CAPITOLO II
Era vero. A Mathrel
passò presto. Si innamorò del figlio del luogotenente di nostro padre e fu solo
triste che io me ne andassi. Mia madre pianse, e anche Fetrales, che restò
insieme a Irahlel sulla banchina del porto a salutare la nostra nave finchè non
scomparve alla vista. La piccola Irahlel mi regalò una coperta che aveva
faticosamente cucito lei stessa rubando ore ai suoi giochi, azzurra con un
cigno bianco in mezzo. Lamrai mi regalò un libro che aveva compilato lei stessa
con la traduzione di tutte le parole della lingua del Mark che conosceva nella
Lingua Corrente, un dono immenso e pesantissimo che mi fece dispiacere di
averla sempre considerata meno delle altre sorelle. I messi di Rohan furono
soddisfatti e il mio popolo orgoglioso, commosso e triste.
Mio padre, Imhlen e
Mathrel mi avrebbero accompagnato nel Mark.
Il viaggio fu
lunghissimo. Decidemmo di passare per Minas Tirith per far visita a Re Aragorn,
quindi, una volta partiti da Dol Amroth, aggirammo l’isola di Tôlfalas,
risalimmo l’Anduin, ci fermammo qualche giorno a Pelargir e poi nel Sud
Ithilien, una terra splendida nonostante fosse stata in potere del Nemico per
qualche tempo. Vi dimoravano Faramir ed Eowyn, ebbi modo di chiederle della sua
grande impresa, ma mi parve che lei non volesse ricordare quei giorni oscuri.
Mi sembrò un fiore, che rimasto congelato sotto la neve per molto tempo, stesse
finalmente iniziando a sbocciare al sole. E il suo sole era Faramir, mio
cugino. Feci a Eowyn molte domande su Éomer, poiché iniziavo a uscire
dall’ottica della guerriera che si sacrifica per la sua patria e stavo entrando
in quella della fanciulla che sta per sposarsi. Lei mi raccontò molte cose, e
mi sembrò che ammirasse molto suo fratello. Prima che partissimo affidò una
lettera per Éomer ai messi giunti da Rohan. Mi congedò con queste parole:
“Anche se nemmeno tu lo sai, Lothíriel figlia di Imrahil, sarai una buona
moglie per mio fratello e una buona regina per Rohan.”
Giungemmo a Minas
Tirith a metà gennaio, e ci trattenemmo lì a lungo, poiché faceva troppo freddo
per viaggiare. Conobbi di Re Aragorn e la bellissima Arwen Undomièl, davanti
alla quale persino Mathrel si sentiva brutta. Ma ella era una Dama Elfica di
alto lignaggio, e fu molto gentile con noi.
Ci rimettemmo in
viaggio verso Rohan il tre marzo del nuovo anno, il tremilaventuno, che poi
sarebbe stato chiamato “l’ultimo della Terza Era”. Sire Aragorn ci aveva
equipaggiato con cavalli, tende e vettovaglie, lasciammo le navi ancorate
vicino all’isola di Cair Andros. Non riuscivo a dormire la notte, e il giorno
il cuore mi batteva così forte quando vedevo un cavaliere solitario che portava
le insegne di Rohan che credevo di cadere da cavallo. Alcuni messaggeri erano
partiti da Minas Tirith prima di noi, perciò Éomer doveva essere stato
informato del nostro imminente arrivo. I messi portavano anche la lettera di
Eowyn.
“Stai calma, Lothi”
disse Mathrel mentre la nostra scorta montava le tende per la notte, la quarta
sera. “Tremi tanto che il tuo cavallo si sta innervosendo, e pensa che
probabilmente ha portato in groppa qualche guerriero urlante durante la
Battaglia dei Campi del Pelennor”. Io sorrisi debolmente.
“Lasciala stare,
saresti nervosa anche te!” intervenne Imhlen.
“Sai a quanti
convegni amorosi sono andata, e non hai mai tremato come un bambino davanti a
un drago”.
“Math!” esclamò
Imhlen scandalizzata.
“E’ un uomo, mica
un Orco” ribatté Mathrel. Poi però mi abbracciò e mormorò: “lo sai che sto
scherzando. Io non avrei mai il tuo coraggio, sorella mia”.
Passarono ancora
cinque giorni. Il paesaggio di Rohan mi piaceva, e l’osservarlo era l’unica
cosa che calmava il mio cuore impazzito. Le morbide colline ricoperte dall’erba
primaverile, le rocce che spuntavano come denti affilati e crudeli ma che
davano rifugio dal vento e dalla pioggia, le case dei mandriani e gli splendidi
cavalli sorvegliati da ragazzetti biondi, gli alberi e il gorgoglio
dell’Entalluvio, tutto mi sembrava bello e caldo, come la primavera fosse arrivata
prima qui che a Minas Tirith, che pure era più a Sud.
