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Autore: RoseScorpius    10/12/2010    34 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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11.
Perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere… - parte 2
 

 
La gelosia è una brutta cosa: capita sempre nei momenti peggiori.
Passi la vita a stressarti ripetendoti che lui non ti piace, che non ti interessa quello che fa, e con chi lo fa. E poi, quando ti trovi costretta ad ammettere che come bugiarda fai davvero schifo, quando non hai più la forza né la voglia di sbatterlo fuori dai tuoi pensieri, quando ti ritrovi cuore e cervello completamente sottosopra, come se tutto questo non bastasse, ci si mette pure la gelosia.
Come se non bastasse sentirti un’idiota perché, tra tutti gli esseri di sesso maschile presenti sulla faccia della Terra, dovevi andarti a pescare proprio lui. No, devi per forza ucciderti di seghe mentali, e distruggerti i neuroni a furia di chiederti se gli piace un’altra.
E poi, visto che non c’è due senza tre, oltre alla cotta e alla gelosia arriva pure la sfiga. Perché magari l’altra è tua cugina…
 

 

***

 
Il giorno dopo ero a pezzi: il mio sonno era stato infestato da visioni del modello di Calvin Klein che si sfilava Galeoni dalla parte davanti dei boxer, ammiccando con un sorriso pervertito, e di conseguenza non osai mettere il naso fuori da camera mia, troppo terrorizzata dall’idea di imbattermi in Scorpius anche solo per percorrere i due metri e mezzo che separavano camera mia dal bagno.
Alle nove e mezza il suddetto biondino venne a bussare alla porta della mia stanza. « Ehi, Rose… ehm… sei sveglia? Posso entrare? » chiese, esitante.
Immediatamente il mio cervello malato mi propinò un’immagine del modello di Calvin Klein, coperto solo da un minuscolo perizoma leopardato, che si strusciava sulla porta, leccandola. « Ehm… io… non sono presentabile… » balbettai, cercando di darmi un contegno.
« Oh, d’accordo. Volevo solo dirti che ho fatto le crêpes, se ti va di fare colazione. »
Il mio stomaco brontolò sonoramente, ma una visione del modello che mi imboccava lussuriosamente mi convinse a declinare l’offerta. « No, grazie, non ho fame! » esclamai, precipitosamente.
« Oh, ehm… » Scorpius parve deluso « pensavo che ti piacessero le crêpes con la Nutella… »
Alla parola Nutella il mio stomaco si rivoltò come un calzino, ma mi tirai le coperte sulla testa ed affondai il viso nel cuscino. « Si… cioè, no… insomma, non ho fame. »
« Sicura di star bene? » chiese Scorpius, perplesso.
Il modello di Calvin Klein, nudo sotto un camice immacolato, mi fece cenno di sfilarmi i vestiti, sillabando con le labbra “giochiamo al dottore e alla malata?”. Sprofondai di più la faccia nel cuscino. « Starei meglio se tu te ne andassi. » risposi flebilmente. “O per meglio dire starei meglio se il modello se ne andasse dalla mia testa…
Scorpius cominciò una frase, ma s’interruppe dopo due sillabe, e mi sembrò di sentire un sospiro. Quando finalmente udii i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio fui io a sospirare, per il sollievo, e riemersi dalle coperte, appiattendomi i capelli elettrizzati dalla lana con stizza.
Se becco Dominique la uccido!
Il mio stomaco ruggì tutto il suo assenso, e per metterlo a tacere – o perlomeno per ignorarlo – mi misi a leggere il diario di Draco, che giaceva abbandonato sul mio comodino da diversi giorni.
 
2 settembre 1993
 
Potter è riuscito nell’impresa dove nessun altro studente in questa scuola, prima di lui, era riuscito. E non sto parlando di sopravvivere senza danni cerebrali più grossi di quanto fossero in partenza agli atti di pedofilia di Silente, o compiere qualche gesto eroico quasi quanto stupido. Ebbene no, senti cosa si è inventato questa volta per stare al centro dell’attenzione: sua maestà Harry-sonosempreilprotagonista-Potter ha avuto la brillante idea di svenire in treno, come una femminuccia. Cioè, è riuscito a finire in infermeria prima ancora di mettere piede nel castello. E poi se n’è andato in giro a piagnucolare per la sua ingiusta sorte di orfano, cercando compassione. Disgustoso, vero?
Attualmente sono seduto a un tavolino della Sala Comune, mentre Daphne Greengrass continua a lanciarmi sguardi assassini. Credo che pensi che stuprerò sua sorella. Credo che lo farò, quando sarà più grande.
Diamine, non sapevo che Daphne avesse una sorella  così gnocca! Certo, è una primina, perciò non è che possa metterci in atto chissà quali fantasie erotiche… però, ehi! Piccola Astoria, cresci bene che ripasso!
Ieri, quando l’ho detto ad alta voce in Sala Grande, Daphne mi ha tirato uno schiaffo in faccia. Uno schiaffo forte. E a colazione, quando mi ha beccato a guardarla, anche Pansy mi ha tirato uno schiaffo. Di questo passo mi verranno le guance come a un criceto. Infatti è da stamattina che evito Millicent: se si mette in testa anche lei di tirarmi uno schiaffo, mi uccide. Giuro, quella stenderebbe anche Tiger e Goyle.
 
