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Autore: Eros and Thanatos    02/12/2010    3 recensioni
Sono vite vissute o buttate al vento. Assaporate fino in fondo o perse prematuramente. Sono persone, uomini donne e bambini, di cui nessuno conosce il nome. Ma la loro storia è incisa nella polvere, come sussurri e sospiri in tragiche notti e malinconici giorni.
Eros and Thanatos, la Morte e l'Amore, sempre a braccetto, forse in contrasto, forse uniti fra loro. In un'eterna lotta fra baci e ferite.
Genere: Dark, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rating: verde/giallo
Genere: drammatico, tragico, introspettivo, (storico)
Avvertimenti: one shot
Poesia scelta: Elevazione - Baudelaire
Trama/introduzione: la protagonista, accusata di essere posseduta quando da giovane venne scoperta a leggere 'I fiori del Male', viene chiusa in un manicomio - di quelli vecchi in cui i pazienti venivano puniti fisicamente, legati, respirano gas tossici, vivono al suono della corrente elettrica sulla loro carne, del fetore delle loro stanze, vengono trattati alla stregua di animali - e viene sottoposta a una sorta di lavaggio del cervello per renderla una 'brava ragazza', tentando di costringerla a imitare dei modelli proposti. Ma qualcosa va storto...

[.Il Volo della Falena.]
M O T H – A N D – R A I N

Lo sai che suono fa il volo di una falena?

-

Voleva essere un esperimento, un mero esperimento.

Da quando ti scoprirono, in una notte di pioggia, alla luce di una candela, a leggere Baudelaire.

[Il poeta maledetto]

Ti cedettero posseduta, maledetta. Ti chiusero in manicomio.

La chiamavano “cura”. Lo chiamavano lavaggio del cervello.

Ti mostravano immagini di persone che dovevi prendere ad esempio, imitare.

Dovevi convincerti di essere una di loro.

E poi nessun ricordo se non vomito, dolore, sangue.

Scosse. Scariche di corrente elettrica.

Le immagini impresse a fuoco nella tua mente, a marchiarti, a incatenarti.

Ma qualcosa andò s t o r t o.

Qualcosa che non avevi previsto. Che non avevano previsto.

Impazzisti davvero.

Credevi di essere non solo i modelli “proposti”, ma qualsiasi cosa tu vedessi: un fiore, una goccia d’acqua, un ‘medico’, un ‘paziente’.

Esperimento fallito.

Eri questo.

Un guscio vuoto che a furia di assorbire informazioni aveva perso sé stesso.

Che assorbiva esperienze non sue, per cercare di ovviare alla mancanza delle proprie, che avevano così meticolosamente rimosso, distrutto, lasciato scivolare nell’oblio.

Ti murarono viva.

In una stanza. Bianca. Vuota.

Senza porte.

La poca luce entrava solo da una finestra, ma tu non saresti fuggita. Perché il niente non può fuggire.

Tu in quella stanza non eri n e s s u n o.

-

Lo sai che suono fa il volo di una falena, il battito delle sue ali?

È il suono della disperazione e del rimpianto. È il suono stridente dell’archetto che trema e geme contro la corda del violino. Ha in sé lo schiocco della corda che si s p e z z a, ha in sé il frastuono dei sogni infranti.

Quella musica lenta e leggera che però pian piano ti prende, ti rapisce, ti porta con sé.

Come… come un walzer. Il ritmo è sempre lo stesso, non rallenta, non accelera eppure ti sembra sempre diverso. La sua monotonia ha un che di inquietante. Come la pioggia.

Qualcosa che ti fa incollare la tua maschera addosso, che ti impedisce di cessare di fingere di essere quello che non sei o quello che sei. Ti impedisce di muoverti, di librarti in volo. È la musica struggente del battito di un cuore in frantumi, che si spezza, crolla, cede. È il tonfo sordo di chi cade senza più trovare la forza di rialzarsi. Di chi si sente il mondo crollare addosso, di chi non ha più la forza neanche di sorridere.

È il suono della macabra ninnananna che ti sussurra la Morte prima di prenderti. È la tacita musica all’interno delle poesie proibite, il fruscio di carta all’interno di una biblioteca, il grido della polvere che si posa sul pavimento, il frinire metallico delle sbarre di una prigione che si chiudono dietro di te imprigionandoti.

È il graffiare delle tue unghie anelanti libertà sui muri spogli di una cella. È la tua tosse e il tuo respiro affannoso all’interno della tua gabbia nel manicomio. È il rompersi del vetro freddo e grigio della finestra ed è ancora il ticchettio della pioggia. È il mormorio bagnato e confuso delle lacrime del cielo sul tuo corpo ricoperto di sangue e vetri e brandelli di vestiti, i vestiti che con il suono isterico di uno squarcio ti sei strappata di dosso con i denti. È la velata minaccia delle occhiaie che aumentano, della tua pelle bianchissima che trema, delle tue braccia che si allargano. Dei tuoi piedi scalzi che cercano appiglio sul davanzale della piccola finestra della cella dell’Istituto.

