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Autore: Jade MacGrath    04/12/2005    2 recensioni
[incompleta](...)Guardava allo specchio quel riflesso estraneo. Il suo riflesso. Non avrebbe mai dimenticato la mattina del suo ventunesimo compleanno, in cui l’aveva visto per la prima volta. Un riflesso, che a giudicare dagli sguardi che aveva raccolto fino a quel momento, l’avrebbe probabilmente marchiata più del nome che il destino le aveva impedito di portare. Tremando, toccò la superficie liscia dello specchio, in corrispondenza della sua faccia. Strinse il pugno. E infranse lo specchio.(...)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Luna Lovegood, Molly Weasley, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Pansy Parkinson, Rodolphus Lestrange, Ron Weasley, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stato dopo aver appena lasciato Hermione nella sua casa, che Rodolphus aveva avuto la sensazione che l’avrebbe rivista

Un anno dopo

 

Ron Weasley si alzò dal letto, tenendosi la faccia tra le mani. Certe volte si domandava perché, si alzasse dal letto. Non amava il suo lavoro. Non amava i suoi colleghi. Non amava dove lavorava. Se non sapesse che tutto quel che aveva fatto nella vita era stato solo per la ragione che non voleva arrecare altri dolori a sua madre, si sarebbe molto volentieri ammazzato. Era inutile girarci attorno: era un fallito. Tutti, nella sua famiglia, in un modo o nell’altro se n’erano andati da casa. Persino la sua sorellina minore, Ginny, che quell’anno si sarebbe laureata Guaritrice. Era un po’ che non la vedeva, complice anche la frattura che si era creata tra lei e Molly. Le aveva sentite urlare fin da camera sua, ed erano volate parole grosse e irripetibili. Poi aveva sentito l’eco di uno schiaffo, e Ginny da quel momento non era stata più la benvenuta alla Tana. La madre era stata vaga: aveva detto che Ginny aveva fatto delle scelte che lei non approvava, e che finché non avrebbe ragionato non l’avrebbe voluta vedere. Neanche Ginny gli aveva detto esattamente che genere di scelte Molly non approvasse, ma era stato evidente che non voleva parlarne.

Tanto ormai, a casa come al lavoro, era l’ultima ruota del carro.

Lavorava negli archivi del Ministero, e francamente non poteva pensare ad un lavoro più noioso che catalogare, sistemare ed eventualmente eliminare documenti troppo vecchi e ormai inutili. Potevano anche continuare a dirgli che fosse un lavoro di grande responsabilità, ma la realtà era che era un lavoro che nessuno voleva e che appioppavano di norma a chi era indesiderato. E lui scontava i peccati di Arthur, un matto eccentrico che a detta di tutti non aveva mai avuto quel che ci voleva per essere considerato un membro degno della comunità magica. E per completare tanta sfortuna, aveva un capo che lo odiava e che lo faceva trottare come un mulo per il labirinto di cunicoli che costituiva l’archivio.

“Weasley!”

Ron strinse gli occhi e fece una smorfia di intensa sofferenza, mentre posava una catasta di fogli e pergamene e si ripuliva le mani sulla veste nera che portava.

“Sì, capoarchivista Wilson?”

“Dove sono i documenti che ti avevo chiesto di catalogare?” domandò con aria truce.

“Li ho messi a posto…”

“Senza prima farmeli controllare? Non mi fido dei tuoi sistemi, ragazzino!”

“Signore, lei era occupato, tutti lo erano, e io ho pensato…”

“Pensare? Quella tua testa di legno sa anche pensare? Quello che ti sembra un pensiero è solo l’eco del vuoto che senti lì dentro! E ora va a recuperare tutti i documenti! Fila!”

Ron abbozzò unsubito capoarchivista Wilson’ e s’incamminò, borbottando fra sé e sé tutti gli insulti che conosceva. Recuperò i documenti che il suo capo voleva, ma si accorse, fortunatamente in tempo, che ne mancava uno. Domandò in giro, e scoprì che il documento era stato preso e portato in uno degli uffici ai piani alti. Per modo di dire, ovviamente, visto che l’intero Ministero si trovava nel sottosuolo di Londra, ma da quelle finestre almeno aveva l’impressione di vedere realmente il sole. Negli Archivi, non c’erano finestre. Solo candele. E occasionalmente topi.

Una volta arrivato nell’Atrio, cercò di muoversi il più velocemente possibile. Non amava essere visto, anche se sapeva che per il lavoro che faceva era pressoché invisibile. Svoltò velocemente un angolo, e si ritrovò a terra, assieme a delle pergamene non sue. Perfetto.