26 settembre 1993
 
Credo che mentre aspetto che la piccola Greengrass riempia una seconda di reggiseno, indirizzerò il mio amore verso la Cooman. Le mie fantasie sessuali magari è meglio di no, però. Anche perché Pansy adesso si è messa in testa che deve leggere la mia posta e il mio diario, e non voglio che mi prenda a schiaffi di nuovo. Ah, si, è sottointeso che non sono ancora riuscito a scaricarla, sennò non starei certo qui a farmi prendere a ceffoni da un carlino bipede. Comunque, chiudiamo la parentesi Pansy, prima che vomiti le Cioccorane che un primino mi ha gentilmente regalato (Tiger e Goyle sanno essere molto persuasivi, quando vogliono…). Cosa stavo dicendo? Ah, giusto. Quest’anno dobbiamo seguire ben due, e dico due, e quando dico due vuol dire due materie nuove. Entrambe totalmente inutili, per giunta. In pratica sono altre sei ore a settimana buttate nel cesso... e io odio quando la gente spreca il mio tempo. Per non parlare del fatto che adesso, oltre ai folletti, possono insegnare anche i mezzigiganti. Ma perché non direttamente i Troll, dico? Merlino, quanto siamo caduti in basso… Quello zoticone di Hagrid non ha neanche una bacchetta magica, e si aspettano che io, Draco Malfoy, discendente di una nobile e antichissima casata di Purosangue, prenda lezioni da lui? Scriverò a mio padre di fare qualcosa a riguardo: è semplicemente inammissibile.
L’unica nota positiva in tutto questo degrado scolastico – come ti stavo dicendo all’inizio – è che la Cooman, la prof di divinazione, passa la metà delle sue ore a predire la morte di Potter. Davvero, credo che potrei amarla. Spero solo che sia una vera veggente…
 
