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Autore: OnlyHope    06/12/2010    11 recensioni
Per Sanae tutto iniziava davanti ad una fermata d'autobus, quello stesso giorno Tsubasa partiva per il viaggio che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. E mentre Sanae cercava la sua strada in Giappone, Tsubasa inseguiva con caparbietà il suo sogno in Brasile. Ma anche questa è la storia di un ragazzo che ama incondizionatamente una ragazza. Perché questa è la storia di Tsubasa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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FLY AWAY (Butterfly reprise)

Capitolo 15

Il bandolo della matassa











Semifinale World Youth.
Giappone - Olanda ancora zero a zero.
Impreco mentalmente contro questo maledetto terzino che mi tallona, senza darmi modo di liberarmi.
La situazione non si sblocca e nel primo tempo abbiamo rischiato, in un paio di occasioni, di andare anche sotto.
A ridosso della linea difensiva, cerco di organizzare il gioco di squadra, nonostante le difficoltà imposte dai nostri avversari.
Non posso perdere questa partita, non devo assolutamente mancare la finale, il Brasile deve essere il mio ultimo avversario e devo batterlo, a tutti i costi.
Seguo l’azione di gioco che si svolge ora nella nostra difesa, con uno scatto mi avvicino all’area di rigore, mentre un attaccante olandese cerca di superare Ishizaki.
Con un ottimo intervento, Ryo prende possesso della palla e guardandosi velocemente intorno, la passa a Taro, libero pochi metri avanti a lui.
Mi volto veloce e prendo a correre, come il resto dei miei compagni, in direzione della porta avversaria.
L’uomo che mi tiene sotto stretta marcatura non demorde, seguendomi come un'ombra.
Taro passa la palla a Matsuyama, che subito supera un contrasto con un avversario.
Approfitto di un attimo di distrazione del mio marcatore e con uno scatto deciso, riesco finalmente a distanziarlo di qualche metro.
Hikaru se ne accorge e rapido calcia il pallone nella mia direzione, stoppo con il polpaccio.
Avverto chiaramente il boato dei tifosi tutto intorno a me.
Devo vincere! Dobbiamo vincere!
Supero un paio di difensori, al limite della difesa avversaria, il terzo lo evito con una finta e un passaggio preciso a Taro, che stoppa di petto alla mia sinistra.
Entriamo in area quasi all’unisono, mi smarco controllando la linea dei difensori, per non cadere in fuori gioco.
Taro si volta ed effettua un assist perfetto nella mia direzione, quando la palla si trova vicinissima, la calcio al volo.
Il pallone s’impenna leggermente descrivendo un’immaginaria parabola nell’aria, poi s’insacca come un proiettile alle spalle del portiere, gonfiando una parte della rete.
Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta!
Nello stadio esplode il caos più totale e la gioia dei tifosi mi arriva dritta nel corpo, come una scossa tra me e loro.
Alzo i pugni al cielo poi di corsa mi lancio verso le tribune, seguendo un percorso ben preciso.
Salto i cartelli pubblicitari, ignorando per una volta i miei compagni che mi seguono euforici e mi fermo solo quando intravedo Sanae sopra la mia testa.
Quando i nostri sguardi s’incrociano le sorrido, perché il gesto che sto per compiere, l’avrei già dovuto fare da qualche tempo.
E’ un messaggio solo per lei e solo Sanae è in grado di riceverlo.
Perché sotto il cerotto adesivo che circonda il mio anulare, è lei che tengo con me, nascosta agli sguardi altrui.
Il mio amuleto portafortuna.
Con un movimento lento, in modo che lei possa ben seguirlo, porto la mano sinistra all’altezza della bocca e socchiudendo gli occhi, bacio il suo nome tracciato dalle sue dita sulla mia pelle.
Torno a guardare il suo viso, alzando il braccio nella sua direzione, quasi a indicarla e poggiando l’altra mano sul petto.
Le sorrido di nuovo dedicandole questo goal, che poi è ciò che meglio mi rappresenta e tutto quello che sono.