È la voce calda e misteriosa del Baudelaire di cui ti avevano parlato tanto. È lo zirlare dell’allarme appena suonato.

È il rumore dei tuoi piedi che scivolano sul bagnato sotto le grida del cielo, al bagliore di un lampo che lo ha squarciato.

È il tuo urlo disperato mentre precipiti nel vuoto.

-

La falena entrò da una crepa nel vetro della finestra.

Il flash delle parole di Baudelaire.

La sua poesia cullò i tuoi ultimi affannosi respiri.

-

I tuoi occhi sulla falena.

Volando sopra stagni sopra monti e vallate,
sopra foreste e nubi e mari senza fine,
oltre il sole oltre l’etere, e l’estremo confine
ancora sorpassando delle sfere stellate,

Il tremito e il fremito delle sue ali.

tu vai, spirito mio, vai con agilità
e come un nuotatore che s’inebria dell’onda
lietamente attraversi l’immensità’ profonda
preso da in’indicibile e forte voluttà.

Il cigolio delle stridenti idee confuse della tua mente malata.

Vola, vola ben oltre i fetori malsani,
purificati in alto, nell’aria fatta tersa,
bevi,come liquore che il cielo puro versa,
il chiaro fuoco che gli spazi empie lontani.

ERI LA FALENA.

Scrollandosi di dosso la Noia e le altre grandi pene
che opprimono la vita e la fanno nebbiosa,
felice chiunque può con ala vigorosa
slanciarsi verso terre luminose e serene,

Rompesti la finestra per poter volare.

Le f a l e n e volano.

Lo sai che suono fa il volo di una falena?

chi sente i suoi pensieri come allodole in viaggio
nel cielo del mattino in libertà volare,
chi plana sulla vita e così può ascoltare
delle tacite cose e dei fiori il linguaggio.

Vedesti la pioggia.

La stessa che anni prima guardavi,

quando iniziò tutto.

ERI LA PIOGGIA.

La p i o g g i a… cade.

{ È il tuo urlo disperato mentre precipiti nel vuoto.



--- Note
Terza classificata al contest: The Rain & Baudelaire indetto da Ribrib20



Nickname: Aki Asage
Titolo storia: Il volo della falena
- Correttezza ortografica e grammaticale: 9,5/10
- Stile e lessico: 10/10
- Attinenza al tema: 10/10
- Attinenza e uso della frase/poesia: 10/10
- Originalità: 10/10
- Caratterizzazione dei personaggi: 9,5/10
- Gradimento personale: 5/5
Totale: 64/65

Allora... Per quanto riguarda la grammatica e l’ortografia, non posso darti punteggio pieno perchè ho trovato solo un minuscolo errore di battitura (ti sei pescata una lettera in una parola che ora non trovo xD).
Il tuo stile, così come il lessico che hai usato, mi son piaciuti davvero moltissimo. Ho adorato il modo in cui hai impostato la tua storia, la lettura mi è sembrata molto scorrevole e potevo quasi sentire in me tutte le sensazioni descritte. La tua storia mi ha catturato, veramente. Non ho parole per descrivere questa meraviglia.
Hai usato in modo magistrale anche la poesia e ho trovato molto originale ed interessante l’uso della pioggia come sinonimo di caduta.
Mi hai regalato una perla che difficilmente dimenticherò. E tu che hai pure avuto il coraggio di dire che era una brutta storia. Tsè.




--- Note: Ok, ecco le mie notine.
Innanzitutto, due richiami a film 'storici': Arancia Meccanica per il lavaggio del cervello e Il Silenzio degli Innocenti, per la falena utilizzata che è la stessa del film.
La protagonista non ha nome, come quasi tutti i miei personaggi.
La scelta di collocarla in spazio e tempi del tutto indefiniti non è una mia mancanza ma una sorta di evocazione attraverso lo stile asciutto e spoglio della stanza in cui si trova: vuota, dai suoni quasi ovattati, le pareti bianche che si confondono con soffitto e pavimento. Il nulla assoluto. Nella poesia ho evidenziato il neretto le frasi o parole su cui ragionare... anche se apparentemente flebile, c'è un forte legame con la storia.
La storia all'inizio sembra un po' incomprensibile, ma pian piano tuto dovrebbe diventare più chiaro. In particolare, alla fine, si ritrova ad imitare le ultime due cose che vede, nel corso della sua elevazione, quella che anche Baudelaire vedeva come la salita verso il basso, la rinascita verso la morte. Si arrampica sulla finestra, sale, ma solo per cadere e morire. Imita la falena, vuole volare, vede la pioggia e come la pioggia vuole cadere. Si potrebbe leggere anche come se imitasse solo la falena e tentando di volare muoia, ma in questo caso si perderebbe la lettura della pioggia non solo coem sfondo e come richiamo al passato ma anche come causa della morte, come ultima cosa da imitare. Storia senza pretese, come tutti i miei altri racconti, più che un testo mi piace definirla un gioco d'azzardo, un esperimento come quello a cui è stata sottoposta la povera giovane de Il Volo della Falena. Anche questo fallito? Ai posteri l'ardua sentenza ;D

   
 
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