Quando, a metà novembre, il Draco tredicenne si lanciò in un appassionato sputtanamento dei Weasley, decisi che per quel giorno poteva bastare.
E fu così che Rose Weasley ripiombò nella noia più totale.
Davvero non capivo come facesse Scorpius a passare la maggior parte della sua insulsa esistenza chiuso in camera sua. E quando il modello di Calvin Klein fece una breve apparizione nella mia testa, stravaccato tra un mare di copie del kamasutra che rappresentavano il suo unico indumento, decisi che non capivo neanche cosa diamine avessero i miei ormoni. Evitai di contare sulle dita della mano da quanti mesi esattamente non baciassi un ragazzo, soprattutto perché temevo che le dita di una mano sola ormai non bastassero più.
Alle dieci e mezza ero distesa sul letto, e stavo intensamente pensando ad una lavagna nera (“James dice che funziona, quando vuoi addormentarti”). Alle dieci e tre quarti ero sempre distesa sul letto, e stavo riflettendo su tutte le cazzate che sparava James. Alle undici meno cinque volevo suicidarmi. Alle undici decisi che era molto più comodo morire e basta, così non avrei nemmeno dovuto alzarmi da quel letto. Alle undici e venti arrivai addirittura a fare i compiti di Trasfigurazione.
Alla fine, verso ora di pranzo, mi dissi che Scorpius non poteva essere peggio della teoria della trasfigurazione umana, perciò mi trascinai fino in cucina e decisi che mi sarei messa a spadellare un po’, tanto per avere qualcosa da fare. Non che io sapessi cucinare, beninteso, ma l’unico rischio che correvo era di avvelenare Scorpius o di morire avvelenata io stessa, ed in quel momento entrambe le prospettive mi parevano piuttosto allettanti.
Aprii l’anta del frigo e cominciai ad allineare sul bancone ingredienti a caso, scegliendoli a seconda del colore e di quanto mi ispirassero le confezioni che mi trovavo davanti. Il modello, intanto, stava sensualmente reclamando la mia attenzione in un angolo del mio cervello. Riuscii ad ignorarlo incredibilmente bene, finché…
« Hem… »
Un colpetto di tosse sarcastico alle mie spalle mi convinse a lasciar perdere la cioccolata e la confezione di mozzarella che avevo appena estratto dal frigo: Scorpius se ne stava appoggiato allo stipite della porta con un atteggiamento molto casual per i suoi standard, ed osservava le mie mosse con palese divertimento.
Merlino, no, appoggiato allo stipite no! E soprattutto non in quel modo! Vuoi che il modello mi faccia venire un orgasmo?
Sussultai, e dovetti serrare le mani sulla maniglia del frigo per non perdere la calma. « Malfoy, che vuoi? » chiesi, brusca.
Lui si limitò a scuotere la testa in direzione del petto di tacchino e del pacchetto di merendine che spiccavano in cima alla catasta di cibo che avevo accumulato sul bancone, ridacchiando. « Cosa stai cercando di fare? »
« Cucino. Hai qualche problema? » sbottai, togliendogli di mano il cartoccio di prosciutto che stava studiando con aria scettica.
« Nessun problema, a meno che tu non avessi intenzione di cucinare anche per me. » mi assicurò lui.
Feci finta di non aver visto il modello che si leccava un dito sporco di nutella, e scoppiai in una risata sarcastica. « Io cucinerò per te solo quando mia madre si metterà con… » mi interruppi, prima di dire Draco Malfoy « no, aspetta, dopo gli avvenimenti delle ultime settimane devo aggiornare la mia lista delle cose impossibili… »
Scorpius si rabbuiò leggermente. « Bhe, almeno adesso ho una garanzia in più di arrivare agli ottant’anni. » disse, ignorando di proposito il mio accenno all’improbabile relazione tra i nostri genitori.
« Guarda che io sono perfettamente in grado di cucinare! » sbottai, offesa.
Non era proprio vero, ma tanto Malfoy non avrebbe mai assaggiato le mie creazioni culinarie, e se anche lo avesse fatto, poi non sarebbe vissuto abbastanza per sfottermi per la mia totale incapacità ai fornelli.
Scorpius mi rivolse un’occhiata scettica. « E cos’era che volevi cucinare, di preciso? »