Capisco che il messaggio è arrivato, quando la vedo stupirsi emozionata e le sue mani corrono a coprirle la bocca.
Buona parte della squadra ora mi ha raggiunto, circondandomi festante e così perdo di vista Sanae.
Euforico, condivido questa gioia con i miei compagni e nessuno può avvertire il legame che ci unisce. 
Essere una squadra è questo.

Condividere nel bene o nel male.
Il goal che ho appena marcato è la carica che ci aspettavamo per credere davvero nella vittoria, perché la partita non è ancora finita.
Rientriamo tutti in campo ancora più determinati e ci schieriamo in formazione, ognuno al suo posto e al suo ruolo.
A centrocampo aspetto che il capitano olandese rimetta in gioco la palla, lo sfido risoluto con lo sguardo.
Sono carico e, se possibile, ancora più motivato di prima.
Non potrà battermi nessuno ora.
La finale sarà nostra.
Preparati Roberto, sto arrivando!








Mi butto sul letto sfinito da questa incredibile giornata.
Ishizaki e Taro, che dividono la camera con me, sono usciti a fare un giro, nonostante la partita di oggi abbia bruciato tutte le nostre energie.
Non me la sono sentita di seguirli, nonostante le insistenze, perché voglio riposare e recuperare le forze già da subito per la finale.
Devo essere in perfetta forma per scontrarmi con nazionale verde-oro di Roberto e batterla.
Ma ho bisogno di essere forte anche per affrontare l’altro scontro, fuori dai campi di calcio, che ho in programma di avere, il prima possibile.
Non so ancora come e quando, ma presto incontrerò Seii perché ora è diventata un’esigenza vitale, trovarmi faccia a faccia con lui.
Ho lasciato correre per troppo tempo, è giunto il momento di mettergli dei paletti intorno e confinarlo, una volta per tutte.
E devo essere sicuro che capisca bene l’antifona, senza dover tornare in Brasile con il pensiero che gli venga l’ennesima bravata in testa.
Al pensiero del mio rientro in Sud America, il mio stomaco si contorce un po’.
Ultimamente mi sento molto a disagio quando, in rari momenti, mi soffermo a riflettere sulla doppia valenza della finale.
Diventare campione del mondo, si spera, e fine del mondiale e della mia permanenza in Giappone.
Dovrò tornare in Brasile e tutto sarà come prima.
La mia vita sentimentale subirà l’ennesima battuta d’arresto e non rivedrò Sanae, per non so quanto tempo.
Insopportabile...
Non posso però lasciarmi prendere dallo sconforto ora, non devo aggiungere agli altri, anche il pensiero della separazione.
Anche se adesso sento che è giunta l’ora di occuparsi anche di questo problema...
Un passo per volta, Tsubasa...
Involontariamente i miei occhi si posano sul cerotto che compre parte del mio anulare.
Facendo attenzione, lo srotolo piano dal dito e gli ideogrammi che compongono il nome di Sanae, tornano vistosamente a circondare la mia pelle.
Un’associazione balena veloce nella mia testa ma sono subito distolto da quel lampo, quando qualcuno bussa alla mia porta.
Mi alzo e con passo lento mi avvicino all’ingresso della stanza, immaginando che si tratti di Ryo e Taro, di rientro dal loro giro.
Quando però mi ritrovo davanti Sanae, un dolce stupore mi strappa un sorriso, perché Il cielo mi ha mandato proprio la migliore delle compagnie.
Sto per domandarle cosa ci fa qui quando, con uno slancio affettuoso, me la ritrovo attaccata al collo, che mi riempie di baci.
Non che non gradisca, ma mi chiedo ugualmente cosa le prenda.
Un attimo dopo mi ricordo, dandomi dello scemo, che oggi pomeriggio le ho dedicato uno dei goal più belli della mia carriera.
“Grazie...” ripete tra un bacio e l’altro.
All’improvviso smetto di essere passivo e ricambio ogni attenzione, dimenticando tutti i pensieri uggiosi e rimandando la ricerca di soluzioni a poi.