“Mi dispiace, signore, non l’avevo vista…” si affrettò a dire, raccogliendo i documenti.

“Questo era ovvio, Weasley. Vedi di non farmi perdere altro tempo e muoviti con quei documenti.

Ron, chinato a terra, spalancò gli occhi. Quella voce… purtroppo sapeva a chi apparteneva. Il coronamento perfetto di una giornata che ora era impossibile andasse peggio.

“Subito… Malfoy. Un’altra dura giornata a corrompere tutto il Ministero?”

Draco sorrise mentre Weasley, fissandolo con puro disgusto, gli riconsegnava i suoi incartamenti.

“È un lavoraccio, ma qualcuno deve pur farlo. Ma non ti preoccupare, un pidocchioso archivista non è di certo nelle mie mire.

“Sollevato di saperlo. Hai già prenotato la cella ad Azkaban? Forse continuerai la tradizione di famiglia.

“E tu, la cerimonia funebre? Anche quella è una bella tradizione di famiglia… sempre non vi buttino in una fossa comune, visto che non avete nemmeno i soldi per vestiti decenti. Eri un mentecatto a Hogwarts, e lo sei tuttora, anzi, peggio.

“Sì, hai proprio ragione. Ah, Draco?”

“Weasley?”

“Quell’ultima parte del tuo discorso, ripetila davanti allo specchio appena hai occasione” disse Ron, ripetendo il sorriso di Draco e facendo un cenno di saluto. Stava per andarsene, quando sentì Draco mormorare qualcosa, di cui l’unica parola comprensibile era ‘Hermione’.

“Cos’hai detto?” domandò voltandosi.

“Solo che Hermione deve aver visto quello che vedo io, per mollarti come ha fatto.

“Tu Hermione non la conosci, e non la devi nemmeno nominare. E ora se non ti dispiace…”

Draco lo afferrò per un braccio. E ora il colpo di grazia.

“Hai ragione, non la conosco. Ma non è una condizione così essenziale quando due decidono di farsi una scopata, sai? O più di una. E ora ho veramente di meglio da fare. Addio, Weasley.

Ron rimase come colpito da un fulmine. Il pensiero di Hermione a letto con Draco, dopo che lui le aveva sempre detto che era un’inferiore, era semplicemente troppo. Doveva essere una balla. E poi, Hermione non era certo tipo da andare a letto con il primo venuto, o da avere una relazione slegata da sentimenti. Sì, si rincuorò andando di nuovo alla ricerca di quel documento, era una balla.

Draco, dal canto suo, era diventato di pessimo umore. Aver nominato Hermione, anche solo per ferire quell’idiota di Weasley, aveva riportato a galla quel che aveva provato quando era andato da lei per offrirle un appoggio e non l’aveva trovata. L’aveva cercata, ma era come se fosse sparita nel nulla una volta arrivata nel continente. Sorprendentemente, Voldemort non aveva preso nessuna posizione. Anzi, non aveva nemmeno sollevato l’argomento durante tutto l’anno della sua assenza. Chiunque altro, sarebbe già morto da parecchio. Odiava ammetterlo, ma le mancava. Aveva provato a distrarsi con altre, ma era sempre lei che vedeva, ed era sempre a lei che pensava.

Anche Hermione, dal rifugio sicuro che aveva trovato a Beauxbatons, aveva avuto modo di constatare quanto fosse difficile scordarsi di lui. Era arrivata in Francia per vie traverse e in incognito, e aveva cercato di contattare Madame Maxine. La donna si era mostrata più che disposta a offrire a Hermione un rifugio, e non le aveva fatto troppe domande quando Hermione aveva chiesto che il suo nome non saltasse mai fuori. Hermione Granger era sparita, e al suo posto era comparsa Marie Saint-Claire, una giovane insegnante di Antiche Rune che talvolta copriva le lezioni della veneranda insegnante di Pozioni, ma che faceva vita piuttosto ritirata e che non aveva molti amici.

Hermione era grata dell’appoggio di Madame Maxine, e felice di averla scampata per il momento, ma sapeva bene che quell’anno di silenzio non voleva dire niente. Se voleva fuggire di nuovo, avrebbe avuto bisogno di una nuova identità falsa e di denaro. Pensò con enorme dispiacere all’enorme ammontare di denaro che doveva esserci nella camera blindata che aveva ereditato dai suoi. Quello sì che avrebbe risolto i suoi problemi. Ma era in Inghilterra, alla Gringott, e anche solo cercare di recuperarlo l’avrebbe fatta trovare dai Mangiamorte. Avrebbe dovuto fare senza.