Feci scorrere lo sguardo sugli ingredienti che avevo accatastato sul bancone, in cerca di ispirazione: un limone, mezzo cavolo, un pacco di merendine, della passata di pomodoro, una bistecca, un sacco di farina, un cartoccio di prosciutto, della mozzarella, una tavoletta di cioccolato aperta, un petto di tacchino, il barattolo della Nutella, un cartone di latte e una sogliola.
« Uhm… pizza. » decisi alla fine, anche se avevo a malapena idea di quali ingredienti ci volessero per farla.
« Pizza? » chiese lui, fissando le merendine, la Nutella e la maggior parte degli altri alimenti che si trovavano sul bancone con un ghigno divertito.
Nooooo il ghigno no! Ma sei impazzito? Cancellati quel sorrisetto dalla faccia all’istante, sono stata chiara? Guarda che se il modello mi fa venire in infarto ti riterrò responsabile!
« Si, pizza. » affermai, ostentando una sicurezza che non avevo neanche per metà « Non dirmi che non hai mai mangiato la pizza con la Nutella, in Italia la mangiano tutti. »
Scorpius storse il naso. « Sempre detto che gli Italiani sono gente strana… Come te, del resto. »
Mi lanciò un’occhiatina obliqua, e spostò un po’ di ingredienti dal bancone, ricavandosi un angolino libero dove appoggiò il sacco di farina. « Sei sicura di voler fare la pizza? Mangeremo tardissimo. »
« Non usare il plurale in una frase che riguarda noi due! » sbottai « E comunque non ho la minima intenzione di mettermi a cucinare con te! » Aggiunsi, ricordando una scena particolarmente vivida del sogno, in cui il modello si spalmava addosso un intero vasetto di Nutella e poi si leccava le mani con lussuria.
Scorpius alzò le spalle. « D’accordo, allora io mi faccio la mia pizza. Per me. »
« E io faccio la mia. » replicai, con aria di sfida, accatastando il resto degli ingredienti al centro del bancone, a formare una specie di Muraglia Cinese che lo divideva a metà: la mia metà, quella bella, buona e simpatica, e la sua metà, quella brutta, cattiva e antipatica.
Bene, e adesso?” mi chiesi, osservando la mia metà di bancone. Sbirciai Scorpius, e notai che stava scegliendo una serie di ingredienti con molta sicurezza. Riconobbi il sacco di farina, dell’acqua, il barattolino del sale ed una bottiglia d’olio, mentre non capii cosa fosse quel cubetto marroncino. Poco male, il colore non prometteva bene: non avrei comunque voluto metterlo nella mia pizza.
« Malfoy, la farina servirebbe anche a me. » gli feci notare, cercando di leggere sul cilindro graduato quanta acqua avesse preso, possibilmente senza farmi notare.
Lui rovesciò una montagnola di farina sulla sua parte di bancone e mi passò il sacco, impassibile. Rovesciai tutta la farina contenuta nel sacco sulla mia parte di tavolo, e risposi allo sguardo allibito di Scorpius con un sorrisetto di sfida. Poi riempii una caraffa d’acqua e, al posto del cubetto marrone, decisi di prendere due uova: infondo le uova andavano un po’ in tutti gli impasti, no? Non potevano di certo rovinare la ricetta. Sbirciai le mosse del Serpeverde, che sembrava capirne molto più di me, ed aveva fatto una specie di buco in mezzo alla montagnola di farina, dove ora stava versando l’acqua.
Lo imitai, e ruppi le uova sul bordo della brocca d’acqua, buttando sia il bianco che il rosso in mezzo alla farina. Per la verità finirono nella farina anche un discreto numero di pezzettini di guscio, che cercai di tirare fuori e buttare per terra senza farmi vedere dal biondo.
« Precisamente, cos’è che stai facendo, Weasley? » mi chiese lui, fissando la poltiglia di uovo e farina che mi si era appiccicata alle mani, con aria schifata.
« La… pizza…? » risposi, non molto convinta.
Il sopracciglio sinistro di Scorpius si sollevò di parecchi centimetri. « Con le uova? »
« Si, ehm… la pizza all’uovo… è una vecchia ricetta… Uruguaiana… » inventai, annuendo con quella che speravo sarebbe risultata un’espressione convinta e convincente. Speranze vane, ovviamente.
Scorpius sbuffò. « Avanti, ammettilo che non sai cucinare. »
« Io sono perfettamente in grado di… » Protestai, ma prima che potessi terminare la frase lui si era posizionato dietro di me e mi aveva tolto le mani dall’impasto con un gesto secco ma gentile allo stesso tempo.