Con un calcio chiudo la porta e stringendo i fianchi di Sanae, l’abbraccio sollevandola da terra.
I piccoli baci che fino a quel momento avevano tempestato il mio viso e la bocca, diventano un unico movimento delle mie labbra nelle sue, così intenso da togliermi il fiato.
E capace di scollegare qualsiasi neurone del mio cervello dal suo centro nervoso, lasciando attivi, solo ed esclusivamente, i sensi, che non mai apprezzato tanto, come quando mi ritrovo corpo a corpo con la mia ragazza.
Sanae sorride, in quei pochi momenti in cui la sua bocca si separa dalla mia ed io la cerco di nuovo, sentendo che sto respirando ansimando.
E non sento più la stanchezza ora, anzi mi ritengo terribilmente pronto ad affrontare un altro tipo di prova fisica.
Ai baci si aggiungono carezze ben poco timide e l’unico oggetto che riesco a focalizzare in questa stanza, è il letto a pochi passi da noi.
Il mio letto che sarebbe così facile, e bello, raggiungere.
Senza pensarci due volte indietreggio sostenendo sempre tra le braccia il peso di Sanae e senza distogliere la mia bocca dalla sua.
Mi lascio cadere all’indietro e precipitiamo sul materasso morbido, la mia ragazza scoppia a ridere divertita, prima di tornare a baciarmi.
Le mie mani scivolano sulla sua schiena arcuata su di me, una finisce la sua corsa all’interno dei suoi pantaloni, poco sotto la cintura.
E ora ci sono solo due pensieri fissi dentro la mia testa.
Il primo è di ovvia natura, il secondo coincide con l’esigenza di evitare spiacevoli interruzioni.
Devo solo lasciarla un momento, prendere la chiave e chiudere fuori gli altri.
E le conseguenze di un gesto simile non mi sfiorano minimamente, voglio solo non essere disturbato.
Sto raccogliendo tutte le mie forze per riuscire a smettere di baciare Sanae e perseguire il mio intento, quando dal corridoio, delle voci odiosamente familiari, giungono alle mie orecchie.
Ryo e Taro stanno rientrando proprio ora!Ma porc...
Sanae si separa dalle mie labbra mettendosi in ascolto, poi mi sorride, sbuffando sconsolata.
“Abbiamo visite...” mormora piano ed io non posso evitare che il mio sguardo rotei in alto, posandosi sul lampadario del soffitto.
Ci rialziamo veloci dal letto, cercando di ricomporci frettolosamente.
Sanae corre allo specchio vicino all’ingresso, per sistemarsi i capelli e controllare che il trucco non sia troppo compromesso.
Pochi attimi e Taro apre la porta della camera senza bussare.
Entra nella stanza, seguito da Ishizaki che ride, per non so quale battuta appena sentita.
I due s’immobilizzano, gli occhi fuori dalle orbite, quando scorgono Sanae.
“Abbiamo interrotto qualcosa?” chiede subito Ryo, che prende al volo un’occasione così ghiotta, per iniziare a fare lo scemo e mettermi in imbarazzo.
Non ho il tempo di trovare qualcosa di sensato da dire, perché il mio rossore risponde per me.
Ishizaki sorride sornione, dando forti gomitate al braccio di quello che dovrebbe essere il mio migliore amico.
Dovrebbe perché il sorrisino che gli tira le labbra, non mi sembra affatto solidale, alla faccia della Golden Combi.
“Oh ma il nostro Tsubasa ultimamente è davvero cambiato! Non torna a dormire in albergo...”
“E’ successo una volta sola!” ribatto concitato, sempre più paonazzo temo.
“Una o dieci non cambia nulla, il senso è quello!” interviene Taro, anche lui estremamente divertito dalla situazione.
Grazie per il sostegno, amico mio!
“Poi fa cose veramente strane, tipo baciare cerotti dopo un goal!”
Prima che Ishizaki riesca a intercettare con lo sguardo la mano incriminata, la porto dietro la schiena, fingendo indifferenza.
“E la colpa è solo tua, Sanae!” aggiunge Taro, in uno scambio di battute davvero molto divertente, almeno per loro.
