Allora... niente di particolare da dire, a parte le scuse per le (forse) troppe parolacce scritte e il tanto, (decisamente) troppo tempo passato a cazzeggiare liberamente su questo sito *v*
Leggendo qua e là nella mia testolina si è formato il desiderio ardente di scrivere qualcosa, ed eccomi qui! Pronta a creare, creare, creare! E naturalmente a voi tocca sorbirvi i miei deliri .
A parte questo, non ho grandi pretese per questa fanfiction, in quanto sono consapevole che non ho uno stile perfetto e che sono un po' logorroica (ehm...)
Enjoy:)
OCEAN
Now it’s gonna get
harder
and it’s gonna burn brighter
and it’s gonna feel tougher each and
every day
so let me say, that I love you.
PRIMO MESE
Giugno 2001
Cazzo.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Ti prego ti prego ti prego fa
che non sia positivo.
Guardavo intensamente il piccolo
schermo del test di gravidanza.
Come se maledirlo servisse a
qualcosa.
No, non potevo essere
incinta.
Avevo un’ avversione naturale
per i bambini.
E poi, l’ idea che ‘là in fondo’
mi si aprisse un varco abbastanza grande da permettere ad un mostriciattolo di
sbucare fuori mi spaventava a morte.
Ma soprattutto, provavo puro
disgusto all’ idea di ospitare l’ erede di quel… di lui.
No, non potevo assolutamente
essere incinta.
Mio padre mi avrebbe scuoiata
viva.
Certo, in fondo non c’era niente
di cui preoccuparsi. A molte ragazze capitavano ritardi del ciclo, ma la cosa
non significava automaticamente essere incinte.
Dopotutto, perché proprio io?
Perché a me?
No, non mi sarebbe successo
niente.
Un attimo.
Sul test stava iniziando a
vedersi qualcosa.
Ti prego ti prego ti prego ti
preg…
Cazzo.
Il test era positivo.
No!
Non è possibile!
Scossi furiosa il test, cercando
di farlo ragionare.
Dai, ti prego, dimmi che ti sei
sbagliato… io non posso essere incinta! Non io!
Quell’ aggeggio infernale non
dava segno di voler cambiare idea.
Rassegnata, raccolsi le mie cose
e uscii dal bagno del bar.
- Cazzo - sibilai, gettando il
test nel cestino.
Ero consapevole che da quel
momento la mia vita sarebbe definitivamente diventata un casino.
Se qualcuno mi avesse vista in
quel momento, probabilmente avrebbe pensato che mi fossi fatta di qualche
sostanza illegale, e, tanto per sicurezza, avrebbe cambiato strada. Sicuramente
non ero nello stato mentale adatto per preoccuparmi di quello che la gente
avrebbe potuto pensare. Infagottata nei miei vestiti da secchiona sfigata,
vagavo per le strade senza una meta precisa.
Avevo chiamato… lui, dicendogli
di venirmi a prendere in fretta, e nella confusione avevo dimenticato di dargli
un indirizzo.
Così mi misi a vagare a caso.
Quello stronzo mi aveva rovinato la vita, e io non avevo nessuna intenzione di
facilitargli le cose.
Dopo un’ infinità di tempo venni
affiancata da una decappottabile rossa che gridava al mondo i validi motivi per
cui qualcuno ( possibilmente io ) avrebbe dovuto strisciare la carrozzeria con
un bel mazzo di chiavi.
- È un secolo che ti cerco,
scusa, non avevo capito l’ indirizzo - disse.
- Perché sei stupido - io ero il
ritratto dell’accoglienza.
Non rispose.
Aprii lo sportello e salii in
macchina.
- Sei arrabbiata? - mi chiese
lui guardandomi mentre mi mettevo la cintura.
- Te ne fregherebbe qualcosa?
-
Lui mi guardò
tranquillamente.
- No -
- Bene, quindi non rompere
-
- Interessarmi di te mi sembra
una cosa carina -
- Evidentemente non lo è
-
Mise in moto senza dire altro e
si inserì nel traffico.
- Dove ti porto? - mi chiese
cercando di evitare un pedone.
- Sulla luna -
Ridacchiò, e in quel momento la
luce gli illuminò il viso.
Quanto era sexy…
Prima che mi venisse la bava
alla bocca mi tirai uno schiaffo sulla guancia.