Il mio cuore perse un paio di battiti, ma poi recuperò subito partendo a razzo, come il pungiglione di uno Schiopodo Sparacoda. Arrossii fino alla punta del mignolo del piede sinistro, mentre il modello, nella mia testa, si scatenava in una danza davvero indecente.
Sperai ardentemente che Scorpius non fosse un Legilimens. Ma che lo fosse o no, a giudicare dal suo sorrisetto divertito, qualcosa lo doveva avere notato. « Prima che tu combini altri disastri. » sussurrò, a mo’ di spiegazione.
Se non fossi stata così impegnata a pensare che le mie mani erano intrappolate tra le sue, probabilmente avrei trovato qualche rispostaccia da dargli. O forse no...
La sua pelle era morbida, anche se al momento era impastata di acqua e farina – il che, dovetti ammetterlo, non era neanche lontanamente eccitante come il modello ricoperto di Nutella –, e le sue dita affusolate mi stringevano delicatamente i polsi, come se avesse paura di farmi male. Cosa che mi sembrava discretamente idiota, dal momento che io lo prendevo a pungi una media di due volte al giorno.
Ecco, brava, Rose, pensa qualunque cazzata di venga in mente ma, ti prego, evita di pensare a…” Scorpius? Merlino, avrei dovuto prenderlo a calci ed allontanarmi da lui di almeno tre metri. Peccato che, a quanto pareva, la mia forza di volontà stava giocando a nascondino con i miei ormoni impazziti…
Oddio, Rose, rinsavisci!
Restammo immobili in quella posizione per una manciata di lunghissimi secondi – o forse, ma questo lo pensai dopo, erano stati troppo corti – con il suo fiato caldo che mi scompigliava i capelli sul collo, ed il suo petto che sfiorava appena la mia schiena. E il modello che…bhe… diciamo che cercavo di non pensare troppo a quello che stava facendo.
« Ehm… puoi anche lasciarmi, adesso. » dissi, imbarazzata.
« Si, ehm… scusa… » borbottò lui, allontanandosi di un passo. Poi parve riacquistare il solito contegno distaccato e antipatico, ed il suo solito colorito pallido (almeno potevo consolarmi con la consapevolezza di non essere stata l’unica ad arrossire). « E comunque con questa schifezza non farai mai una pizza. Forse riusciamo a farci una torta, se non combini altri disastri. » ci tenne a precisare, storcendo il naso.
Sbuffai, incrociando le braccia sotto il seno con un’espressione contrariata. « Credi di essere un gran cuoco? »
« Non lo credo, lo so. » replicò lui, sfoderando tutta la sua superbia da Malfoy.
« Bene, ti lascio a cucinare, allora. » annunciai, e mi affrettai ad allontanarmi dalla cucina, prima di fare altri danni. O prima che il modello potesse fare altri danni alla mia materia grigia, a seconda.
Appena raggiunsi il divano del salotto mi ci afflosciai sopra, bestemmiandomi dietro in tutte le lingue che conoscevo: dovevo tornare in possesso delle mie facoltà mentali, e in fretta, prima che la situazione diventasse irreparabilmente grave.
Recuperai il telecomando da sotto un cuscino ed accesi la tv, decisa a non pensare a Scorpius. Non ci riuscii molto bene, visto che mezzo minuto dopo ero voltata di spalle alla televisione, e stavo sbirciando le mosse del biondino senza farmi vedere: era di profilo, e la luce estiva che filtrava dalle finestre illuminava il suo naso dritto, forse appena un po’ troppo lungo, i ciuffi di capelli biondi, che gli ricadevano sulle lenti degli occhiali, e le labbra sottili, serrate in una smorfia concentrata. 
Forse non era un giocatore di Quidditch palestrato e terribilmente figo, e preferiva i libri alle ragazze, ma infondo quanti altri ragazzi sulla faccia della Terra sapevano cucinare come uno chef francese, tenevano in ordine la casa e per giunta ti facevano copiare i compiti? Se avesse smesso di portare quegli stupidi occhiali e se fosse stato un tipo vagamente più sportivo, avrebbe quasi potuto essere il mio uomo ideale… Ragion per cui non potevo assolutamente permettere che Dominique lo trasformasse nel modello di Calvin Klein.
 