Era nei momenti di sconforto che avrebbe tanto voluto parlare con Harry. Anche solo per sapere se Madeline, nel suo eterno peregrinare, era di nuovo andata a dormire sul suo divano. Harry però, assieme a Calleigh, in quella casa ultimamente ci andava solo per dormire, e a volte neanche quello, assorbito dal lavoro e dal desiderio di fare quello che Hermione aveva detto, ovvero tornare in Inghilterra con una posizione sufficientemente alta da potersi scegliere gli incarichi e da poter comandare altri Auror. Tornare avrebbe avuto anche il lato positivo di farlo stare finalmente con Ginny, tra le altre cose, e lui non ne vedeva l’ora anche se Ginny negli ultimi mesi gli era sembrata sempre un po’ sfuggente.

Hermione e Harry non sapevano ancora che tra breve avrebbero rimesso piede sul suolo inglese, anche se non per i motivi che si sarebbero auspicati. La ragione del loro ritorno, non se la sarebbero mai aspettata.

Neanche il Ministro, tra l’altro, si sarebbe aspettato di vedersi recapitare, nel primo anniversario della distruzione di Hogwarts, una busta sigillata con lo stemma di Hogwarts impresso nella ceralacca. Rimase a bocca aperta nel vedersela recapitare sulla scrivania da nientemeno dell’uccello domestico del defunto Albus Silente, la fenice Fanny. E quando finì di leggere la lettera, vergata dal defunto Silente, lo stupore aumentò a dismisura, quasi quanto l’apertura della sua bocca. Era incredibile. Era impossibile. E, decise subito l’uomo, nessuno lo avrebbe mai saputo. Hogwarts era stata ricostruita, ed era ora in mano al Ministero, che l’aveva dotata di insegnanti a loro fedeli e senza grilli per la testa. Doveva liberarsi di quel documento, senza troppi rischi… farlo sparire nel nulla, così com’era arrivato…

L’uomo sorrise. Aveva appena pensato al luogo perfetto per nascondere quella lettera, e per farla distruggere successivamente senza chiasso. Nascose la lettera in un incartamento proveniente dall’archivio, lo stesso che Weasley stava cercando. Il Ministro, guardando il ragazzo allontanarsi con il fascicolo stretto in mano, non poté trattenere la sua soddisfazione.

 

Dove però non poté la curiosità, poté invece la goffaggine. Inciampando nei suoi piedi come solo quella volta a Hogwarts di fronte a Harry e Hermione, che si era alienato anni prima, il contenuto della pratica scivolò fuori e si sparse di fronte a lui. Pericolosamente vicino all’ufficio dell’archivista capo, Weasley si affrettò a raccogliere i documenti prima che l’uomo uscisse.

“Weasley!”

Troppo tardi, pensò mestamente Ron, preparandosi alla sfuriata. Dopo essere stato mazziato per la bellezza di venti minuti, gli venne assegnata una pila di documenti da incenerire che prese senza pensare alla pratica che doveva rimettere a posto. Si accorse solo in quel momento che un foglio gli era sfuggito, e si trovava al sicuro in un angolo buio fuori dalla vista del suo capo. Incenerì i documenti a tempo di record, e nascondendo la pratica sotto i vestiti, ritornò di soppiatto dove si trovava prima e raccolse il foglio senza farsi notare.

Quello che lesse lo lasciò a bocca aperta, fosse solo per aver tra le mani un documento scritto di suo pugno da Albus Silente che recava la data di quel giorno e che esordiva conEgregio Ministro, vi scrivo questa lettera – che vi arriverà in quello che temo sarà il primo anniversario della distruzione di Hogwarts per mano dei Mangiamorte – per comunicarvi quali sono le mie volontà, in quanto preside uscente, per la scuola che ho diretto...’