“Mia? Io che c’entro!” esclama la mia ragazza, alzando le spalle e il mento, in una posa teatrale.
Sorride poi, ammiccando verso gli altri due.
Ma si sta divertendo anche lei?!
“Oh c’entri eccome! Tutte le notti non ci fa dormire questo qui! Si gira e si rigira nel letto, chiamando il tuo nome!”
“Non è vero!” esclamo imbarazzato fino alla punta dei capelli ora, anche se devo ammetterlo, nonostante l’impegno di Taro, nessuno batte Ishizaki nelle prese per i fondelli, un dono di natura il suo.
“Sì invece! Abbracci il cuscino e lo baci pure!”
“Non è vero!” ripeto senza trovare nulla di più intelligente da replicare per difendermi.
“Davvero?” mi chiede proprio la mia ragazza, guardandomi sbattendo le palpebre sugli occhi marroni, fingendo di credere veramente alle cretinate di Ryo.
“Sanae... Ma da che parte stai?” le chiedo sconsolato e lei non si trattiene più, scoppiando in una fragorosa risata, seguita subito dopo, da quelle di Taro e Ryo.
Ed io, che fino a qualche minuto fa mi sentivo un leone, torno a essere, per la gioia dei miei amici, il ragazzo un po’ imbranato di sempre.








Il luogo di un appuntamento non è mai uno qualsiasi.
Si sceglie di andare in un posto rispetto a un altro, per tanti motivi e di natura completamente diversa.
Chiedere a Sanae di vederci alla sua casa discografica non è stato quindi casuale.
Ci sono delle occasioni che vanno cercate, in un modo o nell’altro e certe coincidenze, a volte, si spinge affinché possano accadere.
Sono arrivato alla sede sella sua label con un buon anticipo e contando sul fatto che riuscirò a recuperare ancora un po’ di tempo poi.
La Sanae di Tokyo tende ad accumulare mostruosi ritardi, se s’impegna.
Mi sono presentato alla segretaria nell’ingresso, che dopo avermi subito riconosciuto, mi ha fatto accomodare, indicandomi l’ufficio di Akane Minase, al sesto piano, come luogo dove aspettare l’arrivo della signorina Nakazawa.
Ho seguito le sue indicazioni e sono entrato in ascensore, ma al primo piano mi sono fermato e sono uscito di nuovo, risoluto a trovare Seii il prima possibile, pur non sapendo da che parte cominciare a cercarlo.
Forse avrei fatto prima a chiedere di lui alla segretaria, ma non voglio che all’arrivo di Sanae, le sia spifferata la mia richiesta.
Lei non deve sospettare nulla perché non voglio che si preoccupi.
Questa è una questione tra me e Seii.
E tra noi due va risolta, nonostante Sanae sia il soggetto del contendere.
Inizio la mia ricerca girando per i corridoi, che brulicano di gente indaffarata.
Mi guardo intorno, ma niente, a questo piano di Seii non sembra esserci nemmeno l’ombra.
Faccio per tornare all’ascensore quando, poco distante, noto un ragazzo vagamente familiare, che parla con una donna elegante.
Quando incrocio il suo sguardo, mi blocco.
Seii mi sorride e con un paio di battute, congeda veloce la signora in tailleur.
Appena rimane solo, non perdo tempo e mi avvicino a lui con passo sicuro e senza smettere di fissarlo serio.
Quando sono a un metro da lui, mi fermo, rimanendo in silenzio, non c’è spazio per i convenevoli.
“Ce ne hai messo di tempo, Capitano! Pensavo che ti saresti fatto vivo un po’ prima, francamente...”
Sorride ancora, come se niente fosse.
Come se mi stesse dando il benvenuto, nel modo più educato del mondo.
“Dobbiamo parlare...” proclamo secco.
“Lo immaginavo. Anche se questo non mi sembra il posto ideale per farlo...” si guarda intorno per un attimo “... credo che avremo bisogno di un angolo un po’ meno affollato, con più privacy.”
Con un cenno mi suggerisce di seguirlo.