 

***

 
Quel pomeriggio, armata di Pozione Polisucco, jeans larghi e sneakers bianche taglia quarantatrè, mi accingevo a svolgere il mio turno al negozio di elettronica. Lanciai un ultimo sguardo al display del cellulare, su cui campeggiava la scritta “Sono dietro l’angolo. Scendi? Domi.”, poi lo infilai in tasca e mi avviai verso il bagno, camminando a gambe larghe per evitare che i pantaloni troppo grandi mi scivolassero fino alle caviglie, o – in alternativa – per evitare di inciampare in tutti quei centimetri di stoffa inutile, facendo finire il mio naso all’altezza delle caviglie. Ero così impegnata a ciondolare nei jeans di James senza schiantarmi che non badai alla porta chiusa del bagno, e la spalancai senza pensarci.
Pessima mossa, Rose.” O molto buona, a seconda, perché se era vero che l’acuto di Scorpius mi aveva distrutto le orecchie, era anche vero che vedendolo con i capelli grondanti d’acqua, e uno striminzito asciugamano annodato attorno alla vita, mi ero rifatta gli occhi. Se ne stava lì, immobile, tra le volute di vapore caldo che appannavano lo specchio e scivolavano lungo le piastrelle in minuscole scie d’acqua. I suoi capelli, bagnati ed incollati alla nuca, sembravano quasi castani, e le punte arricciate delle ciocche più ribelli spandevano goccioline sul suo volto, e sulle spalle. E poi le goccioline scendevano, così come fece il mio sguardo, lungo il petto magro, sulle costole che affioravano sotto la pelle bianca, sulle linee appena abbozzate degli addominali, e poi ancora più giù, sfiorando l’ombelico, e poi ancora più in basso, tra i radi peli biondicci che scomparivano dietro l’orlo dell’asciugamano… e la mia fantasia continuava a scendere, anche là dove i miei occhi vedevano solo le pieghe bianche della stoffa, anche là dove non avrei dovuto essere interessata a cosa c’era…
Sentii le guance andare a fuoco, mentre i miei ormoni tripudiavano, e il modello di Calvin Klein… bhe, penso che a questo punto descrivere le sconcerie che stava facendo sia superfluo…
« Malfoy! » sbraitai, schiaffandomi entrambe le mani sugli occhi nel vano tentativo di sedare gli ormoni e risvegliare i neuroni « Merlino, che schifo, ma vuoi vestirti? »
Sbirciando tra le dita scorsi l’espressione irata che si dipinse sul suo volto rosso peperone. « Cioè, fammi capire » sbottò « tu fai irruzione nel bagno mentre ci sono dentro, e poi hai anche il coraggio di lamentarti se non sono vestito?! »
E chi si lamenta?” misi prepotentemente a tacere la vocina che aveva detto una simile idiozia, e mi affrettai a rispondergli per le rime. « Bhe, se proprio devi spogliarti almeno chiudi la porta a chiave! »
« Se proprio devo spogliarmi?! » ripetè, con una smorfia « Perché, secondo te cosa ci faccio in bagno, mi trucco? »
« Conoscendoti non c’è da escluderlo! » strillai « E la prossima volta non ti azzardare a farti trovare in questo stato, chiaro?! » Sbattei violentemente la porta, e mi fiondai giù per le scale, incespicando nei jeans e bestemmiando dietro ai gusti da rapper di James.
Non avevo bisogno del senno di poi per rendermi conto che la mia scenata isterica, oltre a sembrare decisamente patetica, era anche totalmente immotivata, ed altrettanto stupida. Ma d’altronde chi riuscirebbe a pensare lucidamente con un biondo palestrato che si spoglia nella sua testa, e un altro biondo meno palestrato già spogliato davanti al naso?
« Weasley! » mi chiamò la voce di Scorpius, dalla cima delle scale « Stai bene? » sembrava vagamente preoccupato.
« Sto benissimo! » urlai. « Mai stata meglio! » Dubito che la mia credibilità in quel momento fosse molto alta, visto che avevo la voce qualcosa come due o tre ottave più alta del normale.
« Sei sicura? » insistette Malfoy « Insomma, te ne vai in giro vestita da maschio e… a proposito, si può sapere perché sei vestita da maschio? »
« E si può sapere perché tu non sei capace di farti i cazzi tuoi?! » replicai, imboccando il vialetto del giardino quasi di corsa.
D’accordo, avevo un problema. Un problema grosso, molto grosso. Un problema di nome Scorpius Malfoy, che per qualche ragione a me ignota aveva un effetto catastrofico sulle mie facoltà mentali… Raggiunsi Domi, dietro l’angolo, con i palmi delle mani sbucciati, ed il fiato corto. Mia cugina, dall’alto dei suoi sandali a zeppa, mi lanciò un’occhiata che metteva palesemente in dubbio le mie facoltà mentali. « Rose? » mi salutò, perplessa, sollevando un sopracciglio accuratamente rifinito.
Stappai la bottiglietta di Polisucco, ne trangugiai il contenuto e mi aggrappai al suo braccio senza nemmeno salutarla. « Smaterializziamoci. » tagliai corto « Subito. »
 