Ron la scorse con gli occhi velocemente, e fece sparire la lettera sotto i vestiti. Non era mai stato così impaziente di tornare alla sua scrivania, e di prendere in mano pergamena e penna d’aquila. Controllando che nessuno avesse intenzione di andargli vicino, scrisse velocemente quattro lettere uguali nel contenuto, e approfittando del dover mandare via volatile dei documenti portò le missive con lui. Il cuore gli era balzato in gola, e lì rimase per tutto il tragitto fino all’ufficio postale. Sbrigò tutte le faccende, e poi con nonchalance aggiunse anche quelle quattro lettere. Due nel Regno Unito, una per gli Stati Uniti, e l’altra…

Ron si rese conto con disappunto che non sapeva dove inviarla. Dicendo che aveva cambiato idea, evitò di spedirla ( a carico del Ministero). Ci avrebbe pensato il suo gufo a consegnarla. Era da parecchio che non si sgranchiva le ali a dovere, e aveva l’impressione che Leo se le sarebbe sgranchite parecchio inseguendo Hermione.

 

La lettera di Hermione arrivò circa quattro giorni dopo, mentre lei era intenta a fare una supplenza nella classe di pozioni. Un elfo venne a consegnargliela di persona appena terminata la lezione, e la ragazza non poté fare a meno di fissarla con sospetto. Non riceveva mai posta. Nessuno sapeva che era lì. Rimase a fissare quella busta, indecisa se aprirla o meno, per tutto quel che rimaneva della giornata. Poi, col cuore che le batteva a mille afferrò un tagliacarte e decise di smetterla di essere tanto codarda.

Sospirò di sollievo quando vide che era la calligrafia di Ron. Erano poche righe, scritte veramente di fretta, ma che bastarono a farla balzare in piedi e correre da Madame Maxine.

 

Hermione, TI PREGO, ritorna a Londra prima che puoi! Ci sono delle novità che non sai e che il Ministero non vuole si sappiano in giro. Riguardano Hogwarts e il suo futuro, oltre che il nostro. Ti dirò di più quando ci vedremo.

A presto. Ron.

 

Se fosse stato qualcun altro, probabilmente non si sarebbe agitata. Ma lei e Ron non si parlavano più da anni, e se le aveva scritto chiedendole di tornare e di vederlo voleva dire che era dannatamente importante. Madame Maxine, letto il biglietto, fu dello stesso avviso di Hermione. Le disse che la lasciava un po’ nei guai, ma niente che non potesse risolvere. Fu così che Marie Saint-Claire sparì nell’oblio da cui era uscita, ed Hermione Granger rifece la sua comparsa al Ministero della Magia francese. Una comparsa che, come Hermione temeva, fu subito comunicata al suo padrone. Ma a differenza di quello che tutti credevano, Voldemort non disse o fece niente. Si limitò ad un cenno di assenso quando ricevette la notizia, e congedò l’informatore.

“Hermione Granger sta ritornando, Lucius” disse all’uomo rimasto nell’ombra fino a quel momento. “Mi raccomando a te.

“Grazie. Non vi deluderò, padrone.”

 

Tre giorni più tardi, la stessa lettera finì di attraversare l’Atlantico e arrivò nelle mani di Harry. O meglio, nelle mani di Madeline, che Harry suo malgrado ospitava per amor di amicizia verso Hermione e Calleigh. Fosse dipeso da lui, le sue mani si sarebbero molto volentieri strette intorno a quel lungo collo, e da parecchio. Calleigh invece la trovava divertente, e le aveva rinnovato l’invito a tornare a stare da loro se avesse avuto bisogno di una casa. La donna aveva poi lanciato un’occhiata di fuoco a Harry, che aveva dovuto mugugnare un cenno d’assenso.

Maddy guardò il mittente, e dovette fare un serio sforzo mnemonico per collegare il nome Ron Weasley all’idiota con cui stava la sua amica Hermione, nonché amico estraniato di Harry.

“Ehi, Potter, da quando tu e Weasley avete fatto pace?”

“Non abbiamo fatto pace. Perché?” rispose Harry avvicinandosi alla ragazza e alla busta che aveva in mano.

“Perché lui ti ha appena scritto.”

Maddy diede la lettera in mano a Harry, e sparì diretta ad un seminario. Harry rimase a fissare quella busta di pergamena con aria perplessa. Ron lo aveva come cancellato dalla sua vita da almeno quattro anni… e ora gli scriveva?

Harry si fece coraggio, e ruppe il sigillo di ceralacca. Sul piccolo foglio all’interno c’erano solo poche righe, scritte di fretta da un Ron che non aveva ancora imparato a scrivere in modo decente, ma abbastanza per far decidere ad Harry di domandare – di nuovo – al suo superiore un congedo per tornarsene in Inghilterra. Sapeva che se Ron gli aveva scritto, per la prima volta dopo anni, doveva essere tutto vero. Già sentiva le urla del suo capo.

 

  
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