Irritato e senza alternative, dato che non sono padrone dell’edificio in cui ci troviamo, lo assecondo entrando in ascensore al suo fianco.
Non posso evitare di osservarlo e notare che sul suo viso campeggia sempre un sorriso impassibile.
Smorfia che comincia a darmi sui nervi.
Preme il pulsante del quarto piano fischiettando, quando le porte metalliche si chiudono, inizia candidamente a fare conversazione.
“Ho visto la partita, Capitano. Immagino che sia il caso che mi congratuli con te, non capita tutti i giorni di giocare una finale mondiale!”
Rimango in silenzio, basito dalla faccia tosta di Seii, che sembra intenzionato a farmi perdere le staffe, a tutti i costi.
“Sarà una bella sfida il Brasile, eh? Vorrei proprio trovare i biglietti in tribuna, sarà una partita emozionante! Il nostro Paese campione del mondo! Non ci posso credere, sarebbe un miracolo! E...”
“Dacci un taglio!” esclamo, stufo dei suoi falsi convenevoli e Seii sorride in maniera diversa ora, compiaciuto d’aver provocato la mia reazione.
L’ascensore termina finalmente la sua corsa, rimanendo in silenzio seguiamo un lungo corridoio.
Entriamo in una stanza buia e oltrepassiamo un’altra porta ancora.
Seii preme l’interruttore e quando la luce illumina l’ambiente, mi ritrovo in quella che deve essere una sala d’incisione.
“Allora da dove vogliamo partire?” mi chiede, mantenendo un tono distaccato ma sottilmente ironico.
“Stabiliamo il termine di tutta questa storia, decidendo dove vada messa la parola fine...” rispondo sicuro di me, stufo di tutti i suoi giochetti idioti, presenti e passati.
Seii non si scompone, alza lo sguardo verso il soffitto e si appoggia a uno sgabello, tenendo le braccia distese sulle gambe, le mani unite a metà coscia.
“E dove vogliamo metterla?”
“Qui, ora. Mi sembrano il posto e il momento ideali.”
“E se io non volessi?” e torna a guardarmi, incupisco lo sguardo fissando i suoi occhi.
“Io non ho la minima voglia di smettere.”
Traggo un respiro profondo e le mie braccia s’incrociano sul petto, cercando di arginare l’ira che sento montare dentro di me.
“Te lo sto chiedendo con le buone...” soffio, stringendo le labbra e le dita intorno ai bicipiti.
Seii mi guarda impassibile poi alza le spalle, con menefreghismo.
“Siamo nella stessa barca, Capitano. Sai benissimo cosa si prova quando c’è di mezzo la Nakazawa. Mettiti nei miei panni, come faccio a rinunciare a lei?”
Lo dice ridendo, come se stesse parlando a un amico, non a un rivale.
Mi sta prendendo proprio per il culo!
“Tu non la conosci Sanae, non sai nulla di lei...” esclamo serio, cercando di controllare ancora le mie emozioni.
“Quello che so basta e avanza...” replica facendo ancora spallucce “... e tu che la conosci così bene, non mi sembra abbia fatto del tuo meglio per renderla felice!”
Accuso il colpo, che questa volta è andato a segno, ma imparando da lui, faccio buon viso a cattivo gioco.
"Sai, quando ho conosciuto la Nakazawa, eravamo in aula di musica e lei aveva quell'aria un po' distante, che ho imparato a riconoscere nel corso del tempo... "
Seii parla con tono sempre calmo, ma nella sua espressione posso ugualmente cogliere dell’ironia che, mista alla sua sfacciataggine, crea ancora un mix esplosivo per i miei nervi.
Continuo a fissarlo cupo, stringendo involontariamente le mascelle.
“A quei tempi avevo una ragazza e da un sacco di tempo, ma più i mesi passavano, più m’incuriosiva questa persona di cui si parlava tanto a scuola. Diciamo che generalmente il giudizio su di lei si divideva in due blocchi distinti. C’era chi la considerava pazza e masochista, per voler tenere in piedi una relazione con qualcuno dall’altra parte del mondo. Molti la vedevano votata alla sofferenza e destinata a sicuri tradimenti... " e all’ultima parola ghigna, guardandomi di traverso, sotto le ciglia nere.