 

***

 
Verso le cinque e mezza me ne stavo seduta al computer di cassa, con un paio di cuffiette nelle orecchie ed un pagina di Google aperta davanti al naso. Domi si era stufata ben presto di tenermi compagnia al negozio, e ne aveva approfittato per fare un salto a Oxford Street, assicurandomi che non ci avrebbe messo molto. Conoscendola, voleva dire che dopo l’orario di chiusura dei negozi forse si sarebbe ricordata di venirmi a prendere.
Fortunatamente quel pomeriggio i clienti non sembravano particolarmente in vena di fare acquisti, e speravo che continuassero a non esserlo, lasciandomi libera di schiattare di noia in santa pace. Tamburellai le dita sulla tastiera e, senza pensarci, digitai Calvin Klein nella barra di ricerca. Cliccai sulla prima immagine che comparve, e immediatamente lo schermo fu riempito dalla foto di un modello moro, in mutande, con il fisico scolpito ed un pacco tanto sul davanti, ma tanto che probabilmente, con un soffia di vento dietro la schiena, si sarebbe sbilanciato e sarebbe caduto a musata. Mi consolai un po’ pensando che l’unica somiglianza tra quell’essere indiscutibilmente figo e Scorpius era la dimensione del contenuto delle mutande, ma quel pensiero finì per scatenare il modello nella mia testa, e farmi sentire ancora più terribilmente stupida. Mi tirai uno schiaffo sulla guancia, bestemmiando mentalmente dietro alla regola della L, che a quanto pareva funzionava solo per Al, e solo se si metteva un paio di calzini nelle mutande.
Odio Malfoy! Non gli bastava interferire con la mia vita, ora deve anche interferire con la mia normale attività cerebrale!
Ero talmente impegnata a crogiolarmi in quei pensieri astiosi, che ci misi un po’ a realizzarmi che qualcuno mi stava chiamando.
« James? »
Alzai lo sguardo, perplessa, trovandomi davanti agli occhi castani, e delicatamente truccati di una biondina dall’aria fragile. Mi sorrideva, incerta, ed aveva le guance velate di un lieve rossore.
Diamine, ma sembro forse quel troglodita di mio cugino?!” Poi realizzai che, sì, con la Polisucco dovevo assomigliargli parecchio, e mi affrettai a mettere in icona la finestra su cui campeggiava il modello in mutande.
« Oh, ciao, Kathie! » esclamai, sforzandomi di assumere una voce che sembrasse quella di James, ed un sorriso che sembrasse almeno vagamente un sorriso.
Non sapevo cosa diamine ci facesse la mia compagna di dormitorio in un negozio babbano di elettronica, ma a giudicare dallo sguardo melenso che mi stava puntando addosso non poteva essere una buona cosa.
Miseriaccia, ma si può sapere cosa cavolo ci trova in James? Bha… sarà il fascino degli idioti…
Kathie si arrotolò una ciocca di lisci capelli biondo chiaro sull’indice. « Ho saputo che i tuoi genitori ti hanno messo in punizione per aver aiutato Rose… e, bhe, penso che sia stato un bel gesto da parte tua… » il rosa pallido che le tingeva le guance si trasformò in un rosso decisamente più acceso « E, ehm… insomma, pensavo che magari ti sarebbe piaciuto avere qualcuno con cui chiacchierare un po’, mentre lavori… » Ora, le sue guance sembravano definitivamente un semaforo rosso.
Maledissi mentalmente James per i suoi casini sentimentali irrisolti, e sollevai le labbra nel sorriso più falso che si fosse mai visto. « Come… come hai saputo che ero qui? »
« Me l’ha detto Al. Sai… ehm… » abbassò lo sguardo sulle sue dita sottili, intrecciate sul bancone « mi ha detto che era sicuro che avresti voluto che venissi a farti compagnia, ogni tanto, ma che sapeva che non lo avresti ammesso nemmeno sotto tortura… e poi… ecco… mi ha… consigliato di venirti a trovare, quando ne avevo voglia… »
Prima o poi dovrò spiegare ad Al che lui non èCupido…” Diamine, ma era mai possibile che dovesse addirittura cercare di combinare il matrimonio di suo fratello?
Bhe, bisogna ammettere che se non lo facesse lui probabilmente James resterebbe single a vita…
Il modello di Calvin Klein mi ricordò insistentemente l’altro matrimonio di cui, al momento, si stava occupando l’agenzia matrimoniale Albus&Severus, ma lo cacciai in un angolino della mia testa senza tanti complimenti.
« Oh, si, caro Al… » masticai quelle parole tra i denti come se fossero state una Gelatina Tutti i Gusti + 1 particolarmente rivoltante « Ricordami di ringraziarlo… »
Sicuramente ci avrebbe pensato James, a ringraziarlo…
Kathie appoggiò i gomiti al bancone, avvicinando il suo viso al mio. Deglutii rumorosamente, chiedendomi cosa sarebbe successo se avesse cercato di baciarmi. Cioè, di baciare James. Cioè, il corpo di James con me dentro… o, bhe, insomma...
« Lavori anche di sabato? »
Chiese, studiandomi con quei suoi occhi castani inquietantemente lucidi, gli occhi di chi, se fosse in un cartone animato babbano, avrebbe una serie di cuoricini rosa che scoppiano e si riformano sopra la testa.
« Uhm… no, non credo… cioè, no. » borbottai, sfoggiando una stupidità assolutamente degna di James.
Kathie sbatté le ciglia, e mi si avvicinò ancora di un paio di centimetri. « Allora… ti andrebbe se magari… ecco… pensavo che questo sabato… » esitò, mordendosi il labbro inferiore, palesemente imbarazzata « Ecco, se questo sabato… facessimo qualcosa… assieme? »
Mi schiacciai sullo schienale della sedia, cercando di allontanarmi più possibile dalle sue labbra spaventosamente rosa, pronte a spiaccicarsi sulle mie. Cioè, su quelle di James… oh, al diavolo!
« Qualcosa… tipo cosa? » balbettai.
Le guance di Kathie ormai stavano fumando. Il mio cervello, nel tentativo di trovare una scappatoia, pure. « Bhe, ecco » balbettò « Non lo so… tu cosa vorresti fare? »
Cercai di spingere indietro la sedia senza farmi notare. « Quello che vuoi tu… »
Pessima risposta. Gli occhi di Kathie si illuminarono. « Allora potremmo fare un giro a Diagon Alley… ti va? »
