare quanto sei coraggioso?”
“Questo è…” Serrò le labbra, guardandola male. “Questo è ridicolo. Non l’ho fatto per nessuno, se non per me stesso!”

“Come il Torneo?” Incrociò le braccia al petto, per scaldarsi, perché o spirava un vento gelido da Est, oppure era lei che si sentiva ghiacciare. “Farlo per te stesso, o farlo per avere maggiore considerazione da questa gente secondo me è la stessa cosa. Ti stai esponendo a rischi inutili per persone che non valgono neanche la pena!”
“Non lo faccio per gli altri!” Sbottò il ragazzo esasperato. “Merlino, Weasley, perché sei così ottusa?”
Rose si accorse che era passato di nuovo al suo cognome, e questo non era un buon segno. Per Scorpius c’era un significato preciso dietro ogni appellativo con cui apostrofava gli altri.
“Io, ottusa?” Aveva voglia di prenderlo a calci, e chiedergli perché non capisse.
Perché sei così crudele? Perché non capisci che ho paura per te? Che farei di tutto per proteggerti e tu non fai che piazzarti sulla linea di fuoco?
Sei un idiota, Scorpius! Io ti amo, ma perché ti conosco. La gente non perde mai tempo a conoscere, si limita a giudicare! Non voglio che ti feriscano! Non voglio che dicano di te cose orribili e che tu ci stia male!
“Sì, sei ottusa.” Rincarò, ignaro dei suoi pensieri. Aveva i pugni contratti e le labbra ridotte in una linea sottile. Assomigliava incredibilmente a suo padre in quel momento. “Lo faccio per noi!”
“Io non ne ho bisogno!”
“Ma io sì! Non ce la faccio più, maledizione!”  

Cadde il silenzio. Rose non ne aveva sentito mai uno così pieno, nonostante il vento agitasse le fronde degli alberi del bosco.
Le sembrò di deglutire carta vetrata.
“Che… che vuoi dire?” Si sforzò di articolare, anche se parlare era l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare. Piangere invece le sembrava una buona opzione. “Che vuoi dire che non ce la fai più?”
Scorpius si passò una mano trai capelli, ispirando trai denti. “Io ti amo…” Esordì piano. “Ti amo sul serio. Ma sono stufo di dovermi nascondere e…” La fermò con una mano, perché probabilmente aveva già capito cosa volesse dirgli. “Lo so che non ti vergogni di me. Ma non vuoi dire a tuo padre di noi.”
“Neanche tu!”
Scorpius le piantò gli occhi addosso. “Se mi chiedessi di farlo, in questo esatto momento, entro stasera mio padre lo saprebbe. Entro stasera, Rosie. Se tu volessi. Il problema non sono io.”

“Io…” Stavolta davvero non riusciva a parlare. Perché in fondo sapeva di aver costretto Scorpius a quel regime di segretezza. Vi si era piegato di buon grado, certo. Ma in un primo momento, quando le cose tra di loro erano ancora nel grande regno del forse; ora no.
Adesso era lei quella che alla sola idea di dirlo a suo padre si sentiva ghiacciare il sangue nelle vene.
E non poteva farci niente. Milioni di volte si era immaginata a parlare alla sua famiglia, a Ron Weasley, di come volesse trascorrere tutta la sua vita con quel biondino matto come un cavallo.
Mille castelli in aria, ma sul lato pratico non parlava, non ci riusciva: aveva quasi diciott'anni, ma era ancora una bambina spaventata dal deludere suo padre.
Scorpius le sorrise appena. “Per questo voglio concorrere al Torneo, lo capisci? Certo, non solo, ma… Voglio vincere e voglio dire a tuo padre che sei mia. Fuori di qui, fuori dalla scuola. Perché finito quest’anno saremo là fuori. E non ci saranno più queste mura e i nostri amici a proteggerci.”
Lo sapeva. Cercava di non pensarci, ma lo sapeva. Annuì semplicemente.

“Se fossi il campione di Hogwarts la tua famiglia se ne farebbe una ragione, no?”
C’era la sua solita ironia, ma Rose sentiva l’amarezza dietro quelle parole.

“Scorpius…”
L’ha fatto per me. Per essere un degno fidanzato per mio padre, quando Dio, non ha fatto niente di male in vita sua.
Scorpius si chinò e le posò le labbra sulla fronte. Erano calde. “Non remarmi contro. Per favore.” Mormorò piano. “È la mia scelta, appoggiami.”
Rose si limitò ad annuire e lasciarsi stringere nel suo abbraccio. “Mi dispiace… sono stata una stronza. Certo che ti appoggio.”
Scorpius ridacchiò, stringendo maggiormente la presa e dandole un bacio trai capelli.

“È tutto a posto, fiorellino.”
Non era tutto a posto, pensò Rose: sperava solo lo sarebbe stato.
 
 
*****
 
Note:
Rose è una stronza, non lo è? È solo umana ragazze. ;)

1 . Qui la canzone.
2. In HP4 la Prima prova del Torneo Tremaghi viene disputata il 24 Novembre. L’altra subito dopo le vacanze e quella finale a Giugno.

3. Parkinson-Goyle. PG + vezzeggiativo = Piggie. Il fatto che voglia dire anche ‘porcellino’ non è casuale. Sì, c’entra quella dei Muppets. Ho pensato a lei. Perché Dom è deficiente. ;D
4. Incantesimi elementari: non nel senso di semplici, ma che hanno a che fare con i quattro elementi primari: acqua, fuoco, aria, terra. (es. Aguamenti, Incendio etc…) Me la sono inventata io la classificazione, ma credo che sia un minimo plausibile.
5. Bozhe Moi : Mio Dio in russo.
Questa è un altra fan-art della bravissima Elezar81. Godetevela. ^^
  
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