“ Ricordati che sei arrabbiata
con lui perché è uno stronzo… ricordatelo…”
- Certo che sei acida - Acida
io? Ma come si permetteva? -Ti porto a casa? -
- Molto velocemente, anche, non
ho molto tempo da perdere -
- Ti ricordi che questa sera
abbiamo la cena, vero? Mio padre vi ha invitati la settimana scorsa
-
La cena.
Cazzo, me ne ero
dimenticata.
- Certo che mi ricordo. Non sono
mica come te, che ti dimentichi l’ indirizzo a cui ti dico di venirmi a prendere
-
- A dire il vero, non sono
neanche sicuro di avertelo sentito dire, quell’ indirizzo –
Stava facendo saltare il mio
piano. Meglio cambiare discorso.
- Si insomma… per quanto tempo
ancora dobbiamo fare finta di essere fidanzati? -
- Finché i nostri rispettivi
padri non avranno concluso l’ affare per diventare soci… noi aspetteremo un po’
e poi ognuno per sé -
Fui presa da un fantomatico
attacco di vomito. Era tantissimo tempo…
- Ricordami perché sto facendo
tutto questo… -
- Perché così il reddito di
entrambe le famiglie migliorerà e di molto. E poi, mio padre è molto felice di
vedermi al fianco di una ragazza così per bene,e, sai, non vorrei farlo adirare.
Il suo umore migliora terribilmente quando vede che ci baciamo -
- Quindi l’ accordo tra noi due
non prevedeva anche che facessimo sesso -
- Quello serve per me
-
Stronzo bastardo. Avrei voluto
sbatterlo fuori dall’ abitacolo in corsa per vedere il suo sorriso da pubblicità
di dentifrici spalmato sull’ asfalto.
Ma non so per quale ragione, una
forza ignota mi trattenne.
Frenò improvvisamente sul
piazzale di ghiaia davanti alla villa dei miei genitori.
- Scemo - sussurrai.
- Amore - iniziò. Diventava
incredibilmente dolce quando uno dei nostri genitori era nel raggio di un
chilometro - per favore, stasera, quando ti bacerò, vedi di non mordermi. La mia
reazione potrebbe destare sospetti, sai cucciola? Guarda cosa mi hai fatto l’
ultima volta - tirò leggermente il labbro inferiore e scoprì una serie di segni
rossi e profondi. I solchi dei miei denti. Evidentemente non gli avevo fatto
abbastanza male per zittirlo per sempre.
Notai una tenda della sala da
pranzo muoversi. Se mia madre ci stava spiando, era meglio non crearle dubbi. Mi
sporsi leggermente e baciai quel… lui. Poi scesi dall’ auto e da brava
fidanzatina rimasi a guardarlo allontanarsi. Peccato che quell’enorme pezzo di
merda facendo inversione fece in modo di ricoprirmi di polvere.
Stavo giusto per urlargli dietro
una lunga serie di epiteti irripetibili quando mia madre si affacciò alla porta
di casa.
- Ti amo! - urlai al mio incubo
peggiore. Ero quasi sicura di aver visto il suo riflesso ridere nello
specchietto. Avevo la nitida sensazione che lui, in quel casino, si stesse solo
divertendo.
- Kelsey! - mi chiamò mia madre
- Kelsey, vieni qui! -
- Arrivo… -
Entrai in casa e sentii la voce
di mia madre dalla sala da pranzo.
- Mamma? -
- Kelsey, vieni a
vedere!-
- Cosa c’è? -
Mia madre era seduta sul divano,
e davanti a lei una donna che non avevo mai visto le stava mostrando un vestito.
- Guarda, ti piace?
-
La donna - una sarta - si girò
verso di me per mostrarmelo.
- Bello - dissi - bellissimo
-
Lo pensavo
davvero. Era leggero, sopra il ginocchio, con le spalline ed era stretto sotto
il seno da un laccetto che faceva increspare la gonna.
Era completamente
nero.
- È per te, per stasera - mia
madre interruppe i miei pensieri - voglio che tu faccia una bella figura con
Matt -
- Grazie mamma, non dovevi
-
- Te lo meriti -
La signora mi sorrise. -Allora
te lo lascio? Dovrebbe essere della tua misura-
Presi il vestito e corsi in
camera.
Non volevo che mi vedessero piangere.
Fatemi sapere cosa ne pensate... grazie:)
Baci:)