« Ehm… io… ecco… » James mi avrebbe uccisa, lo sapevo. Mi avrebbe squartata, cucinata dentro il calderone di Pozioni e poi mi avrebbe servita per cena al professore di Trasfigurazione. « Io, ecco, mi farebbe davvero piacere… ma… »
« James? » la voce di Dominique mi interruppe bruscamente « Con chi stai parlando? »
Stavo per correre a gettarmi ai suoi piedi, ringraziandola per avermi salvata dal Kathie, ma qualcosa nello sguardo omicida che mi rivolse mi face cambiare idea.
« Andiamo. » disse, freddamente. « Il tuo turno è finito. »
A dire il vero sarebbe finito non prima di un’ora, ma l’espressione omicida di mia cugina non ammetteva repliche e, considerato che l’unica alternativa che avevo era farmi stuprare da Kathie, decisi che il mio turno di lavoro, quel pomeriggio, sarebbe finito alle sei meno cinque.
Scivolai fuori dal bancone di cassa e raggiunsi Dominique, che continuava a guardarmi con l’aria di chi si sta trattenendo a stento dall’usare una Maledizione Senza Perdono. Mi prese a braccetto con forza, lanciano uno sguardo minaccioso a Kathie, e mi trascinò verso la porta, sculettando.
« D’accordo… » balbettò Kathie « Allora sabato alle tre e mezza, al Paiolo Magico… »
Sentii la french manicure di mia cugina penetrarmi a fondo nella pelle del braccio. « Al Paiolo Magico cosa? » sibilò.
Scossi la testa, depressa. « James mi ucciderà… »
« Io ti uccido. » mi corresse Domi, trascinandomi lungo il marciapiede « Cosa cazzo hai combinato? »
« Ehm… bhe… » allontanai lo sguardo dai suoi occhi assassini « insomma… gli va dietro da secoli e… e non volevo farla restare male… e… è solo un appuntamento, infondo… »
« Solo un appuntamento? » sbraitò Domi « James non prova niente per quella! Non sa neanche che esiste, praticamente! Quella troia non ha speranza, con lui! » Kathie era l’esatto contrario di una troia, ma visto l’umore di mia cugina ritenni più saggio non esplicitare quella considerazione. « Rose, sei un’idiota. »
Sfilò il suo braccio dall’incavo del mio gomito con forza, ed accelerò il passo, senza degnarmi di uno sguardo. La seguii mestamente, inciampando nei pantaloni.
Davvero, la dieta le sta facendo male. È sempre isterica, s’incazza per niente… insomma, non è mica lei che ci deve uscire, con Kathie!
Camminammo in perfetto silenzio, come due sconosciuti che si trovano a percorrere lo stesso marciapiede per caso, per una decina di minuti, durante i quali ebbi modo di stilare mentalmente il mio testamento, che avrei scritto prima di comunicare a James che aveva un appuntamento con Kathie.
Alla fine, stufa del silenzio offeso di mia cugina, mi decisi a parlare. « Domi, senti… non è la fine del mondo… e poi ci penserà già James a incazzarsi, non occorre che… »
Domi sbuffò, ed accelerò il passo, co i ricci che le rimbalzavano sulla schiena, e la grande borsa griffata che le sbatteva regolarmente sul fianco, tintinnando. Mi chiesi come diamine faceva ad andare così veloce su quei trampoli: nonostante le gambe di James fossero parecchio più lunghe delle mie, dovetti quasi mettermi a correre per starle dietro.
« Domi… »
Lei strinse le labbra, e cambiò bruscamente argomento. « Quando finisce l’effetto della Polisucco? »
« Non lo so. » risposi, onestamente « Spero presto… devo fare pipì, ma non credo che in queste condizioni riuscirei a centrare la tazza del cesso… e comunque non ho la minima intenzione di provarci. » Mi tirai su i jeans con uno strattone, prima di poter restare in mutande « A proposito, è normale che le palle prudano così tanto? » Domi mi fulminò con un’occhiata disgustata. « Bhe, ma è vero che prudono! » mi difesi, arrossendo.
Mia cugina scosse la testa, e svoltò bruscamente in una stradine laterale. « Comunque » disse « domani pomeriggio non posso accompagnarti a Diagon Alley. Vado a fare shopping con Scorpius. »
Inciampai nei jeans, e andai a sbattere contro un lampione. « Con chi? » esclamai, indignata.
« Scorpius-potrei-essere-un-gran-pezzo-di-figo-Malfoy. » rispose lei, tranquilla nonostante il mio sguardo esprimesse chiaramente tutto il mio disappunto, e i miei istinti omicidi « Sai, posso farlo diventare figo anche senza il tuo aiuto. » precisò, un po’ stizzita.
« Tanto lui non accetterà mai. » risposi, precipitosamente.
Domi mi rivolse un ghigno malizioso. « Ha già accettato. Ci vediamo venerdì alle quattro dietro casa vostra. »
Improvvisamente una scena molto poco piacevole mi esplose nella testa: Dominique e il modello di Calvin Klein, chiusi in un camerino, che si baciavano senza ritegno, ficcandosi le mani sotto le mutande con mugolii di apprezzamento. Chiusi gli occhi, cercando di scacciare quell’immagine che si era impressa prepotentemente nella mia retina, ma l’unico risultato che ottenni fu che il modello si trasformò in Scorpius, lo Scorpius che vedevo ogni mattina in giro per casa, lo Scorpius magro e un po’ sfigato che usciva dalla doccia con uno striminzito asciugamano bianco stretto attorno alla vita, lo Scorpius che passava la vita a leggere e suonare il pianoforte…
Il mio stomaco si aggrovigliò in una stretta dolorosa, mentre l’immagine mutava di nuovo: Domi e Scorpius, sul divano della Tana, uno abbarbicato all’altra, che si sbaciucchiavano teneramente, sussurrandosi paroline disgustosamente dolci. E io e gli altri cugini seduto attorno a loro, nel salotto, che parlavamo del più e del meno, ignorandoli, come chi ormai ha visto quella scena troppe volte per farci caso. Albus gongolava, James li sopportava con rassegnazione, Louis li guardava un po’ male e Lily sbatteva le ciglia con un sorrisetto ebete stampato in faccia, ripetendo che erano una coppia davvero perfetta.
Mi bloccai di colpo, afferrando il braccio di mia cugina con forza, fin troppa. « Vengo con voi. » decretai, irremovibile.
Non ci sarebbe stata nessuna coppietta felice che si scambiava saliva nel salotto della Tana. Non lo avrei permesso. 

 

   
 
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