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Autore: Tsuki_94    09/12/2010    2 recensioni
“Senti, bambino, quanti anni hai?”
Il ragazzino si fermò, con la bocca ancora piena, e fece segno con le dita.
“Quanti sono?” chiese a Miry non riuscendo a contare.
“Ha nove anni” rispose lei. Solo nove anni.
“Oooooh allora sei più grande di me!”
Un amore che ha inizio ad una tenera età ma che potrà svilupparsi solo quando i due protagonisti saranno più grandi e saranno alla ricerca del loro posto in questo ingiusto mondo.
Lual, principessa ingenua, ancora un po' bambina ma degna del suo titolo regale; Aster, capo dei ribelli interessato alla propria libertà e a quella dei suoi simili, considerati poco più che selvaggi. Anche lui era un "selvaggio". Un selvaggio dal cuore di miele che mangia miele.
Presto entrambi si ritroveranno, forse riuscendo a capire che niente e nessuno, né il re, né le loro origini, può vietar loro di stare insieme e di amarsi.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 WILD HONEY


Capitolo 2: Beer & Honey
 
 
 
 
Cavalcare le liberava la mente. Al castello non c’era nulla da fare, suo padre era per l’ennesima volta in viaggio, nonostante l’età un po’ avanzata, la madre si occupava delle questioni burocratiche…
“Che noia…” pensò Lual, quando fece voltare il suo cavallo per tornare indietro, mentre si stava già facendo sera.
Decise di prendere il tragitto più lungo, passando per il paese. Quando entrò per la via principale scese dal cavallo e tenendolo per le briglie cominciò a camminare in mezzo alla gente che correva qua e là indaffarata.
Nessuno la riconobbe come la principessa, essendo vestita da cavallerizza e non portando alcun segno di riconoscimento, e questo le permetteva anche di fermarsi a guardare in tutta calma le merci esposte nella piazza del mercato e comprare qualcosa da mangiare per il suo cavallo.
Continuando a camminare sulla destra della via, passò davanti ad un vicolo, nel quale sporgeva un’insegna sbilenca di una taverna dalla quale uscivano fuori forti urla e risate. Incuriosita, allacciò le redini del cavallo ad una staccionata lì vicino e si addentrò in quel vicoletto più buio della via principale.
Nemmeno una lanterna ad illuminare il nome del locale, che sembrava chiamarsi “Il Fabbro zoppo”. Attraverso la finestra si potevano distinguere sfocati i tavoli squadrati, ai quali stava seduta tantissima gente, soprattutto uomini, la maggior parte già ubriachi.
“Meglio se torno a casa, questo è un postaccio” rifletté Lual, iniziando a fare dietrofront.
Ma dopo un paio di passi sentì una voce che sovrastò quelle degli altri nella locanda e che zittì tutti. Il silenzio era calato di punto in bianco, così Lual marciò indietro e tornò alla finestra per osservare l’interno.
Qualcuno si era messo in piedi su uno dei tavoli e stava parlando al suo pubblico in modo concitato attirando l’attenzione. Nessuno fiatava a parte quella persona che sovrastava tutte le altre.
Di soppiatto, cercando di fare il meno rumore possibile e di non farsi notare, Lual prese coraggio ed entrò per poter ascoltare il discorso. Sembrava qualcosa di davvero importante e coinvolgente se tutti erano in ascolto.
“…E per questo dobbiamo riuscire nel nostro intento! Solo così i nostri figli avranno un futuro!” stava concludendo quello che sembrava un ragazzo sui vent’anni.
Abbassò le braccia che fino a quel momento erano state in aria a gesticolare, stingendo i pugni, e attese guardando tutti gli spettatori negli occhi.
“Come possiamo fidarci di un ragazzino?” urlò qualcuno.
Un brusio percorse la taverna. Nel frattempo Lual era riuscita a sedersi ad un tavolino per una persona rimasto vuoto proprio di fronte al ragazzo.
“Non dovete avere fiducia in me” rispose quello “ma in voi stessi e nelle vostre capacità! Solo se crediamo in noi e siamo uniti possiamo combattere contro chi ci ostacola!”
Lual suppose che stessero parlando della guerra che probabilmente sarebbe presto iniziata. Il ragazzo, pur essendo così giovane, sapeva già come incantare il pubblico solo con le parole, perché tutti applaudirono alla sua risposta. Lual poté finalmente guardarlo e vedere com’era. Aveva capelli lunghi raccolti in un codino, nerissimi come i suoi occhi. In questi brillava una luce, un ardore per quello di cui stava parlando che catturò letteralmente Lual. Il suo corpo, sotto quei vestiti aderenti un po’ rovinati e sporchi, sembrava atletico e abbastanza muscoloso, ma non troppo, la pelle era bronzea e sembrava morbidissima.
Solo quando tutti ricominciarono a parlare ad alta voce, lual si rese conto che il discorso era finito e in un attimo aveva perso di vista il ragazzo.
“Che perdita di tempo…” pensò Lual “non bastava sentir parlare di guerra già da papà, anche il popolo non sa parlare d’altro…”
Fece slalom tra i tavoli quando qualcosa di forte la trattenne, facendola finire seduta su un omaccione mezzo ubriaco di birra, a giudicare dall’alito. Quello le aveva messo un braccio attorno alla vita attirandola a sé e ancora adesso la bloccava impendendole di andarsene.
“Che ci fa un bocconcino zuccheroso come te?” chiese biascicando le parole.
“Mi lasci! Mi lasci stare!”
Lual iniziò a dimenarsi come una forsennata, mentre l’uomo rideva di lei e tentava di allungare le mani. Fu quando sentì la mano di quel lurido uomo sul suo seno che qualcuno intervenne. Voltandosi di scatto, Lual vide il ragazzo che aveva parlato davanti a tutti sul tavolo che aveva appena tirato un potente gancio destro all’ubriacone, facendogli perdere i sensi, dopo che cadde dalla sedia. Lual riuscì a rimanere in  piedi e venne tirata per un braccio dal ragazzo.
Si ritrovò appiccicata a lui, con la faccia sul suo petto e un suo braccio attorno alle spalle che la stringeva forte.
“Qualcun altro è in cerca di grane?” chiese ad alta voce il ragazzo.
Coloro che avevano assistito alla scena non proferirono parola. Dopo un’ultima occhiata alla sala, il giovane trascinò Lual fuori da quel luogo di gente poco di buono tenendola per un polso.
“Che ti salta in mente, stupida? Stavi rischiando brutto, lo sai?” le sbraitò contro appena furono fuori.
Lual non seppe cosa dire.
“M-mi… dispiace, io… io…”
“Avanti, tornatene a casa! Le bambine come te non dovrebbero girare a quest’ora in paese, soprattutto in queste vie malfamate” la interruppe lui.
“Ma come si permette?!” pensò Lual “Sono la principessa!”
Stava per dirglielo e ordinargli di chiederle scusa ma si trattenne non volendo rischiare altri danni.
“Allora, che stai aspettando?” la riprese ancora.
“V-va bene… vado” si stizzì Lual e senza voltarsi indietro, corse verso il suo cavallo e tornò al palazzo.
 