Stronzo!
“Altri la ammiravano profondamente per la sua forza e la determinazione. Per tante ragazze, specialmente le più piccole, si era trasformata in una sorta di mito romantico, una specie di eroina. Pensandoci bene, la tenacia è stata la prima qualità a colpirmi in lei, la prima cosa che mi ha fatto innamorare. Non si trovano in giro ragazze disposte a tanto per un uomo!"
Adesso mi hai proprio rotto le palle!
“Dacci un taglio, Seii!” sbotto nervoso, le forze incominciano a cedere sotto il peso dell’incazzatura che sta crescendo dentro di me.
"Calma Ozora, non ti scaldare! Devo spiegarmi come si deve, anche perché non credo che i tuoi amichetti del pallone, ti abbiano mai raccontato la versione ufficiale dei fatti. Ammettilo, sono schifosamente parziali!" e ride ancora, beffardo, allargando le sbraccia e alzando le spalle.
Non sono mai stato un violento, ma in questo momento vorrei tanto...
Tsubasa non fare stronzate, calmati!
Pensa a Sanae, pensa a lei...
“L’ho baciata!”
Un flash compare nella mia mente.
Il cortile di casa mia, la rabbia.
L’immaginazione che crea un’odiosa visione dell’accaduto nella mia mente.
“Lo so!” esclamo collerico, bruciando però così la sua provocazione.
Mi avvicino a lui, facendo ben attenzione al livello della mia capacità di controllo e mi fermo solo quando sono a pochi centimetri dalla sua bella faccia da cazzo.
“E mi auguro che non ti venga in mente un altro giochetto del genere, perché non credo riuscirò a compiere una seconda volta lo stesso miracolo, che adesso mi permette di non metterti le mani addosso."
Seii rimane sempre impassibile ma il suo sguardo ora trabocca arroganza da vendere.
"E che farai mai? Mi mandi un paio di pugni per corrispondenza dal Brasile, eh campione?"
“Non provocarmi...” sibilo contro il suo volto, sempre vicinissimo al mio.
"Sono un signore io, stai tranquillo. La tua ragazza è in buone mani... "
Non ci vedo più.
Le mie mani scattano da sole, andando ad afferrare con forza il colletto della sua camicia.
Non si deve avvicinare mai più a lei, non la deve nemmeno sfiorare, non deve più accadere nulla!
“Che intenzioni hai?”
Seii allontana con uno strattone le mie mani dal suo collo, un gesto capace d’innervosirmi ancora di più.
"Aspetto che il tempo passi, signor Capitano e che faccia il suo corso naturale. Quanto pensi possa resistere ancora quella ragazza? E' solo una questione di tempo, tempo e pazienza da parte mia. Sei talmente assente dalla sua vita Ozora, che nemmeno ti renderai conto della fine."
Di nuovo la rabbia prende possesso delle mie azioni e involontariamente torno a farmi sotto, con la voglia disumana di mettergli le mani addosso.
Gli chiedo, la voce alta e forte, cosa cazzo ne sai lui di me, di Sanae e della nostra vita.
"Hai mai visto i suoi occhi spenti, persi lontano? Così tristi, giorno dopo giorno, tanto da sembrare completamente assente? Rispondi campione!"
Il senso di colpa emerge prepotente dal mio petto, mettendosi a sgomitare con la rabbia, per avere il primato nelle mie emozioni.
"Credi che sia tutto bello per me? Che sia tutto facile? IO me ne sono andato, IO l’ho lasciata sola! Credi davvero che non ci pensi mai? Che non sappia di essere l’unica causa del suo dolore? Ma perché diavolo devo giustificarmi con te poi!"
"Se avessi le palle, la lasceresti libera..." e questa sacrosanta verità mi colpisce, come uno schiaffo in pieno viso.
Il fatto che sia uscita dalla bocca di Seii poi, non fa che renderla più amara, oltre che dolorosa.