Però mi iniziai a
preoccupare di come sarei sembrata a Éomer dopo una lunga cavalcata come
questa. Anche se tutte le sere le mie sorelle mi obbligavano a farmi stare
ferma mentre loro mi pettinavano e mi spalmavano sulla faccia strani intrugli
che si erano portate nello zaino da casa, mi sentivo sempre sudata e brutta.
Imhlen promise di vestirsi male e di annodare uno sporco fazzoletto sui lunghi,
soffici capelli neri, in modo da farmi sembrare più bella, e costrinse anche
Mathrel, sebbene riluttante, a prestare questo giuramento.
Il giorno prima di
quello in cui saremmo dovuti arrivare a Edoras mi alzai prestissimo, prima del
levare del sole, dopo essermi ero rigirata ansiosamente tutta la notte. Le mie
sorelle invece stavano sfacciatamente russando.
La nostra scorta
iniziava già a ritirare le tende, parlavano a bassa voce e si inchinavano al
mio passaggio. Ero tanto nervosa da non sapere neanche dove mettevo i piedi, e
presto mi ritrovai su una piccola collina, scalza sull’erba lussureggiante e
bagnata di rugiada. Vidi l’alba illuminare quella terra, e mi sembrò che avrei
potuto amarla come se fosse stata la mia patria. Ma lo struggimento per il
Mare, no, quello non lo potevo superare. Iniziavo già a sentirne la mancanza.
Mi raggiunse mio padre, e mi confortò come se fossi stata piccola come Irahlel,
abbracciandomi e chiamandomi con quei nomignoli che usava quando ancora ero una
bambina.
Quel mattino non
pronunciai una parola e non feci colazione. Mi chiesi cosa stesse facendo Éomer
in quel momento. Era anche lui nervoso come me, o a lui bastava sapere che ero
la figlia del suo amico Imrahil e che ero abbastanza graziosa? Non aveva altre
preoccupazioni o come me si chiedeva se gli sarebbe piaciuto il suono della mia
voce?
Cavalcavamo da
un’ora, erano le dieci del mattino, quando l’avanguardia si fermò circondata
dai Cavalieri di Rohan. Io mi appoggiai a Imhlen che cavalcava accanto a me per
non cadere. Non era previsto che Éomer ci mandasse incontro un’intera éored un giorno prima dell’arrivo a
Meduseld! Adesso sarei stata oggetto di sguardi curiosi per un giorno in più di
quanto avrei dovuto sopportare. Non ce la potevo fare. Quasi rimpiansi di aver
accettato di sposare il Signore del Riddermark. Mi nascosi dietro le mie
sorelle che facevano fronte unito davanti a me, disposte a difendermi perfino
da un’intera éored di Eorlingas. Il
colpo finale, che neanche le mie sorelle potevano sopportare per me, fu
annunciato da un Cavaliere vicino a noi.
“Fate largo a Éomer
figlio di Éomund, Signore del Mark! Fate largo!”
Il mio cuore si
fermò.
Dopo aver battuto
per tutto il viaggio talmente forte che mi dolevano le prime costole, si fermò.
Per un attimo, non
riuscii a pensare a niente. Sentivo vagamente che nel mondo c’era qualcun altro
oltre a lui, ma al momento non me ne
importava niente.
Era splendido
nell’armatura di Rohan, e più alto degli altri Cavalieri. Sull’elmo portava una
bianca coda di cavallo che si confondeva con i suoi lunghi capelli biondi, biondi
come i raggi di sole che illuminavano la sua terra. Aveva spalle larghe e
possenti, e le braccia che tenevano le briglie del suo cavallo bianco erano
robuste e muscolose.
Gli occhi azzurri
brillavano di sicurezza, sembrava invincibile, un giovane dio nordico della
guerra sceso a combattere a fianco dei mortali.
Tale mi parve Éomer
figlio di Éomund, Signore del Mark, Re di Rohan, il primo giorno che lo vidi.
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Grazie mille a tutti quelli che hanno
recensito, ricordato, seguito, preferito o letto questa storia. (Arwins, Sesshy94, Nini Superga)
Prometto che risponderò sempre a tutti
coloro che gentilmente mi recensiscono, spero che le anime pie che hanno
commentato il primo capitolo abbiano ricevuto la mia risposta alla loro
recensione.
Vi prego, ditemi qualcosa sulle sorelle, ho
cercato di caratterizzarle in queste poche righe ma non so se ci sono riuscita.
Nel prossimo capitolo anche Éomer dirà qualcosa, lo prometto. Solo che è molto
difficile renderlo in una situazione del genere senza stravolgere il
personaggio.
Spero di non star distruggendo il libro per
cui ho una venerazione assoluta.
A presto, Elothiriel