 
 
 
“Aster!”
Lual entrò nella cella tenendo tra le mani un cestino coperto da una tovaglietta.
“Uh?” fece solo il bambino non capendo.
“Ti ho trovato un nome, d’ora in poi ti chiamerai Aster! Significa ‘stella’! Ti piace?” disse tutta contenta Lual.
Il ragazzino stette a pensarci alcuni secondi, poi annuì con la testa facendo un mezzo sorriso. Lual rimase estasiata da quell’accenno di interazione che Aster ebbe con lei così provò di nuovo.
“Prova a dirlo! A-s-t-e-r! Aster!”
Aster scosse la testa e si voltò dandole le spalle.
“E dai! Non è difficile!” pregò Lual.
Aster prese a giocherellare con l’orsetto regalatogli da Lual continuando a non proferir parola, quando a Lual venne un’idea.
“Se dici il tuo nome, ti faccio assaggiare questo!” esclamò tirando fuori dal cestino che aveva portato un barattolo con un liquido ambrato.
Aster tornò a rivolgersi verso di lei, incuriosito dal contenuto di quel barattolo. Tento di rubarlo dalle mani di Lual ma lei fu più veloce e si ritrasse.
“No, no! Prima devi dire il tuo nome! Avanti, Aster!”
“Aster” sussurrò il bambino.
A Lual si illuminò il viso.
“Evviva l’hai detto! L’hai detto!”
“Ora dammi quel coso” parlò ancora Aster.
“Hai parlato di nuovo!” si stupì Lual.
“Certo, che credevi?” si indignò Aster “Avanti, dammi quella roba”
“Sì, aspetta!” Lual tirò fuori un cucchiaio.
Poi aprì il barattolo e raccolse un po’ di quel liquido chiaro e denso, allungando poi il boccone ad Aster.
“Questo si chiama miele, è buonissimo” disse.
Aster avvicinò il viso e aprendo la bocca inghiottì il cucchiaio di miele.
“Ma è dolcissimo!” si lamentò.
“Sì, è tanto buono vero?” sorrise la principessina per la reazione di Aster.
“Fammelo assaggiare ancora” chiese Aster.
“Sì!” e Lual porse un altro cucchiaio di miele al ragazzino, imboccandolo.
“Stavolta mi piace di più” commentò Aster, schioccando le labbra.
Lual quella notte andò a letto contentissima, pensando a cos’altro avrebbe potuto portare al suo nuovo amico Aster l’indomani.
Aster, dal canto suo, tentò anche quella notte di evadere ma senza successo. Lanciò un’occhiata al barattolo di miele che la principessa le aveva lasciato. Poi un’altra. Infine si decise, lo prese e iniziò a ingurgitare il miele.
 