Mi volto dandogli le spalle, immerso per un attimo nei miei pensieri più intimi, nel mio mondo fatto di complicazioni, amore e solitudine.
Quel mondo che mi porto dietro da quattro anni e che mi ricorda in continuo, che il campione, fuori dal campo, altri non è che un ragazzo debole, vigliacco e tremendamente egoista.
Che ama pretendendo troppo e riuscendo a dare in cambio ben poco.
Quello che a breve se ne andrà di nuovo, lasciando la parte migliore di sé dietro le sue spalle, ancora una volta.
"Mi sono chiesto migliaia di volte se senza di me sarebbe stata più felice... Se fosse uscita con qualcun altro, se si fosse innamorata di uno come te, avrebbe avuto di certo tutto quello che hanno le altre, ogni cosa che le ho tolto... Avrebbe pianto di meno, non si sarebbe mai sentita così sola e sarebbe rimasta la ragazza spensierata di tanti anni fa. Ma che ne sarebbe stato di me?"
Le parole mi escono dalla bocca da sole, senza controllo e non m’interessa minimamente che sia Seii a sentirle.
Ho solo bisogno di pronunciarle ad alta voce.
Mi volto verso il mio interlocutore, senza sentire l’esigenza di nascondere la mia sofferenza.
"Sarei capace di stare senza di lei? Senza sapere che mi sta pensando, senza sapere che lei c'è..."
Sorrido malinconico e la mia situazione mi sembra quasi patetica, oltre che enormemente triste.
"Probabilmente hai ragione tu. Non ho il coraggio di stare senza di lei e sono così egoista da tenerla vicina a me nonostante tutto, ma tutto questo ha un prezzo, quindi non venirmi a parlare di dolore, come se io non lo conoscessi..."
"ORA BASTA!"
Mi volto stupito verso la porta.
Sanae entra nella piccola stanza come una furia, il volto rigato dalle lacrime.
Lei non doveva essere qui! Non avrebbe mai dovuto sentire nulla!
Sconvolto, la osservo urlare contro Seii e intimargli di andarsene.
Osservo la scena come se non fossi qui, ancora troppo turbato dalla presenza della mia ragazza, in quest’odiosa situazione.
Seii cerca di giustificarsi ma all’ennesimo “Vattene!”, abbassa la testa e sferrando un calcio alla porta, esce finalmente di scena.
Sanae si volta verso di me, i suoi occhi sono così tristi che mi sento un vero idiota.
E’ sempre colpa mia se piange...
Si avvicina ed io sono ancora così stupito, da non riuscire a pronunciare una sillaba.
“Vieni qua...” sussurra piano e con così tanta dolcezza, che il mio corpo si muove da solo.
Mi ritrovo in attimo stretto a lei, tenendola per la vita.
Sanae circonda le mie spalle con le braccia così posso chiaramente sentire che sta piangendo ancora.
La sua voce è incrinata dall’emozione, quando mi chiede come mi sento.
“A casa...” rispondo spontaneo, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla.
Perché è così che lei mi fa sentire.
Lei è casa mia.
E non voglio più sentirmi debole e smarrito, perché lei non è con me.
E Sanae non deve più soffrire perché io non sono con lei.
“Scusa se non ti ho protetta...” mormoro al suo orecchio.
Lei scuote la testa, un singhiozzo fa sussultare il suo torace, stretto sempre tra le mie braccia.
E nella mia testa prende forma la più importante decisione della mia vita.
“Farò in modo che non accada mai più, te lo prometto...”











La storia di Tsubasa sta giungendo al termine, manca davvero poco.
Non ho molto da dire stavolta, credo che sia tutto chiaro nel capitolo e sono davvero felice di aver potuto esplicare meglio il significato di quel “a casa”, che nel capitolo corrispettivo di Butterfly era vincolato a quella semplice frase.
Ringrazio sempre di cuore tutte le persone che continuano a interessarsi alla storia di questo ragazzo speciale, almeno per me.^^
Alla prossima, OnlyHope^^

   
 
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