 
 
 
“L’hai mangiato tutto!”
“…Sì”
“Ecco perché stai male! Adesso chiamo Miry così ti cura!”
Lual corse fuori dalla stanzetta lasciando Aster disteso sul suo letto con lo stomaco dolorante. Tutto quel miele gli aveva fatto venire mal di pancia e ora non riusciva più a muoversi.
“Vieni Miry, vieni!”
“Arrivo, arrivo” accorse la donna preceduta dalla principessa.
“Guarda, sta male”
“Non avresti dovuto lasciargli il miele, Lulu” la rimproverò Miry.
“E-era buono.. non sono riuscito a smettere” si giustificò Aster.
“Tranquillo, vado a prepararti un buon rimedio per il mal di pancia, tra un’oretta starai benissimo come prima” lo rassicurò Miry.
“Così potremo giocare di nuovo” sorrise Lual.
“Pensi solo a giocare…” mormorò Aster, fingendosi scocciato, ma allo stesso tempo ghignando leggermente.
“Perché mi prendi in giro, Aster?” piagnucolò Lual.
“Perché sei tanto piccola…”
“No, sei te che sei troppo grande!” ribatté lei.
 
 
 
 
Quel ragazzo le sembrava di averlo già visto. Ma non ricordava dove. Eppure non era così comune vedere persone con quella carnagione. Avrebbe tanto voluto dirgliene quattro, farlo pentire di come le si era rivolto.
Stava tornando di nuovo dalla sua solita cavalcata, sempre attraverso il paese, di nuovo inosservata. Sul ciglio della strada stavano piccoli orfanelli che chiedevano elemosina, così lasciò loro un sacchetto di monete e sorrise vedendo le loro faccette incredule e felici.
Proseguendo col cavallo dietro di lei, si trovò ormai vicino al cancello che portava poi al palazzo. Sulla sinistra, seduto con la schiena appoggiata al muro, stava proprio il ragazzo della sera prima. Apparentemente sembrava dormire ma non appena sentì il rumore degli zoccoli del cavallo di Lual, i suoi occhi si aprirono di scatto. Due pozzi senza fondo.
“Ah, dunque sei la principessa” commentò.
“N-no, io…” negò Lual.
“Oh andiamo” esclamò lui mettendosi in piedi e spolverandosi i pantaloncini sbrindellati “si vede da come cammini… dal tuo portamento… e dal tuo cavallo, immacolato e tirato a lucido”
Lual serrò le labbra. Non le andava di farsi scoprire così a girovagare per il paese. Voleva poter passeggiare tranquilla. E ora si metteva a creare problemi questo tizio che non aveva niente di meglio da fare.
“Portami rispetto allora, non darmi del tu!” rispose lei acidamente.
“Ma se sei più piccola di me! Avrai sì e no tredici anni!” rise di gusto lui.
“Ne ho quindici! E sono pur sempre la tua principessa!”
Senza preavviso, quello scattò verso di lei, bloccandole il viso per il mento e mantenendo un contatto visivo molto da vicino.
“Principessa, voi per me non siete assolutamente nulla” le disse a quella distanza così ravvicinata in tono suadente e allo stesso tempo risoluto.
Detto ciò, la lasciò andare e cominciò ad avviarsi per tornare in mezzo alla gente che stava tornando a casa.
“Arrivederci, principessa!” salutò con un cenno della mano continuando a camminare.
“SBRUFFONE!” gli urlò di rimando lei prima di rimontare sul cavallo e far ritorno a palazzo.
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio tantissimo chi ha messo questa mia nuova fan fiction nei preferiti, nei seguiti, nelle ricordate e soprattutto chi ha recensito ^_____^ vi prego, continuate ad apprezzare questa mia storia che è ancora soltanto agli inizi! Grazie,
Luna ^w^

  
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